Israele, per decenni, ha giocato a un gioco ingannevole. Firma un accordo con i palestinesi che deve essere attuato in fasi. La prima fase dà a Israele ciò che vuole, in questo caso il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza, ma Israele di solito non riesce a implementare le fasi successive che porterebbero a una pace giusta ed equa. Alla fine provoca i palestinesi con attacchi armati indiscriminati per vendicarsi, definisce la risposta palestinese come una provocazione e abroga l’accordo di cessate il fuoco per ricominciare il massacro.
Se questo
ultimo accordo di cessate il fuoco in tre fasi verrà ratificato, e non
c’è certezza che
ciò accadrà da parte di Israele, mi aspetto che sarà poco più di una pausa per
i bombardamenti dell’insediamento presidenziale in America. Israele non ha
alcuna intenzione di fermare la sua giostra di morte.
Il governo
israeliano ha rinviato il voto sulla proposta di
cessate il fuoco mentre continua a martellare Gaza. Almeno 81 palestinesi sono
stati uccisi nelle ultime 24 ore.
La mattina
dopo l’annuncio di un accordo di cessate il fuoco, il primo ministro israeliano
Benjamin Netanyahu ha
accusato Hamas
di aver rinnegato parte dell’accordo “nel tentativo di estorcere concessioni
dell’ultimo minuto”. Ha avvertito che il suo gabinetto non si riunirà “finché i
mediatori non notificheranno a Israele che Hamas ha accettato tutti gli
elementi dell’accordo”.
Hamas ha
respinto le
affermazioni di Netanyahu e ha ribadito il proprio impegno a rispettare il
cessate il fuoco, come concordato con i mediatori.
L’accordo
comprende tre fasi. La prima fase, della durata di 42 giorni, vedrà la
cessazione delle ostilità. Hamas rilascerà alcuni ostaggi israeliani (33
israeliani catturati il 7 ottobre 2023, tra cui tutte le restanti cinque
donne, quelle con più di 50 anni e quelle malate) in cambio di un massimo di
1.000 palestinesi imprigionati da Israele.
L’esercito
israeliano si ritirerà dalle aree popolate della Striscia di Gaza il primo
giorno del cessate il fuoco. Il settimo giorno, ai palestinesi sfollati sarà
consentito di tornare nella parte settentrionale di Gaza. Israele consentirà a
600 camion di aiuti con cibo e forniture mediche di entrare a Gaza ogni giorno.
La seconda
fase, che inizia il 16° giorno del cessate il fuoco, vedrà il rilascio degli
ostaggi israeliani rimasti. Israele completerà il suo ritiro da Gaza durante la
seconda fase, mantenendo una presenza in alcune parti del corridoio di
Filadelfia, che si estende lungo il confine di otto miglia tra Gaza ed Egitto.
Rinuncerà al controllo del valico di frontiera di Rafah verso l’Egitto.
La terza
fase vedrà l’avvio di negoziati per porre fine definitivamente alla guerra.
Ma è
l’ufficio di Netanyahu che sembra aver già rinnegato l’accordo. Ha rilasciato
una dichiarazione in cui respinge il ritiro
delle truppe israeliane dal Corridoio
di Filadelfia durante
la prima fase di 42 giorni del cessate il fuoco. “In termini pratici, Israele
rimarrà nel Corridoio di Filadelfia fino a nuovo avviso”, mentre afferma che i
palestinesi stanno tentando di violare l’accordo. I palestinesi durante le
numerose negoziazioni del cessate il fuoco hanno chiesto che le truppe
israeliane si ritirassero da Gaza. L’Egitto ha condannato la presa dei suoi valichi di
frontiera da parte di Israele.
Le profonde
fratture tra Israele e Hamas, anche se gli israeliani accettassero finalmente
l’accordo, minacciano di farlo implodere. Hamas sta cercando un cessate il
fuoco permanente. Ma la politica israeliana è inequivocabile sul suo “diritto”
a impegnarsi nuovamente militarmente. Non c’è consenso su chi governerà Gaza.
Israele ha chiarito che la continuazione di Hamas al potere è inaccettabile.
Non c’è menzione dello status dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso
e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), l’agenzia
delle Nazioni Unite che Israele ha messo
fuorilegge e che
fornisce la maggior parte degli aiuti umanitari dati ai palestinesi, il 95
percento dei quali è stato sfollato. Non c’è accordo sulla ricostruzione di
Gaza, che giace in macerie. E, naturalmente, non c’è alcuna via nell’accordo
per uno stato palestinese indipendente e sovrano.
La menzogna
e la manipolazione israeliane sono pietosamente prevedibili.
Gli accordi
di Camp David, firmati nel 1979 dal presidente egiziano Anwar Sadat e dal primo
ministro israeliano Menachem Begin, senza la partecipazione dell’Organizzazione
per la liberazione della Palestina (OLP), normalizzarono le relazioni
diplomatiche tra Israele ed Egitto. Ma le fasi successive, che includevano la
promessa da parte di Israele di risolvere la questione palestinese insieme a
Giordania ed Egitto, di consentire l’autogoverno palestinese in Cisgiordania e
a Gaza entro cinque anni e di porre fine alla costruzione di colonie israeliane
in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, non sono mai
state onorate.
Oppure
prendiamo gli Accordi di Oslo del 1993. L’accordo, firmato nel 1993, che vide l’OLP
riconoscere il diritto di Israele a esistere e Israele riconoscere l’OLP come
rappresentante legittimo del popolo palestinese, e Oslo II, firmato nel 1995,
che descrisse dettagliatamente il processo verso la pace e uno stato
palestinese, era nato morto. Stabiliva che qualsiasi discussione sugli
“insediamenti” ebraici illegali doveva essere rinviata fino ai colloqui sullo
status “definitivo”, entro i quali i ritiri militari israeliani dalla
Cisgiordania occupata dovevano essere completati. L’autorità di governo doveva
essere trasferita da Israele alla presunta e
temporanea Autorità Palestinese. La Cisgiordania fu divisa nelle Aree A, B e C.
L’Autorità Palestinese ha un’autorità limitata nelle Aree A e B. Israele
controlla tutta l’Area C, oltre il 60 percento della Cisgiordania.
Il diritto
dei rifugiati palestinesi a tornare nelle terre storiche loro sottratte nel
1948, quando fu creato Israele, un diritto sancito dal diritto internazionale,
fu rinunciato dal leader dell’OLP Yasser Arafat, alienandosi all’istante molti
palestinesi, in particolare quelli di Gaza, dove il 75 percento sono rifugiati
o discendenti di rifugiati. Edward Said definì l’accordo di Oslo “uno
strumento di resa palestinese, una Versailles palestinese” e criticò duramente
Arafat definendolo “il Pétain dei palestinesi”.
I ritiri
militari israeliani programmati sotto Oslo non hanno mai avuto luogo. Non c’era
alcuna disposizione nell’accordo provvisorio per porre fine alla colonizzazione
ebraica, solo un divieto di “misure unilaterali”. C’erano circa 250.000 coloni
ebrei in Cisgiordania al momento dell’accordo di Oslo. Sono aumentati ad almeno 700.000. Non è mai
stato concluso alcun trattato finale.
Il
giornalista Robert Fisk ha definito Oslo “una farsa, una bugia, un trucco per
indurre Arafat e l’OLP ad abbandonare tutto ciò che avevano cercato e per cui
avevano lottato per oltre un quarto di secolo, un metodo per creare false
speranze al fine di evirare l’aspirazione palestinese ad uno Stato”.
Il primo
ministro israeliano Yitzhak Rabin, che firmò l’accordo di Oslo, fu assassinato il 4 novembre 1995, dopo una
manifestazione a sostegno dell’accordo, da Yigal Amir, uno studente di
giurisprudenza ebreo di estrema destra. Itamar Ben-Gvir, ora ministro della
sicurezza nazionale di Israele, fu uno dei tanti politici di destra che
lanciarono minacce contro Rabin. La vedova di
Rabin, Leah, incolpò Netanyahu e i suoi
sostenitori, che distribuirono volantini ai raduni politici raffiguranti Rabin
in uniforme nazista, per l’omicidio del marito.
Da allora
Israele ha condotto una serie di attacchi omicidi su Gaza, definendo cinicamente il bombardamento
“tagliare l’erba del prato”. Questi attacchi, che lasciano decine di morti e
feriti e degradano ulteriormente la fragile infrastruttura di Gaza, hanno nomi
come Operazione Arcobaleno (2004), Operazione Giorni di Penitenza (2004),
Operazione Piogge Estive (2006), Operazione Nuvole Autunnali (2006) e
Operazione Inverno Caldo (2008).
Israele ha
violato l’accordo
di cessate il fuoco del giugno 2008 con Hamas, mediato dall’Egitto, lanciando
un raid di confine che ha ucciso sei membri di Hamas. Il raid ha provocato,
come Israele intendeva, un attacco di rappresaglia da parte di Hamas, che ha
sparato razzi rudimentali e colpi di mortaio contro Israele. Il bombardamento
di Hamas ha fornito il pretesto per un massiccio attacco israeliano. Israele,
come fa sempre, ha giustificato il suo attacco militare con il diritto di
difendersi.
L’operazione
Piombo Fuso (2008-2009), che ha visto Israele portare a termine un assalto sia
via terra che aereo per 22 giorni, con l’aviazione israeliana che ha sganciato
oltre 1.000 tonnellate di esplosivo su Gaza, ha ucciso 1.385 persone, secondo il gruppo israeliano per i
diritti umani B’Tselem, di cui almeno 762 erano civili, tra cui 300 bambini.
Quattro israeliani sono stati uccisi nello stesso periodo da razzi di Hamas e
nove soldati israeliani sono morti a Gaza, quattro dei quali sono vittime di
“fuoco amico”. Il quotidiano israeliano Haaretz avrebbe poi riferito che
“l’operazione Piombo Fuso” era stata preparata nei sei mesi precedenti.
Lo storico
israeliano Avi Shlaim, che ha prestato servizio nell’esercito israeliano, ha
scritto che:
La brutalità dei soldati israeliani è pienamente eguagliata dalle
menzogne del suo portavoce… la loro propaganda è un mucchio di bugie… Non è stato
Hamas, ma l’IDF a rompere il cessate il fuoco. Lo ha fatto con un raid a Gaza
il 4 novembre, in cui sono morti sei uomini di Hamas. L’obiettivo di Israele
non è solo la difesa della sua popolazione, ma il successivo rovesciamento del
governo di Hamas a Gaza, mettendo la gente contro i propri governanti.
Questa serie
di attacchi a Gaza fu seguita dagli attacchi israeliani del novembre 2012, noti
come Operazione Pilastro di Difesa, e del luglio e agosto 2014 con l’Operazione
Margine Protettivo, una campagna
di sette settimane che causò la morte di 2.251 palestinesi, insieme a 73 israeliani, tra
cui 67 soldati.
Questi
assalti da parte dell’esercito israeliano sono stati seguiti nel 2018 da
proteste in gran parte pacifiche da parte dei palestinesi, note come la Grande
Marcia del Ritorno, lungo la barriera recintata di Gaza. Oltre 266 palestinesi
sono stati uccisi
a colpi di arma da fuoco dai soldati israeliani e altri 30.000 sono
rimasti feriti. Nel maggio 2021, Israele ha ucciso oltre 256 palestinesi a Gaza
in seguito agli
attacchi della
polizia israeliana ai fedeli palestinesi nel complesso della moschea di Al-Aqsa
a Gerusalemme. Ulteriori attacchi ai fedeli della moschea di
Al-Aqsa hanno avuto luogo nell’aprile 2023.
E poi la
violazione delle barriere di sicurezza il 7 ottobre 2023 che circondano Gaza,
dove i palestinesi languivano sotto un blocco da oltre 16
anni in una prigione a cielo aperto. Gli attacchi degli uomini armati
palestinesi hanno causato circa 1.200 morti israeliani , tra cui
centinaia uccisi da Israele stesso, e hanno
dato a Israele la scusa che aveva cercato a lungo per devastare Gaza, nella
sua Guerra
delle Spade di Ferro.
Questa
orribile saga non è finita. Gli obiettivi di Israele restano immutati: la
cancellazione dei palestinesi dalla loro terra. Questa proposta di cessate il
fuoco è un altro cinico capitolo. Ci sono molti modi in cui può e,
sospetto, crollerà.
Ma
preghiamo, almeno per il momento, che questa strage di massa cessi.
(Traduzione
a cura di Old Hunter)
Nessun commento:
Posta un commento