sabato 9 novembre 2024

Caso Equalize: spioni nostrani e 007 di Israele, tra favori privati e contratti pubblici - Alberto Negri

 

C’è una sorta di Israel Connection in questa vicenda dei dossier illegali che collega la società Equalize al cuore delle nostre istituzioni. È quasi lampante nell’immagine che coglie l’ex super poliziotto Carmine Gallo mentre maneggia con naturalezza gli scatoloni con i dati dei dossier per infilarli nel baule della sua auto, come se fosse nel parcheggio di un centro commerciale. Sereno, con un senso di invidiabile impunità.

Ed ecco la prima parte della Israel Connection. L’8 febbraio 2023 – le date sono importanti – i carabinieri fotografano “due israeliani non identificati” nella sede di Equalize: “Sono disposti – dice l’intercettato, l’amministratore della Equalize, Carmine Gallo, parlando di loro come di 007 – a un “do ut des” di informazioni”. Per esempio, aggiunge un altro intercettato, l’informatico di Equalize, Samuele Calamucci, “ci stanno fornendo materiale di sicuro interesse per Eni spa e per Stefano Speroni” (dal 2020 capo degli Affari legali del colosso energetico) sul “traffico illecito di gas iraniano con le aziende d’Italia”.

Il traffico di gas ma anche di petrolio iraniano – l’Iran è sotto sanzioni – è un dossier su cui i servizi italiani indagano da anni. Per altro questo è un po’ il segreto di Pulcinella perché il gas iraniano e quello russo arrivano anche in Paesi come l’Azerbaijan, alleato di Israele, che lo immette nella pipeline verso l’Europa. Ma facciamo finta di nulla, così come ignoriamo che l’Italia importa ancora dalla Russia, legalmente, il 14% del suo gas.

Del resto che gli 007 israeliani possano essere interessati a fare qualche favore all’Eni avrebbe un sua logica stringente. Il 29 ottobre scorso, già in piena guerra dopo il massacro del 7 ottobre, il ministro dell’Energia israeliano ha annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte a Gaza, all’interno della zona marittima G al 62% palestinese. Una vicenda imbarazzante emersa soltanto dopo che alcuni gruppi palestinesi per i diritti umani avevano dato mandato allo studio legale Foley Hoag di Boston di comunicare all’Eni e alle altre società coinvolte una diffida dall’intraprendere attività in queste acque. Evocando il rischio di complicità in crimini di guerra.

Per quanto riguarda il gas, Israele sfrutta i giacimenti offshore Leviathan e Tamar, il cui prodotto in parte è estratto nell’ambito di un programma con Cipro e la Grecia (ormai uno stretto alleato israeliano in funzione anti-turca): dal 2020 Tel Aviv è così diventata un esportatore di gas. Ma di lasciare ai palestinesi la loro quota legittima di gas non se ne parla neppure. Per gli agenti israeliani, quindi, fare uno scambio di dati sensibili con Equalize che possa favorire l’Eni in quel febbraio 2023 avrebbe una sua logica. Meno logico è che sia coinvolta un società privata italiana che lucra utilizzando anche dati pubblici e intercettazioni illegali.

Ed ecco la seconda parte della Israel Connection. Esattamente un mese dopo le intercettazioni dei carabinieri su Equalize, l’8 marzo del 2023, arriva a Roma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Si si firmano accordi economici – gas compreso ovviamente – ma anche l’appalto di una parte della cybersecurity italiana a Israele (che nel settore ha una quota del 40% del mercato internazionale). L’accordo passerebbe totalmente sotto silenzio se non fosse per le dimissioni del capo della nostra agenzia due giorni prima dell’arrivo di Netanyahu: evidentemente l’accordo  a qualcuno non piace e lega troppo l’Italia allo Stato ebraico. Del resto ci aveva provato, fallendo, anche Renzi, quando era premier, a disegnare la stessa intesa riuscita al governo Meloni.

I punti chiave sono due. Perché gli agenti israeliani si servono di una società privata come Equalize quando appare evidente che possono avere rapporti diretti con le società e le istituzioni italiane? La risposta potrebbe essere che bisogna “oliare” un po’ tutti i sistemi e i personaggi nel variegato panorama dell’intelligence italiana. A ognuno la sua fetta di torta.

Il secondo punto riguarda la nostra Agenzia di cybersicurezza: chi la controlla davvero? Ed è in grado di proteggere gli interessi del Paese? Ci risponde il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo non è un parere tranquillizzante: “Credo che non siamo al sicuro e non lo saremo finché la legge e la tecnologia a disposizione non saranno riuscite ad allinearsi con la tecnologia a disposizione della criminalità. La tecnologia avanza più in fretta rispetto alla legge e i malintenzionati sono sempre un po’ più avanti”.

Certo bisogna capire con un certa urgenza chi sono i “malintenzionati” e i “criminali”. Mica possono fare tutto i carabinieri. Si legge, tra l’altro, sui media che un noto imprenditore sia stato truffato da esponenti di Equalize con un falso dossier sulle frequentazioni sospette della fidanzata (poi diventata moglie): “l’intelligence del bidet” di questi spioni era un po’ fake. Poi hanno vinto comunque l’amore e la passione. Quindi dormiamo i sonni tranquilli del lieto fine?

da qui

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