Silenziosamente, ma a ritmo incessante, la Cisgiordania sta cambiando la sua identità. Negli ultimi sette anni, infatti, si sta realizzando quella che i coloni chiamano “rivoluzione della terra”, ovvero “l’appropriazione di grandi territori palestinesi”. Nello specifico, sono oltre 60 gli avamposti agricoli illegali spuntati nella West Bank dal 2017 ad oggi. È quanto si legge nella dettagliata inchiesta pubblicata da Haaretz, che fa luce su un altro aspetto controverso di tale processo. Ebbene, questa “rivoluzione” starebbe avvenendo grazie al “finanziamento del governo Netanyahu, che ha destinato decine di milioni di shekel di fondi pubblici a queste comunità direttamente dai ministeri”.
Ufficialmente, le fattorie in questione accolgono “giovani a rischio”,
ovvero ragazzi, per lo più minorenni al momento dell’arrivo, che hanno
interrotto gli studi. Nel registro delle associazioni si legge che Uri
Eretz Ahavati, l’ente no profit che gestisce il progetto educativo – il cui
nome significa letteralmente “Svegliati, Mia Terra Amata” – ha la funzione di
“creare delle fattorie per aiutare i giovani che hanno difficoltà a integrarsi
nei percorsi scolastici formali”. Tali strutture “fungono anche da collegio per
i ragazzi”, che possono restarvi fin quando lo desiderano.
Le violenze ai danni dei palestinesi
Fin qui, il progetto educativo non sembrerebbe discutibile – se non fosse
che tutte le 60 fattorie sono di fatto illegali anche per lo Stato di
Israele perché sorgono su terre palestinesi. Sempre nell’inchiesta del
quotidiano si dice che “queste imprese agricole siano in realtà dei
focolai di frizioni e violenze contro il popolo palestinese sin dalla loro
fondazione”.
Come si legge su Haaretz, ci sono prove sempre più numerose che
in molti casi “gli avamposti a scopi agricoli
e di pastorizia siano diventati un terreno fertile per la
violenza nazionalista estrema”. Tra gli esempi riportati, quanto avvenuto
di recente nella fattoria Zohar Sabah, nella Valle del Giordano,
da dove i coloni, alcuni dei quali minorenni, “sono partiti per
attaccare il preside di una scuola palestinese nei pressi dell’istituto” che
dirige. Nei pressi di Ramallah, invece, gli abitanti della fattoria Hamachoch
“sono riusciti a scacciare i residenti del vicino villaggio palestinese di Wadi
al-Siq”. E ancora, “Yinon Levy [uno dei coloni sanzionati dagli Stati Uniti]
della fattoria Meitarim nelle Colline a Sud di Hebron, ha guidato assalti e
molestie, costringendo i residenti di un altro villaggio a fuggire”.
La forza d’avanguardia di tali azioni è spesso costituita “da quegli stessi
adolescenti definiti a rischio”, tant’è che persino lo Shin Bet [l’agenzia di
intelligence per gli affari interni] “ha recentemente inviato al
Governo un documento in cui avverte della rapida proliferazione delle
fattorie e dell’aumento degli episodi di violenza correlati”.
I finanziamenti del governo Netanyahu
Attualmente, sono 90 gli avamposti di questo tipo, che coprono
complessivamente circa 165mila acri di terra, ovvero circa il 12% dell’intero
territorio della West Bank – una superficie pari a quella delle città di
Dimona, Gerusalemme, Be’er Sheva, Arad ed Eilat messe insieme.
L’incremento di tanti avamposti è stato possibile grazie alle decine di
milioni di shekel di fondi pubblici stanziati dal Governo. Almeno “sei
ministeri – scrive Haaretz – sono coinvolti nel finanziamento e nel
mantenimento di questa impresa in crescita, il cui scopo sotteso è lo
sfollamento sistematico dei palestinesi”.
Com’è possibile che dei fondi pubblici vengano regolarmente stanziati a
favore di avamposti considerati illegali dallo stesso Stato? A tale
quesito, il ministero dell’Agricoltura israeliano ha risposto quanto segue: “il
Ministero sostiene il pascolo per preservare le aree aperte. Il sostegno [cioè,
il finanziamento] viene fornito per il territorio in cui avviene il pascolo.
Come condizione per ricevere il sostegno, vengono esaminate le proprietà
terriere di coloro che ne fanno richiesta. Il luogo di residenza della persona
che avanza la richiesta è irrilevante”.
Seppur nel silenzio totale, o quasi, dell’informazione mainstream, la
comunità internazionale ha battuto un colpo, seppur minimo, tardivo e
inefficace. Infatti, “Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi hanno
imposto sanzioni ai proprietari di sei di queste fattorie”. Più nel dettaglio,
spiegando le ragioni delle misure imposte ad alcune delle imprese agricole, lo
scorso marzo, l’Amministrazione Biden ha affermato che i coloni
di tali fattorie avevano “più volte partecipato ad atti di violenza contro i
palestinesi della Cisgiordania”.
Resta che il pesce puzza dalla testa: oltre che prendere provvedimenti
contro i coloni, sarebbe necessaria una presa di posizione forte
contro la politica del Governo, il cui operato è stigmatizzato in modo
appropriato dal titolo dell’articolo di Haaretz: “Il governo di Netanyahu non
solo consente il terrore ebraico in Cisgiordania, ma lo finanzia pure”.
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