giovedì 13 marzo 2025

La ‘sedo-analgesia’ con cui ci tengono in ostaggio - Angela Fais

Dalla pandemia al riarmo europeo. Come il sistema neo-liberale riesce ad anestetizzare le masse?


Davanti al piano di riarmo da 800miliardi di euro c’è chi definendolo “solo un primo passo”, rilancia e chiede “l’esercito europeo”. D’altronde “la pace è forza” gli fa eco, pronta, la Von Der Leyen. Così attraverso un teatrino di rilanci compulsivi si arriva nel giro di poche ore alla proposta del Ministero dell’economia di un piano di mobilitazione il cui scopo è coinvolgere l'industria privata, sfruttando le garanzie pubbliche (leggi: soldi dei cittadini dal momento che non ci saranno sovvenzioni dell’ Europa). Già Mussolini: “ Il nostro piano economico è dominato da una premessa: la ineluttabilità della guerra”. Un brutto déjà vu? Proprio così. Tra gli anni ’20 e il ’33 Krupp imposta di sua iniziativa il riarmo della Germania, e insieme a Thyssen (Thyssen & Krupp vi dice qualcosa?) e molti altri industriali decidono di finanziare la prima “milizia totalitaria” e la campagna elettorale dei nazisti. In Italia gli industriali e gli agrari della Valle Padana finanziano i Fasci di combattimento e Mussolini dichiara che lo Stato è incapace di gestire i publici servizi. Così industriali e banchieri ‘sponsorizzano’ la guerra: “20 milioni li dà l’Associazione Bancaria, 15 il gruppo massone di Cesare Goldmann, altri la Confindustria e i signori della carta, della gomma, dell’elettricità”, come racconta Giorgio Bocca in uno dei suoi primi libri. 


Il sospetto che l’Europa sia in mano a un manipolo di psicopatici, guerrafondai senza scrupoli acquista sempre maggiore concretezza. Eppure nè a seguito di questo sospetto né a seguito del dejavu, né di fronte alle ripetute violazioni dello Stato di diritto e agli strappi alla Carta Costituzionale segue mai un’ autentica contestazione. Al massimo si levano singole voci, più o meno autorevoli cui non fa mai seguito una forma di protesta strutturata e condivisa che arriva a infiammare la comunità. Oggi “partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri”, per cui al massimo si condivide un post sui social. Questo il gesto rivoluzionario più estremo: “L’ho postato su X”. Viviamo un’atmosfera ovattata in cui ciò che accade pare non ci riguardi mai da vicino. Neppure quando le restrizioni delle libertà sono state drammaticamente limitanti, come è occorso durante la pandemia. Un’anestesia generalizzata ci tiene in ostaggio. Non una narcosi vera e propria ma quel genere di anestesia che in chirurgia viene denominata ‘sedo-analgesia’, per cui si versa in uno stato soporoso in cui si è coscienti ma non del tutto, in cui non si connettono più i fatti e le loro concause; determinando così la accettazione incondizionata di tutto ciò che accade. Trionfo del torpore e glorificazione dell’ottundimento. A riprova di ciò il forte incremento di analgesici oppioidi e l’allarme degli esperti preoccupati dall’abuso e dal misuso che  determina una vera e propria dipendenza psicologica. Si riscontra infatti una consistente percentuale di consumo anche in assenza di prescrizione medica grazie alla loro semplice reperibilità.


Molto interessante è considerare l’inquietudine che sopravvive alla anestesia e le modalità in cui questa viene lavorata dal sistema, anche presso il cosiddetto “ mondo del dissenso” che la inscrive e la incornicia, neutralizzandola, attraverso tutta una serie di concetti che di fatto altro non fanno che depotenziarla. 
Soggiogati dalla psicologia positiva, sembra si debba rispondere all’imperativo categorico del benessere a tutti i costi. Si pensi ad esempio che gli psichiatri americani che hanno curato il DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) nella sua quinta edizione, hanno inserito il lutto in una precisa categoria diagnostica, qualora persistano ancora “sintomi” dopo 12 mesi. Il ‘disturbo da lutto persistente e prolungato’  è descritto come l’incapacità di superare il dolore per la morte della persona cara, sofferenza accompagnata da pensieri fissi e ricordi della persona morta avuti quasi ogni giorno dal momento della sua morte. Una condizione universale che riguarda tutti gli esseri umani da che mondo è mondo, viene medicalizzata e patologizzata come ostativa al funzionamento sociale del soggetto.


Oggi assistiamo infatti alla psicologizzazione di ogni forma di analisi: tutto viene interpretato come caratteristica del sentire individuale, come ‘crescita personale’. Se il lavoro è fonte di sofferenza non si fa un’analisi politica, al massimo si fa un pò di Mindfulness, si lavora su sé stessi. Mettendo così a punto e affinando di continuo nuove tecniche di adattamento. Ed ecco che qui entra in gioco un concetto cardine: quello di ‘resilienza’. Mutuato dalla fisica dei materiali, il concetto di resilienza implica una reificazione dell’esistenza. Già di per sé questa analogia con materiali inorganici è rivelatrice della reificazione che ‘gli eroici animi dei resilienti’ subiscono. C’è un’ambiguità di fondo nel concetto di resilienza: assorbire lo shock, adattarsi e infine accettare. Accettare le determinazioni politiche.

L’adattamento è un valore neoliberale. Le vite individuali devono adattarsi e così essere normate, normalizzate. Secondo la definizione di un teorico ordo-liberale governare oggi è una “tecnica di influenzamento, di conduzione come sistema dolce di ricompense e punizioni”. Si governa attraverso la libertà: il governato è condotto a far qualcosa, non è costretto. Nella Governamentalità neoliberale manca la dimensione coercitiva del potere; anzi fare in modo che ci sia la libertà è lo strumento per mezzo del quale si impegnano i comportamenti, il mezzo attraverso il quale vengono disciplinati gli individui. Il potere per funzionare nel neoliberismo ha bisogno di creare alcune libertà presso coloro sui quali si esercita, diversamente sarebbe solo violenza. Ecco a quale idea di potere è funzionale il concetto di ‘Resilienza’, che si rivela il grande anestetico prescritto dal sistema neoliberista, che di dispositivo in dispositivo piega la protesta e dalla piazza la porta in consulenza dal coach.


Stabilito che il potere non è una cosa ma si trasferisce come un meccanismo, Foucault  parla di ‘diffusività del potere’ che si snoda in una catena infinita di rapporti, suscitando una serie di dispositivi molto diversi tra loro che rendono maggiormente invasivo il suo esercizio. Per intenderci il Green pass era un dispositivo. 

In quest’ottica sia la psicologia positiva, sia il coaching, ma anche i vari guru e facilitatori che colorano la caleidoscopica galassia della new age, abbracciando gli alberi mentre fanno ‘lievitare le coscienze’, possono essere equiparati a dispositivi neoliberali che disinnescano e spengono ogni fermento di protesta sociale, riconducendo tutto alla dimensione individuale. Si sottrae così la protesta alla socialità, la si porta lontano dalle piazze. Si ortopedizzano protesta e malcontento che vengono declinati unicamente nella dimensione angusta dell’ego. Grazie anche alle “buone pratiche ” che ormai debordano la dimensione psicologico-esistenziale per diventare diktat anche a livello sociale e politico, vedi gli inviti a stili di vita sostenibili generati dal capitalismo woke. 


Si colga l’importante cambio di paradigma per cui “il potere non è più trionfante ma sospettoso e modesto se confrontato ai rituali maestosi della Sovranità”, scriveva Foucault. I dominati non sanno più di esserlo perché “il potere non incatena più le forze ma cerca di piegarle”. Finchè può cerca di piegarle. Sinora il neoliberismo infatti ha agito in una dimensione seduttiva e ha articolato il potere tramite una serie di dispositivi ben congegnati. Però se in una Europa ormai al collasso, le masse portate al culmine dall' esasperazione e dall’ inflazione, da povertà e guerre, torneranno a protestare e a riempire le piazze, allora cosa farà? A giudicare dai fatti in Romania e dalle manifestazioni pro-Palestina represse con estrema violenza dalla polizia in Germania, aspettiamoci l’annientamento brutale e violento tipico di ogni regime totalitario. E’ proprio lì infatti che il neoliberismo mostra il suo volto più autentico, per cui è lecito chiedersi se non sia forse proprio in vista di un duro scopo repressivo che oggi si pensa alla creazione di un esercito europeo.

da qui

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