Viene da pensare agli scritti, tra gli altri, di Edward Said sul bisogno di una repubblica democratica capace di garantire ai suoi cittadini ebrei e palestinesi una completa uguaglianza di diritti, quando si sente parlare di riconoscimento dello Stato di Palestina. In realtà, di fronte alla furia distruttrice di Israele parlare di Stato di Palestina è soltanto propaganda e crudele ipocrisia. Perché le classi dirigenti europee di fronte al genocidio non fanno quello che potrebbero fare, cioè interrompere immediatamente gli invii di armi e le collaborazioni militari con Israele? Perché non introducono sanzioni mirate contro il premier, i suoi ministri e i principali generali dell’esercito israeliano? Perché non promuovono l’invio di una forza di interposizione che protegga la popolazione palestinese? La verità è che l’Europa sta collaborando al genocidio di Gaza
Ancora una volta, l’improvviso attivismo diplomatico di alcuni paesi
europei – per ora Francia e Gran Bretagna, altri forse si aggiungeranno – sul
genocidio a Gaza è rivelatore della crisi profonda, della débâcle delle
attuali classi dirigenti. Il riconoscimento dello stato di Palestina,
peraltro rinviato a settembre e sottoposto a varie condizioni, è concepito
nelle cancellerie europee come un passo coraggioso, uno scatto in avanti che
finalmente rompe gli indugi. E invece non è niente. A genocidio in corso, e
mentre procedono sia la pulizia etnica sia i piani israeliani di annessione
della Cisgiordania, compiere “passi” del genere e declamare il consunto slogan
“due popoli due stati” senza fare nulla di concreto, è un misto di crudele
ipocrisia e di insopportabile insipienza.
I capi di stato e di governo europei non sono semplici attivisti o
volenterosi intellettuali che possono limitarsi a fare enunciazioni di
principio ché altri strumenti non hanno; capi di stato e di governo, se davvero
hanno a cuore la sorte dei palestinesi, dello stesso popolo israeliano, della
diplomazia internazionale, hanno il dovere di agire, di mettere in campo delle
azioni concrete. Di fronte al genocidio occorre interrompere immediatamente gli
invii di armi e le collaborazioni militari con Israele; devono essere
introdotte sanzioni mirate contro il premier e i suoi ministri, contro i
principali generali dell’esercito israeliano; le squadre sportive
israeliane devono essere escluse dalle competizioni sportive
internazionali; le forniture di materie prime utilizzabili militarmente devono
essere interrotte; vanno intraprese azioni legali contro i dirigenti israeliani
per crimini di guerra e contro l’umanità davanti alle corti internazionali;
dev’essere programmato e preparato – perché no? – l’invio
di una forza di interposizione che separi l’esercito israeliano dai
gazawi e che protegga la popolazione palestinese in Cisgiordania (Israele, che
è alleato dell’occidente, non potrebbe dire di no a una coalizione europea).
Sono questi i provvedimenti che dobbiamo aspettarci, le misure che dovremmo
chiedere ai nostri governi. Tutto il resto – i proclami, le lettere di
lamentela, le dichiarazioni e gli annunci – è pura propaganda, un modo ben
conosciuto per pulirsi la coscienza di fronte allo smisurato orrore di quel che
avviene a Gaza e in Cisgiordania con la complicità delle
cancellerie occidentali, le quali nel disastro di Gaza stanno perdendo ogni
credibilità democratica; stanno distruggendo dall’interno non solo la forma ma
l’idea stessa di Europa, un progetto nobile che affondava le sue radici –
dobbiamo ricordarlo ancora una volta? – nel rifiuto della forza come
regolatrice dei rapporti internazionali e nell’affermazione che la dignità
della vita, di ogni vita, è il principio cardine della nostra civiltà.
La verità è che l’Europa sta collaborando al genocidio di Gaza, al punto che capì di
stato e di governo europei, e anche i privati che forniscono l’esercito
israeliano, potrebbero essere chiamati un giorno a rispondere in sede giudiziaria–
se ancora esisterà un diritto internazionale con le sue Corti – della loro
complicità. Le parole e gli annunci non bastano più, servono fatti concreti e
servono subito.
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