Sabato sera. Cena. La Tv gira per conto suo. Arrivano le parole: “Ignobile, vile, grave, irresponsabile, anni di piombo”. Guardo le immagini: ragazzi entrano nella sede del quotidiano La Stampa e come si direbbe oggi in linguaggio antagonista “ lo sanzionano”. Mi colpiscono volti scoperti. Santa ingenuità. Con un governo di estrema destra e il nuovo Ddl Sicurezza non avete pensato a una bella maschera come quella di V per Vendetta? Invece vanno, sicuri delle loro buone ragioni. Ignari di un mondo che non riconosce nessuna buona ragione se non quella del denaro, del profitto, del colonialismo. Quanto si paga caro la scelta di non essere acquiescenti, succubi, servi, di dire la verità, di prendere posizione? Lasciatevelo dire da chi l’ha già visto: è una scelta costosa.
Ma veniamo ai fatti. Il Ministro dell’Interno ha firmato il decreto di
espulsione dell’Imam Mohamed Shahin. Destinazione Egitto. Shahin è in Italia da
21 anni, sposato, con due figli piccoli nati a Torino. Attualmente è detenuto
nel CPR di Caltanisetta. Shahin è ampiamente conosciuto dal mondo degli
attivisti che si battono contro il genocidio in Palestina e che oggi, con
sfregio, vengono chiamati “Pro Pal”, come fossero tifosi di una squadra di
calcio e come se, dall’altra parte, ci fosse una paritaria squadra di calcio
che possiamo chiamare “Pro Israel”. Non una potenza nucleare nata per volontà
dell’Occidente e da questo appoggiata, insediatasi violentemente in una terra
non sua che da 77 anni attua scelte di sterminio del popolo originario. Ma
siamo abituati allo stravolgimento del linguaggio. Cambiare le parole significa
cambiare le storie e far credere cose diverse da quelle che sono accadute. Così
i media mainstream ci dicono che in Medio Oriente c’è una
guerra tra israeliani e palestinesi. I primi combattono con la tecnologia
militare più efficiente al mondo e con le incessanti e innovative dotazioni
Usa. I secondi beh… kalashnikov, qualche inefficiente razzo, ma anche pietre se
non hanno altro. Shahin cosa ha fatto di male? Ha detto che il 7 ottobre c’è
stato un vero atto di guerra, atto terroristico indubbiamente, che deve essere
inserito nella battaglia per la liberazione della Palestina, dal colono
israeliano (tesi sostenuta anche da Judith Butler in più occasioni e
interviste). Apriti cielo!
Non si può parlare di una resistenza palestinese perché
automaticamente si è sostenitori di Hamas e ovviamente antisemiti. Non esiste
nessuno spazio per asserire che si è contrari a un intervento coloniale e non
per questo odiamo gli ebrei. Nessuno spazio per sostenere che un paese invaso
da una potenza straniera tenta la sua liberazione con i mezzi che ha e le
convinzioni che lo caratterizzano. Questo vale per l’Ucraina ma non per la Palestina.
Per prima cosa tutto è cominciato il 7 ottobre e i 77 anni precedenti, con
tutte le stragi di palestinesi, gli arresti, le torture non contano. Evaporati
all’improvviso. Poi il seguito, 70.000 morti, ovviamente in crescita, fanno
parte del diritto di Israele a difendersi.
Se i soldati israeliani uccidono donne e bambini restiamo nell’ambito della
democrazia, se lo fa un’organizzazione palestinese è terrorismo. Basta capirsi.
Shahin ha anche partecipato a due cortei di occupazione del raccordo stradale
per Caselle. Interruzione di pubblico servizio. A chiederne l’espulsione per
prima la deputata Augusta Montaruli, condannata in via definitiva a 1
anno e 6 mesi per peculato, 25.000 euro di spese non attinenti alla sua
funzione. Uso illecito di fondi pubblici. Personalità specchiata a difesa delle
nostre istituzioni.
Shahin verrà mandato in Egitto, nonostante là rischi arresto, tortura e
morte. Egitto paese sicuro. Come ben sa la famiglia Regeni. Soprattutto per chi
si colloca in forma dissidente. E in tutto questo La Stampa? A
proposito di chi è La Stampa? Il quotidiano sta passando/è appena
passato da GEDI (Exor famiglia Elkan) al gruppo veneto NEM, proprietario di
sette testate venetofriulane, che fa capo a Enrico Marchi, imprenditore del
Nord Est, presidente di Banca Finint e di Save che gestisce gli aeroporti di
Venezia, Treviso e Bruxelles. Quotidiano di “sinistra”? Beh! Un conto difendere
i diritti lgbtq+, un altro posizionarsi distante dai propri interessi economici
e quindi politici e geopolitici. Non è il caso. Quando si tratta di
comunicazione mainstream, allora La Stampa ci
sta dentro con tutti e due i piedi. Sta insomma in quella fetta che si chiama
“democrazia liberale”, cioè che detiene il potere e i soldi e le viene naturale
non perdere entrambi.
Quindi Shahin non è un Imam attento alla multiculturalità, che combatte la
droga, che insegna al mondo arabo la Costituzione Italiana; no, è un Imam
vicino agli ambienti arabi più radicali ed estremisti. Del resto arabo e
terrorista è il binomio perfetto. Quanto ai giornalisti… 10 anni senza rinnovo
di contratto. L’ultimo che ha fatto una domanda semplice: “Ma se Putin deve
ripagare la distruzione dell’Ucraina, Netanyahu deve ripagare quella di Gaza?”
è stato licenziato. Quando si dice colpirne uno per educarne cento.
Shahin disappare all’improvviso. Non arrestato con un mandato. Per giorni
non si sa dove sia. Un desaparecido. Viene il sospetto. Sarà il primo o è solo
molto conosciuto. Sospetto lecito, a noi sembra, in un paese dove chi grida
Palestina libera viene licenziato e chi porta al collo una kefiah viene
identificato. Queste sono le premesse perché avvenga il fattaccio. Ora due cose
gridano vendetta nel mondo occidentale: l’antisemitismo e la violenza.
Ovviamente non la violenza delle democrazie, cerchiamo di capirci. Se due
soldati israeliani uccidono due bambini palestinesi che raccolgono legna perché
hanno oltrepassato la linea gialla questa non è violenza ma difesa. Se
scrivi Fuck Stampa sui muri della redazione di un quotidiano
di pregio questa è innegabilmente violenza. Non importa che il mondo intero
attorno a te sia costantemente di una violenza cinica e brutale e te lo
dimostri con immagini e discorsi feroci o ipocriti. Tu devi essere non
violento. Tu devi stare zitto e come già detto lavorare e tornare a casa. Il
resto non ti riguarda.
Poi ci sono ragazze e ragazzi che sbroccano e aprono la porta alla loro
natura umana che, come quella di ogni animale, è anche violenta quando la
misura è colma, quando vieni attaccato di continuo, quando ti senti minacciato
nella tua sicurezza di vita. Molto male. Occorre una condanna bipartisan.
Adesso non mi ricordo la ferma condanna della destra al Governo e dei suoi
esponenti quando, anni fa, i fascisti invasero a Roma la sede della Cgil e
distrussero tutto quello che trovarono. E non ricordo nemmeno le prese di
distanza senza se e senza ma dai numerosi atti squadristi che si moltiplicano
nel paese a danno di movimenti, i piccoli agguati contro sparuti rappresentanti
di minoranze, o le celebrazioni in onore e gloria del mitico ventennio. Ma
sicuramente ci saranno stati. È la mia memoria che fa cilecca.
Alla sinistra italiana viene chiesto una ferma condanna. E puntualmente
questa arriva. Più ferma di quella di destra. È dal ’76 che la sinistra italiana
cerca di non sembrare di sinistra per farsi accettare e parere abbastanza di
centro. E naturalmente la prima cosa da fare è condannare tutto ciò che
sta più a sinistra della sinistra ufficiale. Comincia così, dai tempi del
Compromesso Storico. D’altronde quante Piazza Fontana, Piazza della Loggia,
Italicus ci potevamo ancora permettere? Poi Moro fu ucciso e nessun compromesso
sarà più possibile per almeno cent’anni.
Ma torniamo alle condanne bipartisan. Sempre uguali si ripetono. Da 50
anni, sempre ferme e senza il minimo accenno a una motivazione, una
spiegazione, un tentativo di capire perché. Si ripetono uguali anche
quando risulta evidente che dal ‘76 ad oggi molte cose sono cambiate,
soprattutto in quei partiti che una sinistra dovrebbero rappresentare e che gli
elettori votano con assai meno entusiasmo. Come nasce una valanga? Da un sasso.
Non è subito valanga. Lo diventa. Rotolando per una china, anche di scarsa
pendenza, e rotolando prende forza e velocità, diventa sempre più grande e
quando arriva a valle ha già travolto tutto.
Così è l’opposizione in Italia. Travolta. Nata da un errore non
particolarmente vistoso ma che ha avviato il sasso sul piano inclinato.
E così anche arriviamo al giorno dopo. E il mio cuore di mamma non riesce a
non pensare a quelle ragazze e quei ragazzi condannati da tutti. I più soli al
mondo. Incapaci di essere opportunisti e indifferenti. Incazzati neri. Offesi
nel loro senso di giustizia. Troppo giovani per controllare le loro pulsioni
violente. La loro volontà di ribellarsi alla falsità e alla ferocia quotidiana.
Di fronte, la faccia del comando che sa essere sorprendentemente bifronte:
violenta da un lato vittimista dall’altro. Da entrambi i lati senza vergogna.
Così dopo intimidazioni di ogni tipo la destra al potere si erge a paladina
della libertà di stampa. Senza che nessuna forza politica, associazione,
sindacato, singolo rappresentante delle istituzioni si alzi a dire: “Ma scusa?
Ma come sarebbe?”.
E non posso non pensare alle famiglie di quelle ragazze e quei ragazzi. Che
gli psicologi mainstream definiscono troppo ansiose e
invadenti. E come non capirle? Devi stare attento che tua figlia o tuo figlio
non sia anoressico o bulimico, o hikikomori. Non sia vittima di bullismo o non
commetta atti di bullismo. Non subisca molestie, violenze, abusi, non si leghi
troppo ai terribili maranza che vanno in giro col coltello, se aggredito non
cerchi di salvare il cellulare, il portafoglio, le cuffie…. Ma soprattutto che
non scelga di appartenere ad una sinistra radicale, che poi è tout
court terrorista, si sa. Perché questa è davvero la cosa peggiore che
le/gli possa succedere.
A loro, alle giovani e ai giovani che in un momento di ribellione hanno
alzato la testa, hanno smesso di essere indifferenti, hanno risposto alla violenza
con la violenza possiamo dire che non si fa così, per tante ragioni e in tanti
modi, non si fa così. Ma lo diciamo da dentro a un fraterno abbraccio che li
capisca e li avvolga in un momento difficile della vita.
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