Ad onta della “europeizzazione” UE che svuota il senso del voto e della partecipazione popolare all’elezione della rappresentanza nazionale in un Parlamento cadetto - Angelo Rouge-Ruggeri
Il contesto istituzionale in cui si collocano le elezioni nazionali per il “parlamento europeo” sovrastato dalla “cupola” di potere di ben 5 organi non elettivi: tre burocratici organi monocratici e cinque burocratici organi collegiali - di cui tre di natura presidenzialista.
Una volta
c’era un certo Renzi che esultava per aver ottenuto nelle elezioni
nazionali per il Parlamento UE, il 40% di consensi sul 60% dei
votanti, oggi ci sono due Vispa Teresa della personalizzazione politica, una
del Pd e ancora peggio l’altra capo” del governo che dopo essersela tirata a
lungo esultano per aver ottenuto un il 24% l’altra il 28% del 49%, che reclama
un chiarimento sui connotati sociali e istituzionali di uno smottamento di
tutti gli elementi del sistema democratico, che riporta ad una contraddizione
acuta, come di quando non c’era il suffragio universale e dominavano il censo,
l’elite sociale e politica della nobiltà e della borghesia, col capitalismo che
dominava incontrastato per l’assenza, come oggi, dei partiti di massa
democratici e antifascisti fondatori della Repubblica,e tra essi quel Pci
cancellati dal golpe interno, di chi è rimasti anche dentro il PD, e anche dopo
l’uccisione di Berlinguer di cui gli anticomunisti ricordano si a posteriore i
40 anni dalla morte di Berlinguer che hanno tradito, ma non anche i 70 anni
dalla morte di Togliatti di cui Berlinguer stato vero “togliattiano”.
Oggi c’è
una Pd che esulta per avere ottenuto il 24% dei voti del per avere ottenuto 49%
dei votanti
La crisi di
regime dei primi anni ‘90, dominata dal protagonismo “leghista” e favorita dai
partiti protagonista – a sinistra come a destra- della c.d. “seconda
repubblica” , ispirata dal Piano P2 di Licio Gelli, mirato anche
alla “terza” e al presidenzialismo e già indicato però dal Mussolini di
Salò, ha cancellato le basi della dialettica democratica ispirata dalla
forze sociali e politiche antifasciste , che fondarono per la
prima volta in Italia la democrazia e la Costituzione della Repubblica fondata
sul lavoro e sulla sovranità popolare. L’attuale governo,”in nome del popolo”
smantella la sovranità popolare, nella misura in cui ha smantellato da due anni
il governo parlamentare. Per anticipare, da quando è in carica, sia il regime
di “governo del capo” di mussoliniana memoria, sia la messa fuori gioco del
Parlamento che si vuole attuare con le cosiddette “riforme istituzionali” e
“riforme costituzionali”. Che nella misura in cui puntano a sostituire il
sistema parlamentare con uno presidenziale, non rientrano nella categorie
“riforme” ma in quelle di “rottura” di una costituzione, che essendo di tipo
“rigido” non consente alterazioni nel suo impianto fondamentale, se con quello
“sbrego” alla Costituzione tanto invocato da Cossiga e da Miglio che
altro non sarebbe che un “colpo di stato” che si sta ora cercando di attuare
nonostante che Cossiga e Miglio non ci siano più.
Per separare
ancor più il Palazzo dal Paese e incrementare l’astensionismo svuotando il
senso del vota dei cittadini per il Parlamento, hanno smantellato la forma di
governo parlamentare, perché è la forma con cui il popolo sovrano, prima
elegge il Parlamento, istituzione della “democrazia diretta” del popolo e
poi il popolo governa tramite il governo parlamentare,
ogni giorno e per tutta la legislatura. Perché
“demo/kratia”, “democrazia” non significa “votare”, significa potere
del popolo, come tale non è ne riducibile ne riconducibile al solo
voto e ad un solo giorno: tanto meno per porre col presidenzialismo, al
posto del popolo e sopra il popolo che sta al vertice del sistema
istituzionale, un “capo” del governo. Cosi riducendo il popolo a SUDDITO
che ogni cinque anni sceglie il SOVRANO vero, al quale per cinque anni il popolo
abdicherebbe la sua sovranità. Una operazione che si capisce bene che
, ovviamente, non rientra in quella ne di “riforma” ne di “adeguamento”
prevista ai sensi dell’art.138/C..
Per tutto
questo ma anche perché rimetterebbe in gioco PERSINO la scelta,
effettuata con il referendum del 1946 a favore della Repubblica, contro il
sistema duale che non può essere reintrodotto surrettiziamente
con il presidenzialismo, qualunque esso sia, che si chiama "monarchia
repubblicana" proprio per il carattere duale del
suo sistema di poteri.
L’anticipato
esautoramento del Parlamento, ispirata dal proprio naturale autoritarismo
insito già nel nazi-fascista “führerprinzip”, è
stato per far passare insieme alle stangate
economiche-sociale contro i ceti popolari e a favore delle imprese,
le stangate alla democrazia e la manovra istituzionale che ne
è il necessario corollario.
Le une e le
altre fatte sempre con metodi da “colpo di stato”, di
continue, sistematiche deroghe alle procedure costituzionali, e ricorrendo sempre
al voto di fiducia per imporre come norma parlamentare il voto
segreto, poiché non è un caso che istituendo la camera dei fasci e delle
corporazioni si sia stabilito che le votazioni dell’assemblea
legislativa avessero luogo “sempre in modo palese” .
Questo aiuta
a chiarire che l’abolizione del voto segreto, e il voto palese di fiducia, è
sempre connesso al controllo del governo sulle camere, per fare del governo il
“comitato direttivo del parlamento”, come invocato dal già giurista
fascista Mortati e scopo del presidenzialismo del capo del governo, con
l’obbiettivo di coprire dietro la stabilità
governativa l’ordine pubblico economico come apparato
ideologico di stato, prodotto dalla commistione dello
stato – e delle regioni come a Genova - con la grande impresa capitalista, che
come al tempo del fascismo storico, anche l’attuale neofascismo implementa ma
di cui non si parla mai. Cosi coprendo che l’attuale governo è, sì,
l’espressione di un sociale reazionario e dell’ideologia d’impresa proprio
della neo-reazionaria Lega, ma che sottratto alla Lega si è coniugato col
l’autoritarismo e presidenzialismo da sempre bandiera del neofascismo, per cui
il governo, in realtà, nella misura in cui in generale non difende i ceti
sociali popolari, non difende nemmeno gli interessi tale sociale che lo ha
votato. Ben più portato a rappresentare l’antipopolare borghesia e piccola
borghesia di estrema destra, sostiene gli interessi e il classismo
dittatoriale del potere d’impresa capitalista, ed interessato a
ricercare la “passività del consenso (che non è democrazia come ricordava Gramsci a
proposito anche del fascismo).
Quindi ad
occupare quante più caselle del potere, di apparati collegati al governo, di
mass media e di informazione multimediale, apparati pubblici e privati e
ideologici di stato – è facendo questo che ad ogni è sempre bastato il 40% dei
voti, senza avere ma la maggioranza dei voti - per un consenso
passivo e col potere dall’alto, combinare “affaire” ( come fatto anche dalla
sinistra borghese), come casta subalterna a quella
industriale-finanziaria e ai suoi faccendieri , l’altra vera cast
del’oligarchia che, storicamente e inevitabilmente , il “bipolarismo” specie se
pende verso il bipartitismo suggerito dal Mussolini di Salò,
produce e di cui è piena la cronaca anche di questi mesi.
Per tutto
questo è servito e serve smantellare il governo parlamentare che, come da
costituzione, serve al popolo che elegge il parlamento e che
come da demoKratia significa potere del popolo ,
cosi significa anche che a governare deve essere il popolo
e non gli esecutivi di governo – come sarebbe col
presidenziale rafforzamento dell’esecutivo come vuole il capitalismo, che per
questo ricorse persino al fascismo.
Poiché per
democ/kratia il governo non deve governare ne comandare, ma in
quanto “esecutivo” deve “eseguire” ed ubbidire al popolo che
decide tramite il governo parlamentare: tanto che per Costituzione il governo è
solo il capo della pubblica amministrazione che però costituzione deve essere
anch’essa democratizzata rovesciando la sua forma gerarchica del potere
dall’alto pari a quello che vige nelle imprese private e introducendo la “democrazia
organizzativa”, vale a dire la collegialità tra tutti i dipendenti a
prescindere da differenza di ruolo e di funzione, perche tutti sono parimenti
importanti e indispensabili per realizzare e raggiungere gli obbiettivi
deliberati dal governo parlamentare del popolo e per farlo con
la socializzazione e democratizzazione di tutti gli apparati (come ad es. in
certa misura si facevano con le famose riunione di apparato del PCI ma senza la
distorsione di segretari che si mettevano a capo tavola anziché insieme a tutti
gli altri)
Il
nuovo sovrano, il popolo, nel modello costituzionale rilegittimato dal popolo
nei referendum costituzionali del 2006 e del 2016, in cui i cittadini
hanno dimostrato di avere la stesa idea di stato, di governo e di democrazia
dei Costituenti, occupa il vertice della scala gerarchica istituzionale e
legislativa. Subito sotto c’è e non deve esserci altro che il Parlamento da
cui, nella unità e continuità della sovranità popolare, discende la centralità
del Parlamento, non del governo o del suo capo come nel modello monarchico
liberale e fascista, in nome di una concezione "democratica"
anche della programmazione stessa, nel duplice senso di prevedere contenuti
vincolanti nei confronti del sistema delle imprese private e pubbliche, e
di spostare l'asse del potere politico-sociale dal primato
dell'esecutivo, alla centralità del parlamento e quindi
delle forze politiche e sociali rappresentative della società ,
nonché delle organizzazioni sindacali e di quello che è stato configurato come
lo "statuto dei lavoratori"; e alla centralità delle
assemblee locali e regionali e non già dei loro esecutivi e ancor meno
dei loro presidenti, anche per passare alla loro effettiva introduzione
nel sistema democratico della Repubblica delle autonomie, e non già
per il decentramento e il plurivertismo federalistico, avviato improvvidamente
nel 2011. Si vede ora quanto aberrante sia stato l’impulso verso la deriva che
oggi si vorrebbe frenare, imputabile in modo irrefutabile proprio al centrosinistra
che per oltre un decennio ha puntato a spezzare l’organica
continuità/interdipendenza tra Prima e Seconda Parte della Costituzione.
In senso
opposto a quella fase di lotte aspre ed anche sanguinose - per prepotenza di
chi governava e non certo per colpa di una strategia "avventuristica"
della sinistra - che è stata vissuta anzitutto culturalmente per spostare
l'asse della politica verso il potere sociale in nome di una esigenza di
ricomposizione unitaria degli interessi che comportava conseguentemente il
potenziamento del ruolo del parlamento e con esso del sistema delle assemblee
elettive : fino alla concreta attuazione dell'ordinamento regionale in nome
della repubblica delle autonomie, non certo per mere esigenze
di decentramento come si fece col trucco semantico della “devolution” neo-federalista, ma
per ristrutturare un sistema di potere rimasto esente dal controllo democratico
e sovrapposto alla società, si da dare la falsa immagine della superfluità e
quindi della diseconomicità delle istituzioni rappresentative e di tutto ciò
che nell'organizzazione pubblica dovrebbe servire gli interessi deboli. Ben
diversamente dall'idea della destra sociale politica leghista e
meloniana secondo cui - che come si vede dalla manovre
economico-sociali del governo - l'intervento pubblico nell'economia
va conformato agli interessi organici e indivisibili del capitalismo privato.
Una volta
c’era un certo Renzi che esultava per aver ottenuto nelle elezioni
nazionali per il Parlamento UE, il 40% di consensi sul 60% dei
votanti. Oggi c’è una Pd che esulta per avere ottenuto il 24% dei voti del per
avere ottenuto 49% dei votanti. Parimenti alla “capo” del governo di
neo-liberisti (FI), neo-reazionari (Lega) neofascisti (FDI), che la
manipolazione maggioritaria dei voti gli ha dato una artificiale maggioranza
dei seggi, pur essendo un governo di infima minoranza del corpo
elettorale (20%, uno ogni cinque elettori) e minoranza persino dei già scarsi
votanti (44% sul 63% di votanti), la quale “capa” è anch’essa tutta gaudente
per il 28% sul 49% dei votanti ottenuto dal suo “Partito di Dio patria e
famiglia”. Se si guarda alla mediocre figura della capo del governo e del
personale di governo, è ovvio che non li si consideri pericolosi
neofascisti. Ma l'essere incapaci e all’altezza del compito e il nasconderlo
dietro l’accondiscendenza in Europa e la tracotante
arroganza dietro atteggiamenti buffoneschi e da macchietta ipocrita
mai visti neanche tra i suoi predecessori di cui è una epigone, fatto salvo
quello che parlava sul balcone di Piazza Venezia, non li rende meno
pericolosi.
Nella misura
in cui proprio per la loro pochezza, sono costretti a ricorrere, a copiare, a
plagiare e riproporre quanto è stato fatto, detto e proposto dai
altri, come da Miglio fin dal 1947 e da ben prima della
Repubblica, perché imparagonabile alla ben altra e superiore
caratura dei Mussolini, Rocco, Gentile, Beneduce,ecc., pur se nella
dimensione della suburra romana, aspira ad esserne l’epigone almeno in
sedicesimo. Copiando e plagiando come è sua abitudine fin dal plagio dell’Inno
d’Italia e del “Fronte della gioventù” e dell’organizzazione dei giovani
partigiani, diretta dal segretario della FGCI (Federazione giovani
comunisti) Eugenio Curiel assassinato a Milano il 25
aprile del 1945.
In un
rigurgito e rimasticatura, a cento anni esatti dal governo Mussolini, di
quanto fatto, detto e proposto esattamente da Lui: dalla Legge maggioritaria
del 1923 che, presentandola, Mussolini la definì “La madre di
tutte le riforme; al premierato del 1925. Fino al Mussolini di
Salò (le cui indicazioni tutte riprese nel DDL costituzionale del MSI del 1980
- quindi facile da ricopiare - firmato da Giorgio Almirante: donde
che Meloni ha postato la sua foto accanto a lui, titolata: “da
Giorgio a Giorgia”), che indicò e dettò ai fascisti del futuro: il
“presidenzialismo”, il “bipartitismo” o “bipolarismo”, e
il “pluralismo fascista”: cioè il
pluralismo presidenzialista, pluralismo di “capi”
prestanome del potere presidenzialista e nuova casta detentrice del potere di
concorrere per la palma del potere autocratico, nel quadro dell’ordinamento
classico-liberale occidentale nei due tratti fondamenta di industrialismo e
struttura capitalistica dell’economia, come il fascismo stesso con tutto il so
nazionalismo e patriottismo e statalismo si mantenne in continuità con quello
liberale-classico con in più la forma di potere autoritario, proprio del
carattere oggettivamente eversivo del “sistema delle imprese”, che sono
istituzionalmente contrarie alla democrazia e quindi ben disposte,
sempre, a convivere con un sistema di dittatura di classe e di autoritarismo di
stato.
“Presidenzialismo”,
“bipartitismo” e “bipolarismo” e “pluralismo fascista”:
sono le stesse cose che , mutatis mutandis, propone il DDL
costituzionale dell’attuale governo e che la Tele-Meloni di Vespa voleva
inscenare col confronto a due, Meloni-Schlein.
Tra la prima
e la seconda Vispa Teresa della personalizzazione presidenzialista,
che hanno fatto di tutto per cancellare dalla TV e dal Paese la dialettica
del pluralismo democratico, come fosse già in vigore il
bipolare-presidenzialismo mussolininano, copiato e proposto dalla Meloni.
Il cui ”individualismo animalesco”, come disse Gramsci del
fascismo, è reperibile nella greve e sfacciata personalizzazione,
che è la plastica rappresentazione , ovviamente, anche della giusta e
prolungata marginalizzazione dell’ideologia e delle forze neofaste che la
Repubblica antifascista ha relegato nello sterquilinio della storia (per questo
odiano tanto l’antifascismo da non volere sentirne ne pronunciarne il nome),
ma anche
delle idee “codine”, degne del suo “amato” Tolkien, e dello
scadimento nella reclamistica e slogan da cultura d'impresa, come quando ha
pensato fosse un colpo di genio – suggerito dal suo capo marketing- invitare
scrivere sulla scheda “Giorgia” ( e tale fu detto dai mass media di sua
“proprietà” al punto che fece cancellare dalla TV un semplice ricordo del 25
aprile). Ora, senza scomodare Gramsci, come ci ha
ricordato Dostoevskij, c’è anche una legge universale per le
idee: le idee volgari, immediate, , vengono capite con insolita rapidità, e
sempre dalla folla, da tutta la piazza – come quella di Vox in cui declamava
“io sono Giorgià…”; non basta, vengono considerate grandiose e geniali, ma solo
il giorno della loro apparizione. Quel che vale poco dura poco. Una rapida
comprensione è solo il segno della volgarità di quel che si è, e di ogni idea è
proprio tale rapidità.
Ma la greve
volgarità della sua “personalizzazione”, é indice dell'aura mediocrità
della sua concezione della politica e del tempo d’oggi: dell’aurea mediocrità e
dell’insensibilità, della passione per l'ignoranza, per l'accidia – cosi tanto
palesata rispetto ai poveri, ai salari da fame dei lavoratori e ai cittadini
tutti impoveriti dal sistema di produzione e dalla legge del valore di scambio,
cioè del profitto, del capitalismo -, passione per l'inettitudine al lavoro e
al pensare, per il bisogno di ogni cosa pronta, non sapendo
riflettere e arrivare a maturare proprie idee, al tal punto non sapendo
cosa si sta facendo e si vuole fare, dal dover arrivare a pensare e a dire “o
la và o la spacca”.
Quindi non è
per un vezzo o per il piacere di chiamarli neofascisti, che non si osa fare per
non chiamare le cose col loro che costituisce il distintivo piccolo borghese
nell’usare parole non “déplaisante”, cioè parole offensive per la loro verità.
Rinunciando ad appropriarsi della realtà come vuole la militanza rivoluzionaria
che consente di valicare le conoscenze libresche o “intellettuali”, per
riappropriarsi di ogni frammento della realtà tumultuosa e contraddittoria
osservata dal versante della “alta politica”, a cui evidentemente rinuncia non
solo la destra neofascista ma anche chi dovrebbe denunciarla chiamandola col
suo proprio nome. Senza fare i nomi la realtà non esiste insegna Brecht, e
la concezione della storia della realtà in ogni suo frammento, di Nizan
e Benjamin: “ si enumera gli avvenimenti senza distinguere tra i
piccoli e i grandi perché nulla di ciò che si è verificato va dato per perduto”
(W. Benjamin in Angelo Novus).
Per una
ricognizione critica più completa e approfondita su di essi, toccherà e
spetterà all’umanità redenta dagli odierni rapporti di produzione. Ma
intanto per la storia, serve anche la storia dell’immediato, coi suoi nomi e
cognomi, con un fine determinato nell’attualità presente, in una condizione
sociale nella quale, come Brecht rammentava, la barbarie non è ancora
superflua. Un fine immediato che pericolosamente ripete il dramma della storia
pre-repubblicana e pre-democratica, nella di forma di farsa, che però ha sempre
come obbiettivo il mussoliniano presidenzialismo del premierato regime del
“capo del governo” . Obbiettivo comune sia al neofascismo terrorista e
stragiste, specie di “Ordine Nuovo” plagio di Gramsci fatto
dal suo fondatore, quel Pino Rauti, di cui la capo del
governo, sopranominata per altro “rautina”, ha fatto sui pubblicamente gli
ideali e l’esempio, indicandoli da seguire ai suoi “fratelli”, tanto da aver
dedicato a Pino Rauti un circolo di FDI proprio a Brescia
luogo della strage per cui sono stati condannati quelli di Ordine Nuovo
di Pino Rauti, operanti per il presidenzialismo sul piano occulto
ed extraparlamentare cosi come anche sul piano parlamentare il neofascismo cresciuto
alla luce della fiamma tricolore che arde perenne sulla tomba di Mussolini, a
Predappio, diventato e assunto come simbolo della continuità dal MSI ad AN a
FDI, per un presidenzialismo perseguito da oltre 70 anni: anche ricorrendo alla
violenza, alle stragi terroristiche, agli omicidi, all'assassinio di Moro e
all'omicidio del PCI, tramite un “golpe” interno derivato dopo la cospirazione
ordita contro Berlinguer e aver manovrato per favorire (solo
favorire?) la sua morte.
Solo chi è
abituato a separare le questioni “istituzionali” da quelle economico-sociali,
può credere e dire il presidenzialismo e solo per distrarre dai problemi
sociali-economici e politici, che non solo non vanno separati, ma occorre
sottolineare la loro stretta interdipendenza e la convergente linea di
incostituzionalità che ciascuna di esse esprime, di fronte a modifiche
apprestate sia con “leggi ordinarie” che con anticostituzionali leggi di
“revisione costituzionali” contro cui non basterebbe e non basta semplicemente
opporsi, ma è necessario far vale una Resistenza ad oltranza, appellando il
popolo che ha dimostrato la grande forza vitale e la sua ampiezza storica sia
moralmente che politicamente.
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