Messina, l’ex rettore Cuzzocrea “andava a caccia di scontrini nel negozio cinese per chiedere i rimborsi all’Ateneo” - Manuela Modica
La Procura di Messina ha ricostruito la vicenda nell'ambito dell'inchiesta che ha portato al sequestro di un milione e 600 mila euro. Un esercente ha raccontato che il docente gli chiedeva le ricevute fiscali lasciate dai clienti in cassa o cadute a terra: anche da un euro
“Ricordo che il professore mi ha chiesto di raccogliere gli scontrini fiscali che i clienti lasciavano alla cassa, o quelli caduti a terra, per poi consegnarglieli. Forse per questo motivo trovate scontrini di piccolo importo pagati anche in contanti. Nel tempo ho più volte consegnato gli scontrini raccolti direttamente al professore”. Il piccolo importo in questione riguarda soprattutto 7 scontrini, di 1 euro, 1,20, 1,50, 2 euro, o perfino l’esoso 4,50. Sono scontrini, che – secondo quanto ricostruito dalla procura di Messina – un commerciante di un emporio cinese ha dato a Salvatore Cuzzocrea, che a sua volta li ha presentati all’università di Messina, da lui guidata in quel momento, per ottenere un rimborso.
Gli
scontrini presentati sono arrivati poi alla cifra complessiva di 18.240
euro. Era in questo emporio che l’ex rettore di Messina, e
presidente della Crui, la Conferenza dei rettori italiani, aveva
acquistato “materiale elettrico per un utilizzo edile (bobine di cavo elettrico
anche di dimensione sino a 4 mm, pozzetti, morsetti, canaline, tubo corrugato
anche di grosso diametro, faretti, interruttori, prese eсс), nonché casalinghi
(detersivi, bacinelle, ferramenta, ruote ecc.) in grandi quantità”. Così si
legge nel decreto di sequestro firmato dal gip Eugenio Fiorentino,
su richiesta della procuratrice aggiunta Rosa Raffa e delle pm Liliana
Todaro e Roberta la Speme. Nelle 700 pagine del decreto che
dispone il sequestro di 1 milione 600 mila euro si legge anche
dei bonifici fatti da 14 ricercatori. Cuzzocrea è anche ordinario di Farmacologia e
a capo di una dozzina di studi di ricerca. “Disconosco le firme apposte su
tutte le richieste di rimborso che mi sono state poste in visione, ad eccezione
di , non ero a conoscenza del fatto che il prof. Cuzzocrea presentasse delle
richieste di rimborso a mio nome”, così racconta uno dei 14 ricercatori, ma le
versioni sono un po’ tutte uguali. E un’altra racconta: “Non ero a
conoscenza del fatto che il prof. Cuzzocrea presentasse delle richieste di
rimborso a nome mio. Solitamente, ci rivolgevamo al prof. Cuzzocrea quando
mancava qualcosa in laboratorio, e sapevo che lui anticipasse le spese per
l’acquisto del materiale di consumo. Pertanto, quando mi venivano accreditate
sul conto corrente personale le somme da parte dell’Università, io procedevo
immediatamente a rigirarle al professore Cuzzocrea, pensando che si trattasse
di rimborsi per spese da lui sostenute per l’acquisto di materiale da
laboratorio che, di volta in volta, gli chiedevamo di acquistare. Pensavo fosse
una procedura regolare trattandosi comunque di soldi tracciabili e accreditati
sul conto corrente da parte dell’università di Messina, procedura tra l’altro
avvallata anche dagli uffici amministrativi”.
Non a caso
il gip parla dell’esistenza “di un vero e proprio sistema architettato
dal Cuzzocrea per appropriarsi di parte dei fondi destinati alla ricerca, di
cui egli aveva la disponibilità giuridica, mediante un sistematico abuso delle
proprie funzioni pubbliche (di responsabile scientifico dei progetti e di
rettore dell’Università), accompagnato dalla predisposizione di atti falsi o di
altri artifici, tali da gonfiare gli importi chiesti a titolo di rimborso”,
scrive il gip Fiorentino. Che sottolinea anche: “Approfittando del clima di
soggezione e, in parte, di lassismo degli organi deputati all’istruttoria ed ai
controlli: in taluni casi l’indagato ha chiesto il rimborso quali spese
afferenti ai progetti di ricerca di beni destinati alla già menzionata società
Divaga, in altri si è addirittura munito di scontrini precedentemente gettati
dai clienti all’interno degli esercizi commerciali, ove era solito fare
acquisiti”.
Ma non è
ancora tutto, in un altro caso il comune di Messina aveva a
disposizione del basolato in eccesso, frutto di un lavoro ormai concluso in una
struttura, ne ha dunque fatto dono all’università di Messina. Quel basolato,
però, secondo quanto ricostruito dalle magistrate, è finito nell’ampio maneggio
di cui Cuzzocrea è titolare per l’80 per cento (il restante 20 è della
moglie).
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