Dicono: difendiamo i valori dell’Europa e tutti
ad applaudire. Ma quali? Silenzio. Questo appello generico mette in evidenza
nient’altro che un mai sopito eurocentrismo, un malcelato senso di superiorità
spesso sbandierato, senza dubbio alcuno, da quei giornalisti televisivi
glamour, che iniziano un articolo, dicendoci che mentre accompagnavano il cane
a Central Park…
Sacrosanto difendere dei valori, ma prima di
scendere in piazza, decidiamo per quali di essi vale la pena per lottare e per
quali, forse, dovremmo addirittura chiedere scusa. Ha scritto il grande storico inglese
Arnold Toynbee:
«Non è stato l’Occidente a essere colpito dal Mondo, è il mondo che è stato
colpito – e duramente colpito – dall’Occidente».
La tratta degli schiavi fu condivisa da molti
Paesi europei, così come il colonialismo e le violenze a esso connesse. Il razzismo istituzionalizzato e non fa anche
parte della nostra storia, come i gulag sovietici, come il massacro di
Srebreniça, il terrorismo basco, irlandese, italiano. In uno struggente
passaggio de Gli aquiloni, Romain Gary scrive: «Si dice che la cosa
più tremenda del nazismo sia il suo lato disumano. Sì. Ma ci si deve arrendere
all’evidenza: questo lato disumano fa parte dell’umano. Fintantoché non si
riconoscerà che la disumanità è cosa umana, si resterà in una pietosa
bugia». Non solo il nazismo è stato
disumano, è stato anche un valore espresso dall’Europa, come il fascismo.
Che dire poi di un’Europa come quella attuale,
che studia ed elabora sempre nuovi metodi per respingere persone che sfuggono a
vite dolorose e spezzate, spesso anche a causa dello sfruttamento di imprese
europee, dimenticandosi il valore della solidarietà umana? Questo sì un
valore che si dovrebbe difendere. E che dire di un’Europa rimasta assolutamente indifferente di fronte al massacro di
Gaza?
La democrazia, certo, è un valore da difendere,
ma attenzione, perché considerarlo solo ed esclusivamente una nostra creazione? Ne La
democrazia degli altri il premio Nobel Amartya Sen ci spiega come
presso altre culture, esistevano ed esistono forme di gestione, basate su
principi diversi da quello elettivo, che possono però essere definite a tutti
gli effetti “democratiche”, se non si riduce il concetto di democrazia alla
semplice pratica del voto. Sen riporta esempi riguardanti l’India del III
secolo a.C., sotto l’imperatore Ashoka, il Giappone del VII secolo e la Cina
antica, dove la discussione pubblica era frequente e la partecipazione aperta a
tutti i cittadini. La democrazia, secondo Sen, è innanzitutto discussione
pubblica. In molti villaggi africani, le assemblee collettive vedono la
partecipazione di tutti gli uomini e anche nelle situazioni più moderne, in cui
le comunità si trovano a votare i loro rappresentanti in parlamento, spesso le
decisioni vengono prese in modo collettivo, a dispetto della segretezza del
voto, importata dal modello occidentale.
«La storia del mondo va da Oriente a Occidente – ha scritto Hegel -,
L’Europa è assolutamente la fine della storia del mondo, così come l’Asia ne è
il principio». Ogni angolo di mondo, in realtà, ha espresso valori
condivisibili da tutti e altri che trovano un senso solo nella dimensione
culturale che li esprime. «Il nostro giocare in piccolo non serve al mondo» ha
detto Nelson Mandela, uno che ha saputo superare i ristretti confini del
nazionalismo, dell’etnicità, dell’identitarismo.
Scendiamo in piazza per difendere i valori di un’umanità condivisa, anche
dell’Europa, ma non solo dell’Europa.
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