Mentre i leader politici e governi si sottraggono ai propri obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana
In un’Italia
rappresentata all’estero da personaggi alquanto squalificati e a volte imbarazzanti per
lo zelo esagerato con cui applicano ciecamente e sordamente le direttive dell’Impero
occidentale in crisi terminale, Francesca Albanese costituisce
una felice eccezione. Il suo prestigio di coraggiosa giurista
e intellettuale indipendente è alle stelle ovunque, tranne che ovviamente dalle
parti del macellaio genocida Netanyahu e del suo
complice Trump. Quest’ultimo anzi ha dato vita, unitamente a
tutto l’establishment imperiale, a una campagna davvero vergognosa volta
a chiederne la rimozione dal ruolo di Relatrice speciale per i territori
palestinesi occupati, che sta ricoprendo con onore e competenza,
rilanciando urbi et orbi il ruolo dell’Italia, ravvivando
tradizioni di imparzialità e lungimiranza ormai purtroppo affossate dall’attuale
deprimente classe politica di portaborse di Washington, Bruxelles e Tel Aviv.
Tra le
accuse ingiustamente rivolte a Francesca spicca ovviamente quella di “antisemitismo” che
si abbatte implacabilmente su chiunque osi criticare Israele, compreso il fior
fiore dell’intellettualità ebraica, in Israele stessa e in tutto il mondo.
Nulla di più ingiusto, anche considerando il fatto che tra le
vittime del folle massacratore guerrafondaio che rappresenta oggi il principale
pericolo per la pace
mondiale c’è anche la plurimillenaria civiltà ebraica, cui
l’umanità è debitrice di molte conquiste materiali e spirituali e che oggi si
trova indebitamente associata, nell’insulsa narrazione dominante, alle
imprese disumane del carnefice dei bambini palestinesi. Non a
caso le punte estreme del nazi-sionismo si alleano oggi, sotto l’egida di
un’ideologia neocoloniale, razzista e suprematista, cogli eredi naturali e
diretti della destra internazionale che a suo tempo fu
protagonista del genocidio del popolo ebraico, i quali eredi accorrono oggi
entusiasti e zelanti a sostenere il genocidio dei Palestinesi.
Il loro patrimonio
genetico appare in effetti segnato dall’obbligo di favorire sempre e comunque
i genocidi indirizzati a sostenere il dominio neocoloniale sul
mondo. Ieri con Hitler e Goebbels, oggi con Netanyahu e Smotrich. Il più recente rapporto di Albanese è particolarmente importante
perché fa luce sulle complicità col genocidio da parte delle imprese
multinazionali di matrice occidentale. Riporto di seguito integralmente
l’illuminante sintesi che precede il Rapporto: ”Questo rapporto indaga i
meccanismi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano di sfollamento e sostituzione dei
palestinesi nei territori occupati. Mentre i leader politici e governi si
sottraggono ai propri obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia
israeliana di occupazione illegale, apartheid e ora genocidio. La complicità
denunciata da questo rapporto è solo la punta dell’iceberg; porvi
fine non sarà possibile senza chiamare a rispondere il settore privato,
compresi i suoi dirigenti. Il diritto internazionale riconosce diversi gradi di
responsabilità, ognuno dei quali richiede esame e accertamento delle
responsabilità, in particolare in questo caso, in cui sono in gioco
l’autodeterminazione e l’esistenza stessa di un popolo. Questo è un passo
necessario per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale che lo
ha permesso”.
Segue
una capillare disamina di tali gravissime complicità. Tanto
per fare qualche nome, cominciando col famigerato complesso
militare-industriale si parla di Elbit Systems, Israel Aerospace Industries,
Lockheed Martin, Massachusetts Institute of Technology, FANUC Corpirstion, A.P,
Moller Maersk A/S e ovviamente in pole position la “nostra” Leonardo,
tutte impegnate a fornire apparati di morte destinati a fare a
pezzi le famiglie palestinesi, incrementando il proprio valore di borsa e
disponendo di un poligono di sperimentazione a basso costo dell’efficacia
distruttiva degli ordigni. Altre importanti aziende forniscono l’infrastruttura
informatica del genocidio. Tra di esse ovviamente Ibm, Microsoft,
NSO, Hewlett-Packard, Alphabet, Palantir e Amazon. Altre ancore
operano nel settore della demolizione di edifici: Caterpillar, RADA,
Hyundai, Volvo, Doosan, Conatrucciones Auxiliar de Ferrocarriles,
Heidelberg Materials AG e altre già menzionate nel secondo “pilastro”. Poi,
agenzie immobiliari come Keller Williams Realty LLC.
Altre
ancora sfruttano le risorse naturali indebitamente sottratte
ai Palestinesi: acqua (Mekorot), energia (Drummond Company INC, Glencore,
Chevron, BP, Petrobras), prodotti agricoli (TNUVA e Netafim, israeliane ma di
proprietà rispettivamente cinese e messicana), turismo (Booking, Airbnb).
Coinvolte anche big della finanza come BNP Paribas, Blackrock,
Vanguard, PIMCO) delle assicurazioni (Axa, Allianz), fondi pensione come
quello norvegese e quello del Quebec e addirittura organizzazioni
“caritatevoli” quali il Fondo nazionale ebraico, i Christian Friends of Israeli
Communities e i Dutch Christians for Israel.
Per nulla
trascurabile il contributo al genocidio di università e
istituzioni di ricerca quali l’Università tecnica di Monaco, quella di
Edimburgo e altre adeguatamente finanziate dal Fondo europeo Horizon.
Il Rapporto
termina con una serie di esortazioni rivolte a Stati, aziende e Nazioni Unite.
Appare davvero di fondamentale importanza che tali esortazioni siano accolte e
che sia posta fine all’impunità delle imprese, soggetti economicamente potenti
quanto giuridicamente irresponsabili, come dimostra tra gli altri il caso
dell’Ibm, a suo tempo complice dell’Olocausto del popolo ebraico e oggi del genocidio
di quello palestinese. Sarebbe davvero ora di istituire una Norimberga anche
per costoro.
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