Dal 7 ottobre 2023,
l’assalto israeliano a Gaza ha ucciso oltre 45.500 palestinesi e ne ha feriti
oltre 108.000. Inoltre, le autorità di Gaza continuano ad accusare Israele di
bloccare deliberatamente le consegne di aiuti. Le organizzazioni per i diritti
umani condannano Israele per aver attaccato infrastrutture palestinesi vitali,
tra cui l’approvvigionamento idrico e il sistema medico di Gaza. Tutto questo
ha portato il più importante esperto mondiale di genocidi a dichiarare che
Israele sta portando avanti una combinazione di “azioni genocide, pulizia
etnica e annessione della Striscia di Gaza”.
Omer Bartov,
professore israelo-americano di Studi sull’Olocausto e sui Genocidi alla Brown
University, spiega perché ritiene che Israele stia attualmente commettendo un
genocidio a Gaza. “C’è stato infatti un tentativo sistematico di rendere Gaza
inabitabile e di distruggere tutte le istituzioni che permettono a un gruppo di
mantenersi, non solo fisicamente ma anche culturalmente”, afferma Bartov, che avverte
che l’impunità di Israele metterebbe in pericolo l’intero edificio del diritto
internazionale. “Si tratta di un totale fallimento morale ed etico da parte dei
Paesi che pretendono di essere i principali protettori dei diritti civili,
della democrazia e dei diritti umani nel mondo”.
Trascrizione della
trasmissione del 30 dicembre 2024
(Omer Bartov è uno storico esperto di genocidio ebraico e dell’esercito tedesco
durante la Seconda guerra mondiale, e professore alla Brown University negli
Stati Uniti. È un attento osservatore della situazione in Israele – dove è nato
e ha studiato – e nei territori palestinesi occupati.)
Questa è una
trascrizione veloce. Il testo potrebbe non essere nella sua forma definitiva.
NERMEEN SHAIKH: Questo è Democracy
Now, democracynow.org, The War and Peace Report. Mi chiamo Nermeen Shaikh.
Mentre l’anno 2024 volge al termine, nuove informazioni del Ministero della
Sanità di Gaza confermano che più di 108.000 palestinesi sono stati feriti
dagli attacchi israeliani dal 7 ottobre 2023 e che più di 45.500 sono stati
uccisi – anche se si pensa che il bilancio reale sia molto più alto. Nel
frattempo, le autorità di Gaza continuano ad accusare Israele di bloccare
deliberatamente le consegne di aiuti e l’UNRWA ha avvertito di una “carestia
imminente” a Gaza, dove i residenti devono affrontare una grave insicurezza
alimentare.
Migliaia di israeliani
hanno manifestato sabato contro il governo del Primo Ministro Benjamin
Netanyahu, chiedendo la fine della guerra a Gaza e un cessate il fuoco che
riporti indietro gli ostaggi ancora trattenuti da Hamas.
Il nostro prossimo
ospite sostiene che Israele sta portando avanti una combinazione di “azioni
genocide, pulizia etnica e annessione della Striscia di Gaza”. Omer Bartov è
professore di Studi sull’Olocausto e sui Genocidi alla Brown University. È un
accademico israelo-americano che è stato riconosciuto dal Museo della Memoria
dell’Olocausto degli Stati Uniti come uno dei maggiori studiosi al mondo sul
tema del genocidio. Recentemente ha visitato Israele ed è tornato all’inizio di
questo mese.
Professor Bartov,
benvenuto a Democracy Now! Può iniziare spiegando perché ritiene che a Gaza sia
in atto un genocidio?
OMER BARTOV: Sì, grazie per
avermi invitato a tornare. Vorrei iniziare dicendo che ho ascoltato
l’intervista del dottor Abu-Sittah e vorrei solo esprimere la mia gratitudine
per tutto il lavoro che sta facendo e per tutto ciò che ha detto nella parte
precedente.
Come forse saprete,
nel novembre del 2023 ho pubblicato un articolo sul New York Times in cui
scrivevo che ritenevo che l’IDF stesse commettendo quelli che sembravano essere
crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ma che non ero ancora convinto
che avessimo abbastanza prove che si trattasse di genocidio. La mia opinione è
cambiata nel maggio 2024 con la decisione dell’IDF, nonostante l’opposizione
degli Stati Uniti, di invadere Rafah, l’ultima area della Striscia di Gaza che
non era stata conquistata. Lì c’erano circa un milione di palestinesi che erano
già stati sfollati diverse volte, e l’IDF li ha trasferiti ancora una volta
nella zona della spiaggia, l’area di Mawasi, senza alcuna infrastruttura
adeguata, in tendopoli lungo la spiaggia, e poi ha proceduto a demolire gran
parte di Rafah.
È stato a questo punto
che ho iniziato a esaminare l’intera operazione, a partire dalle dichiarazioni
fatte all’inizio, il 7, 8 e 9 ottobre, dai leader israeliani, i leader politici
e militari con autorità esecutiva, che dicevano di voler radere al suolo Gaza,
di distruggerla, che tutti erano coinvolti, e così via. A quel punto è
diventato chiaro che c’era in realtà un tentativo sistematico di rendere Gaza
inabitabile, oltre che di distruggere tutte le istituzioni che permettono a un
gruppo di mantenere, non solo fisicamente ma anche culturalmente, la sua
identità, la sua memoria collettiva, il che comportava la distruzione
sistematica di università, scuole, moschee, musei e, naturalmente, abitazioni e
infrastrutture. Quindi si è assistito a quello che si potrebbe definire un
urbicidio, un tentativo di distruggere i centri urbani, di distruggerli
fisicamente; uno scolasticidio – cioè l’assassinio di membri di istituzioni
educative, scuole, professori universitari e così via – in modo che la
popolazione, essendo stata sfollata molte volte e, come avete sentito prima,
molti di loro sono stati uccisi, feriti e indeboliti, non sarebbe mai stata in
grado di ricostituirsi come gruppo in quella regione. Questa è l’idea generale.
All’inizio di ottobre
di quest’anno – un anno dopo l’inizio della guerra – l’IDF ha lanciato
un’operazione nella parte settentrionale di Gaza, a nord di quello che è
conosciuto come il corridoio di Netzarim, che non è più un vero e proprio
corridoio – è una sorta di scatola larga circa otto chilometri e lunga otto
chilometri – per svuotare l’area a nord di questo corridoio dalla sua
popolazione. È un piano che un generale israeliano in pensione, Giora Eiland,
ha pubblicizzato per mesi alla televisione israeliana. L’idea è quella di
costringere l’intera popolazione ad andarsene attraverso l’azione militare e la
fame, privandola di cibo e acqua. E gran parte della popolazione è stata
effettivamente espulsa. L’ultimo attacco all’ospedale che lei ha citato prima è
un’ulteriore fase del tentativo di svuotare l’intera regione della sua
popolazione.
Nei media israeliani,
l’ex Capo di Stato Maggiore e Ministro della Difesa israeliano, anch’egli un
delinquente politico, ha descritto l’operazione come una pulizia etnica. Ma
pulizia etnica significa spostare le persone da un luogo in cui non le si vuole
– un particolare gruppo etnico – in un altro luogo dove possano almeno essere
al sicuro da questi attacchi. Ma, ovviamente, a Gaza, quando si spostano le
persone da un luogo all’altro, nelle cosiddette aree sicure, non sono al sicuro
e sono sempre più e costantemente sotto attacco. Ecco perché questa cosiddetta
pulizia etnica è in realtà parte di un’operazione di genocidio.
Per quanto riguarda
l’annessione, quello che sentiamo spesso nei media israeliani è che mentre il
terzo settentrionale di Gaza viene raso al suolo e svuotato della sua
popolazione, gruppi di coloni aspettano dietro le quinte, proprio dall’altra
parte della barriera, per trasferirsi e iniziare a colonizzare quest’area, con
l’obiettivo di occuparla completamente. E non vedo – se lo faranno, una volta
che l’esercito li avrà fatti entrare – non vedo alcun meccanismo in Israele o,
in effetti, a livello internazionale, che permetta loro di essere sloggiati da
lì. Quindi questo sarebbe l’inizio di una strisciante annessione e
colonizzazione di Gaza, che verrebbe svuotata della sua popolazione
palestinese.
NERMEEN SHAIKH: Bene, professor
Bartov, vorrei farle una domanda su coloro che stanno facilitando questo
genocidio, come lei dice. In un articolo apparso sul Guardian la scorsa
settimana, intitolato “Emerge il consenso: Israele commette un genocidio a
Gaza. Dov’è l’azione?”, l’editorialista Nesrine Malik condanna la complicità
dell’Occidente in ciò che sta accadendo a Gaza, scrivendo, e cito: ”Il pericolo
ora è che i palestinesi muoiano due volte, una prima volta nella realtà fisica
e una seconda volta in una realtà morale in cui i potenti minano gli stessi
standard che modellano il mondo come lo conosciamo. Rifiutando persino di
accettare le denominazioni di genocidio e pulizia etnica – per non parlare di
agire di conseguenza – gli alleati di Israele stanno imponendo al mondo un
adeguamento dopo il quale si accetta semplicemente che i diritti non sono
concessi dall’umanità, ma dalle entità che decidono chi è umano”. Questo è
quanto ha scritto Nesrine Malik sul Guardian. Professor Bartov, può rispondere
a questa domanda? In particolare, un genocidio, come dice lei, si sta compiendo
a Gaza. Questo genocidio non sarebbe possibile senza la complicità e il
coinvolgimento diretto delle potenze occidentali, in particolare degli Stati
Uniti. In questo senso, anche gli Stati Uniti sono colpevoli, per associazione,
di aver commesso un genocidio?
OMER BARTOV: Sì, guardi,
comincerò col dire che, innanzitutto, i maggiori responsabili di ciò che
Israele sta facendo in questo momento sono i cittadini israeliani, e che c’è
una profonda complicità da parte della popolazione israeliana, compresi non
solo il governo ma anche i partiti di opposizione in Israele che sostengono
l’operazione nella Striscia di Gaza. Ne possiamo quindi parlare.
L’amministrazione
americana, sotto la guida di Biden, avrebbe potuto porre fine a questa guerra
già nel novembre o dicembre 2023, perché Israele non può condurre operazioni di
tale portata senza l’aiuto costante degli Stati Uniti, in primo luogo
attraverso la grande quantità di munizioni che vengono inviate a Israele
quotidianamente, proiettili per carri armati e artiglieria, razzi intercettori.
Tutto questo è fornito su larga scala dagli Stati Uniti, per un ammontare di
circa 20 miliardi di dollari, pagati dai contribuenti americani. Se nel
dicembre 2023 un’amministrazione americana avesse detto a Netanyahu: “O smetti
di fare tutto, o sei da solo”, lui avrebbe dovuto smettere, perché sarebbe
stato semplicemente impossibile continuare. Ma questo non è stato fatto.
Il risultato è,
ovviamente, in primo luogo, la distruzione massiva di Gaza. In secondo luogo,
significa che l’intero edificio del diritto internazionale messo in piedi
all’indomani della Seconda guerra mondiale e dell’Olocausto per evitare che i
genocidi si ripetano, attraverso il Tribunale di Norimberga, la Convenzione sul
genocidio del 1948, gli Accordi di Ginevra del 1949 e così via, e ora lo
Statuto di Roma più recentemente – tutto questo apparato si è rivelato privo di
significato se un Paese come Israele, sostenuto dai suoi alleati occidentali,
può agire impunemente. Di conseguenza, tutti gli altri Stati canaglia del mondo
possono ora dirsi: “Se Israele può farla franca, perché noi no? In questo
senso, si tratta di un completo fallimento morale ed etico da parte dei Paesi
che pretendono di essere i principali protettori dei diritti civili, della
democrazia e dei diritti umani nel mondo. Oltre alla catastrofe regionale che
si sta verificando, questa situazione ha ramificazioni molto più importanti per
il futuro.
NERMEEN SHAIKH: Professor Bartov, ha
appena detto di essere stato in Israele all’inizio del mese. Ha parlato con un
gran numero di persone. Qual è la loro – qual è la sua sensazione sul modo in
cui Gaza viene percepita? Le azioni di Israele a Gaza sono molto più criticate
oggi di quanto non lo fossero, ad esempio, all’inizio dell’anno, in estate,
quando lei era lì, o l’anno scorso?
OMER BARTOV: Sì, sono stato in
Israele nel giugno 2024. All’epoca, quando parlavo con le persone e accennavo a
ciò che stava accadendo a Gaza – e la maggior parte delle persone con cui
parlavo erano liberali di sinistra – c’era un’enorme riluttanza a parlarne. La
gente era completamente presa dal trauma e dal dolore seguiti all’attacco di
Hamas del 7 ottobre, che ha ucciso circa 900 civili e diverse centinaia di
soldati.
Quando ho visitato
Israele questa volta, all’inizio del mese, ho avuto l’impressione che più
persone fossero consapevoli di ciò che stava accadendo a Gaza – non grazie alla
televisione israeliana, che ancora blocca completamente e deliberatamente ogni
autentico reportage da Gaza. Tutti i servizi sono filtrati dalle informazioni
fornite dall’esercito. Ma ci sono state informazioni sui giornali. Ci sono
state molte informazioni sui social network. Quindi penso che ora più persone
siano consapevoli di ciò che sta accadendo lì.
Ma come stanno
reagendo? La mia impressione è che ci sia un crescente senso di rassegnazione,
disperazione e impotenza in quegli ambienti, che si spera possano costituire la
principale opposizione alle politiche di un governo di estrema destra.
NERMEEN SHAIKH: Professor Bartov, mi
dispiace che il tempo a nostra disposizione sia terminato. Dobbiamo fermarci
qui. Professor Bartov, Omer Bartov, professore di Studi sull’Olocausto e sui
Genocidi alla Brown University. È uno studioso israelo-americano che è stato
riconosciuto dal Museo della Memoria dell’Olocausto degli Stati Uniti come uno
dei maggiori esperti mondiali di genocidi. Torneremo tra un minuto.
Traduzione: Simonetta
Lambertini – invictapalestina.org
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