in Sardegna ci provano, con una proposta di legge di iniziativa popolare
Testo di legge proposto alla
sottoscrizione popolare
Legge statutaria ai sensi dell’art. 15
dello Statuto
Relazione di accompagnamento
La Regione Autonoma della Sardegna non
ha ancora esercitato, se non parzialmente, la competenza prevista dall’art. 15 dello
Statuto speciale, a mente del quale «In armonia con la Costituzione e i
principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con l’osservanza di
quanto disposto dal presente Titolo, la legge regionale, approvata dal
Consiglio regionale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, determina
la forma di governo della Regione e, specificatamente, le modalità di elezione,
sulla base dei principi di rappresentatività e di stabilità, del Consiglio
regionale, del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta
regionale, i rapporti tra gli organi della Regione, la presentazione e
l’approvazione della mozione motivata di sfiducia nei confronti del Presidente
della Regione, i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con le predette
cariche, nonché l’esercizio del diritto di iniziativa legislativa del popolo
sardo e la disciplina del referendum regionale abrogativo, propositivo e
consultivo». Ha infatti trovato finora applicazione la disciplina prevista
dalla legge costituzionale n. 2 del 2001, che lo stesso legislatore
parlamentare considerava transitoria, in attesa di una legge statutaria
regionale che contenesse una scelta esplicita della forma di governo della
Regione.
I proponenti ritengono che sia giunto il
momento di formulare un giudizio sugli effetti legati alla vigenza, ormai
ultradecennale, del sistema presidenziale (introdotto in via transitoria dal
legislatore nazionale). Il bilancio è negativo. L’elezione diretta del
Presidente ha deluso le attese: non ha contributo a rafforzare il grado di
democraticità della forma di governo né ha contribuito ad avvicinare i Sardi
alle loro istituzioni di governo. Al contrario, ha marginalizzato la funzione
rappresentativa dell’assemblea elettiva e delle forze politiche organizzate,
alimentando la disaffezione elettorale dei cittadini.
Inoltre, la necessità di assicurare la
«consonanza politica» (per usare le parole della Corte costituzionale) tra
Presidente e Consiglio – in assenza della quale sarebbe gravemente compromessa
l’unitarietà dell’indirizzo politico e la complessiva capacità di governo e
tenuta del sistema – ha imposto un sistema elettorale imperniato sulla
previsione di un premio di maggioranza, che, per il modo in cui è disciplinato,
distorce la rappresentatività democratica dell’assemblea elettiva ben più di
quanto sia accaduto con riguardo alle tipologie di premio (con o senza soglia)
che erano previste dalle discipline elettorali nazionali. È risaputo, infatti,
che nell’ordinamento regionale sardo l’attribuzione del premio di maggioranza
dipende dal risultato dell’elezione presidenziale, sicché è assegnato non già
alla lista (o coalizione di liste) che ha conseguito il maggiore numero di
consensi, ma alla lista (o coalizione di liste)collegata al Presidente eletto,
quale che sia il consenso registrato da tale lista (o coalizione di liste).Per
effetto di questo congegno può accadere che l’elezione presidenziale determini
la composizione consiliare, rovesciando così il rapporto che naturalmente
dovrebbe intercorrere tra la funzione rappresentativa del Presidente e quella
dell’assemblea elettiva (che, a rigore, dovrebbe essere il principale organo di
rappresentanza politica dei Sardi).
Va rimarcato, infine, che tale sistema
elettorale, così gravemente viziato sotto il profilo della sua democraticità, è
strutturalmente e inscindibilmente connesso alla tipologia di modello
presidenziale prevista dalla legge costituzionale n. 2 del 2001: la rimozione
del premio di maggioranza, infatti, farebbe venir meno una garanzia minima di
«consonanza politica» tra Consiglio e Presidente elettivo e, di conseguenza,
renderebbe la forma di governo presidenziale altamente disfunzionale e
conflittuale.
Per tutte queste ragioni i proponenti
ritengono che, in sede di modifica della legge elettorale regionale, si debba
anzitutto sciogliere il nodo problematico relativo alla definizione della forma
di governo: tale questione ha, evidentemente, carattere preliminare rispetto a
ogni altra questione connessa alla materia elettorale.
La seguente proposta di legge, nell’esercizio
della competenza ex art. 15 dello Statuto speciale, prevede l’abbandono del
modello presidenziale e, sulla scia di numerose esperienze costituzionali di
democrazia costituzionale, l’adozione di una forma di governo parlamentare,
adeguatamente “razionalizzata” da istituti diretti a salvaguardare la
stabilità nei rapporti tra Consiglio, Presidente e Giunta. Si propone, infatti,
l’introduzione della c.d. “sfiducia costruttiva”, che ha finora dato buona
prova di sé negli ordinamenti costituzionali parlamentari della Germania e
della Spagna; e, sempre in accordo con la logica istituzionale sottesa al
suddetto dispositivo di razionalizzazione parlamentare, si prevede una
disciplina relativa alle ipotesi di scioglimento anticipato.
Per ogni altro profilo riguardante gli
organi della Regione (il Consiglio, il Presidente di Regione, la Giunta)
troveranno, ovviamente, applicazione le disposizioni statutarie vigenti.
Testo della proposta di articolato
Art. 1
1. Il Popolo sardo è
rappresentato dal Consiglio regionale, eletto a suffragio universale diretto
con sistema proporzionale.
2. La forma di governo
della Regione Sardegna è parlamentare razionalizzata.
Art. 2
1. Il Consiglio regionale
elegge tra i suoi membri il Presidente della Regione.
2. L’elezione consiliare
del Presidente della Regione ha luogo per scrutinio palese, a maggioranza
assoluta dei membri dell’assemblea nel primo scrutinio e a maggioranza semplice
dalla seconda votazione.
3. Il Presidente della
Regione nomina il Vice-Presidente e gli altri membri della Giunta regionale.
Art. 3
1. La mozione di sfiducia
deve essere firmata da almeno un quinto dei membri del Consiglio regionale e
non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione.
2. Il voto di sfiducia
del Consiglio regionale determina le dimissioni del Presidente della Regione,
se nelle quarantotto ore successive è eletto un successore a maggioranza
assoluta dei membri dell’assemblea.
3. La mancata
approvazione della questione di fiducia posta dal Presidente della Regione
determina le dimissioni del Presidente e lo scioglimento del Consiglio, se
entro venti giorni non è eletto un successore a maggioranza assoluta dei membri
dell’assemblea.
4. Le dimissioni
volontarie del Presidente della Regione determinano lo scioglimento del
Consiglio regionale, se entro venti giorni non è eletto un nuovo Presidente a
maggioranza assoluta dei membri nel primo scrutinio o a maggioranza semplice
nel secondo scrutinio.
5. Nel periodo
intercorrente tra le dimissioni e la nuova elezione del Presidente la Giunta
regionale è presieduta dal Vice-Presidente della Regione.
Nessun commento:
Posta un commento