Gli Alleati hanno fallito nella denazificazione
dell’Europa, non riuscendo a smantellare le fondamenta politiche che
condividevano con il regime nazista. Gli europei non devono ripetere
quell’errore.
Il fermo sostegno
della Germania al genocidio in Palestina solleva la domanda: come è possibile
che il paese noto per il suo presunto confronto con la colpa del genocidio
passato, stia ripetendo errori così simili? Comprendere cosa sia il nazismo —
non i crimini che ha commesso, ma la sua stessa natura come visione
sociopolitica — ci aiuta a capire come e perché gli Alleati abbiano
deliberatamente fallito nella denazificazione della Germania e perché lo
spettro del fascismo continui oggi a perseguitare la Palestina, l’Europa e il
mondoi. Ci aiuta anche a capire come la soluzione sia nelle nostre mani.
Comprendere i pilastri
fondamentali del progetto politico nazista
Il nazismo non è un
impulso criminale apolitico, ma un progetto politico criminale costruito su tre
pilastri fondamentali: la politicizzazione dell’identità, il colonialismo e il
capitalismo.
Tutti gli stati fanno
una distinzione tra cittadini e non cittadini. Il nazismo, tuttavia, ha
costruito una separazione tra interni ed esterni sulla base dell’identità,
escludendo i cittadini tedeschi dalle identità che considerava indesiderabili.
È interessante notare che, nella formulazione del loro programma politico, i
leader nazisti si riferirono alla legislazione segregazionista americana. Libri
come il “National Socialist Handbook for Law and Legislation of 1934-1935” e
“Race Law in the United States” di Heinrich Krieger del 1936 si basavano fortemente
sul precedente americano, non trovando in nessun’altra nazione modelli
comparabili per la legislazione razziale. La ricerca di Krieger ispirò le leggi
di Norimberga, che portarono in vigore la discriminazione del primo partito
nazista contro ebrei, rom, e neri tedeschi.
La politicizzazione
dell’identità nel nazismo si esprimeva anche in modo colonialista, traendo,
ancora una volta, ispirazione diretta dall’espansione verso ovest degli Stati
Uniti nella strategia per la conquista della Polonia e dei suoi vicini slavi.
Hitler stesso studiò attentamente l’eugenetica americana e adottò una
propaganda simile per giustificare i genocidi del suo partito. In effetti,
l’espansionismo nazista e la pulizia etnica non erano nulla di nuovo per le
nazioni europee; la differenza era che altri, come Italia, Spagna, Francia,
Paesi Bassi e Regno Unito, colonizzarono, schiavizzarono e orchestrarono
genocidi principalmente al di fuori dell’Europa. Agli occhi degli europei, il
peccato della Germania nazista sembra non essere stato il suo progetto
coloniale in sé, ma dove e su chi è stato imposto.
Il nazionalsocialismo,
“socialismo nazionale”, non era affatto socialismo; piuttosto, era
profondamente ed essenzialmente capitalista. Il capitalismo ha giocato un ruolo
diretto nell’ascesa al potere di Hitler. La Grande Guerra in Europa si era
conclusa con pesanti restrizioni sul controllo del carbone da parte della
Germania e sulle dimensioni del suo esercito, influenzando pesantemente la sua
industria. Era nell’interesse degli industriali capitalisti sostenere il
programma politico nazista che prometteva di sfidare queste restrizioni e anche
di proteggerli dalla crescente “minaccia” comunista alla loro proprietà privata
dei mezzi di produzione industriale. Essi finanziarono la propaganda e le
campagne politiche del partito nazista, fecero pressioni sul Presidente
Hindenburg affinché nominasse Hitler Cancelliere, e approvarono la “Legge dei
Pieni Poteri” che cementò la dittatura di Hitler. Non a caso, i capitalisti
industriali tedeschi godevano di una stretta relazione con gli Stati Uniti, non
solo prima della guerra (oltre cento società statunitensi avevano interessi in
Germania, compresi i suoi sforzi di riarmo), ma anche durante (aziende
statunitensi come IBM continuarono a sostenere la produzione bellica della
Germania, che in realtà si espanse sotto i bombardamenti alleati, e che, come
il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti Morgenthau notò, risparmiava
in gran parte le fabbriche tedesche) e dopo (gli industriali tedeschi che avevano
pesantemente investito nel regime nazista e utilizzato il lavoro schiavo dei
campi di concentramento ricevettero non più di una pacca sulla spalla).
Gli Alleati hanno
denazificato la Germania?
La vittoria degli
Alleati sui nazisti ha sollevato la questione di come denazificare la Germania.
Invece di riconoscere le relazioni di potere identitarie, coloniali e
capitaliste che avevano reso possibile il nazismo e implementare un programma
politico volto a smantellare queste relazioni, scelsero di concentrarsi sui
crimini che ne erano derivati.
Questo era necessario
per l’autoconservazione poiché, come abbiamo visto, gli Alleati erano
essenzialmente colpevoli delle stesse forme di violenza politica. Per citare a
riguardo il docente ugandese, autore e commentatore politico Mahmoud Mamdani:
“Interpretando il nazismo in modo ristretto come una serie di crimini commessi
dai tedeschi piuttosto che come un’espressione di nazionalismo, le Potenze
Alleate si sono protette e hanno protetto i loro cittadini dallo scrutinio… per
evitare di dover rendere conto della loro stessa violenza nazionalista in
patria e nelle loro colonie… limitando la colpevolezza ai tedeschi, gli Alleati
hanno risparmiato i loro concittadini che avevano collaborato con i nazisti. Se
invece il nazismo fosse stato compreso come un progetto politico, tutte queste
scomode — ma vitali — verità sarebbero state messe sul tavolo, potenzialmente
portando a una rivoluzionaria riorganizzazione dell’organizzazione politica
moderna.”
Il fallimento della denazificazione
e i suoi effetti sull’Europa e sulla Palestina
La cortina di fumo del
programma nominale di denazificazione degli Alleati ha preservato e
approfondito la normalizzazione delle componenti capitaliste e
colonialiste nella più ampia coscienza sociopolitica europea. Scegliere di
ritenere la Germania responsabile come paese e popolo invece del nazismo come
programma politico (che fu opposto da alcuni tedeschi e sostenuto da alcuni non
tedeschi) fu di per sé una ripetizione identitaria. La politicizzazione
dell’identità, lo strumento centrale che il colonialismo usa per frammentare le
società, divenne radicata in Europa a suo detrimento.
Questo radicamento
delle mentalità identitarie è tra i fattori che animano la recente ascesa
dell’estrema destra in Europa oggi. Ad esempio, i Democratici Svedesi (un
partito di estrema destra) osservano un tasso di criminalità più elevato nei
quartieri popolati da immigrati più recenti. La vera ragione di questo tasso di
criminalità più elevato potrebbe essere la minore qualità dei servizi sociali
in questi quartieri, ma invece viene incolpata l’identità degli immigrati.
D’altro canto, la sinistra europea spesso cade nella stessa trappola, offrendo
un sostegno incondizionato ai gruppi identitari emarginati invece di affrontare
le radici politiche dei problemi che affrontano. In altre parole, questa
trappola trasforma “noi contro loro” in “noi con loro”, rafforzando la
divisione tribale di “noi e loro”.
Il fallimento nel
depoliticizzare l’identitarismo in Europa ha anche reso possibili guerre,
incluse guerre civili, basate sull’assunzione che l’identità debba determinare
i confini in cui si vive, il che significa che stati e società dovrebbero
idealmente essere monoetnici. La frammentazione di Cipro lungo linee etniche o
quella della Jugoslavia in Kosovo musulmano, Croazia cattolica e Serbia
ortodossa sono esempi salienti. Più recentemente, la Russia ha invocato
l’etnicità degli ucraini orientali per giustificare la sua guerra lì.
Il sostegno
dell’Europa al sionismo è anche una ripetizione identitaria. Invece di offrire
compensazione a tutte le vere vittime del nazismo, compresi, ovviamente, gli
ebrei europei danneggiati, e liberarsi dalla separazione dei nazisti nei
confronti degli ebrei, l’Europa ha accettato i presupposti del nazismo e ha
compensato il movimento sionista che affermava di rappresentare la volontà di
tutti gli ebrei nel mondo, materializzato in Israele, il cosiddetto “stato
nazione del popolo ebraico [dove] la realizzazione del diritto
all’autodeterminazione nazionale è esclusiva del popolo ebraico”. E così
l’Europa ha reso possibile, persino causato, la partizione e la pulizia etnica
della Palestina, fino all’olocausto odierno. Il fatto che gli antisemiti
condividano la visione settaria dell’identità ebraica propria del sionismo fa
luce sul perché Herzl disse che “gli antisemiti sono alleati del sionismo”. C’è
qualche differenza fondamentale se a dire che “gli ebrei non hanno futuro in
Europa” è stato Hitler, Netanyahu o il rabbino della Grande Sinagoga di Parigi?
Il sostegno della
Germania al genocidio a Gaza condivide quindi le stesse radici sociopolitiche
del sostegno per altri genocidi perpetrati dall'”Occidente” nel corso della sua
storia. Gli Alleati hanno fallito nella denazificazione dell’Europa non
riuscendo a smantellare le fondamenta politiche che le loro stesse nazioni
condividevano con il regime nazista. Gli europei non devono ripetere
quell’errore. Denazificare l’Europa oggi significa stabilire stati che siano
strumenti funzionali per amministrare gli affari della società piuttosto che
stati che armano le identità, interiormente o esteriormente. Questo può essere
realizzato solo da movimenti politici che non si limitano a trattare i sintomi
di una governance eticamente scorretta, ma che riconoscono la politicizzazione
dell’identità, il colonialismo e il capitalismo come i mali sottostanti. Tali
movimenti devono lottare per nientemeno che il completo sconvolgimento degli
ultimi centinaia di anni di storia europea — un’impresa che renderà possibile
un’Europa libera, una Palestina libera e un mondo libero.
Traduzione di Grazia
Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali”
-Invictapalestina.org
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