"I mass media si guadagnano da
vivere vendendo al pubblico il mito dell'America. Questo è sempre stato vero.
Ma ora le cose sono peggiorate. Laddove una volta si riusciva a trovare qualche
voce che cercava di parlare onestamente di chi siamo come nazione e dei crimini
compiuti in nostro nome, ora è quasi impossibile lottare contro il burlesque
che si presenta come notizia."
(intervista di Alessandro Bianchi)
E' autore di War Is a Force That Gives Us Meaning (2002), best
seller che è stato finalista dei National Book Critics Circle Award. Ha
insegnato giornalismo alle università di Columbia, New York, Princeton e
Toronto. Per circa due decenni corrispondente estero in Medio Oriente, America
centrale, Africa e nei Balcani. Ha lavorato al New York Times dal 1990 al 2005
e ha vinto nel 2002 il Premio Pulitzer. Dal 2005 continua a fare vero
giornalismo ogni settimana su organi di informazione indipendenti statunitensi.
E' l'autore che più traduciamo ed è per questo motivo di grande onore ed
emozione per l'AntiDiplomatico avere avuto il privilegio di poter intervistare
Chris Hedges.
L'INTERVISTA PER "EGEMONIA"
Lei ha recentemente raccontato, in un’intervista a Gleen Greenwald, la sua
esperienza con il New York Times e il perché non ha potuto continuare ad
esercitare la sua professione di giornalista per quello che in Italia viene
considerato il giornale “più affidabile” al mondo. Se dovesse descrivere
sinteticamente come opera l’informazione in quel giornale che parole userebbe?
Più che fare giornalismo, il New York Times premia ormai solo l'accesso ai
potenti ed ai ricchi. Negli ultimi anni, questo modo di operare lo ha portato a
pubblicare numerose storie che si sono rivelate false. I redattori del giornale
sono stati degli autentici propagandisti e Tony Judt li ha definiti “gli utili idioti di Bush” per la guerra in
Iraq. Il giornale si è trasformato in un megafono della storia delle armi di
distruzione di massa. E ancora: hanno soppresso, su richiesta del
governo, una denuncia di James Risen sulle intercettazioni senza mandato degli
americani da parte della National Security Agency, finché il giornale non ha
saputo che l’inchiesta sarebbe stata pubblicata nel libro di Risen... Per due
anni hanno diffuso l'idea che Donald Trump
fosse una marionetta russa. Hanno ignorato il contenuto del computer portatile
di Hunter Biden, che conteneva prove di un traffico di influenze
multimilionarie, etichettando il tutto come “disinformazione
russa”. Bill Keller, che ha ricoperto il ruolo di direttore esecutivo dopo
Lelyveld, ha descritto Julian Assange, il giornalista e
l'editore più coraggioso della nostra generazione, testualmente: “un cazzone
narcisista e uno che non ha nessuna idea di giornalismo”. I redattori hanno
deciso che l'identità e la razza, piuttosto che il saccheggio aziendale con i
suoi licenziamenti di massa di 30 milioni di
lavoratori, fossero la ragione dell'ascesa di Trump, e hanno l'attenzione dalla
causa principale della nostra situazione economica, politica e culturale.
Naturalmente, questa scelta li ha salvati dal dover entrare in profondità di
quello che riguarda aziende, come Chevron, che sono inserzionisti del giornale.
Hanno prodotto una serie di podcast intitolata Califfato, basata su storie
inventate da un artista della truffa. Più recentemente, il NYT ha pubblicato un
articolo di tre giornalisti, tra i quali Anat Schwartz, che non aveva mai
lavorato come reporter, aveva legami con l'intelligence israeliana e che è
stata poi licenziata dopo che è stato
rivelato che le erano “piaciuti” i post genocidi contro i palestinesi su
Twitter. L’articolo denunciava quelli che venivano definiti abusi sessuali e
stupri “sistematici” da parte di Hamas e di altre fazioni della resistenza
palestinese il 7 ottobre. Anche in questo caso si è scoperto che la
notizia non avesse fondamento.
In un suo video recente che abbiamo sottotitolato in italiano e che, secondo
noi, descrive alla perfezione il Deep State degli Stati Uniti, Lei sostiene:
"La nostra classe politica non governa. Intrattiene". Chi detiene
realmente il potere negli Usa? Esistono oggi reali bilanciamenti o è da
considerare un potere assoluto?
Il burlesque statunitense, che assume i tratti umoristici con le assurdità
di Donald Trump, le false urne elettorali, i teorici della cospirazione che
credono che lo Stato profondo e Hollywood gestiscano un massiccio traffico
sessuale di bambini, i fascisti cristiani che ripongono la loro fede in un
Messia magico e insegnano il creazionismo come scienza nelle nostre scuole, le
file di dieci ore per votare in Stati come la Georgia, i membri della milizia
che pianificano di rapire i governatori del Michigan e della Virginia e di
scatenare una guerra civile, sono tutti segnali di una grave minaccia,
soprattutto se ignoriamo l'accelerazione dell'ecocidio.
Trump è il sintomo, il risultato, non la causa di questa decadenza. Trump è
sgarbato, volgare e villano. Non fa parte del raffinato gruppo di mandarini
addestrati a diventare plutocrati nelle università e nelle business school
della Ivy League. Non ha mai imparato la stucchevole patina di raffinatezza e
la retorica attentamente calibrata della nostra classe cortigiana. Ma esprime
la legittima rabbia di una classe operaia diseredata e promette il ritorno a
un'epoca d'oro una volta che il Paese si sarà liberato di immigrati, liberali,
intellettuali e di tutti quei proto-fascisti che, come Trump, incolpano della
nostra fine. Non è un politico nel senso classico del termine. È un leader di
culto. I leader di culto nascono da comunità e società decadute in cui le
persone sono state private del potere politico, sociale ed economico: i
diseredati da un mondo che non possono controllare si affidano a coloro che
promettono loro il ritorno a una mitica età dell'oro, giurando di schiacciare
le forze individuate come la causa della miseria in cui vivono. Più tali leader
assumono toni oltraggiosi e si fanno beffe della legge e delle consuetudini
sociali, più ne guadagnano in popolarità. Pretendendo un potere simile a quello
di Dio, i leader delle sette sono immuni alle norme convenzionali e coloro che
li seguono concedono loro questo potere nella speranza di una salvezza. Trump e
la sua combriccola di stupidi, criminali, razzisti e deviati svolgono alla
perfezione il ruolo descritto nei romanzi di William Faulkner dal clan Snopes
in “The Hamlet,” “The Town” e “The Mansion.” Gli Snopes progrediscono dal vuoto
di potere del Sud decaduto e prendono il controllo dalle élite aristocratiche
degenerate. Flem Snopes e la sua famiglia allargata - che comprende un
assassino, un pedofilo, un bigamo, un piromane, un disabile mentale che copula
con una mucca e un parente che vende biglietti per assistere alle bestialità -
sono rappresentazioni fittizie della feccia che abbiamo elevato ai massimi
livelli del governo federale. Incarnano l'etica del capitalismo moderno da cui
Faulkner ci aveva messo in guardia. "Il solo riferimento all'amoralità,
sebbene accurato, non è sufficiente e da solo non ci permette di collocarli,
come dovrebbero in un determinato momento storico. Forse la cosa più importante
da dire è che sono ciò che viene dopo: le creature che emergono dalla
devastazione, con la melma ancora sulle labbra. [...] Lasciate che un mondo
crolli, nel Sud o in Russia, ed ecco che appaiono figure di grossolana
ambizione che si fanno strada da sotto il fondo sociale, uomini per i quali le
rivendicazioni morali non sono tanto assurde quanto incomprensibili, figli di
boscaglie o di muzhiks che
arrivano dal nulla e prendono il sopravvento grazie alla pura oltraggiosità
della loro forza monolitica. Diventano presidenti di banche locali e presidenti
di comitati regionali del partito e poi, un po' imbellettati, si fanno strada a
forza nel Congresso o nel Politburo. Scavatori senza inibizioni, non hanno
bisogno di credere nel fatiscente codice ufficiale della loro società; devono
solo imparare a imitarne i suoni”, ha magistralmente sintetizzato il critico
Irving Howe a proposito degli Snopes.
Cosa sono diventati gli Stati Uniti oggi e cosa potrebbe cambiare dopo le
prossime elezioni di novembre?
Gli Stati Uniti, come molti paesi industrializzati, hanno subito un 'colpo
di stato finanziario al rallentatore', cementando un sistema di controllo che
il filosofo politico Sheldon Wolin ha definito “totalitarismo invertito”. Il
totalitarismo invertito conserva le istituzioni, i simboli, l'iconografia e il
linguaggio della vecchia democrazia capitalista, ma al suo interno le
corporazioni si sono impadronite di tutte le leve del potere per accumulare
profitti e avere un controllo politico sempre maggiori. Questa disconnessione,
in atto da decenni, ha estinto la democrazia statunitense. La costante
sottrazione di potere economico e politico è stata ignorata da una stampa
impegnata a inveire contro i barbari alle porte - Osama bin Laden, Saddam
Hussein, i Talebani, l'ISIS, Vladimir Putin - ignorando che invece i barbari
erano al nostro interno. Il colpo di stato al rallentatore è finito. Le
corporazioni e la classe miliardaria hanno vinto. Non c'è nessuna istituzione
che possa definirsi democratica: la stampa, un sistema elettorale ormai
rappresentazione di una corruzione legalizzata, una presidenza imperiale, i
tribunali o il sistema penale. Nessuna di loro. Rimane solo la finzione della
democrazia. La facciata delle istituzioni democratiche e la retorica, i
simboli e l'iconografia del potere statale non sono cambiati. La Costituzione
rimane un documento sacralizzato. Gli Stati Uniti continuano a proporsi come
paladini delle opportunità, della libertà, dei diritti umani e delle libertà
civili, anche se metà del Paese lotta per la propria sussistenza, la polizia
militarizzata spara e imprigiona impunemente i poveri e l'attività principale
dello Stato è divenuta la guerra. Questa autoillusione collettiva nasconde ciò
che siamo diventati: una nazione in cui i cittadini sono stati privati del
potere economico e politico ed in cui il brutale militarismo che pratichiamo
all'estero viene applicato anche in patria.
Per due decenni si è occupato di rivolte e rivoluzioni in tutto il mondo.
Perché, secondo lei, in occidente le popolazioni non si ribellano ad un sistema
così profondamente ingiusto e fallimentare?
Terrorizzate dalla mobilitazione degli anni Sessanta o da quello che il
politologo Samuel P. Huntington aveva definito
l'“eccesso di democrazia” degli Stati Uniti, le elites al potere hanno
costruito contro-istituzioni per delegittimare ed emarginare i critici del
capitalismo finanziario e dell'imperialismo. Hanno acquisito la fedeltà
completa dei due principali partiti politici ed imposto l'obbedienza all'ideologia neoliberale all'interno del
mondo accademico e della stampa. Questa campagna, delineata da Lewis Powell nel suo
memorandum del 1971 intitolato “Attacco al sistema della libera impresa
americana”, è alla base dello strisciante colpo di Stato finanziario che 45
anni dopo possiamo dire completato. La distruzione delle istituzioni
democratiche, luoghi in cui i cittadini hanno potere e voce in capitolo, è
molto più grave dell'ascesa alla Casa Bianca del demagogo Trump.
Questo colpo di Stato ha distrutto il nostro sistema bipartitico. Ha distrutto
nell'ordine i sindacati, l'istruzione pubblica, il sistema giudiziario, la
stampa e il mondo accademico. E ancora ha distrutto la protezione dei
consumatori e dell'ambiente, la nostra base industriale, le comunità e le
città. Proseguiamo: ha distrutto le vite di decine di milioni di americani che
non sono più in grado di trovare un lavoro che fornisca un salario di
sussistenza, condannati a vivere in povertà cronica o rinchiusi in gabbie nel
nostro mostruoso sistema di incarcerazione di massa. Questo colpo di stato ha,
in estrema sintesi, distrutto la credibilità della democrazia liberale. I
Clinton e Barack Obama si sono autoproclamati portavoce dei valori liberali
quando in realtà li hanno combattuti al servizio dei poteri
corporativi. entre facevano la guerra a questi valori al servizio del
potere corporativo. La rivolta di estrema destra che vediamo dilagare nel
Paese non è solo rivolta al tradimento che hanno subito i lavoratori, ma anche
contro la stessa democrazia liberale. E questo aspetto è molto pericoloso,
perché permetterà destra radicale sotto l'amministrazione Trump di consolidare
un fascismo americanizzato. Scopriamo, 45 anni dopo, che coloro che ci odiano
veramente per le nostre libertà non sono la schiera di nemici disumanizzati
creati dalla macchina da guerra - vietnamiti, cambogiani, afghani, iracheni, iraniani
o persino talebani, al-Qaeda e ISIS. Sono i finanzieri, i banchieri, i
politici, gli intellettuali pubblici e gli opinionisti, gli avvocati, i
giornalisti e gli uomini d'affari cresciuti nelle università e nelle business
school d'élite che ci hanno venduto il sogno utopico del neoliberismo.
Come si costruisce un'alternativa al regime neoliberista?
Il neoliberalismo è un'ideologia predatoria, che pervade ogni aspetto delle
nostre vite, ma che resta in un certo anonimato. I suoi effetti hanno riconfigurato
radicalmente le società occidentali attraverso la deindustrializzazione,
l'austerità, la privatizzazione dei servizi pubblici, dei servizi postali,
delle scuole, degli ospedali, delle carceri, della raccolta di informazioni,
della polizia, di parti dell'esercito e delle ferrovie, oltre a generare la
stagnazione dei salari e la schiavitù del debito. Ha deformato il sistema
fiscale e sventrato le normative per convogliare la ricchezza verso l'alto,
creando una disuguaglianza di reddito che fa concorrenza all'Egitto faraonico.
Il neoliberismo è alla base del catastrofico crollo finanziario del 2007 e del
2008. È alla base dell'aumento della sottoccupazione e della disoccupazione
cronica, dell'assalto al lavoro organizzato, del calo degli standard sanitari
ed educativi, della recrudescenza della povertà infantile, del degrado
dell'ecosistema e dell'ascesa di demagoghi come Donald Trump e dell'estrema
destra. Nel mondo del neoliberismo tutto, compresi gli esseri umani e il mondo
naturale, è una merce che viene sfruttata fino all'esaurimento o al collasso.
Il neoliberismo inverte i valori sociali, culturali e religiosi tradizionali.
Il mercato è Dio. Tutti saranno sacrificati davanti all'idolo Moloch. Questa
insensibilità ha visto le centinaia di milioni di persone nel mondo industriale
che sono state private dei loro diritti soccombere alle malattie della
disperazione, alimentando suicidi, dipendenze, il gioco d'azzardo,
l'autolesionismo, l'obesità patologica, il sadismo sessuale e il ripiegamento
verso il fascismo cristianizzato - il tema del mio libro “America: The Farewell
Tour.”. E ancora: ha sventrato l'autorità morale e il ruolo tradizionale del
governo, riducendolo a un sistema ridotto di controllo interno e di difesa
nazionale. Ma ha anche sradicato efficacemente i meccanismi tradizionali,
compresi i sindacati, che un tempo tenevano sotto controllo i potenti e la
classe miliardaria. Rivoltarsi contro questo sistema significa un lungo e arduo
processo di ricostruzione di movimenti e organizzazioni popolari per affrontare
l'élite del potere globale. Ma la sorveglianza globale, le leggi che
criminalizzano il dissenso e la protesta, una polizia sempre più militarizzata
lo stanno rendendo impossibile.
Venendo all’Europa, e proseguendo nella nostra indagine su chi detiene
realmente il potere in occidente, come descrive l’atteggiamento delle
leadership europee che hanno deciso la via del suicidio nella guerra per
procura in Ucraina? Perché tra i governanti europei non c’è il minimo interesse
nazionale del continente al punto che si è deciso di non aprire neanche
un’indagine sull’atto di terrorismo contro i Nord Stream, il più grande attacco
alle infrastrutture logistiche europee dalla seconda guerra mondiale?
Armare l'Ucraina non è un lavoro da missionari. Non ha nulla a che fare con
la libertà. Si tratta di indebolire la Russia. È una guerra per procura,
progettata dagli Stati Uniti per raggiungere questo obiettivo. Se si esclude la
Russia dall'equazione, ci sarebbe poco sostegno tangibile per l'Ucraina. Ci
sono altri popoli occupati, tra cui i palestinesi, che hanno sofferto
altrettanto brutalmente e molto più a lungo degli ucraini. Ma la NATO non sta
armando i palestinesi per difendersi dal genocidio, né li sta additando come
eroici combattenti per la libertà. Il nostro amore per la libertà non si
estende ai palestinesi o al popolo dello Yemen, ai curdi, agli yazidi e agli
arabi che resistono alla Turchia, da tempo membro della NATO, nella sua occupazione e nella
sua guerra con i droni nel nord e
nell'est della Siria. Il nostro amore per la libertà si estende solo a chi
serve il nostro “interesse nazionale”. Le potenze europee, spesso a loro
discapito, sono state reclutate in questa guerra per procura. Certamente questi
Stati europei, in particolare la Germania e il Regno Unito, traggono profitto
dalla vendita di armi, ma la guerra in sé, che un giorno finirà con una
soluzione negoziata e uno scambio di terre in cambio della pace, cosa che si
sarebbe potuta ottenere prima dell'inizio conflitto, è un progetto statunitense
che l'Europa ha deciso stupidamente di sostenere. È un progetto di militaristi
e produttori di armi a cui la maggior parte dei governi è troppo debole per
opporsi. Arriverà il momento in cui gli ucraini, come i curdi, diventeranno
sacrificabili. Spariranno, come molti altri prima di loro, dal nostro discorso
nazionale e dalla nostra coscienza. Si lamenteranno per generazioni del
tradimento e della loro sofferenza. L'impero statunitense passerà a usare
altri, forse l'“eroico” popolo di Taiwan, per promuovere la sua futile ricerca di egemonia
globale. La Cina è il grande premio per i nostri Dottor Stranamore.
Accumuleranno ancora più cadaveri e flirteranno con la guerra nucleare per
limitare la crescente potenza economica e militare della Cina. È un gioco
vecchio e prevedibile. Lascia sulla sua scia nazioni in rovina e milioni di
persone morte e sfollate. Alimenta l'arroganza e l'auto-illusione dei mandarini
di Washington che si rifiutano di accettare l'emergere di un mondo multipolare.
Se lasciato senza controllo, questo “gioco delle nazioni” potrebbe farci
uccidere tutti.
Vede negli Stati Uniti o in Europa la nascita di qualche movimento politico
in grado di offrire un’alternativa di società possibile?
Abbiamo vissuto un decennio di rivolte popolari dal
2010 fino alla pandemia globale del 2020. Queste rivolte hanno scosso le
fondamenta dell'ordine globale. Si è tratto di ribellioni che hanno denunciato
il dominio delle corporazioni, i tagli all'austerità e hanno chiesto giustizia
economica e diritti civili. Negli Stati Uniti ci sono state proteste a livello
nazionale, incentrate sugli accampamenti di Occupy, durati 59 giorni. Abbiamo
registrato sollevazioni in Grecia, Spagna, Tunisia, Egitto, Bahrein, Yemen,
Siria, Libia, Turchia, Brasile, Ucraina, Hong Kong, Cile e durante la Candlelight
Light Revolution della Corea del Sud. Politici screditati sono
stati cacciati dalle loro cariche in Grecia, Spagna, Ucraina, Corea del Sud,
Egitto, Cile e Tunisia. Cambiamento e riforme, o almeno le loro promesse, hanno
dominato il discorso pubblico. Sembrava tutto questo annunciare una nuova era.
Poi il contraccolpo. Le aspirazioni dei movimenti popolari sono state
schiacciate. Il controllo dello Stato e la disuguaglianza sociale si sono
ampliati. Non ci sono stati cambiamenti significativi. Nella maggior parte dei
casi, le cose sono peggiorate. L'estrema destra è emersa trionfante. Abbiamo
fallito su diversi fronti e questo ci impone di esaminare le nostre tattiche e
strategie.
I “tecno-ottimisti" - come sottolinea Vincent Bevins nel suo libro “If
We Burn: The Mass Protest Decade and the Missing Revolution” (Se bruciamo: il
decennio delle proteste di massa e la rivoluzione mancata) - coloro che
predicavano che i nuovi media digitali fossero una forza rivoluzionaria e
democratizzante, non avevano previsto che i governi autoritari, le aziende e i
servizi di sicurezza interni avrebbero potuto sfruttare queste piattaforme
digitali e trasformarle in motori di sorveglianza, censura, oltre che veicoli
di propaganda e disinformazione. Le piattaforme dei social media che hanno reso
possibili le proteste popolari sono state rivoltate contro di noi. Molti
movimenti di massa, non avendo implementato strutture organizzative
gerarchiche, disciplinate e coerenti, non sono stati in grado di difendersi.
Nei pochi casi in cui i movimenti organizzati hanno raggiunto il potere, come
in Grecia e in Honduras, i finanzieri e le imprese internazionali hanno
cospirato per riconquistare il potere in modo spietato. Nella maggior parte dei
casi, la classe dirigente ha rapidamente riempito i vuoti di potere creati da
queste proteste. Hanno offerto nuovi marchi per riconfezionare il vecchio
sistema. Questo è il motivo per cui la campagna di Obama del 2008 è stata
definita "Marketer of the Year da Advertising Age". Ha vinto il voto
di centinaia di addetti nel marketing, responsabili di agenzie e fornitori di
servizi riuniti alla conferenza annuale dell'Association of National
Advertisers. Ha battuto i secondi classificati Apple e Zappos.com. I
professionisti lo sapevano. Il marchio Obama era il sogno del marketing.
Troppo spesso le proteste hanno finito per trasformarsi in flash mob, con
persone che si riversavano in spazi pubblici per uno spettacolo mediatico,
piuttosto che impegnarsi in un'interruzione sostenuta, organizzata e prolungata
del potere. Guy Debord coglie l'inutilità di
questi spettacoli/proteste nel suo libro “La società dello spettacolo”, osservando che
l'età dello spettacolo significa che coloro che sono affascinati dalle sue
immagini sono “plasmati alle sue leggi”. Anarchici e antifascisti, come quelli
dei black bloc, hanno spesso distrutto infranto vetrine, lanciato sassi contro
la polizia e rovesciato o bruciato auto. Atti casuali di violenza, saccheggio e
vandalismo giustificati nel gergo del movimento come componenti di una
“insurrezione selvaggia” o “spontanea”. Questa “pornografia delle rivolte” è
piaciuta ai media e, non a caso, alla classe dirigente che l'ha presto
utilizzata per giustificare ulteriori repressioni e demonizzare i movimenti di
protesta. L'assenza di teoria politica ha portato gli attivisti a utilizzare la
cultura popolare - come il film “V per Vendetta” - come loro punti di
riferimento. Gli strumenti - molto più efficaci e dannosi per il sistema -
degli scioperi e dei boicottaggi sono stati ignorati o messi da parte. Come
aveva capito Karl Marx, “coloro che non possono rappresentare
se stessi saranno rappresentati”.
In un suo discorso estremamente significativo al The
Sanctuary for Independent Media in North Troy dello scorso
dicembredescrivendo i crimini perpetrati a Gaza, Lei ha dichiarato: “Siamo gli
assassini più spietati ed efficienti del pianeta: solo per questo dominiamo i
Dannati della Terra.” Come operano i mezzi di informazione di massa per coprire
questi crimini?
I mass media si guadagnano da vivere vendendo al pubblico il mito
dell'America. E' sempre stato così, ma ora le cose sono peggiorate. Laddove una
volta si riusciva a trovare qualche voce che cercava di parlare onestamente di
chi siamo come nazione e dei crimini compiuti in nostro nome, ora è quasi
impossibile lottare contro il burlesque che si presenta come notizia. Nella
società americana si è verificato uno spostamento critico da una cultura basata
sulla stampa a una cultura basata sull'immagine. La raccolta tradizionale di
notizie è in forte declino. Man mano che ci stacchiamo dal mondo della carta
stampata, dalla complessità e dalle sfumature, e con esso dai sistemi
informativi costruiti sul primato dei fatti verificabili, il primato viene dato
all'intrattenimento, non alle notizie. Le notizie non possono più competere con
le battaglie emotive che i conduttori dei talk show trash montano
quotidianamente. Il pubblico ha abbracciato il carnevale emotivo che ha
trasformato le notizie in un'altra forma di intrattenimento insensato. Il grido
di dolore per il ritorno alla ragione, alla logica e alla verità è l'ultimo
lanciato dai rappresentanti smarriti di una civiltà morente. Cicerone fece lo
stesso nell'antica Roma. E quando la sua testa e le sue mani mozzate furono
montate sul podio del Colosseo e il suo carnefice, Marco Antonio, annunciò che
Cicerone non avrebbe più parlato e scritto, la folla gridò la sua approvazione.
Abbiamo perso migliaia di giornalisti e redattori, che basavano il loro lavoro
sulla cultura della ricerca e dei fatti verificati, che un tempo controllavano
i consigli comunali, i dipartimenti di polizia, gli uffici dei sindaci, i
tribunali e i legislatori statali per prevenire abusi e corruzioni eclatanti. E
stiamo anche perdendo, cosa ancora più preoccupante, le meticolose capacità di
cronaca, di editing, di verifica dei fatti e di indagine che rendono affidabile
l'informazione quotidiana. Il declino della stampa ha interrotto il legame con
una cultura basata sulla realtà, in cui cerchiamo di fare dei fatti il
fondamento delle opinioni e dei dibattiti, e l'ha sostituita con una cultura in
cui fatti, opinioni, bugie e fantasia sono intercambiabili. Poiché le notizie
sono state superate dal gossip, dalla vacuità della cultura delle celebrità e
da pseudo-eventi accuratamente inscenati, insieme all'isteria e al dramma che
dominano gran parte dell'etere, il nostro discorso civile e politico è stato
contaminato dalla propaganda e dall'intrattenimento mascherati da notizie. Lo
dimostrano gli indici di ascolto di emittenti di propaganda ad alta velocità
come Fox News e il crollo dell'industria dei giornali.
In una puntata recente del suo The Chris Hedges Report, Gideon
Levy ha presentato The Killing of Gaza: Reports on a
Catastrophe, spiegando la distruzione spirituale, sia di Israele che della
Palestina, che l’attuale genocidio a Gaza sta causando, nonché le implicazioni
delle nuove operazioni militari in Libano. Il cambiamento peggiore, secondo Levy,
è che Israele ha perso la sua umanità. Come è possibile che in occidente non ci
sia nemmeno spazio per l’empatia nei confronti delle vittime innocenti di Gaza?
Come si è arrivato a questo degrado etico, spirituale dell’occidente?
L'empatia c'è, ma non nei circoli del potere. Questo perché la lobby
israeliana ha comprato quasi tutti i politici di alto livello negli Stati Uniti
e ha versato milioni di dollari in campagne per sconfiggere coloro che hanno il
coraggio morale di sfidare Israele. La lobby sostiene una campagna di
diffamazione e di schedatura di coloro che difendono i diritti dei palestinesi
- tra cui lo storico israeliano Ilan Pappe e gli studenti universitari, molti
dei quali ebrei, riuniti in organizzazioni come Students for Justice in Palestine.
La lobby ha spinto per l'approvazione di leggi sostenute da Israele che
richiedono ai loro lavoratori e appaltatori, sotto la minaccia di
licenziamento, di firmare un giuramento pro-Israele e di promettere di non
sostenere il movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni. Il potere
della lobby israeliana è stato messo in mostra quando abbiamo assistito allo
spudorato applauso della maggior parte dei membri del Congresso per il Primo
Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, quando si è rivolto al Congresso nel
bel mezzo del genocidio di Gaza. Le campagne ben finanziate dalla lobby
israeliana, che lavora a stretto contatto con il Ministero degli Affari
strategici di Israele, per screditare qualsiasi politico o accademico americano
che si discosti anche solo lievemente dalla politica israeliana, chiudono ogni
critica allo Stato di apartheid e al genocidio. La massiccia interferenza nei
nostri affari interni da parte di Israele e della lobby israeliana, di gran
lunga superiore a quella di qualsiasi altro Paese, porta a concludere che
Israele possiede la nostra classe politica.
Sempre sul suo libro Levy scrive a proposito del 7 ottobre: “La via
del terrore è l’unica via aperta ai palestinesi per lottare per il loro futuro. La
via del terrore è l’unico modo per ricordare a Israele, agli Stati arabi e al
mondo la loro esistenza. Non hanno altre vie. Israele
ha insegnato loro questo. Se non usano la violenza, tutti si
dimenticheranno di loro e, un po’ più tardi, solo attraverso il terrorismo
saranno ricordati. Solo attraverso il terrorismo potranno ottenere
qualcosa. Una cosa è certa: se depongono le armi, sono
spacciati”. Concorda con questa visione? I dirottatori, ad esempio,
che hanno compiuto gli attacchi dell'11 settembre, come tutti i gruppi radicali
jihadisti del Medio Oriente, ci hanno parlato nella lingua assassina che
abbiamo insegnato loro.
Mi trovavo a Times Square, a New York, poco dopo che il secondo aereo ha
virato e si è abbattuto sulla Torre Sud. La folla che guardava il maxischermo
ha esultato di sgomento per il fumo nero e la palla di fuoco che si è
sprigionata dalla torre. Non c'era più alcun dubbio che i due attacchi alle
Torri Gemelle fossero atti di terrorismo. L'ipotesi precedente, che forse il
pilota avesse avuto un infarto o avesse perso il controllo dell'aereo quando
aveva colpito la Torre Nord diciassette minuti prima, era svanita con il
secondo attacco. La città cadde in uno stato di shock collettivo. La paura
palpitava per le strade. Avrebbero colpito di nuovo? Dove? La mia famiglia era
al sicuro? Dovevo andare al lavoro? Dovrei tornare a casa? Che cosa
significava? Chi avrebbe fatto questo? Perché? Le esplosioni e il crollo delle
torri, tuttavia, mi erano intimamente familiari. Li avevo già visti. Era il
linguaggio familiare dell'impero. Avevo visto questi messaggi incendiari cadere
sul Kuwait meridionale e sull'Iraq durante la prima guerra del Golfo Persico e
scendere con fragorose commozioni a Gaza e in Bosnia. Il biglietto da visita
dell'impero, come in Vietnam, è costituito da tonnellate di ordigni letali
sganciati dal cielo. I dirottatori hanno parlato all'America nella lingua che
abbiamo insegnato loro. L'ignoranza, mascherata da innocenza, degli americani,
soprattutto bianchi, era nauseante. È stato il peggior attacco al suolo
americano dopo Pearl Harbor. È stato il più grande atto di terrorismo della
storia americana. È stato un atto di barbarie incomprensibile. La retorica
incredibilmente ingenua, che ha saturato i media, ha fatto sì che l'artista
blues Willie King rimanesse sveglio tutta la notte e scrivesse la sua canzone “Terrorized”. “Ora parli di
terrore”, cantava. “Sono stato terrorizzato per tutti i miei giorni”.
Ma non erano solo i neri d'America a conoscere il terrore endemico incorporato
nei meccanismi della supremazia bianca, del capitalismo e dell'impero, ma anche
quelli d'oltreoceano che l'impero per decenni ha cercato di sottomettere,
dominare e distruggere. Sapevano che non c'è differenza morale tra chi spara
missili Hellfire e cruise o pilota droni militarizzati, cancellando feste di
matrimonio, raduni di villaggi o famiglie, e gli attentatori suicidi. Sapevano
che non c'è differenza morale tra chi bombarda a tappeto il Vietnam del Nord o
l'Iraq meridionale e chi fa volare gli aerei contro gli edifici. In breve,
conoscevano il male che genera il male. L'America non è stata attaccata perché
i dirottatori ci odiavano per i nostri valori. L'America non è stata attaccata
perché i dirottatori seguivano il Corano, che proibisce il suicidio e
l'omicidio di donne e bambini. L'America non è stata attaccata a causa di uno
scontro di civiltà. L'America è stata attaccata perché le virtù che noi
sposiamo sono una menzogna. Siamo stati attaccati per la nostra ipocrisia.
Siamo stati attaccati per le campagne di massacro industriale che sono il
nostro modo principale di parlare con il resto del pianeta. Robert McNamara,
Segretario alla Difesa nell'estate del 1965, definì i bombardamenti, che
avrebbero ucciso centinaia di migliaia di civili a nord di Saigon, una forma di
comunicazione con il governo comunista di Hanoi.
Quali consigli darebbe a chi cerca di informarsi oggi in occidente su
quello che sta accadendo?
Ci sono buoni siti alternativi, anche israeliani come 972 Magazine, che
riportano ancora notizie veritiere. Al Jazeera, Middle East Eye, Mondoweiss,
Electronic Intifada hanno fatto un lavoro straordinario nel raccontare il
genocidio di Gaza. Molti dei giornalisti di Al Jazeera sono stati assassinati
da Israele a causa del loro coraggioso reportage. Leggete i reportage di chi
non è del vostro Paese, soprattutto se seguite il Medio Oriente. Cercate
giornalisti e commentatori di cui vi fidate. E leggete libri di storia.
Le notizie senza contesto storico sono impossibili da capire.
Quali sono i libri del passato che oggi consiglierebbe di leggere a chi
cerca di comprendere la realtà in cui viviamo?
Sono molti, pochi sul Medio Oriente:
Don’t Look Left: A Diary of Genocide di Atef Abu Saif
The Great War for Civilization and Pity the Nation di Robert Fisk.
The Ethnic Cleaning of Palestine and The Biggest Prison on Earth di Ilan
Pappe
The Hundred Years’ War on Palestine di Rashid Khalidi
Three Worlds: Memoirs of an Arab-Jew and The Iron Wall di Avi Shlaim
Fateful Triangle di Noam Chomsky
Gaza: An Inquest Into Its Martyrdom di Norman Finkelstein
Drinking the Sea at Gaza di Amira Hass
The Punishment of Gaza and The Killing of Gaza di Gideon Levy
The Fall of the Ottomans di Eugene Rogan
Palestine and Footnotes in Gaza di Joe Sacco
The Question of Palestine di Edward Said
A Peace to End All Peace di David Fromkin
The Prize di Daniel Yergen
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