Avevo già deciso di parlare del Canada e delle terribili morti di
Saskatoon, una serie di casi messi sotto silenzio, quando il 26 settembre mi è
balzato all’occhio un titolo del Global News: “Da agosto 9 indigeni sono morti
sotto la custodia della polizia”. Approfondiamo. Sul Canada pendono già accuse
gravi, come abbiamo visto nei miei articoli “Cosa c’è dietro le scuse di Papa
Francesco ai Nativi”, sulle scuole residenziali indiane in Canada, e
“Esperimenti medici segreti sui Nativi in Canada: una causa per dimostrare che
succede ancora oggi”, che potete trovare insieme agli altri al link della mia
rubrica “Nativi".
Il caso di Jon Wells — ucciso il 17 settembre 2024
L’ultimo caso, raccontato anche dalla CBC, è stato quello di Jon Wells a
Calgary, Alberta. Jon Wells, 42 anni, membro della Blood Tribe e noto campione
indigeno di rodeo, è morto il 17 settembre 2024 in seguito a un “incontro” con
gli agenti di polizia a Calgary. La polizia ha dichiarato di essere stata
chiamata all'hotel poco prima dell'una di notte dopo che era stato segnalato
“un uomo che provocava disordini e si rifiutava di andarsene”. L'uomo era
disarmato e, come ha riportato la polizia, si comportava “in modo confuso”.
Quando un agente gli ha puntato la sua pistola stordente l'uomo ha alzato le
mani e ha detto: “Non voglio morire”. Dopo che un agente ha tentato di
afferrare l'uomo, ne è scaturito un alterco fisico, l'uomo è stato colpito con
il taser e con un pugno in testa, e gli sono state applicate manette e cinghie
alle gambe. All'arrivo di altri agenti, l'uomo era steso a terra, sanguinava
dalla bocca e aveva vomitato. All'uomo è stata applicata una maschera
anti-sputo e gli è stato somministrato un sedativo. Circa tre minuti dopo,
qualcuno si è accorto che non rispondeva e poco dopo è stato dichiarato morto.
Il 27 settembre, il capo della Blood Tribe, Roy Fox, ha dichiarato che il
consiglio della tribù presenterà un reclamo contro gli agenti e chiederà un
esame approfondito da parte dell'ASIRT (Alberta Serious Incident Response
Team). In una dichiarazione, Fox ha anche detto che la morte di Wells ricorda
le vicende che la Prima Nazione ha vissuto negli anni '80, quando ci fu
un'inchiesta pubblica “Policing in relation to the Blood Tribe”. “Dobbiamo
cercare giustizia per il signor Wells e ad assicurare che tali tragedie non continuino”,
ha affermato Fox. Il capo dell'Assemblea delle Prime Nazioni (Assembly of First
Nations), Cindy Woodhouse, ha dichiarato che la morte di Wells è solo l'ultima
di una serie di morti di indigeni in Canada in seguito a “scontri con la
polizia”, tra cui otto oltre a Wells solo nell'ultimo mese. “Ci sono state
troppe morti”, ha detto. “È straziante e ti lascia quasi senza parole”. E
restiamo senza parole anche noi.
Ha affermato Michael Redhead Champagne, un attivista per i diritti delle
First Nations: “Chi chiamiamo noi Nativi quando abbiamo bisogno di aiuto?
Perché di certo non possiamo chiamare la polizia o la RCMP (Royal Canadian
Mounted Police)”.
Morti in cifre negli anni precedenti
Nonostante rappresenti solo il 5% della popolazione canadese, il 30% dei
detenuti del Paese è indigeno. Nelle province di Manitoba, Saskatchewan e
Alberta — regioni in cui la popolazione indigena è più numerosa — questo numero
sale al 54%. Secondo un'analisi di CTV News del 2017, un indigeno in Canada
ha più di 10 volte la probabilità di essere colpito e ucciso da un
agente di polizia rispetto a un bianco. Tra il 2017 e il 2020, 25
indigeni sono stati uccisi dalla RCMP, il servizio di polizia federale e nazionale
del Canada.
Chantel Moore, 26 anni — uccisa il 4 giugno 2020
Nelle prime ore del mattino del 4 giugno 2020, la polizia della città di
Edmundston, nel New Brunswick, avrebbe risposto a una chiamata del fidanzato di
Chantel Moore che, preoccupato, chiedeva un controllo di sicurezza. Il suo
fidanzato, che viveva a più di 1.000 km di distanza a Toronto, avrebbe creduto
che Chantel fosse stata molestata. La 26enne del British Columbia, membro
della First Nation Tla-o-qui-aht, si era recentemente trasferita nel New
Brunswick per stare più vicina alla figlia di sei anni, che viveva con la madre
di Chantel. Pochi minuti dopo, Chantel — che la sua famiglia ha descritto come
“una brava mamma”, una persona che “faceva amicizia ovunque andasse” e “amava
far ridere la gente” — era morta.
Secondo la polizia, Chantel era uscita dal suo appartamento su un balcone
con un coltello e aveva minacciato l'agente, che poi le aveva sparato. Dopo che
il corpo di Chantel è stato riportato in British Columbia, la nonna materna,
Grace Frank, e sua madre, Martha Martin, sono andate a vederlo. “Il suo volto
era livido, l'occhio destro era infossato. Aveva sette ferite da arma da fuoco
sul corpo e la gamba sinistra non era attaccata sotto la rotula”, ha ricordato
Grace in lacrime, aggiungendo che la polizia non aveva fornito alcuna
spiegazione per le condizioni del corpo. La famiglia voleva evitare che la
figlia di Chantel, Gracie - che prende il nome dalla bisnonna - venisse a
sapere come è morta la madre, ma la bambina di sei anni ha visto per caso un
servizio in TV. La bisnonna dice che la cosa l'ha lasciata sconvolta e ha
detto: “Non voglio che mi sparino così, non voglio morire così””. Alla domanda
sulle condizioni del corpo di Chantel, Mychèle Poitras, direttrice delle comunicazioni
della città di Edmundston, ha risposto: “Non si possono fare commenti”.
La First Nation Tla-o-qui-aht ha chiesto che l'agente fosse accusato di
omicidio e che le telecamere siano obbligatorie per tutti gli agenti di polizia
che lavorano a contatto con il pubblico. Ha inoltre richiesto un'inchiesta
nazionale completa sulle cause della brutalità della polizia nei confronti
degli indigeni.
I casi di Saskatoon: i tour alla luce delle stelle, Starlight
tours. Neil Stonechild, 17 anni - ucciso nel novembre 1990
In Saskatchewan un fenomeno mortale noto come “starlight tours”
minaccia gli indigeni da decenni. Nessuno sa con certezza dove o quando sia
nato il termine, ma i residenti indigeni sanno esattamente cosa significhi: la
polizia preleva gli indigeni — che spesso si dice siano presi in stato di
ebbrezza — e li abbandona di notte ai margini della città di Saskatoon, dove le
temperature scendono regolarmente fino a -28°C durante l'inverno. Nel novembre
1990, un ragazzo Saulteaux First Nations di 17 anni fu trovato morto congelato
in un campo alla periferia di Saskatoon. Neil Stonechild era a
faccia in giù nella neve, indossava una sola scarpa e aveva segni di tagli sul
viso e sulle braccia. Fu trovato da operai edili il 29 novembre, cinque giorni
dopo essere stato visto per l'ultima volta. L'autopsia indicò che era morto per
ipotermia. Ma la sua famiglia, sconvolta, sospettò che si trattasse di un
crimine. L'indagine della polizia sulla sua morte fu chiusa dopo soli tre
giorni.
L'ex sergente della polizia di Saskatoon Keith Jarvis, che condusse
l'indagine, spiegò nel suo rapporto: “Si ritiene che, a meno che non si ottenga
una prova concreta del contrario, il defunto sia morto per congelamento”. Al
momento del decesso, Neil viveva tra una casa famiglia — un alloggio che ospita
più bambini e giovani in affidamento — nella zona ovest di Saskatoon e la casa
della madre. Secondo il fratello maggiore, Dean Lindgren, Neil era un “bravo
ragazzo” che si dilettava in “piccoli crimini” ma non era coinvolto in crimini
violenti o bande.
La notte in cui Neil è morto indossava la giacca da liceale del fratello.
Era, ricorda Dean, uno dei suoi beni più preziosi.
I due fratelli avevano un forte legame, anche se si conoscevano solo da due
anni e mezzo quando Neil morì. Dean era, infatti, stato sottratto alla sua
famiglia nell'ambito dello “scoop degli anni '60”, una pratica messa in atto
dai governi provinciali e federali canadesi tra gli anni '60 e '80 in cui i
bambini indigeni venivano sottratti alle loro famiglie e adottati da famiglie
bianche in Canada e negli Stati Uniti. Dopo aver terminato le scuole superiori,
Dean aveva viaggiato dalla sua casa adottiva in Minnesota negli Stati Uniti per
trovare la sua famiglia biologica a Saskatoon. Aveva legato immediatamente con
il fratello e, la settimana prima della sua morte, i due fratelli avevano
programmato di recarsi nella provincia dell'Ontario per ritirare un'auto che
Dean aveva comprato e tornare insieme a Saskatoon. Ma alla fine Dean era andato
da solo.
Tornando a Saskatoon, Dean aveva avuto un incidente e distrutto la sua auto
nuova. Preso in prestito il telefono di uno sconosciuto, aveva chiamato casa e
sua cugina Andrea gli aveva detto: “Dean, tuo fratello è stato ucciso”. Dean
ricorda di aver saputo che Neil era con il suo amico sedicenne Jason Roy la
notte in cui era scomparso. Ma per 10 anni Jason non parlò mai di quanto
accaduto quella notte. In seguito, spiegò di essere stato traumatizzato e di
aver avuto paura di potenziali ripercussioni se avesse parlato.
Il 19 gennaio 2000, Lloyd Dustyhorn, un uomo delle First
Nations di 53 anni, fu trovato morto congelato a Saskatoon. Il giorno prima era
stato preso in custodia dalla polizia per ubriachezza in pubblico. Nel maggio
2001, a seguito di un'inchiesta, una giuria decise che la sua morte era stata
causata dall'ipotermia. Più tardi, nello stesso mese, Darryl Night,
un uomo Cree di Saskatoon, raccontò alla polizia che due agenti lo avevano
abbandonato al gelo a diversi chilometri da Saskatoon. Darryl aveva avuto una
discussione da ubriaco con lo zio e ha raccontato che gli agenti lo prelevarono
fuori dall'appartamento dello zio prima dell'alba del 28 gennaio. Indossava
solo una maglietta e scarpe da corsa quando lo lasciarono in una remota area
rurale fuori città. Riuscì a camminare per diversi chilometri fino a una
centrale elettrica, dove un guardiano gli permise di chiamare un taxi.
Il giorno dopo, il corpo a torso nudo di Rodney Naistus, un
indigeno di 25 anni, fu trovato vicino al luogo in cui Darryl aveva detto che
gli agenti di polizia lo avevano lasciato. Pochi giorni dopo, il 3 febbraio
2000, il corpo di un altro indigeno, Lawrence Kim Wegner, 30 anni,
che era stato visto per l'ultima volta tre giorni prima, fu trovato con indosso
solo una maglietta, calzini e jeans. Secondo le indagini della polizia e le
inchieste pubbliche, entrambi gli uomini sembravano essere morti congelati,
forse dopo poche ore dal rilascio dalla custodia della polizia. Questi casi
spinsero la Provincia di Saskatchewan a tenere un'inchiesta sui presunti “tour
alla luce delle stelle” e a riesaminare anche la morte di Neil, nel 1990. Jason
Roy stavolta testimoniò all'inchiesta, raccontando dell'ultima volta che aveva
visto il suo amico vivo, in quella fredda notte di novembre. Lui e Neil stavano
camminando nella zona ovest della città dopo aver bevuto in una casa della
zona. I due si erano separati, e la volta successiva che Jason vide Neil era
sul sedile posteriore di una volante della polizia, con il volto insanguinato,
che gridava aiuto e diceva a Jason: “Mi uccideranno”.
L'inchiesta stabilì che Neil era sotto la custodia di due agenti di polizia
e che le ferite e i segni sul suo corpo “erano stati probabilmente causati
dalle manette”. Gli agenti negarono di essere stati in contatto con Neil la
notte in cui morì, ma le prove contraddissero le loro affermazioni e i due
furono licenziati dal servizio nel novembre 2004. Nonostante ciò, nessun
agente di polizia di Saskatoon è stato processato per la morte di Neil o di
altri indigeni morti per congelamento
Inizialmente gli investigatori dell’SPS (Saskatoon Police Service) hanno
insistito nel dire che si trattava di incidenti isolati. Tuttavia, nel 2003, il
capo della polizia Russell Sabo ammise che c'era la “possibilità” che la forza
di polizia avesse scaricato indigeni delle First Nations fuori dalla città per
anni, rivelando che un agente dell'SPS era stato punito nel 1976 per aver
portato una donna indigena alla periferia della città e averla abbandonata lì.
Gli “starlight tours” sarebbero andati avanti per decine di anni. Una vera e
propria serie di terribili delitti seriali.
Il 21 aprile 2018, Ken Thomas ha affermato di essere stato prelevato da due
agenti dell'SPS e abbandonato fuori città di notte al freddo. Questa accusa è
stata indagata dalla Public Complaints Commission, che ha dichiarato che era
infondata. In un comunicato stampa, il capo della polizia Troy Cooper ha
dichiarato che è improbabile che ci sia stato un contatto tra l'SPS e Thomas la
notte dell'incidente, sulla base delle registrazioni video e audio effettuate
dalle auto della polizia (link: https://saskatoon.ctvnews.ca/starlight-tour-allegation-unfounded-investigation-finds-1.4222925 ).
Tentativi di censura, film e musica
Tra il 2012 e il 2016, la sezione “Starlight Tours” dell'articolo di
Wikipedia in inglese sulle morti per congelamento di Saskatoon è stata
cancellata più volte. Un'indagine ha rivelato che due delle modifiche provenivano
da un computer dell'SPS (https://www.cbc.ca/news/canada/saskatoon/saskatoon-police-starlight-tours-wikipedia-delete-1.3512586). Alyson Edwards,
portavoce del corpo di polizia, ha negato che la rimozione dei contenuti sia
stata approvata ufficialmente dal corpo di polizia. Il 31 marzo 2016 il
Saskatoon StarPhoenix ha riferito che “la polizia di Saskatoon ha confermato
che qualcuno all'interno del dipartimento di polizia ha cancellato i
riferimenti a ‘Starlight tours’ dalla pagina web di Wikipedia sul corpo di
polizia”. Secondo il rapporto, una ‘portavoce della polizia ha riconosciuto che
la sezione sui Starlight Tour è stata cancellata utilizzando un computer
all'interno del dipartimento, ma ha detto che gli investigatori non sono stati
in grado di individuare chi l'ha fatto. La portavoce ha dichiarato che l'SPS
sta lavorando per ‘andare avanti con tutto il lavoro positivo che è stato
fatto, e continua a essere fatto, che è venuto fuori dall'inchiesta
Stonechild’.
Gli incidenti degli “Starlight Tours” sono stati trattati in due film. Le
esperienze di Darrell Night sono state documentate nel documentario Two Worlds
Colliding ( 2004) di Tasha Hubbard, National Film Board of Canada, vincitore
del Canada Award. Un incidente è stato anche ritratto nel film drammatico di
mezz'ora Out in the Cold (Fuori dal freddo), diretto da Colleen Murphy e
interpretato da Gordon Tootoosis, Matthew Strongeagle ed Erroll Kinistino.
Nel 2005, il gruppo punk rock canadese Propagandhi ha pubblicato l'album
Potemkin City Limits, che include la canzone “The Bringer of Greater Things”,
“dedicata a Rodney Naistus, Neil Stonechild e Lawrence Wegner, assassinati dai
membri del Dipartimento di Polizia di Saskatoon” (note di copertina
dell'album).
La canzone “One Shoe” del musicista canadese Kris Demeanor è stata scritta
in riferimento alle morti per congelamento di Saskatoon, in particolare quella
di Stonechild. Anche la canzone “Starlight” delle Wailin' Jennys è stata
ispirata dalle morti per congelamento. Nel 2017, l'artista Mi'kmaq Cathy
Elliott ha completato un workshop di cinque settimane con gli studenti dello
Sheridan College per il suo musical Starlight Tour.
Conclusioni
La realtà è che ben poco si è fatto per andare a fondo a queste terribili
vicende: sia quelle attualmente in corso, di agosto e settembre 2024, sia
quelle dello “sport” della polizia di Saskatoon che, in sostanza, pare sia
quello di acchiappare nativi in giro di sera per la cittadina per abbandonarli
in maglietta a congelare. I Nativi canadesi, formati dalle comunità delle First
Nations, Inuit e Métis parlano di genocidio. E noi? Riflettiamo sul fatto che
nascere nativi in Canada sia una vera lotta per la sopravvivenza, come se non
bastassero i secoli di ingiustizie già passati. Parlare di questi fatti,
condividerli e divulgarli è un nostro diritto e un nostro dovere.
Mi permetto, come lettura consigliata per saperne di più, il mio libro “Le
scuole residenziali indiane. Le tombe senza nome e le scuse di Papa Francesco”,
Mauna Kea Edizioni, 2023.
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