Al mio amico di Tel Aviv
L’altra
mattina, pochi minuti dopo aver saputo che un drone – un ordigno volante – era
esploso nel cielo di Tel Aviv, ho telefonato a un amico residente nella “città
che non dorme mai”. Era poco dopo l’alba e lo slogan della metropoli israeliana
sul Mediterraneo aveva assunto per me un significato diverso dal solito. “È
successo qualcosa?”. La risposta beffarda alle mie preoccupazioni indicava il
desiderio del mio interlocutore di guardare al mare aperto, al Mediterraneo
piatto quasi immobile, alla spiaggia con i primi bagnati, alcuni dei quali
probabilmente si erano addormentati sulla sabbia, appena distanti dalla striscia
di Gaza per sentire bombe e missili che cadevano senza sosta.
Illusioni e complicità mediatiche
La guerra è
là, ma gli ebrei israeliani cercano in maggioranza di far finta, aiutati da una
stampa – radio e televisione, oltre ai quotidiani – che evita di raccontare che
i morti palestinesi ufficiali sono quasi quarantamila, città, villaggi e campi
profughi praticamente distrutti e invivibili, e l’economia inesistente come, a
giudicare da tutte le indicazioni, è inesistente il futuro di Gaza.
Con l’amico e collega Alberto
Stabile
Anni fa, con
l’amico e collega Alberto Stabile, corrispondente del quotidiano “Repubblica”,
eravamo scesi in macchina da Gerusalemme per andare alla sede dell’ambasciata
italiana sul lunghissimo lungomare di Tel Aviv. Una sosta breve, atmosfera
surreale. La giovane e attraente ragazza in costume che incrociammo uscendo dal
grattacielo della sede diplomatica ci sorrise (o forse era una risata) quando
capì che le borse che portavamo non erano piene di attrezzature sportive ma di
abiti protettivi anti-gas, maschere e punture ‘pronto uso’. Saddam Hussein –
aggredito dalla coalizione occidentale, Usa in testa – minacciava di colpire
Israele. E noi ci eravamo preparati. Quella roba, non molti anni dopo, finì
nell’immondizia.
Contro la follia umana non c’è
antidoto
Non ci sono
abiti o attrezzature che proteggono dalla follia umana. E la guerra limitata
che dal 7 ottobre 2023 sta devastando il Medio Oriente rischiando di andare ben
oltre le paure che attraversavano il mondo negli anni Novanta del secolo
scorso. Yossi Melman, grande esperto dei servizi segreti israeliani, ha
denunciato l’articolo pubblicato su Haaretz, il quotidiano di sinistra per il
quale scrive da una vita, dallo storico israeliano Benny Morris, che pochi
giorni prima aveva suggerito che “Israele dovrebbe iniziare immediatamente una
guerra contro l’Iran, utilizzando le armi nucleari in suo possesso”. Morris ha
giustificato la sua proposta sostenendo che l’Iran “è sul punto di arricchire
l’uranio al 90%” e che quindi “siamo arrivati al momento della verità”.
Stranamore- Benny Morris
“L’idea che
Morris fa galleggiare – scrive Melman – non è suggerita nemmeno da una singola
figura mainstream dell’establishment della difesa, né al momento né in passato.
È un’idea che condivide solo con legislatori di estrema destra come Tally
Gotliv e Amichai Eliyahu, che hanno chiesto di appiattire Gaza usando armi
nucleari”. E conclude Melman che “le richieste di Morris … riportano alla mente
l’immaginario pazzo dell’ex scienziato nazista nel classico di Kubrick del
1964. Come il dottor Stranamore, Stranamore-Benny Morris ha smesso di
preoccuparsi e ha imparato ad amare la bomba”.
I fanatismi monoteisti contro
Le tre
religioni monoteistiche nacquero, come si sa, in quelle terre. Il fanatismo
religioso è, purtroppo, di casa nel Medio Oriente. E nessuno, nessuna potenza
politica, sembra volerlo bloccare prima che sia troppo tardi. Tra tre mesi si
vota negli Stati Uniti e nel mondo regna l’incertezza mentre tutti cercano, in
qualche modo, di guadagnare punti e di creare realtà nuove. I morti, feriti e
senza tetto palestinese ampliati a Gaza mentre si parla di una tregua che non
arriva mai; i capi della difesa israeliana si lamentano perché, dicono, non
hanno militari sufficienti per andare avanti con la mattanza (specialmente su
altri fronti). Pochi osservatori internazionali si preoccupano per la
situazione in Cisgiordania e a Gerusalemme Est dove i coloni israeliani,
spronati dal fanatismo religioso e dal premier Netanyahu, stanno uccidendo, distruggendo
e lavorando giorno dopo giorno per rendere praticamente impossibile la
creazione di uno stato palestinese accanto a Israele.
Pacifismo come codardia e tradimento
Chi cerca di
fermare l’assalto all’idea stessa di pace viene insultato e critico. “Purtroppo,
l’alto comando dell’IDF (le forze di difesa israeliane) non conosce il suo
posto, e invece di concentrarsi sulla guerra contro Hamas, esprime posizioni
politiche a favore di un accordo spericolato”, ha detto Bezalel Smotrich, il
ministro delle finanze, uno degli esponenti più radicali del governo
israeliano.
“Smettetela
di parlare e predicare, continuate a combattere e uccidere”, ha esortato. E,
rivolgendosi agli Stati Uniti pochi giorni dopo che il parlamento israeliano ha
bocciato l’idea stessa di uno stato palestinese accanto a Israele, ha ripetuto
“Faremo di tutto affinché uno stato palestinese non sia mai stabilito nella
Terra di Israele”.
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