In queste settimane girano sulla rete le
foto di Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca italiana, in topless. Capisco che la tentazione di abbandonarsi a commenti
ironici, che però quasi sempre sfociano nella volgarità e nel maschilismo, sia
forte, comprensibile e forse motivata, ma non dobbiamo cadere nella pochezza
intellettuale e nell’inutilità di tali manifestazioni di rabbia e disgusto
politico. Stefania
Giannini, infatti, ha tutto il diritto di
rilassarsi in spiaggia, liberarsi di parte del bikini e mettere a nudo le sue
tette più o meno sode, più o meno tonde (sempre che qualche ordinanza comunale
di qualche zelante sindaco difensore della moralità e del buon costume non
glielo vieti). Quello che Stefania Giannini non aveva e non ha il diritto di fare
è distruggere e mortificare la scuola statale italiana e svilire la professionalità di
centinaia di miglia di docenti, prendendoli letteralmente e volgarmente in
giro.
Sempre in questi giorni, infatti, il ministro Giannini va
ripetendo, intervista dopo intervista, in modo tanto altezzoso quanto stupido,
che non capisce perchè gli insegnanti siano così critici e rancorosi verso un
piano di stabilizzazione di oltre 100.000 persone (e che ne esclude almeno
altrettante, rispedite ad un ennesimo e costoso concorso) e soprattutto non sa
spiegarsi le rigidità, mostrate dai circa 55 docenti che verranno assunti sulle
nuove cattedre di potenziamento, rispetto ad una fisiologica e moderna mobilità
territoriale lavorativa.
Ebbene, signora ministro, nonostante sia inutile parlare
con chi non ha né la voglia e né la capacità di sentire e capire, proverò
ancora una volta a spiegarlecosa non va nelle pessima e
ideologica controriforma della scuola renziana, soffermandomi solo su alcuni degli aspetti inerenti le
assunzioni dei docenti nelle fasi B e C del piano nazionale di stabilizzazione.
Da sempre gli insegnanti sono disposti alla mobilità, tanto che dopo essersi
abilitati hanno scelto una provincia in cui inserirsi in attesa prima di
incarichi annuali e poi della nomina a ruolo. La provincia scelta da molti
docenti, soprattutto del sud Italia, è molto lontana da casa e ciò è
strutturalmente dovuto da un lato all’alto numero di scuole e cattedre presenti
al nord, e dall’altro all’elevato numero di professori e alla endemica carenza
di lavoro nel Mezzogiorno. Con il passare degli anni, queste province sono
diventate i luoghi in cui i precari hanno costruito le loro relazioni
professionali, amicali, sociali, politiche e affettive. Le province in cui i
precari hanno lavorato tra mille difficoltà e sacrifici (affitto, trasporti,
lontananza da casa) sono diventate il territorio in cui uomini e donne hanno cercato
faticosamente di costruirsi un futuro, almeno dignitoso. E voi ora, dopo anni di precarietà,
cosa decidete di fare? Promettendo di stabilizzare decine di migliaia di
docenti (laureati, abilitati, vincitori di concorso), li inserite in un inutile e violento (pertanto
sadico) meccanismo di assunzione su base nazionale! Così un insegnante che da anni ottiene un incarico
annuale a Catania si troverà stabilizzato a Milano e uno che è precario da
decenni a Torino otterrà il ruolo a Caserta, e così via, dando vita ad un
percorso di assunzioni simile ad una
lotteria di fine anno o
all’acquisto di un gratta e vinci in autogrill. Il tutto condito dalla vaga e
ipocrita promessa di attuare un piano di mobilità straordinaria nei prossimi
anni, in modo da permettere ai docenti di riavvicinarsi alle proprie famiglie.
Siamo alla follia, non a quella che lambisce la genialità
o la rivelazione della verità, bensì a quella che è sinonimo di ottusità e ignoranza. Senza contare, inoltre, che tale meccanismo di costante
spostamento dei docenti (i quali trasferendosi finiranno, come tutti i nuovi
assunti, nel famigerato grande albo dei presidi-manager-sultani) danneggerà ancor di più la
continuità didattica e di
conseguenza lenirà il diritto allo studio degli studenti.
Francamente non si capisce il perché di tale accanimento
contro chi da anni, per 1.300 euro al mese, contribuisce a mandare avanti la
scuola statale italiana. Di certo l’incompetenza del governo Renzi è acclarata,
ma io penso che vi sia qualcosa in più dietro questa pessima riforma: l’obiettivo
è decostruire la scuola statale italiana, renderla più esile e povera, in modo da favorire le scuole private (cattoliche e non) e
la nascita di poli scolastici pubblici d’elite,
finanziati da privati, con personale stabile, obbediente e più retribuito, che
svetteranno in un arcipelago di scuole carrozzoni-parcheggi, che dovranno
sopravvivere con pochi fondi, e sfornare studenti precari adatti a lavori
precari e bassamente retribuiti. Questo è il futuro-presente che ci hanno
preparato. E, però, il futuro-presente che vogliamo?
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