Genocidio e
doppi standard: una riflessione sulle parole di Liliana Segre - Elena Basile
Il pensiero di Liliana Segre, esternato ripetutamente sulla stampa più letta, appare attualmente in minoranza. Non era così quando, dopo 10.000 morti, mi vidi accusata dall’intero arco costituzionale, nonché dallo spazio mediatico, per aver avuto l’ardire di rivolgermi alla Senatrice per condividere una riflessione sull’esistenza di una medesima mentalità — riassumibile nella disumanizzazione del nemico — che accomuna i nazisti di un tempo agli israeliani di oggi.
Mi rivolsi alla Senatrice in quanto la consideravo l’esponente più
influente della comunità ebraica. L’avevo ammirata per il coraggio e
l’indignazione morale espressi nella denuncia dei crimini nazisti che ella
stessa aveva patito.
Sono stata così ingenua da pensare che la Senatrice avrebbe potuto, insieme
al movimento di protesta contro il genocidio, levare la sua voce e condannare
Israele.
L’intervista che avevo letto su la Repubblica, credo, nella quale la
Senatrice — pilotata forse male dal suo intervistatore — esordiva affermando di
non riuscire a dormire pensando ai bambini israeliani sterminati dall’attacco
terroristico del 7 ottobre, per poi aggiungere, alla fine, che era spiacente
per la morte di tutti i bambini di ogni religione e nazionalità, mi colpì
sgradevolmente. Mi spinse a pubblicare un video sui social media in cui mi
appellavo a Liliana Segre per fare chiarezza.
Non avendo ritrovato l’intervista, aggredita persino da coloro che reputavo
amici, decisi di scusarmi. Lo feci in buona fede, pensando di essere stata
vittima di un’allucinazione.
Naturalmente, le mie scuse furono interpretate malignamente e subii un
linciaggio mediatico: si sostenne che mi ero scusata per paura delle querele
della Segre. Così, del resto, si può leggere su Wikipedia in inglese (non
quello italiano), che mi fa l’onore di uno spazio, elencando i miei incarichi
diplomatici e la mia attività di scrittrice ed editorialista.
Malgrado le due querele, civile e penale, per diffamazione con l’aggravante
della discriminazione razziale, stiano andando avanti, ho continuato, per
dimostrare che non mi lascio intimidire né silenziare, a confutare in diverse
occasioni il pensiero della Senatrice — non, e dico non, perché abbia qualcosa
di personale contro la donna Liliana Segre, e certamente non contro l’ebrea,
che rispetto e ammiro per la sua instancabile opera di testimonianza contro i
crimini nazisti — ma in quanto considero le sue dichiarazioni sul conflitto
israelo-palestinese pericolose e fuorvianti.
Purtroppo, nell’ideologia della Senatrice rintraccio quel pensiero binario,
quei doppi standard che mi avevano colpito fin dall’inizio e che avevo
denunciato, attirandomi le violente critiche di tutto lo spazio
politico-mediatico.
L’opposizione all’uso della parola “genocidio” per indicare quanto sta
avvenendo a Gaza, a mio avviso, è indicativa di una distinzione tra il popolo
ebraico — che merita il riconoscimento di avere patito lo sterminio — e tutti
gli altri popoli. Insomma, da una parte c’è il popolo eletto, dall’altra tutte
le altre vittime. È una logica terribile, non lontana, per certi aspetti, da
quella incarnata dalla Germania, la cui propaganda faceva credere ai tedeschi
di essere migliori degli altri.
La CIG, organo giudiziario principale dell’ONU, ha chiesto a Israele di
prendere misure concrete per evitare il genocidio, considerandolo quindi
plausibile. È stata adita dal Sudafrica, che nel 2024 ha rivolto questa
terribile accusa a Israele.
La Corte Penale Internazionale (CPI), di cui fanno parte molti Paesi
europei — Italia in primis — ha emesso un mandato di arresto contro il Primo
Ministro Netanyahu e il Ministro della Difesa Gallant per crimini di guerra e
contro l’umanità, non eseguito (né eseguibile) da Washington e da vari Paesi
europei, tra cui Italia e Ungheria.
Se Israele venisse considerato uno “Stato genocida” dalla comunità
internazionale, scatterebbero misure di isolamento e sanzioni in grado di
colpire duramente Tel Aviv e indurre forse il governo terrorista a cessare la
sua attività criminale.
La Senatrice giustifica la sua opposizione al termine “genocidio”
affermando che questa accusa rivolta a Israele è piena di odio ed è
vendicativa. Essa sarebbe antisemita.
L’antisemitismo, un’accusa infamante, è oggi rivolta ai critici di Israele,
a coloro che odiano i crimini contro un popolo inerme. È una menzogna, che
serve a proteggere l’impunità dello Stato terrorista israeliano.
L’antisemitismo si è manifestato storicamente con la persecuzione della
minoranza ebraica, della diaspora: una minoranza nei vari Paesi europei,
discriminata, uccisa, torturata per i suoi usi e costumi, per la religione, per
l’etnia, addirittura per i tratti somatici. È durato secoli.
Dopo l’Olocausto, con il riconoscimento pieno delle comunità ebraiche e dei
crimini perpetrati, la nascita dello Stato di Israele — alleato dell’Occidente
— ha, a mio avviso, quasi del tutto cancellato un fenomeno che aveva radici
storiche e caratteristiche proprie.
L’odio odierno per Israele è odio politico, è indignazione nei confronti di
uno Stato terrorista, per i suoi crimini, per la sua illegalità, per il totale
disprezzo mostrato verso il diritto internazionale e verso le sue vittime.
Il rancore politico per il governo israeliano, sbagliando, viene trasferito
ai suoi sostenitori, ebrei e non. L’accusa agli ebrei della diaspora di
proteggere Israele sfocia in un odio politico che nulla ha a che vedere con la
discriminazione razziale.
Sarebbe pertanto importante che le comunità ebraiche prendessero tutte le
distanze da Netanyahu ma anche dai crimini passati di Israele, dalla sua
illegalità iniziata nel 1967, dalle spedizioni e punizioni collettive della
popolazione di Gaza, dalle forme di apartheid instaurate in Cisgiordania —
esattamente come i tedeschi hanno rinnegato i loro passati leader nazisti.
Hamas è una creazione occidentale e israeliana. La CIA e Netanyahu hanno
utilizzato il Qatar al fine di finanziare Hamas, in modo da erodere il potere
dell’Autorità Palestinese. Hamas, eletto nel 2006, fece non poche aperture
verso il riconoscimento di Israele.
L’Occidente, spinto da Israele e dagli Stati Uniti, non volle mai iniziare
un dialogo politico, né riconoscere una organizzazione democraticamente eletta
dai Palestinesi, né avviare quel processo virtuoso che negli anni Novanta
trasformò l’OLP — organizzazione allora armata e responsabile di attacchi
terroristici — in una entità politica con cui affrontare il conflitto nel
quadro del processo di Oslo.
Spiace notare che, accanto alla Segre, alcuni amici parlino del ritiro di
Sharon da Gaza nel 2005 come di un’occasione persa per i Palestinesi, che
invece di esserne felici elessero Hamas.
La Segre, e i tanti analisti che diffondono queste tesi false, non rivelano
come, immediatamente dopo, venne instaurato l’illegale blocco economico di Gaza
e si procedette alla violazione delle più elementari libertà individuali
palestinesi.
Fa tristezza pensare che la Segre e alcuni amici continuino a chiamare il 7
ottobre “pogrom”, espressione utilizzata per stigmatizzare le esplosioni di
odio razziale contro le comunità ebraiche. Come ho cercato di chiarire più volte,
Hamas è riconosciuta dal diritto onusiano come un’organizzazione con un braccio
politico e uno armato, per la liberazione di un popolo sotto occupazione
illegale e criminale.
Se Hamas uccide i soldati israeliani che mantengono il blocco e l’occupazione
di Gaza, condannata da tante risoluzioni ONU, agisce in linea con il diritto
internazionale, a protezione di un popolo oppresso.
Se Hamas, fuori da Gaza, uccide civili israeliani, compie atti di
terrorismo. Questi non sono atti antisemiti, ma atti terroristici contro una
potenza occupante, considerata nemica. Gli Ucraini colpiscono civili russi per
le stesse identiche ragioni.
L’odio per Israele, per i suoi sostenitori, ebrei e non, è politico e
ideologico: non è razziale né antisemita.
Se i tedeschi non avessero chiesto perdono per i crimini nazisti, ma
avessero cercato di giustificarli, sarebbero stati disprezzati — non in quanto
ariani, ma per l’indulgenza verso crimini inenarrabili.
Mi ripeto, ma credo sia importante fare chiarezza in una confusione che
semina il male. Essa non giova a nessuno: non alla diaspora ebraica, né a
Israele, né all’Occidente.
La nostra civiltà giudaico-cristiana sta perdendo l’anima. Israele si sta
autodistruggendo, come gli Stati Uniti di Biden e Trump, come l’Italia, governata
da una Presidente che rivendica di essere cristiana e donna, ma applica doppi
standard brutali e non condanna né sanziona Israele.
Il Presidente Mattarella non è da meno. Le sue affermazioni ingiuriose
contro la Russia, di cui ha offeso la memoria dei 27 milioni di caduti nella
guerra contro la Germania nazista, sono state accompagnate dai balbettamenti
nei confronti di Israele.
Appare tragicomico che Mattarella, dopo 60.000 civili morti, riconosca solo
ora una “ostinazione a uccidere a Gaza”.
Nelle sue dichiarazioni si è immediatamente soffermato sull’antisemitismo:
uno strumento, ormai, utile solo a silenziare le critiche e assicurare
l’impunità di uno Stato terrorista.
I nostri valori costituzionali sono allora rinnegati, la nostra
Costituzione tradita.
Pensate ai padri costituenti che si rivoltano nella tomba, mentre assistono
alla complicità dell’Italia con un genocidio che avviene accanto a noi, nel
Mediterraneo, grazie alla nostra cooperazione politica, militare ed economica.
Francesca Albanese, esperta giuridica dell’ONU che svolge in modo egregio
il suo lavoro, è stata sanzionata da una potenza straniera. Non ha diritto alla
protezione del Presidente della Repubblica né del Primo Ministro italiano.
Ex detenuti statunitensi, autori di omicidi, di cui si chiede giustamente
l’estradizione, sono invece accolti dalla Meloni in pompa magna all’aeroporto.
Un mondo surreale, orwelliano, che non dobbiamo stancarci di denunciare.
Tornando alla Senatrice Segre: non capisco dove sia finita la forza morale
che l’ha portata a stigmatizzare, con atroci dettagli, la crudeltà nazista. Non
mi sembra che stia facendo lo stesso con le crudeltà israeliane, che esistevano
anche prima del 7 ottobre.
Purtroppo, la tendenza a difendere l’esclusività del Giorno della Memoria,
riferito solo alle vittime dell’Olocausto, senza comprenderne il significato
più profondo — la difesa di tutti i popoli e di tutte le vittime della violenza
di Stato — è indicativa di doppi standard inaccettabili.
Il desiderio di proteggere a qualsiasi costo lo Stato terrorista Israele
dall’accusa di genocidio rivela una intenzione discriminatoria nel giudizio dei
fatti storici.
La Senatrice condanna Netanyahu, affermando tuttavia di saper distinguere
tra un governo democraticamente eletto, quello israeliano, e una organizzazione
terroristica come Hamas. A parte il fatto che Hamas è stata anch’essa eletta,
la dichiarazione della Segre è sintomo di un pensiero binario, incapace di
comprendere che maggiori sono le responsabilità di uno Stato rispetto a quelle
di un’organizzazione terroristica, che — dopo decenni di abusi e mancanza di
canali politici — si è ribellata brutalmente all’oppressore.
Rimpiangiamo Craxi, Andreotti, Barak: in grado di dichiarare che, se
fossero nati in un campo profughi palestinese, sarebbero stati terroristi.
Che sensibilità, che cultura, che senso obiettivo della storia — rispetto
alle affabulazioni razziste e al suprematismo bianco oggi in voga!
Oggi si considerano i terroristi di Hamas dei subumani, Untermenschen,
proprio come tutti i palestinesi, colpevoli di averli eletti o di simpatizzare
per loro.
Si finge di non sapere che il terrorismo nasce sempre dove cresce
l’oppressione e manca ogni dialogo politico.
I carbonari, che portiamo ad esempio nelle scuole elementari, erano
terroristi.
Menachem Begin era un terrorista, poi divenuto Primo Ministro israeliano.
La nascita dello Stato di Israele è stata accompagnata dal terrorismo ebraico.
Come ho detto in un video, e vorrei che fossimo tutti d’accordo — la Segre
inclusa — non esistono popoli eletti, non esistono potenze eccezionali o
indispensabili.
Esiste l’umanità, con i suoi diritti e la sua lotta perpetua contro la
barbarie.
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