Intervista per "Egemonia". "Stiamo entrando in un periodo in cui gli impulsi nichilisti di distruzione esistono indipendentemente dagli obiettivi razionali degli stati. Il nichilismo è il concetto corretto per comprendere la volontà degli ucraini di sottomettere i russi del Donbass. E’ il concetto corretto per comprendere le azioni dello Stato di Israele che non ha più obiettivi razionali."
intervista di Alessandro Bianchi
Incontriamo Emmanuel Todd nella sede romana di Fazi, l’editore che ha
pubblicato la versione italiana del suo bestseller “La
sconfitta dell’Occidente”. Storico, sociologo e antropologo
francese di fama internazionale, ci colpisce per la disponibilità, umiltà e
generosità con cui ci accoglie e con la quale ci permette di esaudire tutto il
nostro fiume di domande e interessi. In Italia per presentare quello che è stato
un caso editoriale in Francia e che è in procinto di essere tradotto in tante
altre lingue, gli abbiamo esteso i nostri complimenti sinceri per il coraggio
in una fase di appiattimento culturale e di chiusura ermetica delle idee nella
parte di mondo che si autoproclama libero. Ma per Todd non è coraggio. Ci
ricorda come suo nonno “Paul Nizan è stato un grande poeta, giornalista
e scrittore che pubblicava con Gallimard. Il suo testimone di nozze era Raymond
Aron ed è morto durante la seconda guerra mondiale. Mio padre Olivier era un
grande giornalista del “Nouvel Observateur”. L’agire nel portare avanti
qualcosa in cui credo l’ho ereditato dalla mia famiglia e non lo vedo come
coraggio, ma come il giusto modo di agire”.
Noto per aver previsto per primo, con anni di anticipo, il collasso dell’Unione
Sovietica e la crisi finanziaria del 2008, Emmanuel Todd è una preziosa fonte
per “Egemonia” per comprendere meglio i tempi in cui viviamo.
Per la lunghezza dell’intervista abbiamo deciso di dividerla in due parti.
Nella prima, che segue, entriamo nel dettaglio delle ragioni che sottendono il
suicidio delle classi dirigenti europee nella guerra per procura in Ucraina e
nel come si potrebbe materializzare la sconfitta dell’Occidente.
Nella seconda, che uscirà martedì 15 ottobre, affronteremo nel dettaglio il
concetto di nichilismo, perno del libro di Todd; in relazione, in particolare,
al ruolo dell’informazione, alla perdita dei tradizionali riferimenti politici,
culturali e sociali in occidente e cercheremo, infine, di comprendere se sia
all’orizzonte, nel nostro continente, la nascita di qualche formazione
politico-aggregativa in grado di offrire una valida alternativa al sistema
fallito, fallimentare e che è stato, come brillatemente argomentato dal Prof. Todd,
sconfitto.
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L'INTERVISTA - PRIMA PARTE
“La sconfitta dell’Occidente” è uscito in Francia prima della famosa
controffensiva ucraina dell’estate del 2023, che era stata annunciata dalla
stampa qui come l’inevitabile inizio della vittoria di Kiev. Quella che era una
sua profezia allora, oggi è una realtà che però non viene accettata e si
continua in un vortice di escalation apparentemente senza fine. Questa
settimana, nuovamente, Ursula Von der Leyen ha parlato al Parlamento europeo di
un sostegno economico e militare a Kiev “per tutto il tempo necessario”.
L’occidente accetterà mai la sconfitta?
Questa è la domanda centrale oggi. L'Europa l’accetterà oppure si troverà
in una situazione in cui l'Ucraina verrà distrutta come entità statuale, con
metà del territorio preso dalla Russia e l'altra metà trasformato in un regime
fantoccio? L'Europa si lascerà trascinare ancora di più in questa spirale?
Conosciamo già quale sarà il prossimo passo. La fornitura di missili a lungo
raggio da lanciare in modo massivo sui territori russi, che equivarrebbe a una
dichiarazione di guerra a Mosca. Ciò che colpisce nell'atteggiamento europeo,
nelle ultime parole di Ursula von der Leyen citate ad esempio, è la totale
assenza di contatto con la realtà. L’occidente ha adottato sanzioni assurde
contro la Russia, che hanno permesso a Mosca di ristrutturarsi attraverso un
protezionismo efficiente, sostenuto dal resto del mondo, cinesi e indiani in
particolare. Sanzioni che hanno distrutto l'economia europea. Siamo governati
da dirigenti che distruggono la propria economa. Dirigenti che non sono nemmeno
in grado di fornire le armi di cui l'Ucraina ha bisogno, e che parlano di
continuare i loro sforzi. Vogliono solo continuare nella loro irrealtà.
Vede spiragli per una pacificazione nel breve periodo?
Le discussioni su come porre la fine alla guerra da parte degli occidentali
sono sconcertanti. L’ultima fantasia tirata fuori sarebbe quella di accettare
che l'Ucraina perda parte del suo territorio e, in cambio, entri a far parte
della NATO. Sappiamo benissimo che i russi sono entrati in guerra per impedire
all'Ucraina questo scenario. E discutono di tutto questo come di un “progetto
di pace”, senza consultare la Russia, senza invitare il vincitore della guerra.
L'idea di un piano di pace in assenza del vincitore è irrealtà. C'è un film
straordinario sulla fine del regime di Hitler che mi torna alla mente spesso in
questo momento pensando alle dichiarazioni dei leader occidentali. Si chiama
“La Caduta”, dove si vede il leader nazista con i suoi generali nell’intento di
gestire le divisioni della Wehrmacht… che nel frattempo non esistevano più. La
situazione di oggi ancora più delirante. Sarebbe come se Hitler stesse
discutendo le condizioni della pace da imporre agli americani e ai russi. È
completamente folle!
Come illustrato in modo molto accurato nel suo libro, la guerra in Ucraina
è stata voluta dagli Stati Uniti per staccare l’Europa (in particolare la
Germania) dalla Russia. La firma del Nord Stream 2 è stato il momento chiave
che ha spinto gli Usa ad agire. Come è possibile che la classe dirigente
europea non sia più in grado di perseguire neanche lontanamente i propri
interessi e si lasci distruggere la principale infrastruttura logistica del continente
senza nemmeno aprire un’indagine?
Le classi dirigenti europee non hanno una visione geopolitica. I russi
hanno una visione geopolitica, gli americani anche, perfino i giapponesi, ma
qui no, niente. Semplicemente non esiste. Quando si parla di classe dirigente
europea, mi concentro in particolare sulla Germania. Il vero obiettivo per gli
Stati Uniti nel provocare questa guerra era quello di rompere la collaborazione
tra Germania e Russia, che, alla fine, avrebbe portato all'uscita degli Usa
dall’Europa. Lo choc della guerra per procura in Ucraina ha paralizzato la
Germania e permesso agli strateghi statunitensi di distruggere il gasdotto
Nordstream, simbolo dell’intesa economica tra Germania e Russia. Ma sono
convinto che quando la sconfitta dell’Occidente si sarà palesata Mosca e
Berlino torneranno ad incontrarsi naturalmente. E’ fisiologico. Nel frattempo,
la situazione per le classi dirigenti tedesche è molto difficile e lo dico,
prima di tutto, da antropologo che studia i sistemi di cultura autoritaria,
dove la situazione dei leader è psicologicamente complessa. Tutti si sentono
bene finché devono obbedire, ma quando devono guidare, sorge un problema. E i
tedeschi oggi hanno paura di sé stessi, dopo gli errori della Prima e Seconda
guerra mondiale…. Penso che le élite tedesche abbiano paura di sé stesse. E
quindi è difficile che possano essere in grado di rappresentare un contrappeso
geopolitico efficace. Al massimo solo economico.
Professore quello che lascia realmente basiti nell’osservare l’atteggiamento
delle classi dirigenti europee è l’assenza di una minima capacità di porre dei
freni a qualunque decisione venga imposta da Washington. In un modo che non era
mai stato così marcato in passato. Da che dipende secondo lei?
C'è un elemento molto importante che ho indagato molto nel dettaglio ed è
il controllo finanziario da parte degli Stati Uniti delle classi dirigenziali
europee. Controllo diretto. È molto interessante, è la seconda volta che ne
parlo. Ne ho discusso in modo approfondito per un media francese, Elucide.
Ho analizzato come le élite europee avessero investito molto denaro nel settore
finanziario controllato dagli anglo-americani, rendendosi così vulnerabili
all'occhio vigile di Washington. Erano controllati costantemente. Fornisco
elementi di facile comprensione e che possono essere consultati da tutti. Parlo
della NSA, ma ciò che più mi interessa, ciò che mi permette di affermare che
l'ipotesi a cui sono arrivato sia assolutamente esatta, è che non sono mai
stato criticato per quanto ho affermato. Normalmente sarei stato accusato di
cospirazione, come avviene ogni volta che si affrontano questi temi. Questa
volta no. Silenzio. Silenzio assoluto. Quindi penso di aver compreso dove nasce
la sudditanza. È davvero una cosa dirompente e non dobbiamo parlarne!
Ragionando per deduzioni logiche, non possiamo non essere portati ad una
visione pessimista della crisi bellica. Se è vero che per raggiungere la pace
oggi, bisogna pacificare l'Eurasia. E se per pacificare l'Europa con la Russia
(e poi con il prossimo bersaglio scelto dagli Usa: la Cina), le classi
dirigenti europee dovrebbero assumere una posizione alternativa rispetto alle
imposizioni degli Stati Uniti e della NATO, allora la conclusione è che senza
uno scatto di sovranità, indipendenza e autodeterminazione delle classi
dirigenti europee ci indirizzeremo verso una inevitabile terza guerra mondiale?
E’ giusto affermare, in altri termini, che la pace nel nostro continente non
sia possibile con la sopravvivenza dei due strumenti di controllo degli Stati
Uniti sull’Europa: l'UE e la Nato?
No. Non è possibile. Lo penso in modo molto chiaro: la sconfitta della NATO
in Ucraina rappresenterà un momento di svolta positiva e liberazione per
l'Europa. Penso che gli europei siano ingenui, ma gli americani, gli inglesi,
al contrario, siano eccitati dalla situazione e pieni di risentimento. In quei
paesi c’è una spinta bellica, una spinta nichilista, che spiego nel libro
analizzando i fattori culturali e religiosi che caratterizzano oggi il mondo
anglosassone. Nell'Europa continentale invece non c'è questo impulso bellico.
Prendete la Scandinavia. Come sostengo nel mio libro, l'evoluzione molto
inquietante dei paesi scandinavi - Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca,
tutti paesi protestanti - è emblematica. Il punto nevralgico della questione è
la disintegrazione del mondo protestante, il cuore evoluto dell'Occidente. La
Germania è in teoria protestante per due terzi, ma il partito cattolico è stato
dominante per molto tempo dopo la guerra. E naturalmente Francia, Italia e
Spagna sono paesi cattolici. Se non lanciamo missili a lungo raggio contro la
Russia, se non creiamo il pretesto di uno scontro termonucleare, entrando in un
conflitto diretto con Mosca, è estremamente facile arrivare alla pace. Dobbiamo
accettare che l'esercito russo arrivi al Dnepr, affinché Sebastopoli sia
sicura. Vedremo subito come Mosca non abbia né la voglia, né la forza di andare
oltre. E questo sarebbe uno shock assoluto per gli europei: si comprenderebbe
immediatamente che non esiste alcuna minaccia diretta e, soprattutto, che la
NATO non esiste per proteggerci. Esiste solo per controllarci. Un buon accordo
diplomatico, una buona interazione diplomatica tra Germania, Italia e Francia,
sarebbe sufficiente a garantire la pace, a garantire un contrappeso ai russi.
Che fase ci aspetta ora?
Stiamo entrando in un periodo in cui gli impulsi nichilisti di distruzione
esistono indipendentemente dagli obiettivi razionali degli stati. Il nichilismo
è il concetto chiave per comprendere la volontà degli ucraini di sottomettere i
russi del Donbass. E’ il concetto chiave per comprendere le azioni dello Stato
di Israele che non ha più obiettivi razionali. Quello che sta commettendo oggi
non riguarda in nessuno modo la sicurezza. È guerra per la guerra. Perché gli
israeliani non sanno più perché esiste lo Stato di Israele. È una nazione che
non sa più cosa sia. Lo stesso si può dire per gli Stati Uniti. E’ meno grave
del nazismo? Viviamo una fase meno grave della seconda guerra mondiale?
Se non degenera in una guerra termonucleare, se gli europei non si lasciamo
trascinare in una vera guerra con la Russia. Ma al contrario, se ci saranno
ancora storici viventi nel 2030 o nel 2035, diranno, beh sì, è stata una cosa
seria quanto il nazismo.
Media, euro e
nichilismo: le ragioni della sconfitta dell'occidente - Emmanuel Todd a l'AD
(II PARTE)
"In un mio libro scritto dopo la
guerra in Iraq mi auguravo in un ritorno negli Stati Uniti ad una concezione
nazionale ragionevole, piuttosto che al nichilismo imperiale che aveva iniziato
a prendere piede. Avevo speranza. Oggi non più: per gli Stati Uniti è
finita."
di Alessandro Bianchi
Abbiamo incontrato Emmanuel Todd nella sede romana di Fazi, l’editore che
ha pubblicato la versione italiana del suo bestseller “La sconfitta dell’Occidente”. Storico, sociologo e
antropologo francese di fama internazionale, ci colpisce per la disponibilità,
umiltà e generosità con cui ci accoglie e con la quale ci permette di esaudire
tutto il nostro fiume di domande e interessi.
Noto per aver previsto per primo, con anni di anticipo, il collasso
dell’Unione Sovietica e la crisi finanziaria del 2008, Emmanuel Todd è una
preziosa fonte per “Egemonia” per comprendere meglio i tempi in cui viviamo. Vi
abbiamo già pubblicato la prima parte dell’Intervista sulle ragioni che
sottendono il suicidio delle classi dirigenti europee nella guerra per procura
in Ucraina e nel come si potrebbe materializzare la sconfitta
dell’Occidente.
Nella seconda, che presentiamo oggi, abbiamo affrontato nel dettaglio il
concetto di nichilismo, perno del libro di Todd; in relazione, in particolare,
al ruolo dell’informazione, alla perdita dei tradizionali riferimenti politici,
culturali e sociali in occidente e abbiamo stimolato il Prof. Todd nella
possibilità che, nel nostro continente, ci siano i sentori della nascita di
qualche formazione politico-aggregativa in grado di offrire una valida
alternativa al sistema fallito, fallimentare e che è stato, come brillantemente
argomentato nel suo libro, sconfitto.
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INTERVISTA AL PROF. EMMANUEL TODD – SECONDA PARTE
Nel suo libro pone al centro l’analisi della società anglo-americana e
giunge alla conclusione che stiamo assistendo ad una sorta di santificazione
del vuoto dovuto a pulsioni distruttive, che riguardano, scrive, cose, uomini e
realtà. Sottolinea, nel portare avanti questa tendenza al nichilismo, come
questo dipenda molto dal fallimento della religione protestante, riprendendo e
attualizzando quanto teorizzato dal grande sociologo tedesco Max Weber. Applica
il concetto di nichilismo alla politica estera Usa, alla questione ucraina e
adesso, in interviste recenti, anche all’azione militare israeliana. Che ruolo
hanno avuto i mezzi di informazione dominanti in occidente nella diffusione del
nichilismo e nella sconfitta di questa parte di mondo?
E’ una domanda a cui sento di poter rispondere con cognizione di causa
perché il mondo dei media lo conosco a livello approfondito. Mio padre è stato
un grande giornalista al Nouvel Observateur e anche io ho lavorato nella stampa
all'inizio della mia carriera. Curavo una pagina culturale al quotidiano Le
Monde. Ho potuto percepire in prima persona come sia cambiato il giornalismo e
come questo abbia cessato di essere un perno della democrazia liberale e del
pluralismo delle idee. Le società occidentali erano ideologicamente
pluralistiche, nel senso che erano presenti all’interno ideologie concorrenti che
si scontravano. Prendiamo il caso che conosco meglio, quello della Francia:
c’era il cattolicesimo tradizionalista, il Partito Comunista, la
socialdemocrazia, il Gollismo. In Inghilterra c’era il conservatorismo classico
che si opponeva agli ideali della classe operaia. E così negli altri paesi
europei. I giornalisti, in quel contesto di società, prima di essere
giornalisti erano collegati a quel mondo. Ed è così che i giornalisti hanno
garantito il pluralismo: c'erano giornalisti comunisti, cristiani, nazionalisti,
e insieme si sfidavano come in un concerto liberale in un festival. Ma poi
tutte queste ideologie si sono disintegrate. E gli individui, i giornalisti in
questione, liberati dalle loro credenze a priori, sono tornati ad una visione
meramente tecnica della loro professione. Il giornalismo ha smesso di sostenere
il pluralismo per divenire un pilastro dell’unica ideologia oggi esistente,
quella del capitale.
Cos'è rimasto della libertà di informazione dunque in occidente?
La libertà di poter dire ciò che si vuole, senza avere nulla da dire. C'è
una specie di mimetizzazione della professione che amplifica lo stato generale
atomizzato della società. E il potere che hanno assunto i media nella società
di oggi è enorme. Viviamo un’epoca che definisco di narcisismo giornalistico. I
politici sono terrorizzati dai giornalisti. Un giornale come Le Monde ha una
capacità enorme nell’intimidire i politici, anche se chi scrive non ha nessuna
prospettiva, non ha nessuna visione del mondo. Osservando il giornalismo qui in
Italia nei giorni trascorsi nel suo paese, penso che sia lo stesso. Eppure, in
passato non era così. Mi ricordo che ero a Firenze per concludere la mia tesi
quando seppi del colpo di stato contro Allende in Cile. Lo lessi attraverso le
pagine de l’Unità, il quotidiano del Partito Comunista italiano. Qualunque
fosse l’opinione politica, non si poteva negare che fosse un ottimo giornale e
che mostrava in modo autorevole un’idea di mondo diversa da quella degli altri
giornali di destra, nazionalisti, socialisti presenti in Italia. Esisteva un
pluralismo dell’informazione, figlio di un pluralismo ideologico che oggi non
esiste. E dal momento che non c'è più nessuna ideologia, i giornalisti
rappresentano solo loro stessi e quello che scrivono fondamentalmente non
significa nulla.
Alla base del nichilismo c’è sicuramente, come Lei espone in modo veramente
efficace, la distruzione dell’industria, della classe operaia. E ancora la
distruzione della democrazia e dei diritti sociali in occidente. Quanto hanno
pesato, per l’Europa, le scelte imposte dall’Unione Europea agli stati membri e
l’imposizione di una moneta unica in tutto questo processo?
Il nichilismo è un concetto a cui sono appena arrivato nei miei studi. Sono
un ricercatore, quindi anche quello che dico in quest’intervista mi permette di
evolvere il mio pensiero. Nel mio libro è presente l'idea che il neoliberismo
sia una delle prime espressioni del nichilismo, nel senso che alla base di
quella dottrina non ci sia mai stata l’idea di riformare l’economia, ma di
distruggerla. E l’idea l’ho maturata proprio nelle mie ricerche che ho svolto
sul Trattato di Maastricht. Ho trascorso sette anni a scrivere un libro
intitolato “L'invenzione dell'Europa”, 550 pagine in cui aveva diviso l'Europa
in 483 province prendendo a riferimento come modello i dipartimenti francesi.
Ho studiato religione, strutture familiari, le varie particolarità culturali,
tradizioni, il sistema agrario etc prendendo a riferimento il periodo che va
dal 1500 al 1970. Sono stato in grado di ricostruire la geografia politica
interna di tutta Europa. In Italia ho evidenziato, per esempio, le ragioni del
perché il comunismo si sia diffuso in tutta la Toscana tranne che nella
provincia di Lucca e ho analizzato fenomeni similari in Svizzera, Finlandia,
Germania. Quando ho visto che i francesi, i tedeschi e gli altri governi
europei avevano ideato il Trattato di Maastricht e immaginato che una moneta
avrebbe unificato un continente come quello, sono caduto dalla sedia e ho
detto: sono pazzi! E in effetti quello che ho previsto si è realizzato
completamente.
In che modo? E come questo l’ha aiutato a maturare l’idea di nichilismo per
l’occidente?
Il Trattato di Maastricht e poi l’euro hanno prodotto effetti completamente
diversi da quelli attesi. Oggi abbiamo un'Europa che non funziona, si sono
accentuati gli squilibri e distrutti i sistemi industriali. Allora, mi sono
chiesto: perché hanno avuto questa idea? Da dove nasce questa concezione così
palesemente fuorviante e dall’esito palese? Da quel momento ho iniziato a
riflettere molto sulle scelte dei burocrati di Bruxelles e ho introdotto il
concetto di nichilismo. Perché in realtà il vero obiettivo era quello
distruggere le diverse nazionalità. Vede, per rispondere alla sua domanda
vorrei portare un esempio pratico. Una delle cose che mi colpisce è che ci sono
atti così palesemente assurdi ideati da questi signori di Bruxelles che non ci
può essere altra interpretazione se non la volontà di distruggere i vecchi
schemi della convivenza sociale. Ho notato che anche qui in Italia, come in
Francia, per uniformare le targhe delle macchine è stato cancellato il
riferimento alle città o regioni di appartenenza. Perché? Mi chiedo e vi
chiedo: perché? In Francia l'identificazione delle città di origine è così
forte che le persone non hanno bisogno di vederlo scritto sulle targhe. Così
come in Italia. Tanto è vero che in Francia, in molti, me incluso, hanno
iniziato ad aggiungere manualmente il numero del dipartimento. Io ad esempio
quello di Finisterre, in Bretagna, dove ho una casa. Ma la domanda è: perché i
signori di Bruxelles lo fanno? La risposta è che tutte queste normative europee
hanno l’obiettivo nichilista di favorire la scomparsa delle identità umane che
hanno retto e fondato le nostre società.
Senza una classe operaia, partiti di massa in grado di offrire modelli
alternativi possibili e una deindustrializzazione crescente ci ritroviamo
immersi in una crisi che è politica, rappresentativa, economica e culturale.
Dalla sua analisi emerge come gli Stati Uniti, dove si presentano due partiti
identici come unica alternativa, non hanno alcuna speranza di guidare un
cambiamento. Sull’Europa crede si possa fare qualcosa di pratico? Ci sono forze
politiche che, secondo lei, in Europa sono in grado di combattere efficacemente
questo nichilismo? Cosa pensa, ad esempio, del partito di Sahra Wagenknecht?
In realtà non ragiono più in termini di questa o quella forza politica. In
passato ho cercato con tutte le mie forze di farlo, ma oggi rifletto piuttosto
in termini di un possibile cambiamento ideologico generale. Su questo sono
rimasto molto colpito da una formula dell'economista inglese Keynes, secondo
cui, in realtà, non sono i politici ad essere al potere, sono le idee
economiche a detenerlo. E attualmente viviamo in un’epoca di totale
appiattimento. Avete notato che i lavoratori inglesi e i conservatori hanno le
stesse idee economiche? Anzi, per essere più precisi, hanno le stesse non idee.
Non pensano più nulla. Negli Stati Uniti credo che non ci sia poi così tanta
differenza tra i trumpisti e i democratici nella loro concezione economica.
Sono tutti gli statunitensi che sono coinvolti in un processo di decadenza
intellettuale. Se penso all’Europa non sono così pessimista come per gli Stati
Uniti, paese su cui ho cambiato idea più volte. Non è facile per me dire addio
al mondo anglosassone. Ho studiato in Inghilterra, la mia famiglia si è
rifugiata negli Stati Uniti durante la guerra. In un mio libro scritto dopo la
guerra in Iraq mi auguravo in un ritorno negli Stati Uniti ad una concezione
nazionale ragionevole, piuttosto che al nichilismo imperiale che aveva iniziato
a prendere piede. Avevo speranza. Oggi non più: per gli Stati Uniti è finita. A
chi mi chiede cosa cambierebbe con Trump o con Harris al potere rispondo:
'nulla, in ogni caso sarà orribile, poiché gli Stati Uniti disprezzano
l'Europa, la sfrutta e vuole farla marcire in guerra. Chiunque vinca'.
Per l’Europa è più ottimista diceva. Perché?
Per l'Europa sono più ottimista nella mia analisi. Il problema degli Stati
Uniti, e anche dell'Inghilterra, è che sono paesi la cui ascesa storica è molto
recente e dura da pochissimo tempo. In Europa abbiamo dalla nostra la storia,
la cultura, ci sono paesaggi, monumenti, ci sono le città. Guardatevi qui
intorno in Italia. Ci sono modi di comportarsi, c'è una relazione con il tempo
che nel mondo anglosassone non esiste. In questa parte del mondo occidentale,
c’è ancora speranza perché qui c’è molto da ricostruire. Il partito che lei ha
menzionato prima, quello della Wagenknecht, rispetto a quanto ho detto, è molto
poco. Lei è brava, dice cose interessanti ma non incarna, dal mio punto di
vista, il processo a cui stiamo andando incontro. In Germania ritengo che forse
sarà più l’Afd a farlo in quel cambiamento che produrrà il conservatorismo
popolare. Ma su questo sto ancora riflettendo molto e non ho risposte precise
al momento. Quello che è certo è che l’unica cosa che conta realmente è la
lotta delle idee. E’ un fenomeno generale e non credo si debba ragionare sulla
singola formazione politica.
Il grande assente del suo libro è la Francia. Perché il suo paese senza
soldati statunitensi e con una deterrenza nucleare non è stato in grado di
rappresentare un’alternativa alla supina accettazione delle imposizioni Usa sul
conflitto in Ucraina?
E’ molto interessante che menziona il tema della deterrenza, perché la
Francia è il primo caso nella storia a perdere la sua indipendenza nonostante
il possesso di armi nucleari. È il trionfo del globalismo. Ci siamo resi conto
che non basta avere le atomiche in un mondo controllato dall’economia
finanziarizzata, dove le élite sono controllate dalla NATO o dalla FED e dalla
NSA. Bene, abbiamo le armi nucleari in Francia. Abbiamo sottomarini, ma sono
assolutamente inutili nella fase attuale. La Francia è un Paese piccolo che è
stato deindustrializzato e ha scelto la marginalizzazione. Per questo motivo
non ne parlo nel mio libro. Nel mio paese si arrabbiano e un giornalista
francese mi ha proprio sgridato in televisione su questo argomento. Gli ho
risposto: ‘Perché parlare di un paese che non esiste?’ Macron è un personaggio
psicologicamente labile. Per me è disturbato. Cambia idea in continuazione.
Senza esercito, senza mezzi industriali e finanziari allo sbando, ci troviamo
di fronte a un paradosso: mentre aspettiamo ancora la disintegrazione del
regime di Putin, stiamo assistendo a quella francese. Direi che la Francia sta
diventando un riferimento, ma in senso negativo. Siamo il primo paese ad essere
imploso dopo l’inizio della guerra per procura in Ucraina.
Un’ultima domanda allo storico Todd. Professore se dovesse identificare un
periodo del passato per descrivere ciò che viviamo oggi, quale parallelismo
userebbe?
Questo è esattamente ciò che non si può fare oggi. È un'ottima domanda, ma
quello che colpisce è proprio il fatto che non ci sia alcun parallelo
possibile. Ho la reputazione di aver profetizzato scenari nel passato. È vero
che avevo previsto la dissoluzione dell'Unione Sovietica. È vero che in un
certo senso, con il mio amico Youssef Courbage, avevamo previsto la primavera
araba. E poi il fallimento di Maastricht. Ma in realtà queste previsioni
riguardavano paesi che non erano alla guida della scena mondiale. Oggi la crisi
riguarda il mondo anglo-americano, l'Europa, i paesi più avanzati e ricchi del
mondo. E non abbiamo mai visto popolazioni così ricche andare incontro ad un
declino di questo tipo. Non abbiamo mai visto popolazioni così istruite farlo.
E non abbiamo mai visto popolazioni così vecchie. Paralleli non sono oggi
possibili.
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