mercoledì 26 novembre 2025

i bambini nel bosco

Io, al momento, mi schiero col bosco - Marco Sommariva

Non è che siamo più portati per il giardinaggio, ossia per la fede nel futuro, per la certezza che le cose accadranno secondo i piani?

In questi giorni si sta parlando molto della vicenda dei tre figli dei coniugi anglo-australiani Catherine Birmingham e Nathan Trevallion sottratti ai genitori su ordinanza del Tribunale dei Minori di Chieti.

Sul sito di RaiPlay leggo che i cinque vivevano in un bosco a Palmoli (CH) una “vita primordiale, con una filosofia improntata al massimo rispetto della natura […]. Nella casa non c’è acqua e non ci sono servizi igienici, manca la luce e i bambini non vanno a scuola”.

Come sempre più spesso succede di fronte ad avvenimenti complessi dove media e persone comuni si guardano bene dall’analizzare le informazioni nella loro specificità, anche questa storia della famiglia Birmingham/Trevaillon è diventata il pretesto per una battaglia politica che vede, a grandi linee, schierati da una parte coloro che difendono a prescindere la famiglia come istituzione-totem e dall’altra chi concepisce l’azione della magistratura come un intervento sempre e comunque giustificato.

Potrei iniziare un’arringa difensiva scrivendo che, da quanto risulta da più fonti, i piccoli Trevaillon/Birmingham non hanno subito alcuna violenza fisica o psicologica e che non soffrono di denutrizione oppure, al contrario, redigere un j’accuse verso i due adulti partendo magari dal fatto che la loro abitazione è priva di “collaudo statico” e quindi di agibilità, ma commetterei lo stesso errore di chi, oggi, s’avventura in conclusioni senza conoscere approfonditamente l’intera situazione o, ancora peggio, finirei con lo schierarmi da una parte o dall’altra magari sulla base di pregiudizi, quindi, sul niente. Ma non sto sfuggendo: alla fine, anche il mio sarà in qualche modo uno schierarsi, visto che ho deciso d’essere qui a scriverne.

La prima cosa che mi auguro è che a condannare momentaneamente questo nucleo famigliare non sia stata la scelta di vivere nel bosco come fosse la decisione di un gruppo di fannulloni, di chi fugge da responsabilità varie, fosse anche quella di combattere il sistema, perché nel caso vorrei ricordare cosa scrisse in Vita senza princìpi, Henry David Thoreau: “Se un uomo cammina nei boschi, per il piacere di farlo, metà di ogni giornata, egli corre il rischio di essere considerato un fannullone, ma se egli spende la sua intera giornata come uno speculatore, tagliando quegli stessi alberi e rendendo spoglia la terra prima del tempo, egli è stimato un cittadino industrioso e intraprendente. Come se una città non avesse interesse a conservare le proprie foreste ma a tagliarle!”. Non solo, sulle stesse pagine, Thoreau scrive che “vedere il sole sorgere o tramontare ogni giorno, così da poter raccontare a noi stessi un fatto universale, ci manterrà per sempre assennati”, e benché vivano nei boschi e non vedano benissimo il sorgere e il tramontare del sole, credo che fatti universali che li mantengano assennati ne vedano molti più di noi che di senno ne abbiamo sempre meno, quotidianamente chiusi dentro scatole d’acciaio in movimento che ci portano su posti di lavoro quasi mai gratificanti, a consumare la quasi totale nostra esistenza.

La seconda cosa che mi auguro è che la famiglia Birmingham/Trevaillon non sia stata confusa con gli assaltatori di quest’epoca industriale che divora boschi e montagne che, molto tardivamente, un giorno s’è resa conto di quante piante e animali aveva estinto o portato sull’orlo dell’estinzione. Forse, nella penombra dei boschi, gli anglo-australiani sono semplicemente giunti alla conclusione che la fase coloniale nella relazione tra uomo e natura era finita. Il che, naturalmente, è più facile da dire che da fare, ma, come tutte le utopie, allettante. Qualcosa di simile l’ha scritta anche Erri De Luca in Il contrario di uno: “Chi veniva con il mulo e l’ascia, sapeva togliere al bosco. Chi viene con il camion e con la motosega, lo lascia spoglio”.

La terza cosa che mi auguro è che i figli sottratti a questi signori non siano stati allontanati da mamma e papà perché ritenuti, i due adulti, resistenti. Resistenti a un sistema che, se vivi nel bosco, non riesce a controllarti come vorrebbe, un sistema che teme lo spirito di emulazione di altri. Spero non sia così anche perché sarebbe tempo perso: “[…] la Resistenza non è nei boschi che la trovi, ma dentro di te” – da Il terrorista nero di Tierno Monénembo.

La quarta cosa che mi auguro è che non siano state questioni religiose ad aver messo in movimento la sottrazione dei minori perché, per onorare un Creatore, come scriveva Gustave Flaubert in Madame Bovary, non si ha bisogno di una chiesa o di ingrassare buffoni che mangiano meglio di noi, potrebbe bastare contemplare la volta celeste in un bosco: “Credo nell’Essere supremo, in un Creatore, sia chi sia, che m’importa?, che ci ha mandato quaggiù perché facciamo il nostro dovere di cittadini e di padri di famiglia. Ma non ho bisogno, io, di andare in una chiesa a baciare piatti d’argento e a fare ingrassare di tasca mia un mucchio di buffoni che mangiano meglio di noi! Perché si può onorarlo lo stesso: in un bosco, in un campo, magari contemplando la volta celeste, come gli antichi. […] non concepisco un povero diavolo di buon Dio che passeggia nel suo giardino con il bastone in mano, che dà alloggio ai suoi amici nel ventre delle balene, che muore mandando un grido e resuscita dopo tre giorni. Cose assurde in sé e completamente in contrasto, d’altra parte, con tutte le leggi della fisica. E ciò dimostra, sia detto tra parentesi, che i preti sono rimasti sempre a imputridire in una torpida ignoranza, nella quale tentano di trascinare anche i popoli”.

La quinta cosa che mi auguro è che nessuno si sia fatto spaventare da questa nuova minoranza, che nessuno abbia avuto l’ennesimo rigurgito discriminante verso il diverso, in quanto è forse proprio dalla famiglia Trevaillon/Birmingham che dovremmo imparare qualcosa, perché “se le nostre vite fossero più conformi alla natura non avremmo bisogno di difenderci dal caldo e dal freddo, ma troveremmo in lei una leale nutrice ed amica, come già fanno le piante e i quadrupedi. Se i nostri corpi si nutrissero di elementi puri e semplici non avrebbero bisogno di più nutrimento di quanto ne necessita un ramoscello senza foglie, e prospererebbero come gli alberi, che trovano persino l’inverno favorevole per la loro crescita” – ancora Henry David Thoreau, da Il mattino interiore.

Conoscenti abruzzesi mi dicono che, dalle loro parti, s’è sentito dire che la casa della “famiglia nel bosco”, così com’è stata ribattezzata dai media, sorgerebbe in un’area coinvolta da un progetto eolico e che i genitori si sarebbero rifiutati di venderla ma, come scritto a inizio pezzo, preferirei non avventurarmi in questi dettagli che potrebbero essere smentiti il giorno dopo.

Piuttosto, oltre a tutto quel che mi auguro, mi domando se per caso questa allergia verso chi vive nel bosco non sia un segnale. Mi spiego meglio. Non è che ci infastidisce l’armonia tra un gruppo di esseri umani e il bosco, questo sconosciuto groviglio squilibrato, asimmetrico, questo disordine naturale dove non sai cosa accadrà l’indomani ma dove tutto funziona, in cui piante e arbusti crescono e si muovono indipendentemente dall’Uomo favorendo insetti e fauna selvatica? Non è che siamo più portati per il giardinaggio ossia, come dice Joel Edgerton nel film Il maestro giardiniere di Paul Schrader, “per una manipolazione del mondo naturale [creando] ordine dove l’ordine sarebbe appropriato, [una] capillare correzione del disordine là dov’è necessario”? Perché, in fondo, al contrario del bosco, il giardinaggio rasserena, “è fede nel futuro, è convinzione che le cose accadranno secondo i piani, che il cambiamento arriverà a tempo debito” – sempre Joel Edgerton nel film di prima.

C’è chi si schiera dalla parte di coloro che difendono a prescindere la famiglia come istituzione-totem e c’è chi si schiera con chi concepisce l’azione della magistratura come un intervento sempre e comunque giustificato.

Io, al momento, mi schiero col bosco. Voi?

da qui


Ora anche esperti in assistenza sociale! Basta leoni da tastiera sui bimbi nel bosco – Luciano Casolari (Medico psicoanalista)

Io che lavoro da quarant’anni nel campo non riesco a proporre un giudizio. Confesso di essere meno capace di tanti nostri concittadini che sdottorano sui social

 Finalmente molti italiani sono divenuti esperti in assistenza sociale e possono decidere rispetto a come aiutare i genitori dei “tre bambini nel bosco” a Chieti. Sono validamente coadiuvati da stuoli di politici che per avere un voto in più venderebbero anche la loro mamma. Questa competenza mancava ai nostri concittadini. Erano già esperti, come i medici, nel definire quali vaccini o medicine sia giusto somministrare poi, come i giudici, nell’affibbiare la colpevolezza o l’innocenza a dei ragazzi; ora finalmente tutti hanno, in quattro e quattr’otto, acquisito un dottorato in assistenza sociale.

Io che lavoro da quarant’anni nel campo affine della psicologia e psichiatria non riesco a proporre un giudizio. Confesso di essere meno capace di tanti nostri concittadini che sdottorano sui social.

Le notizie che sui giornali si possono trovare mostrano lati positivi rispetto a questa famiglia che pare serena con un legame affettivo valido fra genitori e figli. Accanto emergono lati oscuri come la mancata frequentazione scolastica con trascuratezza rispetto alla eventuale educazione parentale, assente socializzazione dei ragazzi e condizioni igieniche molto precarie.

Ognuno di noi dentro di sé ha delle suggestioni che derivano dalle proprie esperienze. Per quanto mi riguarda ricordo un caso occorso quando ero giovane psichiatra. Il sindaco del paese mi chiamò per segnalarmi la situazione di un anziano che viveva in condizioni estremamente precarie. Andai a visitarlo con un infermiere e vidi che viveva in un bosco in un rudere senza riscaldamento, senza acqua e servizi igienici. Gli parlai e dopo alcune riluttanze lui accettò di andare a vivere in una casa di riposo per anziani del Comune ove lo avrebbero accudito meglio. Dopo due mesi chiesi al sindaco come andava la sistemazione di quel vecchietto. Mi rispose che purtroppo era scivolato sul pavimento bagnato dalla signora delle pulizie, si era rotto il femore ed era deceduto. Negli anni successivi ho sempre pensato che “chissà se sarebbe stato ancora vivo?” se lo avessi lasciato nel suo rudere senza convincerlo ad andare in una casa di riposo “troppo pulita”.

Coi miei nipotini recentemente ho rivisto il film Il libro della jungla. Si tratta di un’opera molto bella tratta da un romanzo di grandissimo successo. E’ bello vedere il bambino allevato dai lupi, che gioca con un orso e viene protetto da una pantera. Nella realtà però io non lascerei certo i miei nipotini in balia di un branco di lupi. Dubito molto dell’accudimento che potrebbero offrire un orso. Sfido i leoni da tastiera, che imperversano sul web, ad andare a fare le moine a una pantera.

Insomma la vita agreste, bucolica, va bene per una foto durante la bella stagione ma risulta difficile senza medicine e presidi sanitari. Una volta espresse le mie “suggestioni” per venire alla situazione dei bambini nel bosco mi pare sia giusto sottolineare che il provvedimento emesso dal giudice minorile, su indicazione dei carabinieri e degli assistenti sociali, non prevede l’allontanamento dei genitori dai figli e men che meno la decadenza della loro potestà genitoriale (al momento sospesa). Si prefigge, da quel poco che ho capito dai giornali, di mettere i bambini e la mamma in condizioni igieniche migliori per valutare se vi sia o meno in atto un isolamento sociale patologico e una mancata educazione scolastica.

Tutelare i bimbi che possono avere genitori stravaganti è un mestiere difficile. Dirimere fra una ideologia legittima e un delirio in cui il malato ha delle fissazioni incrollabili che cozzano con la realtà e mettono a rischio lui e i minori è complesso. Occorre affidarsi a degli esperti che potrebbero sbagliare ma che, in linea di massima, hanno minori probabilità di compiere errori grossolani rispetto a utenti del web che si alzano la mattine per urlare al mondo le loro idee maturate senza avere tutte le notizie e gli strumenti di conoscenza per interpretarle.

Se entriamo come comunità in un mondo paranoico per cui c’è sempre un complotto dietro o degli interessi oscuri e aboliamo ogni principio di autorità e autorevolezza sarà dura mantenere la convivenza fra le persone. Quando viene l’ingegnere a decidere quanto devono essere grandi le travi della mia casa, quando chiamo l’elettricista e mi propone un filo elettrico di un certo spessore, quando mando il figlio in pullman e il guidatore segue un itinerario e in innumerevoli altri momenti della mia vita devo affidarmi e fidarmi. Non posso pretendere tutte le volte di decidere io quale cosa sia giusta altrimenti la nostra possibilità di vivere in una civiltà deflagra.

Già si notano le avvisaglie di questo “mondo paranoico” in cui molti individui si sentono soli, vessati dalla società cattiva che li vuole controllare e soggiogare negando le loro libertà. Speriamo che la deriva in atto negli Usa ove tanti cittadini riempiono la loro casa di armi contro nemici, spesso immaginari, che vogliono invaderli non si propaghi anche nel nostro paese.

da qui

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