Quando leggerete queste righe io non ci sarò più, perché avrò deciso di
smettere di soffrire.
Nonostante la mia scelta fosse ormai nota a tutti, questo mio gesto
finale arriva nel silenzio e darà disappunto e dolore.
Molti saranno dispiaciuti, altri soffriranno per non avermi potuto dare
un ultimo saluto, un ultimo abbraccio. Vi chiedo di comprendere il
perché di questo silenzio. Anche nella certezza della mia decisione si tratta
del gesto più totale e definitivo che un essere umano possa compiere, ci
vogliono sangue freddo e nervi d’acciaio. Come avrei potuto viverlo
serenamente aggiungendo lutto a lutto anticipato, dolore al dolore, resistenze,
lacrime, reazioni e attaccamento? Vi chiedo anche uno sforzo aggiuntivo
di comprensione.
Cercate di immaginare quale strazio di dolore mi ha portato a questo gesto,
giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Fate lo sforzo di capire che
dietro una foto carina sui social, dietro il bel sorriso che potevate vedere
giusto un’ora strappato alla routine e ai sintomi in una occasione pubblica,
sempre più rara, dietro c’era lo sfondo di una quotidianità dolorosa,
spoglia, feroce e in peggioramento continuo. Una sofferenza in
crescita giorno dopo giorno. La situazione è stata in evoluzione per anni, poi
in tempo reale gli ultimi mesi e settimane. Mio marito Stefano e
le mie assistenti l’hanno vista, loro e solo loro e anzi,
neppure loro, per forza di cose, potevano essere grado di capire cosa sentissi
nel mio corpo, quanto male sentissi, quanta fatica sempre più totalizzante. Non
riuscire più a compiere il minimo gesto. Non più godere della vita,
non più godere delle relazioni sociali. Che è quello che fa per me una vita
dignitosa.
Ho avuto molto tempo per elaborare e maturare questa decisione, ho avuto
molto tempo per capire quando era veramente il momento. Avevo quel famoso
parapetto, quello di cui avete letto spesso, da cui affacciarmi. Ho avuto molto
tempo anche per cambiare idea e rimandare la decisione. Mi sono consentita, in
una situazione che ancora reggeva, di assaporare gli ultimi scampoli di
vita e di bellezza. Di salutare ogni angolo, ogni luogo, ogni volto,
ogni persona, ogni situazione, ogni cielo, ogni colore, ogni minuscola
passeggiata fuori. Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, si dice. Si dice
anche che sia impossibile, nei fatti. Ebbene, io l’ho quasi realizzato. Me ne
vado avendo assaporato gli ultimi bocconi di vita in maniera
forte e consapevole. Intendetemi: io penso che qualsiasi vita resti degna di
essere vissuta anche nelle condizioni più estreme. Ma siamo noi e solo noi a
dover scegliere.
Alle persone che resteranno senza un saluto oltre che le mie scuse va
un abbraccio fortissimo. È impossibile enumerare tutti i volti
che hanno riempito la mia vita. Fate conto che io vi stia salutando e
abbracciando. La mia vita è stata piena anche grazie a voi. La
mia famiglia d’origine: papà Renato, mamma Gabriella,
mia sorella Elena, mio nipote Matteo; tutti i
parenti; Laura, Chiara e le amiche storiche
di una vita, tutti gli amici, i colleghi e i conoscenti,
i compagni di malattia, i compagni di attivismo, tutti
coloro con cui ho condiviso un pezzo di strada. La mia amata Perugia.
I miei medici, le mie palliativiste, i miei fisioterapisti,
un grazie particolare a Daniela per avermi dato negli anni gli strumenti per
combattere. Le mie assistenti, la mia seconda famiglia in
quest’ultimo tratto. La politica quella buona, Fabio e Vittoria,
i giornalisti amici, come le due Francesca; chi mi ha aiutato;
il vescovo Ivan, un amico speciale col quale mi sono intrattenuta
in più di una chiacchierata sulla vita e la morte.
Ho potuto vincere la mia battaglia solo grazie agli amici dell’associazione
Luca Coscioni, seguiteli e seguite i diritti e le libertà
individuali, mai così messi a dura prova come oggi. Sul fine vita sento
uno sproloquio senza fine, l’ingerenza cronica del Vaticano,
l’incompetenza della politica. Il disegno di legge che
sta portando avanti la maggioranza è un colpo di mano che
annullerebbe tutti i diritti. Pretendete invece una buona legge, che rispetti i
malati e i loro bisogni. Esercitate il vostro spirito critico, fate
pressione, organizzatevi e non restate a guardare, ma attivatevi, perché
potrebbe un giorno riguardare anche voi o i vostri cari.
Ricordatemi come una donna che ha amato la vita.
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