L’approccio analitico agli eventi porta a sottolinearne la complessità,
l’entrata in gioco di fattori molteplici. La sintesi, al contrario, nella
ricostruzione storica coglie l’essenziale.
Non sono una stratega militare e, più che le logiche autonome e i minimi
spazi, mi interessa il nocciolo dei problemi. Mi è difficile quindi dare
all’Ucraina una soggettività indipendente dalla volontà della Cia e degli altri
attori del Blob statunitense. Kiev è la capitale di un Paese distrutto, che
sopravvive economicamente e militarmente grazie agli aiuti occidentali. La sua
classe dirigente è asservita agli interessi statunitensi e passerà alla storia
per avere venduto il suo popolo, avere massacrato una generazione di giovani, i
membri della gloriosa resistenza nazionale (secondo i giornali del mainstream ) che ora fuggono all’estero, si
nascondono in casa, si rompono le ossa per poter non andare al macello.
La guerra alla Russia non è più nemmeno una guerra per procura: diviene
gradualmente uno scontro tra Nato e Mosca. I mesi precedenti le elezioni
statunitensi sono i più pericolosi perché i Democratici devono esibire agli
elettori qualche scalpo per poter giustificare gli enormi finanziamenti a spese
del contribuente riversati in una guerra suicida. L’operazione di Kursk, come
sta inevitabilmente emergendo, è stata realizzata con armi e mercenari
occidentali e con l’intelligence angloamericana. Lo scopo è sempre lo stesso.
Sin dall’inizio gli strateghi del Blob erano consapevoli che la guerra
russo-ucraina, se la Nato non avesse scelto la vera competizione con truppe e
conquista dei cieli, sarebbe volta a favore di Mosca. L’obiettivo era tuttavia
la destabilizzazione del regime, la sua caduta. A Kursk, più che una battaglia
militare, si conduce un attacco terroristico contro i civili russi. Portarli in
ostaggio in Ucraina o costringere Mosca a sacrificarli per sterminare i soldati
ucraini affinché il popolo russo assaggi le ferite della guerra è il fine della
strategia occidentale, non solo ucraina. La Russia, al contrario, ha finora
scelto la stabilità, è avanzata lentamente nonostante la netta superiorità di
uomini, munizioni e armamenti perché tutto proceda all’interno della Russia
come se la guerra avvenisse in una dimensione parallela, preoccupandosi persino
di non spargere troppo sangue fratello. Come abbiamo ripetuto, la Corte Penale
Internazionale (Cpi) ha emesso un mandato di arresto per Putin che conduce
battaglie militari contro obiettivi militari più che civili, mentre non ha
potuto fare la stessa cosa per il criminale di guerra Netanyahu che massacra
ancora oggi donne e bambini a Gaza. Questo è l’“Ordine internazionale basato
sulle regole” che le più stimate cariche istituzionali europee raccomandano di
difendere nella guerra in Ucraina. Di fatto, come il “resto del mondo” sa, si
tratta soltanto di una pax americana basata
su doppi standard e normative create e utilizzate a beneficio degli interessi
del cosiddetto Occidente collettivo.
La tattica prevale sulla strategia, per cui non è rilevante se a Kursk alla
fine i russi prevarranno con un massacro di militari ucraini e di civili russi:
è invece essenziale che sui giornali più letti si possa parlare di sorpresa di
Mosca, di inefficienze russe, del valore ucraino al fine di inorgoglire i
bellicisti democratici (in Usa come in Europa) e il loro elettorato. Mi viene
da sorridere quando ascolto gli interventi di ex generali, personalmente
conosciuti, che si affannano a dimostrare come la difesa dell’Ucraina e
l’attacco al territorio russo siano due facce della stessa medaglia. Chissà
come mai invece, quando vi era a Mosca un rivale strategico e ideologico, le
guerre tra Usa e Urss nei vari teatri del mondo non hanno mai preso in
considerazione un attacco militare sui reciproci territori. Dal 2002, con
l’uscita unilaterale di George W. Bush dal trattato ABM contro la
proliferazione di armi nucleari offensive, il Blob ha perseguito la possibilità
del primo attacco nucleare, evitando i danni “maggiori” per gli occidentali.
L’obiettivo di una destabilizzazione della Russia potenza nucleare è dato per
scontato. Non viene analizzato nelle sue conseguenze disastrose. Smantellare la
Federazione che possiede 6000 testate nucleari o sostituire Putin con un falco?
Domande inutili. Gli strateghi del Blob hanno interessi a breve termine da
servire, altrimenti non sarebbero stati gli artefici dei disastri in
Afghanistan, Iraq e Libia. I benefici immediati sono molteplici, in termini di
campagna elettorale, di iniezioni di liquidità e guadagni delle oligarchie
delle armi e dell’energia. La destabilizzazione delle aree del mondo, confine
orientale dell’Europa o Medio Oriente, è una finalità in sé. Non prevede
approfondimenti di lungo termine. Kursk va bene così, indipendentemente
dall’esito finale. Le vittime, si sa, hanno sempre avuto nella storia una loro
utilità.
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