Partiamo
dalla Gazzetta ufficiale del 21 dicembre 2023 ove è pubblicato il decreto-legge
n. 200 del 2023 (A.S. 974) che proroga al 31 dicembre 2024, l’autorizzazione
all'invio di armi all’Ucraina,
«È
prorogata, fino al 31 dicembre 2024, previo atto di indirizzo delle Camere,
l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari
in favore delle autorità governative dell’Ucraina».
Una sorta
di proroga automatica senza alcun passaggio Parlamentare, del resto oggi un
deputato o un senatore della Repubblica non può accedere alle basi militari per
accertarsi della eventuale presenza di armi nucleari al suo interno, siamo
davanti a luoghi sui quali anche la cosiddetta sovranità nazionale è di fatto
sospesa.
Dopo anni
di mancate discussione e di proroghe automatiche siamo arrivati al punto che
numerose decisioni in materia militare sono ormai sottratte al dibattito
parlamentare bypassando anche gli enti locali nel caso in cui si parli di basi
militari e di utilizzo del territorio per il trasporto di sistemi d'arma.
Del resto
molti capitoli di bilancio concorrono alla spesa militare complessiva e non
sono afferenti al solo Ministero della Difesa, quando viene calcolata la spesa
bellica si continua a sostenere che l'obiettivo da raggiungere è il 2%
del PIL come la Nato invoca dal 2014. Ma guardando a tutti i capitoli di
bilancio si capisce che la spesa militare reale è assai superiore a quella
dichiarata e vale non solo per l'Italia ma per altri paesi ad esempio gli Usa
come si apprende da un articolo, disponibile anche in lingua italiana,
pubblicato su una importante rivista della sinistra statunitense (https://monthlyreview.org/2023/11/01/actual-u-s-military-spending-reached-1-53-trillion-in-2022-more-than-twice-acknowledged-level-new-estimates-based-on-u-s-national-accounts/)
Il
rinnovo automatico del rifornimento di armi è ormai una prassi consolidata come
del resto la conferma annuale delle missioni militari all'estero (per le quali
la spesa è stabile o in lieve incremento), quando poi ci si imbatte in un
dibattito parlamentare non sono mai presi in esame i mutevoli scenari politici
ed internazionali, la presenza nelle aree interessate di conflitti armati
non solo dalla vendita di armi ma anche dalla volontà delle multinazionali di
accaparrarsi il controllo dei prodotti energetici e del sottosuolo, specie
quelli vitali per la riconversione green.
A guidare
l'operato dei vari Governi occidentali restano accordi commerciali e interessi
economici e militari con il settore bellico divenuto strategico proprio l'alta
reddittività e le tecnologie dual use.
Il rapporto
tra approvigionamento energetico e ricorso alla guerra è divenuto dirimente e
lo sarà in misura crescente nei prossimi mesi o anni.
La Commissione europea si prefigge l'ambizioso
obiettivo di coordinare e potenziare la filiera della produzione
energetica comunitaria sotto una unica regia per sviluppare il
potenziale economico latente. A questo discorso però va ricollegata anche
l’idea di avere un esercito europeo (da qui nasceva il documento strategico
denominato la Bussola Europea) per intervenire ovunque siano minacciati gli
interessi economici delle multinazionali occidentali, nazionali e comunitarie:
un interventismo bellico indispensabile per depredare terre e popoli delle loro
risorse del sottosuolo e per attenuare eventuali rischi e pericoli per le
catene di approvvigionamento (energetiche e commerciali).
Non è un
caso se, tra gli investimenti che
garantiscono un ritorno maggiore, oltre a quelli nei settori a più alto tasso
tecnologico in generale vi siano quelli nelle tecnologie dual use ( prodotti
a uso civile che possano essere utilizzati anche in ambito militare.) e
nel settore militare. L'intervento del Governo italiano per semplificare
le procedure (o meglio ridurre i controlli ) di importazione,
esportazione e transito sul territorio nazionale di armi non è stato un fulmine
a ciel sereno, parliamo della modifica della L. 185/1990:che consentirà
all'Italia la vendita di armi anche a paesi in guerra e colpevoli di
violare i diritti umani come in buona parte accade già da tempo. Ma la novità
dirimente arriva dal ridimensionamento dell' Uama ossia l’Unità per le
autorizzazioni dei materiali d’armamento se i sistemi di arma saranno
in parte o in toto finanziati con fondi europei.
Proprio
in questi giorni il ministro della Difesa Crosetto ha chiesto alle commissioni
Difesa del Parlamento alcuni programmi di riarmo per l’acquisto di droni armati di produzione italiana e
di batterie lanciamissili ATACMS
di produzione americana invocando la difesa del territorio nazionale.
Il
sistematico ricorso alla guerra e alla militarizzazione avviene in una fase
storica nella quale l'opinione pubblica risulta sempre più contraria all'invio
delle armi, stando ai sondaggi meno del 30% dei cittadini italiani si dichiara
favorevole al sostegno dell'Ucraina e ancora meno sono schierati a favore di
Israele.
Poco
prima di Natale è arrivato l' “Ottavo pacchetto” di invio di materiali ed
equipaggiamenti militari all’Ucraina senza alcun dibattito in Parlamento ma
solo con una semplice comunicazione del ministro Crosetto alle Camere.
Sulle
armi all'Ucraina ci sono numerosi dubbi provenienti anche da settori politici
non certo vicini a noi, ad esempio il portale Analisi Difesa in un articolo di
cui riportiamo il seguente passaggio:
Secondo
il rapporto dell’Ufficio dell’ispettore generale del dipartimento della Difesa,
è stato perso il controllo del 59% degli 1,7 miliardi di dollari in
equipaggiamenti militari di cui gli Stati Uniti dovevano monitorare la consegna
e l’impiego. Sono mancate “misure appropriate per monitorare la consegna delle
forniture”, che includono missili, droni e visori notturni per le armi in
dotazione ai militari ucraini.
USA ed
Europa col fiato corto sugli aiuti militari all’Ucraina – Analisi Difesa
La prassi
del Governo Meloni non è nuova nel panorama politico italiano tanto che i governi
precedenti si sono mossi in maniera analoga accampando motivazioni di interesse
nazionale ed internazionale.
La
sospensione della democrazia, della partecipazione attiva dei cittadini e dei
loro rappresentanti alle decisioni più importanti è ormai una prassi
consolidata destinata a diventare regola e non eccezione. Ecco spiegata la
ragione per la quale ogni decisione in materia militare deve diventare un
interesse strategico da salvaguardare ad ogni costo anche a discapito del mero
diritto alla informazione, alla critica e al controllo democratico.
Per
favorire questi processi neo autoritari la militarizzazione delle scuole e
dell'università diventa dirimente e non solo per ragioni economiche ma per
costruire un modello sociale nel quale il ricorso alla guerra e alla
militarizzazione sia costante, condiviso e ovviamente avvolto nel silenzio con
una cittadinanza passiva, disattenta e sostanzialmente ignara dei fatti reali,
ovviamente in linea con il fatidico, si fa per dire, motto Mussoliniano: credere,
obbedire e combattere.
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