domenica 19 gennaio 2025

Quando i “rimpatri volontari assistiti” diventano deportazioni - Fulvio Vassallo Paleologo


ABSTRACT

In una situazione di reiterate violazioni dei diritti umani e di sostanziale cancellazione del diritto di asilo, l’Unione europea, sulla base del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, sta finanziando nuove procedure accelerate di asilo in frontiera e di deportazione verso i paesi di origine, compresi i centri hub che si vorebbero istituire al di fuori dei confini dell’area Schengen per realizzare nuovi progetti di “ritorno volontario assistito”, a fronte del fallimento delle politiche di rimpatrio forzato. I rimpatri volontari assistiti nel Paese di origine “sulla base di una scelta libera e informata” sono generalmente gestiti dall’OIM, organizzazione facente capo alle Nazioni Unite, e si differenziano dai rimpatri con accompagnamento forzato che vengono (ma sarebbe meglio dire, dovrebbero essere) eseguiti dopo il diniego su una richiesta di asilo, che oggi viene presentata ed esaminata sempre più spesso con una procedura accelerata in frontera. Per i migranti in situazione irregolare o per quei richiedenti asilo con poche possibilità di ottenere protezione, il rimpatrio volontario assistito può risultare una scelta obbligata, anche in assenza di coercizione fisica. Ill ritorno nel paese di origine può essere considerato come volontario solo quando gli individui hanno opzioni legali alternative.

Nelle proposte di politiche sui rimpatri che saranno discusse dai leader europei nei prossimi mesi, mentre si attende la decisione della Corte di Giutizia UE sulla portata della categoria dei “paesi di origine sicuri”, il tema del rimpatrio volontario assistito sembra destinato a collegarsi alla creazione di nuovi centri “hub” per i rimpatri nei quali l’Unione europea vorrebbe confinare i potenziali richiedenti asilo prima del loro ingresso nell’area Schengen, in modo che a seguito di un diniego per manifesta infondatezza, nell’ambito di procedure accelerate al di fuori delle frontiere europee, questi non abbiano alternative rispetto alla adesione ad un programma di rimpatrio volontario. Con riferimento ai rimpatri volontari assistiti, l’International Law Commission (Ilc) delle Nazioni Unite ha definito disguised expulsion (espulsioni mascherate), i casi in cui queste ultime siano “incentivanti” per un ritorno “presumibilmente volontario”. Nello specifico, l’Ilc evidenzia che “per espulsione mascherata si intende la partenza forzata della persona straniera da uno Stato derivante dalle azioni o omissioni del Stato, o da situazioni in cui lo Stato appoggia o tollera atti commessi dai suoi cittadini al fine di provocare la partenza di individui dal suo territorio”. 

Purtroppo già lo scorso anno l’UNHCR non si è schierato contro questa prospettiva, che significa la definitiva cancellazione del diritto di asilo in Europa, ma ha ammesso ” a certe condizioni” la possibilità di creare questi centri hub per i rimpatri al di fuori dei confini esterni dell’Unione europea. “Gli hub per i rimpatri possono funzionare come un incentivo affinché i richiedenti a cui è stata rifiutata la domanda d’asilo tornino a casa, perché non sono più sul territorio europeo”. Così ha detto Jean-Nicolas Beuze, rappresentante a Bruxelles dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), in una intervista rilasciata ad EUobserver. Ci sarà però, al di là degli ostacoli giuridici, e della strenua difesa del diritto di asilo nei tribunali e davanti alle corti internazionali, la questione dei costi, che a livello europeo, appena le cifre crescono, determina un contenzioso senza fine, anche per la caduta dello spirito di solidarietà europea, travolto dai sovranismi e dagli egoismi nazionali. In questa materia, sulla quale cerca di accrescere il proprio consenso tra le destre europee, la Commisione Von der Leyen potrebbe andare incontro ad una autentica debacle.

Per le associazioni rimane la necessità di una capillare formazione legale sulla portata di queste prassi, anche per contrastare la propaganda di chi punta sulle operazioni di rimpatrio volontario assistito e su accordi con paesi che non rispettano i diritti fondamentali, a partire dal diritto di asilo. Impegno che va supportato da chi continua a promuovere una informazione indipendente, mentre il governo si rivolge all’elettorato, anche attraverso i canali social, “dando i numeri”, ma ignorando le persone, spacciando i “successi” conseguiti nella “gestione dei flussi migratori” con il calo degli arrivi rispetto agli scorsi anni, materia che non dovrebbe essere trattata, non solo nei paesi di transito, ma neppure in Italia, comprimendo i diritti, e le vite, di chi fugge in cerca di protezione.


1. Il recente rapporto di STATEWATCH “Deportations: New role for Frontex as EU pushes for more “voluntary” returns” mette in evidenza il ruolo che l’Agenzia dell’Unione europea per il controllo delle frontiere esterne gioca in Bulgaria, paese che alla fine dello scorso anno ha fatto ingresso nell’area Schengen e nel quale recentemente sono stati denunciati gravi abusi ai danni dei migranti in transito dalla Turchia, con l’arresto a Natale di tre coraggiosi volontari italiani che si erano impegnati nel soccorso di persone in condizioni di grave rischio per la vita.

In una situazione di reiterate violazioni dei diritti umani e di sostanziale cancellazione del diritto di asilo, l’Unione europea, adesso sulla base del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, sta finanziando nuove procedure accelerate di asilo in frontiera e di deportazione verso i paesi di origine, compreso un nuovo progetto di “ritorno volontario assistito”. Il ricorso più esteso ai cd. rimpatri “volontari” è una parte fondamentale del piano per aumentare le deportazioni dall’UE di persone che si trovano in stato di detenzione, alle quali non rimangono margini di libera scelta, in un periodo di durata indeterminata nel quale,vengono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, senza potere fare valere un effettivo diritto di difesa, e senza che le autorità statali perseguano gli agenti di polizia colpevoli degli abusi.

Secondo quanto documenta STATEWATCH, il “Progetto pilota per procedure rapide di asilo e rimpatrio” era stato lanciato in precedenza in Bulgaria e Romania per risolvere con “soluzioni ad hoc” i problemi nei controlli di frontiera che impedivano ai due paesi di finalizzare la loro adesione allo spazio Schengen. Alcune di queste “soluzioni” includevano la continuazione dei respingimenti contro le persone in movimento. Balkan Insight ha rivelato i respingimenti diffusi, se non sistematici, ai confini orientali e sudorientali dell’UE nel febbraio dello scorso anno. Un’altra “soluzione” è stata l’attuazione di “un programma aggiornato di ritorno volontario assistito in Bulgaria, con l’invio di ulteriori consulenti per il rimpatrio di Frontex e assistenza tecnica da parte della Commissione”, come si leggeva in un rapporto della Commissione europea, ottenuto da Statewatch già nel 2023dopo una richiesta di accesso ai documenti.

2. In base all’art.11 del Regolamento UE n° 516/2014, sono ammessi alla procdura di rimpatrio volontario assistito i cittadini di Paesi terzi: che sono presenti in uno Stato membro e non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso e/o soggiorno in uno Stato membro, compresi i cittadini di Paesi terzi il cui allontanamento è stato differito conformemente all’art.9 e all’art.14, paragrafo 1 della direttiva rimpatri 2008/115/CE; che non hanno ancora ricevuto una risposta negativa definitiva alla loro domanda di soggiorno o di soggiorno di lungo periodo e/o di protezione internazionale riconosciuta loro in uno Stato membro; che godono di diritto di soggiorno, di soggiorno di lungo periodo e/o di protezione internazionale o di protezione temporanea in uno Stato membro.

I rimpatri volontari assistiti nel Paese di origine “sulla base di una scelta libera e informata” sono generalmente gestiti dall’OIM, organizzazione facente capo alle Nazioni Unite, e si differenziano dai rimpatri con accompagnamento forzato che vengono (ma sarebbe meglio dire, dovrebbero essere) eseguiti dopo il diniego su una richiesta di asilo, che oggi viene presentata ed esaminata sempre più spesso con una procedura accelerata in frontera. A fronte del fallimento dei rimpatri forzati, si tratta di uno strumento sul quale l’Unione europea punta sempre di più con imponenti programmi di finanziamento, allo scopo di liberarsi di richiedenti asilo che si sono visti respingere la domanda di protezione.

Dopo l’incremento del supporto finanziario europeo ai piani di rimpatrio volontario assistito, la novità è costituita adesso dal crescente ruolo di Frontex nel fornire alle autorità degli Stati membri ospitanti servizi di consulenza sul rimpatrio delle persone soggette a ordini di espulsione o in stato di detenzione amministrativa. Spesso però le persone alle quali si propone il “rimpatrio volontario assistito”, in condizioni di privazione totale della libertà, sono sottoposte a tratamenti abusivi da parte della polizia, senza avere peraltro accesso a consiglieri o consulenti giuridici indipendenti ed a una procedura imparziale per il riconoscimento di uno status di protezione, Si può ritenere dunque che il maggiore impegno di Frontex nelle operazioni di “rimpatrio volontario assistito” possa comportare, come rileva STATEWATCH, attività di consulenza finalizzate a legittimare la detenzione amministrativa in frontiera ed i rimpatri di persone che potrebbero avere diritto al riconoscimento di uno status di protezione, piuttosto che incoraggiare scelte libere e informate.

Per i documenti ufficiali dell’Unione europea, “Un altro obiettivo fondamentale è rappresentato dal sostegno al rimpatrio volontario assistito dai paesi partner e dalla reintegrazione sostenibile nei paesi di origine. A partire dal 2021 l’Unione europea ha stanziato quasi 400 milioni di EUR per favorire i rimpatri volontari e la reintegrazione dei rimpatriati provenienti dai paesi di transito dell’Africa subsahariana. Tra agosto 2022 e gennaio 2024 l’UE ha sostenuto oltre 17 000 migranti con il rimpatrio volontario e con
importanti misure di reintegrazione nell’ambito di questo programma. Nel quadro di un
programma da 68 milioni di EUR per i rimpatri volontari dall’Africa settentrionale, tra il 2020 e il 2023 il numero dei migranti rimpatriati ogni anno è quasi triplicato (superando le
 13 000 persone nel 2023), con un notevole sostegno alla protezione nella fase precedente i rimpatri”. Si tratta comunque di numeri molto bassi, anche in prospettiva, se considerati alla stregua delle richieste di asilo che vengono respinte, a livello europeo, e del numero dei rimpatri forzati che dovrebbero essere eseguiti da tutti gli Stati dell’Unione. Anche perchè la situazione nei paesi di origine è in progressivo, ma sembra irreversibile, deterioramento. Prima la pandemia, poi i conflitti regionali sempre più estesi, caratterizzati dalla partecipazione indiretta delle grandi potenze, al di là delle crisi climatiche, hanno creato condizioni di vita che, soprattutto nel continente africano, non offrono alcuna prospettiva di rimpatrio volontario, sia “assistito” o meno. Ma in paesi come la Siria o il Bangladesh, dove si sono registrate significative svolte politiche, la situazione rimane dominata dall’incertezza, e non è proponibile alcuna seria possibilità di un rimpatrio volontario assistito, come pure alcuni vorrebbero da subito. Per non parlare dei proclami sulla”remigrazione”, su cui l’estrema destra si sta giocando le elezioni in Germania.

Un rapporto, basato su un progetto realizzato dall’OCSE con il sostegno della Società tedesca per la cooperazione internazionale (Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit GmbH – GIZ), commissionato dal Ministero federale per la cooperazione e lo sviluppo economico, analizza la portata e caratteristiche delle diverse categorie di migrazione di ritorno. Il repporto sottolinea come su scala mondiale come le categorie di rimpatrio non siano sempre distinte e comportino diversi gradi di volontarietà tra i beneficiari dei programmi di rimpatrio volontario assistito e di reintegrazione, mettendo bene in evidenza il ruolo delle comunità locali, piuttosto che le spinte esterne come i finanziamenti verso le politiche di ritorno. Si mette bene in evidenza come per i migranti in situazione irregolare o quei richiedenti asilo con poche possibilità di ottenere protezione, il rimpatrio volontario assistito possa risultare una scelta obbligata, anche in assenza di coercizione fisica. Ill ritorno nel paese di origine può essere considerati come volontario solo quando gli individui hanno opzioni legali alternative e possono prendere decisioni sulla base di una libertà effettiva e di una scelta informata. Poiché le persone private di questa libertà di scelta rappresentano un gruppo in espansione di beneficiari delle operazioni di rimpatrio volontario assistito e di reintegrazione, il confine tra ritorno volontario assistito e rimpatrio forzato sfuma. Non esiste dunque una definizione concordata o universale del termine “rimigrazione”, utilizzato per riferirsi a diverse forme dei successivi movimenti migratori. In questo rapporto la definizione di “remigrazione” sembra più corrispondente alla ripartenza dal paese di origine a seguito di un ritorno piuttosto che alla partenza da un paese di destinazioneaccezione che tende invece a diffondersi in Europa per effetto della svolta populista ed identitaria, che arriva ad assumere aspetti di suprematismo analoghi a quelli che stanno prevalendo negli Stati Uniti di America.

Nelle proposte che saranno discusse dai leader europei nei prossimi mesi, mentre si attende la decisione della Corte di Giutizia UE sulla portata della categoria dei “paesi di origine sicuri”, il tema del rimpatrio volontario assistito sembra destinato a collegarsi alla creazione di nuovi centri “hub” per i rimpatri nei quali l’Unione europea vorrebbe confinare i potenziali richiedenti asilo prima del loro ingresso nell’area Schengen, in modo che a seguito di un diniego per manifesta infondatezza, nell’ambito di procedure accelerate al di fuori delle frontiere europee, questi non abbiano alternative rispetto alla adesione ad un programma di rimpatrio volontario.

Purtroppo già lo scorso anno l’UNHCR non si è schierato contro questa prospettiva, che significa la definitiva cancellazione del diritto di asilo in Europa, ma ha ammesso ” a certe condizioni” la possibilità di creare questi centri hub per i rimpatri al di fuori dei confini esterni dell’Unione europea. “Gli hub per i rimpatri possono funzionare come un incentivo affinché i richiedenti a cui è stata rifiutata la domanda d’asilo tornino a casa, perché non sono più sul territorio europeo”. Così ha detto Jean-Nicolas Beuze, rappresentante a Bruxelles dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), in una intervista rilasciata ad EUobserver. Ci sarà però, al di là degli ostacoli giuridici, e della strenua difesa del diritto di asilo nei tribunali e davanti alle corti internazionali, la questione dei costi, che a livello europeo, appena le cifre crescono, determina un contenzioso senza fine, anche per la caduta dello spirito di solidarietà europea, travolto dai sovranismi e dagli egoismi nazionali. In questa materia, sulla quale cerca di accrescere il proprio consenso tra le destre europee, la Commisione Von der Leyen potrebbe andare incontro ad una autentica debacle.

3. I rimpatri volontari assistiti rimangono non solo sulla carta, al centro dei programmi di contenimento delle migrazioni che l’Unione europea cogestisce con l’Italia, la Libia e la Tunisia. In Libia secondo quanto comunicato ufficialmente dalle Nazioni Unite, fino al 2024, “L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) ha aiutato 80.000 migranti a tornare a casa volontariamente e in sicurezza dal 2015 nell’ambito del suo programma di Ritorno Umanitario Volontario (VHR), che ha rappresentato un’ancora di salvezza fondamentale per i migranti bloccati provenienti da 49 paesi diversi in Africa e Asia, offrendo loro un modo sicuro e dignitoso per tornare a casa e ricostruire la propria vita”. L’Italia ha contribuito a questi programmi di rimpatrio volontario assistito, così ad esempio, si ha notizia che il governo del Benin, in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM),ha facilitato il ritorno volontario di settantaquattro (74) migranti, tra cui 29 uomini, 16 donne e 29 bambini, dalla Libia tramite volo charter giovedì 27 giugno 2024. Questa operazione rientrava in un’iniziativa finanziata dalla cooperazione italiana. Ma la materia ormai, quando non si traduce in propaganda, è soggetta ad una forte censura.

Il Piano Mattei per l’Africa, ed i più recenti contatti tra il governo italiano e le autorità che si dividono la Libia, mettono in rilievo le attività di rimpatrio volontario assistito, come uno strumento che dovrebbe fare diminuire ulteriormente il numero di persone che cercano di attraversare il Mediterraneo. Il Viminale annuncia come un successo il calo degli arrivi dalla Libia e dalla Tunisia. Ormai il fine giustifica i mezzi, e nessuno dei sostenitori del governo si preoccupa per la morte di chi viene abandonato nel deserto alle milizie, o rischia la vita per effetto degli interventi di contrasto in acque internazionali dei guardiacoste libici, che dopo l’allontanamento delle ONG, hanno ormai campo libero. Se continua questa deriva populista, tra poco, le somme spese dall’Unione Europea per i rimpatri volontari assistiti sembreranno eccessive. Anche se rappresentano ancora una piccola posta rispetto a quanto versato ai governi dei paesi di transito che collaborano attivamente nelle politiche di blocco delle partenze e di deportazione immediata con trasferimenti forzati verso i paesi di origine. Dalle cronache libiche si ricava periodicamente come il termine deportazione definisca le procedure di rimpatrio volontario assistito, soprattutto verso il Niger, in questo caso anche di cittadini di paesi terzi, e verso la Nigeria.

Sono però note le condizioni di estremo abuso alle quali sono esposti tutti i migranti in transito in Libia, in particolare quando vengono arrestati e detenuti nei centri governativi e nei campi di detenzione informali gestiti dalle milizie. Al di là dei profili di responsabilità contabile, si presenta anche in Libia la possibilità, se non la certezza, che questi rimpatri volontari assistiti di volontario abbiano ben poco, e siano solo un tassello per riuscire ad esternalizzare i controlli di frontiera in modo da ridurre l’arrivo di richiedenti asilo in Europa. Nel caso della Libia non si hanno ancora evidenze di un coinvolgimento diretto di Frontex nelle operazioni di rimpatrio assistito, gestite sul terreno dall’OIM, mentre ormai è ampiamente documentato il ruolo dell’agenzia europea nel tracciamento e nella intercettazione in acque internazionali di persone in fuga dalla Libia e riportate a terra dalla sedicente Guardia costiera libica. Intanto i dati raccolti da Frontex sulla riduzione degli arrivi in Italia alimentano la propaganda del governo Meloni, senza alcuna considerazione per i costi umani che comportano, per le condizioni disumane alle quali rimangono esposte le persone migranti intrappolate in Libia oltre che per l’abbattimento del diritto ad una equa procedura di asilo in un pawsw sicuro..

4. Nel caso del Protocollo Unione europea-Tunisia firmato nel 2023 con la sponsorizzazione del duo Meloni-Von der Leyen, il supporto italiano alle operazioni di rimpatrio volontario assistito è ancora più evidente. L’ASGI ha pubblicato un rapporto aggiornato al 2024, nel quale nell’ambito della strategia di esternalizzazione attuata dall’Italia e dall’UE nei paesi nordafricani. si documenta l’incremento del supporto italiano alle operazioni di rimpatrio volontario assistito dalla Tunisia verso i paesi di orine. Come si riferisce nel Rapporto, il “ Relatore speciale per i migranti delle Nazioni unite è stato estremamente chiaro nel riconoscere che i rimpatri volontari assistiti sono “una componente centrale delle politiche di gestione della migrazione” ma che “In generale, le condizioni in cui i migranti richiedono un rimpatrio volontario assistito non consentono di qualificare il rimpatrio come volontario, in quanto non soddisfano i requisiti di una decisione pienamente informata, priva di coercizione e sostenuta dalla disponibilità di sufficienti alternative valide” e che ” gli Stati e le altre parti interessate che effettuano rimpatri nell’ambito di un programma di rimpatrio volontario assistito verso Stati non sicuri e in cui i migranti possono subire violazioni dei loro diritti umani fondamentali, possono violare il principio di non respingimento”.

5. Secondo il ministero dell’interno, “nel 2024 sono stati 21.807 i rimpatri volontari assistiti di migranti da Libia e Tunisia, effettuati in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – OIM. In aumento dell’82% rispetto a quelli registrati nel corso dell’anno precedente anche grazie al contributo fornito dall’Italia per contrastare l’immigrazione irregolare e i trafficanti che la favoriscono”. Una parte consistente del calo degli arrivi in Italia sarebbe dunque dovuto all’aumento di questo tipo di rimpatri “volontari”, che rientrano ormai nella propaganda del governo sui successi conseguiti nelle politiche di contrasto delle migrazioni, anche quando si risolvono nell’abbattimento di tutte le possibilità di accesso effettivo al diritto di asilo.

Dall’Italia si praticano da anni operazioni di Rimpatrio volontario assistito (RVA). Nel nostro paese il ruolo centrale è stato svolto dell’OIM. Dal 2 gennaio 2024 Il progetto RI.VOL.ARE IN RE.TE tende a garantire e promuovere l’accesso al Ritorno Volontario Assistito e Reintegrazione – RVA&R – di cittadini di Paesi Terzi presenti in Italia, regolari e irregolari, inclusi i vulnerabili, “che decidono di tornare a casa volontariamente”.  Finora i numeri sono stati molto bassi, anche per la scarsa collaborazione dei paesi di origine, determinanti per fornire i documenti di viaggio che consentono il rimpatrio dei loro cittadini giunti in Europa. Dal 2016 ad oggi, infatti, secondo quanto comunicato dalla prefettura di Vicenza, “è stato raggiunto il positivo risultato di 3.380 rimpatri volontari, finanziati prevalentemente con risorse dell’Unione Europea”.  Secondo i dati contenuti in una relazione della Corte dei Conti del 2022, i risultati dei progetti attuati sono però «inferiori agli obiettivi fissati» rispetto ai target del Programma nazionale del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020.
Più in dettaglio, nel periodo 2018-2021 i rimpatri volontari assistiti con reintegrazione sono stati solo 2.183. Dopo i 1.185 del primo anno, secondo dati corrispondenti a quelli dell’OIM, sono scesi a 384, poi a 268 e infine (ma il dato del 2021 non è ancora consolidato) sono risaliti a 346. Si tratta dell’11,06% del totale dei rimpatri forzati e dell’1,60% dei migranti sbarcati in Italia nel quadriennio preso in esame. Sono dati sicuramente influenzati dalla pandemia, ma negli ultimi anni la consistenza numerica dei rimpatri volontari assistiti non sembra significativamente aumentata. Ed appare una quantità irrisoria rispetto alla massa di immigrati che, in centinaia di migliaia di persone, viene consegnata annualmente ad una condizione definitiva di irregolarità per la mancanza di canali legali di ingresso e per le politiche sempre più restrittive in materia di permessi di soggiorno e di procedure di asilo.

Con riferimento ai rimpatri volontari assistiti, l’International Law Commission (Ilc) delle Nazioni Unite ha definito disguised expulsion (espulsioni mascherate), i casi in cui queste ultime siano “incentivanti” per un ritorno “presumibilmente volontario”. Nello specifico, l’Ilc evidenzia che “per espulsione mascherata si intende la partenza forzata della persona straniera da uno Stato derivante dalle azioni o omissioni del Stato, o da situazioni in cui lo Stato appoggia o tollera atti commessi dai suoi cittadini al fine di provocare la partenza di individui dal suo territorio”. 

6. La questione dei rimpatri volontari assistiti si lega alla designazione dei paesi di origine dei richiedenti asilo come sicuri, in quanto la possibilità di un rimpatrio “volontario” viene prospettata spesso nelle procedure accelerate in frontiera, dopo l’esito negativo della prima decisione della Commissione territoriale che, magari per manifesta infondatezza della domanda, rigetta l’istanza di protezione. I paesi verso i quali si dovrebbero eserguire questi rimpatri sono quasi tutti contenuti nella lista di paesi di origine scuri, inserita prima nel decreto interministeriale 7 maggio 2024 ed adesso nella legge m.187/2024. Si tratterebbe “in via prioritaria”di operare rimpatri “volontari” di persone appartenenti alle seguenti nazionalità: Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Egitto, Tunisia, Marocco e Costa d’Avorio. Nei prossimi tre anni, fino al 2027, dovrebbero essere 2500 i cittadini stranieri destinatari del prognamma di Rimpatrio Volontario Assistito e Reintegrazione (RVA&R) finanziato nel quadro della programmazione del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI) 2021-2027.

In Italia non possono rientrare nei programmi di rimpatrio volontario assistito cittadini di paesi terzi destinatari di un provvedimento di espulsione nel quale non è previsto un termine per la partenza volontaria e/o che non hanno ottemperato all’invito di lasciare il territorio entro i termini previsti. Ma possono rientrarvi tutti i richiedenti asilo “denegati” per i quali è stata accordata la sospensiva del diniego ed hanno fatto ricorso con un procedimento ancora pendente. Numero che in queste ultime settimane sembra destinato ad aumentare notevolmente, per effetto delle decisioni dei giudici sulle procedure accelerate in frontiera, sospese o disapplicate, e sulla designazione dei paesi di origine come sicuri. materia che dovrà essere oggetto nei prossimi mesi di una serie di decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea. Si deve anche rilevare come negli ultimi mesi del 2024 si siano irrigiditi i regolamenti interni del sistema di accoglienza, determinando la fuoriuscita di molti richiedenti asilo, con il peggioramento delle loro condizioni di vita, che potrebbero costituire, con l’incertezza delle procedure legali, ulteriori incentivi per una scelta “necessitata” del rimpatrio volontario assistito.

7. Il temporaneo fallimento del Protocollo Italia-Albania e le difficoltà registrate nella implementazione delle prodecure accelerate in frontera, accrescono il rischio che attraverso i programmi di rimpatrio volontario assistito si possano concretizzare violazioni sommerse dei diritti fondamentali delle persone migranti, con la rinuncia alla procedura di asilo, ed il ritorno in paesi nei quali non vi sarebbero garanzie effettive dei loro diritti fondamentali, dunque con una violazione sostanziale del diritto di asilo e del principio di non respingimento, particolarmente evidente qualora la procedura del “rimpatrio volontario assistito” venga proposta, se non “imposta”, a richiedenti asilo trattenuti nei centri di detenzione in Albania.

Il rimpatrio volontario assistito può tradursi in una opportunità se è frutto di una libera scelta di persone che intendono rinunciare al loro progetto migratorio. Ma non può diventare una scelta imposta da un contesto di gravi violazioni di diritti fondamentali, uno strumento “surrogato” di procedure di rimpatrio forzato che non si riescono ad eseguire nei numeri che si spacciano come obettivi governativi. Nel nostro paese questa prospettiva rimane ancora oggetto di propaganda, piuttosto che corrispondere, sulla base di dati parzali, a un effettivo aumento delle persone straniere che scelgono di ritornare volontariamente nei paesi di origine.

Secondo alcune fonti di informazioni europee, In Italia, così come in Germania e in Romania, tutti i rimpatri segnalati nel periodo estivo del 2024 sono stati classificati come rimpatri forzati. Mentre all’opposto, in Lettonia, Lituania e Danimarca oltre il 90 per cento dei rimpatri è stato registrato come volontario. Si deve osservare quindi come a livello europeo i rimpatri volontari assistiti potrebbero celare rimpatri forzati ben poco “volontari”. Anche se ancora non avviene in territorio italiano in modo tanto evidente, le procedure accelerate in frontiera deterriorializzate in Albania potrebbero essere un terreno di sperimentazione di queste prassi amministrative che spingono a scelte (non)volontarie.

Gli enti collegati alle Nazioni Unite, l’OIM ma anche l’UNHCR, per quanto riguarda la tutela dei richiedenti asilo e dei soggetti vulnerabili, conoscono meglio di chiunque altro la situazione reale ed attuale nei paesi di origine. Tocca a loro impedire che le autorità statali, magari con il concorso di Frontex, utilizzino le procedure di rimpatrio volontario assistito mettendo a rischio i diritti fondamentali delle persone rimpatriate, una volta che si esauriscano le misure di assistenza previste in loro favore. Basti pensare al caso della Nigeria, che fino a pochi mesi fa era ritenuta un paese di origine sicuro. Purtroppo non mancano testimonianze negative di persone che si sono amaramente pentite di avere partecipato a programmi di rimpatrio volontario. Se guardiamo a venti ann fa, la situazionie in molti paesi di origine ancora oggi ritenuti “sicuri”, verso i quali si possono realizzare programmi di rimpatrio volontario assistito è soltanto peggiorata. Corruzione, crisi climatica, insicurezza diffusa, scontri etnici, conflitti religiosi, non danno pace a chi cerca di reinsediarsi su un territorio dal quale è stato costretto a fuggire, che non ha certo lasciato per sua lbera scelta. Non si tratta dunque di sottoporre soltanto ad un rigoroso controllo contabile i progetti di rimpatrio volontario assistito, come è stato assicurato fino al 2022 dalla Corte dei conti con una analitica relazione, ma occorre considerare anche la sostenibilità di questi progetti dal punto di vista delle prospettive reali di vita delle persone coinvolte.

Per le associazioni rimane la necessità di una capillare formazione legale sulla portata di queste prassi, anche per contrastare la propaganda di chi punta sulle operazioni di rimpatrio volontario assistito e su accordi con paesi che non rispettano i diritti fondamentali, a partire dal diritto di asilo. Impegno che va supportato da chi continua a promuovere una informazione indipendente, mentre il governo si rivolge all’elettorato, anche attraverso i canali social, “dando i numeri”, ma ignorando le persone, spacciando i “successi” conseguiti nella “gestione dei flussi migratori” con il calo degli arrivi rispetto agli scorsi anni, materia che non dovrebbe essere trattata, non solo nei paesi di transito, ma neppure in Italia, comprimendo i diritti, e le vite, di chi fugge in cerca di protezione.


INFOMIGRANTS

2 gennaio 2025

Sweden hints at introduction of EU migrant ‘return hubs’ in near future

Swedish Prime Minister Ulf Kristersson announced that the EU might be ready to pitch a proposal on the creation of so-called ‘return hubs’ for irregular migrants outside the bloc within two months.

“Prime Minister Kristersson said the suggested timeline for launching the project could be as early as March 2025”. 


ANSA

15 gennaio 2025

La proposta della Commissione europea sui rimpatri in arrivo l’11 marzo

In tempo per presentare il “nuovo approccio comune” al Vertice


LA PRESSE

MERCOLEDÌ 15 GENNAIO 2025 13.18.17

Migranti: proposta Commissione Ue sui rimpatri attesa l’11 marzo

Migranti: proposta Commissione Ue sui rimpatri attesa l’11 marzo Bruxelles, 15 gen. (LaPresse) – La proposta di revisione delle norme Ue sui rimpatri dovrebbe essere presentata dalla Commissione europea il prossimo 11 marzo. E’ quanto risulta dall’agenda provvisoria del Collegio dei commissari pubblicata oggi, che verrà confermata dai capi di gabinetto della Commissione a ridosso della data. La presidente Ursula von der Leyen aveva annunciato di voler presentare il testo delle nuove norme prima del Consiglio europeo in programma il 20 e 21 marzo. L’obiettivo è avviare un approccio coordinato e unificato fornendo maggiori strumenti agli Stati per una politica più efficace per i rimpatri.151317 GEN 25


POLICY MAKER

18 dicembre 2024

Migranti, rimpatri e Paesi sicuri: nuova Direttiva in arrivo dall’Ue

di Grazia Letizia

Sullo sfondo, il rientro volontario dei rifugiati siriani rappresenta un altro punto chiave del vertice, evidenziando l’importanza della stabilità in Siria dopo la caduta di Assad”.


NOVA NEWS

ESCLUSIVA – Il ministro degli Esteri della Tunisia: “Migrazioni e investimenti al centro della visita a Roma”

“Sarà un’opportunità per rafforzare ulteriormente il partenariato strategico bilaterale e sottolineare la volontà di lavorare insieme per sviluppare ulteriormente questo partenariato a tutti i livelli”

 

“Il numero dei rimpatri assistiti di cittadini tunisini irregolari è rimasto relativamente stabile, con 1.890 rimpatri nel periodo corrente rispetto ai 2.166 dello stesso periodo del 2023. La Tunisia sta richiedendo ulteriore assistenza per i rimpatri volontari, data la consistente presenza di migranti nel Paese, in particolare nella regione costiera di Sfax. Tra il 2017 e il 2024, la Farnesina ha investito, attraverso i suoi due Fondi — il Fondo migrazioni e il Fondo di premialità per le politiche di rimpatrio —, circa 85 milioni di euro per sostenere iniziative gestite dalle principali agenzie delle Nazioni Unite in Tunisia.”…


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