giovedì 31 gennaio 2013

dice Leonardo Boff


…Non è impossibile che avvenga la rottura sincronizzata del sistema-Terra e del sistema-Vita. gli Tsunami e gli uragani sono piccole anticipazioni. Dunque la biodiversità potrà, in gran parte, sparire come già avvenuto in passato nelle 15 grandi decimazioni sofferte dalla Terra. Anche molti umani moriranno e si salveranno soltanto frammenti sparsi della nostra civiltà.
Jared Diamond, conosciuto specialista di biologia evolutiva e di biogeografia della Università della California, nel suo libro  ‘Collasso: come le società scelgono il fallimento o il successo (Record 2012) ha mostrato come questo collasso è avvenuto nell’Isola di Pasqua, nella cultura Maya e nella Groenlandia del Nord. Non sarebbe una miniatura di quello che potrà succedere alla Terra, una Isola di Pasqua ampliata? Chi ci garantisce che non sia possibile?
Esistono nei nostri sentieri segnalazioni che additano questa direzione. E noi, continuiamo a divertirci, ridendo gaiamente, giocando alla speculazione in borsa, come nell’aneddoto di Kierkegaard: un teatro sta prendendo fuoco, il pagliaccio grida a tutti gli spettatori che vengano a spegnere il fuoco e nessuno si muove perché tutti pensano che fa parte del copione. Tutto il teatro prende fuoco, incenerendo uditorio, i spettatori e tutto quello che sta intorno…

ricordo di Antonio Caronia


Antonio Caronia è stato un personaggio-chiave nella storia della cultura popular e dei movimenti antagonisti in Italia. La sua nuda vita che si spegne è un pezzo di intelligenza collettiva che perdiamo, una parte di cervello sociale radicale che si sconnette. Occorrerà riprendere in mano i suoi scritti, le sue interviste, le lezioni che ha tenuto. Su Vimeo e YouTube c’è un sacco di materiale. Chi non lo conosceva prima, faccia in modo di conoscerlo ora, magari partendo da quell’antica guida, Nei labirinti della fantascienza, che tanti gioielli di narrativa utopica ci fece scoprire…




continua su youtube...



mercoledì 30 gennaio 2013

dice Luciano Gallino


L’occupazione sarà ancora in calo fino al 2014: si parla di un tasso del 12% di disoccupazione, che penalizzerà soprattutto i giovani. Che fare? 
I giovani sono stretti in una tenaglia a causa della quale, da una parte, non si crea nuova occupazione e, dall’altra, s’innalza l’età pensionabile. Non c’è altro da fare che spendere per creare occupazione, bisogna che lo Stato spenda direttamente. La lezione viene dal New Deal, non ci sono altri mezzi efficaci. 

Che significa tutto ciò in termini di prospettiva?
Quando si ragiona su questo si parte da un presupposto errato: i media e la politica tendono a rovesciare la piramide, quando affermano che occorre in primo luogo la crescita per produrre l’occupazione e il lavoro. E’ vero invece il contrario: sono proprio l’occupazione e il lavoro a produrre la crescita, in quanto i salari si trasformano in consumo e i consumi generano altro lavoro; la domanda fa venire voglia agli imprenditori di investire; chi ha stipendi regolari, con il pagamento delle tasse, accresce le entrate dello Stato e così via. Pensare che prima venga la crescita e dopo l’occupazione è come pensare di correre un gran premio guidando a marcia indietro. Così avviene in Italia…

...“Cambiare si può”, di cui lei era tra i 70 promotori iniziali, resta in campo non come formazione politica, ma come movimento della società civile. Che programmi avete? 
Spero che il movimento, dopo le elezioni, continui a vivere e a fare proposte. L’idea di mettere insieme una lista consistente in così poco tempo era bella, ma molto ambiziosa. Ho partecipato anche a due o tre assemblee, piene di intelligenza, vitalità e buone proposte. Poi nel percorso pratico della formazione delle liste, molte cose non sono andate come dovevano. Ora aspettiamo i risultati elettorali. 


Lei chi appoggerà? 
Voterò per Sel. Bisogna augurarsi una vittoria del Pd e di Sel, tale che non abbiano bisogno di alleati. Ritengo infatti preoccupante la ventilata alleanza con Monti. Ci sono molte cose importanti da fare: ripensare la politica dell’occupazione in modo che lo Stato possa intervenire; rivedere il fiscal compact, il patto fiscale europeo che ha rilanciato il rigore; insistere affinché la Bce operi in modo differente, il che richiederebbe ritocchi anche a un paio di articoli del Trattato di Maastricht… Tutte cose lontane dalla cultura del Pd. Ma davvero impossibili se c’è Monti di mezzo.

Doppio scandalo sotto il Monte - Andrea Baranes

...Qual è il problema, allora? Il problema è che le banche devono pubblicare un bilancio, ma se hanno delle perdite possono nasconderle sotto il tappeto grazie ai derivati, come nel caso Monte Paschi. Che nel bilancio devono riportare i loro attivi e limitare l'erogazione di crediti rischiosi in base alle regole internazionali dell'accordo di Basilea. Ma grazie alle cartolarizzazioni questi limiti possono essere elusi, e gli attivi portati fuori bilancio, spostandoli in un qualche paradiso fiscale. Viene da chiedersi a cosa serve pubblicare un bilancio, se tanto gli attivi quanto le perdite, solo per fare un paio di esempi macroscopici, possono essere "interpretati" per mostrare numeri scintillanti. Rimandando i problemi, spesso ingigantendoli con operazioni spregiudicate per salvare la faccia nel breve.
Occorre chiudere questo gigantesco casinò. Introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie che sia davvero efficace nel frenare la speculazione, chiudere i paradisi fiscali, limitare o bloccare i derivati più rischiosi e gli altri titoli tossici, separare le banche commerciali da quelle di investimento e via discorrendo. Sono in massima parte le proposte contenute nell'appello "Cambiamo la finanza per cambiare l'Italia" che Banca Etica ha lanciato nei giorni scorsi per chiedere al prossimo governo di riportare la finanza a essere uno strumento al servizio dell'economia e della società, non un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Per chiarire che c'è una parte del sistema bancario che lavora erogando credito all'economia reale, con la massima trasparenza, valutando le ricadute sociali e ambientali di ogni prestito effettuato. Per ricordare che tutti noi risparmiatori, quando depositiamo i nostri soldi in banca piuttosto che in un'altra, stiamo facendo una scelta. Dobbiamo scegliere se vogliamo una finanza che sia parte della soluzione o che continui ad essere uno, se non il principale, problema.

martedì 29 gennaio 2013

Jorge Carrascosa, el Lobo


Avrei bisogno di fare due chiacchiere, Lobo. Avrei molte domande da fare.
Verrei a cercarti, non rilasci dichiarazioni, non concedi interviste. Dovrebbe essere un incontro casuale, davanti a una cerveza, che ne so, o un mate, senza taccuini, né registratori. Come vecchi che possono essere amici anche se non si conoscono, per un pomeriggio soltanto, al tavolo di un bar. La politica, il calcio, la vita, l’essenza di ogni bar. Di ogni vecchio.
Sei uno dei miei eroi, Lobo. Eroe imperfetto. Non combattente. Possiedi i segreti che vado cercando, ne sono sicuro, nelle crepe dei muri o lungo il soffitto. Quel passato mi parla, mi carpisce, mi attrae, e vorrei che suonasse, scoprirlo dalla tua voce che immagino roca, impastata di fumo e silenzio.
Già, il silenzio. Come si attraversa il silenzio, Capitano? E’ un oceano, il silenzio? E quale barca è adatta?
Il frastuono che invade la cancha, il campo da gioco, il ruggito della barra brava che imperversa dalla bolgia di spalti sbrecciati, e ubriachi, può zittire all’improvviso? E per sempre?
L’Uragano può smettere di soffiare impetuoso, d’un colpo?
Ci deve essere stato un momento, forse, in cui le divise ti sono apparse uguali, quelle tronfie dei militari e le vostre, maniche corte e braghini, indistinguibili. Devi aver avuto allucinazioni, visioni d’orrore senza scampo: tu che spari di destro, da fuori area, e il portiere che muore crivellato di colpi; tu che esulti dopo un goal, e i compagni strangolati dall’abbraccio, dalla morsa, esanimi. Una croce conficcata in terra, per segnare il calcio d’angolo. E allora basta, hai scelto l’oblio.
Quanto costa l’oblio, Jorge? E’ un fumogeno, l’oblio? E’ la nebbia che avvolge il campo e impedisce di giocare, partita sospesa? Ce l’avevi una torcia, ce l’hai?
Chissà se ne hai parlato Lobo, con i tuoi compagni, e prima e dopo, e con chi. Chi lo sa se hai discusso con Alberto e Osvaldo e Mario e Leopoldo, e cosa ti hanno detto e cosa pensavano, se avevate paura, o eri solo un pazzo, uno che butta via, che tira indietro, che non ha le palle. O anche di loro eri l’eroe. Imperfetto.
Con Cesar el Flaco ne hai parlato di sicuro, per forza, lui il Tecnico tu il Capitano, per forza. E di sicuro si è trattato di poche parole, lunghe occhiate, e ha capito, certo che ha capito. Sono sicuro che ha acceso una sigaretta e te ne ha offerta un’altra, forse avete riso, e siete ancora amici.
Come si fa, Jorge, a vivere senza squadra? Restituire fascia, numero, maglia, che ce l’avevi da sempre, da prima dei ricordi, prima del tempo e del mestiere? Come si fa, dove si va, senza qualcuno a cui dare la palla, e chiedere lo scambio, lungo la fascia, e poi metterla in mezzo, e aspettare, e vedere, se il delantero svetta, e vaffanculo, e la butta dentro? Si può tirare contro il muro, soli, e aspettare che torni? Va bene lo stesso, è vita anche così? Avevi pensato il tempo, avevi visto il futuro?
Avessero perso, saresti un cavaliere senza macchia. Hanno vinto e sei solo un coglione. Eppure hai gioito per quella vittoria, sono sicuro, per quella coppa, per i tuoi compagni, e per tutti, per quel poco di felicità, dentro quel buio. Non era niente di memorabile che dovevi fare. Dovevi e basta.
Sei uno dei miei eroi, Lobo.
Mi chiedo: e dopo, quando tutto è finito? Quando quelle facce di merda sono andate via, quando il sangue, a fatica, è stato lavato? Perché Osvaldo non ti ha dedicato un poema, perché Carlos non ha fatto un film? Non è abbastanza epico il tuo rifiuto, sono preziosi solo per me i tuoi segreti? Cosa è successo, quanto durano trent’anni?
L’amore lancinante, la cui impotenza impedisce di vivere, di agire, è un mistero, un’ossessione, un gorgo dentro il quale è troppo doloroso guardare. E’ lo sguardo che ci fa di sale, e terrorizza.
Prova a perdonarci Lobo, siamo umani, fatti quasi solo di questa paura.
Sei uno dei miei eroi, Jorge Carrascosa. El Lobo.

Canada batte Italia 10 a 0


fa effetto apprendere che il Canada sta per lanciare il primo programma al mondo per visti dedicati alle startup, lo Startup Visa Program. L'obiettivo? "Fare del nostro Paese la meta ideale per le menti più brillanti e per le loro future compagine", fa sapere il ministro dell'immigrazione Jason Kennedy. L'annuncio è comparso sul sito governativo del Citizenship and Immigration, con una data emblematica: il primo aprile. Eppure pare non sia affatto uno scherzo. Dal primo aprile sarà davvero possibile presentare domanda per un visto speciale, ammesso di avere una buona idea e di volerla realizzare. "Intendiamo reclutare imprenditori dinamici, aiutando il Canada a rimanere competitivo sul fronte dell'economia globale", ha continuato Kennedy. Insomma, siamo oltre l'andare a caccia di cervelli e di titoli accademici…
…alla fine, come ribadisce il ministro Kennedy, "quel che resterà al Canada è la crescita occupazionale a lungo termine e - sperano ad Ottawa- la leadership in fatto di innovazione".
Anche se lo Startup Visa Program è il primo nel suo genere, di iniziative simili ne sono nate anche altrove. Ad Hong Kong ad esempio il 5 novembre è partito Accelerator HK, un programma di ampliamento delle piattaforme digitali per dare vita a start-up dedicate al mondo dei software per smartphone. Più in particolare piattaforme comuni, open, per lo sviluppo della tecnologia mobile. Considerano che ad Hong Kong ci sono 13.8 milioni di utenze, e che circa il 70 per cento della popolazione ha un cellulare. Nella fase di lancio, ai candidati scelti sono stati dati 15 mila dollari, la possibilità di fruire di una formazione specializzata per i propri operatori e una continua assistenza tecnica. In Italia, di questi tempi, ci accenteremmo anche di molto meno.

c'è chi dice no, pochi e coraggiosi


"Giuro di essere fedele al re, ai suoi reali successori, al regime fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante e adempiere tutti i doveri accademici. [...] Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concili coi doveri del mio ufficio"». Il governo mira in tal modo ad "imbrigliare" la libertà di pensiero e di coscienza di tutti i docenti, dispensando dal servizio quanti non si volessero allineare al nuovo corso fascista. Al giuramento, che ha avuto come principale promotore Giovanni Gentile, risponderanno "favorevolmente" circa milleduecento professori. Solo in dodici si rifiutavano di prestarlo: 
Ernesto Buonaiuti (Storia del cristianesimo),

Mario Carrara (Antropologia criminale),

Gaetano De Sanctis (Storia antica),

Antonio De Viti de Marco (Scienze delle finanze),

Piero Martinetti (Filosofia),

Bartolo Nigrisoli (Chirurgia),

Francesco Ruffini (Diritto ecclesiastico),

Edoardo Ruffini-Avondo (Storia del diritto),

Lionello Venturi (Storia dell'arte),

Giorgio Errera (Chimica),

Giorgio Levi della Vida (Lingue semitiche comparate),

Vito Volterra (Fisica matematica).


da qui

lunedì 28 gennaio 2013

il moto della terra in poesia

Linus: Qualche mattino mi voglio alzare presto per vedere sorgere il sole. Sally: In realtà non è il sole che sorge, è la terra che gira. Linus: Qualche mattino mi voglio alzare presto per vedere la terra che gira. (Charles M. Schultz)

domenica 27 gennaio 2013

Georges Brassens à Bobino (1975)


Sette classi - Pio Baroja (citato da Daniele Barbieri)


La verità è che in Spagna ci sono sette classi di spagnoli… sì, come i sette peccati capitali. Ossia:
1. Quelli che non sanno;
2. quelli che non vogliono sapere;
3. quelli che odiano il sapere;
4. quelli che soffrono per non sapere;
5. quelli che sembrano sapere;
6. quelli che raggiungono il successo senza sapere, e
7. quelli che vivono grazie a tutti quelli che non sanno.
Questi ultimi si auto-proclamano “politici” e a volte persino “intellettuali”.
Così lo scrittore spagnolo Pio Baroja, molti anni fa. E oggi? (e in Italia?)

sabato 26 gennaio 2013

Il dormitorio - Bertolt Brecht


Sento che a New York
all'angolo fra la 26.a strada e Broadway
durante i mesi d'inverno ogni sera c'è un uomo
e ai senzatetto che là si radunano
pregando i passanti procura nel dormitorio un letto.

Il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.
Ma alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.

Non chiudere il libro dove questo leggi, uomo.
Alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.
Ma il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.

venerdì 25 gennaio 2013

M(arco) P(inna) - Nicola R-esistenza precaria

le vignette di MP (Marco Pinna) apparivano su Mamma, nel 2012 ha fatto il primo libro a fumetti. 
il mondo nel quale vive Nicola è così vicino al nostro che sembra una cronaca, con lo sguardo del fumetto, però.
a me è piaciuto molto - franz



Nicola, l'antieroe in tuta blu del terzo millennio, ci guida in un mondo precario dove lotta per salvare la sua fabbrica dalla chiusura, e scopre i trucchi più loschi con cui i padroni fregano le classi medio-basse.
Più spericolato di Batman, più sfigato di Fantozzi, più ribelle di Spartacus e più solo di Ulisse: Nicola è il simbolo della nostra voglia di resistere alle ingiustizie. Contro di lui un padrone senza scrupoli e una famiglia senza vergogna, incarognita dalle mode più devastanti del momento.
Uno spietato "reality show" a fumetti, un micromanuale di economia finanziaria, un prontuario di autodifesa sindacale ma soprattutto lo sfogo di satira rabbiosa di un "artista-operaio". Ottanta pagine di sopravvivenza proletaria: astenersi perditempo.

Qui il blog di Marco Pinna

mercoledì 23 gennaio 2013

molti Mali

Mali, i rischi e le conseguenze sulla crisi umanitaria…- Antonella Napoli

…funzionari di organizzazioni non governative e di agenzie Onu, hanno manifestato grande preoccupazione per le conseguenze che un’operazione militare potrebbe avere sulla crisi alimentare e nutrizionale che da quasi un anno vessa le popolazioni locali.
Vale la pena di riportare le parole di Mamadou Biteye, direttore di Oxfam Africa West: “Ogni intensificazione del conflitto potrebbe rendere ancora più difficile alle comunità l’accesso all’aiuto di cui hanno bisogno, Il rischio che le operazioni militari nel nord del Mali diano un colpo definitivo alla già fragile situazione umanitaria è una certezza”.
Certo, nelle strategie geopolitiche non c’è spazio per riflessioni di questo genere. Ma esiste una coscienza collettiva alla quale si può, si deve parlare…
E’ dalla fine del 2012 che operatori e cooperanti impegnati sul campo hanno messo in guardia sulla penuria alimentare nel Sahel, causata in gran parte da piogge irregolari e siccità.
Più di 18 milioni di persone soffrono la fame, tra cui più di 1 milione di bambini. Mali, Mauritania e Ciad i paesi più colpiti.
Concludendo, seppure appaia ragionevole la preoccupazione che l’Africa Sahariana, già fortemente destabilizzata dalla guerra in Libia, diventi rifugio stabile per al Qaeda, la comunità internazionale non può affidare ancora una volta alle armi la gestione di una crisi che rischia di trasformarsi in un nuovo pantano afgano.
E ci sono dati evidenti che confermano questa possibilità.
Da mesi nella regione l’afflusso di armi, per lo più utilizzate nei combattenti in Libia, è continuo e in crescendo. Analisti ed esperti nella lotta al terrorismo hanno evidenziato come gruppi affiliati ad Al Qaeda, arricchiti da riscatti pagati per ostaggi occidentali, abbiano enormemente accresciuto la propria forza e grazie all’illegalità dilagante stia orientando la propria influenza verso sud. In particolare verso la Nigeria, la nazione più popolosa dell’Africa.
Complice di ciò, anche la spaccatura tra i vicini del Maghreb arabo, Algeria e Marocco. Entrambi i paesi potrebbero garantire intelligence e forze militari in grado di controllare il proliferare delle realtà criminali. Ma la cronica rivalità che li contrappone ha creato uno stallo che impedisce di mettere in campo la cooperazione per la sicurezza comune in tutta la regione sahariana, che potrebbe davvero fare la differenza.
Insomma, i presupposti affinché la cura risulti più deleteria della malattia ci sono tutti.


L’Europa bendata alla guerra d'Africa – Barbara Spinelli

La degenerazione del Mali poteva essere evitata, se gli Europei avessero studiato il paese: considerato per anni faro della democrazia, fu sempre più impoverito, portandosi dietro i disastri delle sue artificiali frontiere coloniali. Aveva radici antiche la lotta indipendentista dei Tuareg, culminata il 6 aprile 2012 nell'indipendenza dell'Azawad a Nord. Per decenni furono ignorati, spregiati. Per combattere un indipendentismo inizialmente laico si accettò che nascessero milizie islamiche, ripetendo l'idiotismo esibito in Afghanistan. Sicché i Tuareg s'appoggiarono a Gheddafi, e poi agli islamisti: unico punto di riferimento, furono questi ultimi a invadere il Nord, all'inizio 2012, egemonizzando e stravolgendo  -  era prevedibile  -  la lotta tuareg.

È uno dei primi errori dell'Occidente, questa cecità, e quando Prodi approva l'intervento francese dicendo che "non esistevano alternative all'azione militare", che "si stava consolidando una zona franca terroristica nel cuore dell'Africa", che gli indipendentisti "sono diventati jihadisti", dice solo una parte del vero. Non racconta quel che esisteva prima che la guerra fosse l'unica alternativa. I Tuareg non sono diventati terroristi; blanditi dagli islamisti, sono stati poi cacciati dai villaggi che avevano conquistato. La sharia, nella versione più cruenta, è invisa ai locali e anche ai Tuareg (sono tanti) non arruolati nell'Islam radicale. Vero è che all'inizio essi abbracciarono i jihadisti, e un giorno questa svista andrà meditata: forse l'Islam estremista, col suo falso messianismo, ha una visione perversa ma più moderna, della crisi dello Stato-nazione. Una visione assente negli Europei, nonostante l'Unione che hanno edificato.

Ma l'errore più grave è non considerare le guerre dell'ultimo decennio come un tutt'unico. L'azione in un punto della terra ha ripercussioni altrove, i fallimenti in Afghanistan creano il caso Libia, il semi-fallimento in Libia secerne il Mali. Il guaio è che ogni conflitto comincia senza memoria critica dei precedenti: come scheggia appunto. In Libia il trionfalismo è finito tardi, l'11 settembre 2012 a Bengasi, quando fu ucciso l'ambasciatore Usa Christopher Stevens. Solo allora s'è visto che molti miliziani di Gheddafi, tuareg o islamisti, s'erano trasferiti nell'Azawad. Che la guerra non era finita ma sarebbe rinata in Mali, come in quei film dell'orrore dove i morti non sono affatto morti.

È venuta l'ora di riesaminare quel che vien chiamato interventismo umanitario, democratico, antiterrorista. Un solo dato basterebbe. Negli ultimi sette anni, il numero delle democrazie elettorali in Africa è passato da 24 a 19. Uno scacco, per Europa e Occidente. Intanto la Cina sta a guardare, compiaciuta. La sua presenza cresce, nel continente nero. Il suo interventismo per ora costruisce strade, non fa guerre. È colonialismo e lotta per risorse altrui anch'esso, ma di natura differente. Resilienza e pazienza sono la sua forza. Forse Europa e Stati Uniti si agitano con tanta bellicosità per contendere a Pechino il dominio di Africa e Asia. È un'ipotesi, ma se l'Europa cominciasse a discutere parlerebbe anche di questo, e non sarebbe inutile.


...Ecco di seguito la cronologia delle missioni militari francesi in Africa (non proprio 50, ma certamente numerosissime), la maggior parte dei quali sui territori delle sue ex colonie  -- basata su due articoli online,  uno di   Nestor N’Gampoula per Oeil d'Afrique e l'altro di Jean-Patrick Grumberg per Dreuz Info.  

Nel 1964, truppe di paracadutisti francesi sventano un golpe a Libreville, in Gabon.  

Dal 1968 al 1972 l’esercito francese combatte contro i ribelli nella regione di Tibesti, nel nord del Ciad.  

Nel 1978 nello Zaire (ora Repubblica Democratica del Congo), 600 legionari francesi vengono inviati aKolwezi per fronteggiare i ribelli.  

Nel 1979 nella Repubblica Centrafricana, l’imperatore Jean-Bedel Bokassa viene destituito dai paracadutisti francesi con l’ Operazione Barracuda.  

Nel 1983-84, parte l' Operazione Manta, dove 3.000 militari affrontano i ribelli armati sostenuti dalla Libia. Due anni più tardi, dopo un attacco anti-governativo, c'è un'ulteriore intervento francese basato soprattutto su attacchi aerei, l' Operazione Epervier.  

Nel 1989 nelle Isole Comore, dopo l'assassinio del Presidente Ahmed Abdallah e la presa del potere da parte del mercenario francese Bob Denard, arrivano circa 200 soldati francesi per costringere quest'ultimo e i suoi uomini ad andarsene.  

Nel 1990, Parigi invia truppe in Gabon, a Libreville e Port-Gentil, per dare man forte al contingente francese locale dopo che erano scoppiati violenti disordini. L'operazione permette l'evacuazione di circa 1.800 stranieri.  

Nel 1991 ancora nell'allora Zaire, le truppe belghe e francesi riescono a evacuare gli stranieri presenti nel Paese dopo lo scoppio di violenti disordini e saccheggi. 

Lo stesso anno, le truppe francesi con sede nella Repubblica di Gibuti aiutano i ribelli Afar a disarmare le truppe etiopi che avevano attraversato il confine, in seguito al rovesciamento del Presidente etiopeMengistu Haile Mariam.  

Nel 1994, mentre gli Hutu del Ruanda massacravano centinaia di migliaia di Tutsi in quello che è stato definito uno dei genocidi peggiori della storia, i soldati francesi e belgi riescono a far rimpatriare gli europei. Sempre quell'anno, circa 2.500 soldati francesi, sostenuti da truppe africane, lanciano l' Operazione Turquoise, un impegno umanitario nello Zaire e nella parte orientale del Ruanda.  

Nel 1995, un migliaio di uomini coinvolti nell' Operazione Azalea sventano un altro tentativo di colpo di Stato contro il presidente delle Isole Comore, Said Mohamed Djohar, sempre da parte di Bob Denard.  

Nel 1996 nella Repubblica Centrafricana, l' Operazione Almandin garantisce la sicurezza degli stranieri e l'evacuazione di 1600 persone dopo che l'esercito si era ammutinato contro il Presidente Ange-Félix Patassé. L'anno seguente, dopo l'uccisione di due suoi soldati, la Francia autorizza un'intervento contro i ribelli nella capitale Bangui.  

Sempre nel 1967, circa 1.200 soldati salvano la vita a diversi espatriati francesi e africani trovatisi nel mezzo degli scontri tra l'esercito congolese e i sostenitori del leader militare Denis Sassou Nguesso, attuale Presidente della Repubblica del Congo.  

Nel 2002, le forze francesi intraprendono l' Operazione Licorne per aiutare gli occidentali intrappolati in una rivolta militare che ha poi effettivamente diviso la Costa d'Avorio in due regioni.  

Nel 2003, l' Operazione Artemis, nella regione Ituri dello Zaire, pone fine ai massacri in corso. In seguito sono state inviate 2.000 truppe per il mantenimento della pace, l'80% dei quali francesi.  

Nel 2004 la Francia distrugge la piccola aviazione ivoriana dopo che le forze governative avevano bombardato una base francese. 

Nel 2008 un nuovo intervento rafforza il regime del presidente del Ciad, Idriss Deby, e organizza l'evacuazione degli stranieri, mentre i ribelli del vicino Sudan attaccano. 

A marzo 2011 le forze aeree francesi sono le prime a bombardare i miliziani di Gheddafi dopo l'autorizzazione da parte delle Nazioni Unite per l'intervento a tutela dei civili coinvolti nella ribellione contro il dittatore libico. 

Nel 2011, durante le guerra in civile in Costa d'Avorio, le forze francesi e le Nazioni Unite si schierano a favore di Ouattara. La guerra è scoppiata dopo il rifiuto da parte di Laurent Gbagbo di dimettersi e accettare il verdetto delle elezioni, da cui Alassane Ouattara risultava Presidente. 

La Francia decide poi di porre fine al suo ruolo di "Polizia dell'Africa", rifiutandosi di intervenire nuovamente nella Repubblica Centrafricana, dove François Bozizé (ex capo dell'esercito salito al potere rovesciando il presidente eletto Ange-Félix Patassé il 15 marzo 2003) era alle prese con la rivolta dei ribelli. Gli ultimi sviluppi in Mali hanno però rilanciato gli interventi militari francesi -- come conclude  un altro articolo su Dreuz Info:  

«A inizio 2013 in Mali, i francesi bombardano i ribelli islamici dopo che questi ultimi hanno cercato di espandere la loro base di potere verso la capitale Bamako. La Francia aveva precedentemente messo in guardia sul fatto che il controllo del nord del Mali da parte dei ribelli poteva rappresentare una minaccia per la sicurezza dell'Europa. 

Contemporaneamente viene organizza un'operazione di commando per salvare un ostaggio francese trattenuto dai militanti di al Shabaab, in Somalia, alleati tra l'altro di al-Qaeda. L'ostaggio è stato poi uccisodai sequestratori».  

martedì 22 gennaio 2013

Corrado Guzzanti ringrazia


...confesso di non capire esattamente cosa sia il “sentimento religioso” perché sfortunatamente non ne sono dotato. Ho sempre pensato che essere intimamente credenti non possa essere troppo diverso dall’essere intimamente liberali, o socialisti, o vegani. Si tratta di amare e riconoscersi in delle idee, in una visione della società e del mondo, e le idee non sono sacre e intoccabili solo perché noi crediamo così fortemente in esse; vivono nel dibattito pubblico, confrontandosi e dovendo convivere con idee diverse e a volte opposte. Spero di non offendere nessuno se affermo che l’esistenza di un creatore, l’inferno, il paradiso, l’immortalità dell’anima, il giorno del giudizio ecc. siano, fino a spettacolare prova contraria, soltanto delle idee, delle opinioni che si è liberissimi di sostenere purché non si tenti di imporle agli altri come un tabù inviolabile.
Che il sentimento religioso non possa reclamare una superiore legittimità, perché supportato, mi dicono, da pervasiva e speciale intuizione, appare evidente dal fatto che le credenze religiose sono tante, più di quelle da cucina dell’Ikea, e producono purtroppo affermazioni contrastanti. Un buddista e un cattolico, egualmente persuasi della loro fede, saranno certi di saperla molto lunga sull’origine e il senso dell’uomo e dell’universo, ma almeno uno di loro, al momento del trapasso, avrà una sorpresa. Ciò dovrebbe suggerire che convinzione “sentimentale” profonda e verità siano sostanzialmente due cose diverse...

venerdì 18 gennaio 2013

una storia di Barbagia Rossa


Barbagia Rossa era un’organizzazione militante di estrema sinistra che ha operato tra il 1978 e il 1982 in Sardegna.
Si proponeva di diventare il punto di riferimento politico e militare per tutto il proletariato sardo.
Un elemento importante della sua azione è stato quello di contrastare la forte militarizzazione dell’isola che in quegli anni vede aumentare il numero di basi militari, probabilmente anche a causa dei sempre più numerosi agguati e sequestri di persona.
L’organizzazione instaurò anche un forte legame con le Brigate Rosse fungendo a volte da appoggio per alcune operazioni svolte dalle BR nell’isola…

mercoledì 16 gennaio 2013

il Canada dice no agli F-35


Alla fine è successo, la notizia è arrivata: per la prima volta un Paese partecipante al progetto del cacciabombardiere F-35 Joint Strike Fighter ha deciso di fermarsi, di resettare la propria partecipazione. Si tratta del Canada che, dopo diverse indiscrezioni dei giorni scorsi, ha ufficialmente deciso di fermarsi per valutare costi ed implicazioni della scelta. In una dichiarazione resa ai media dal ministro della Difesa Peter MacKay si è sottolineato come il progetto non sia ancora definitivamente accantonato ma che il governo "non deciderà quale aereo da guerra comprare fino al definitivo completamento di tutti i complessi passi di valutazione" che una scelta del genere deve comportare.
Il Governo canadese era da tempo messo sotto pressione sia dall'opinione pubblica che dall'opposizione per la sua adesione al programma Joint Strike Fighter, avvenuta acriticamente e senza una reale valutazione dei costi (ed anzi con alcune omissioni strategiche sui dati per ottenere voto positivo in Parlamento). Dopo altri casi di sospensione (Norvegia, Australia) o voti parlamentari di cancellazione della partecipazione non ancora però messi in opera dal Governo (Olanda) il caso canadese costituisce finora la più grande rottura del fronte delle nazioni sviluppatrici e produttrici del super-caccia stealth di quinta generazione che da tempo sta però sperimendanto enormi problemi tecnici e una mostruosa crescita dei costi di produzione. Ma soprattutto la decisioen del Governo di Ottawa dimostra come le voci che anche in Italia da tempo si levano contro questo aereo d'attacco, che ormai è davvero e senza dubbio il più costoso progetto miltiare della storia, non siano solo delle cassandre idealiste e figlie di utopia pacifista ma abbiano invece fin da subito centrato i problemi di questa situazione.
Cercando quindi di contribuire a far ragionare anche il nostro Governo, che su questo progetto continua a voler mettere troppi miliardi di euro. La decisione è sicuramente derivata da approfondimenti tecnici, ed in particolare da un recente rapporto elaborato da KPMG ha infatti determinato un costo per i circa 40 anni di vita del caccia inoltre 40 miliardi. L'audit esterno indipendente ha essenzialmente certificato questi costi arrivando ad una cifra complessiva (considerando anche eventuali perdite di aerei) di quasi 46 miliardi, cioè almeno tre volte tanto le prime previsioni governative. In precedenza anche gli uffici dell’Auditor General (equivalente ad una nostra Corte dei Conti) e il Capo di Stato Maggiore della Difesa avevano sollevato dubbi sia sui costi che sugli aspetti tecnici...

lunedì 14 gennaio 2013

ricordo di Aaron Swartz


Anonymous: "Questa tragedia deve diventare la base per una riforma della legislazione sui crimini informatici, e su come viene applicata da procuratori troppo zelanti. Può rappresentare un'occasione per rivedere le leggi sul copyright, che proteggono i guadagni di pochi a sfavore del beneficio di molti. Ancora, la tragedia di Aaron può essere la base per un rinnovato impegno per garantire a tutti una Rete libera da censura, e accessibile da chiunque"

"LA DEPRESSIONE è quello stato d'animo di quando ci si sente soli, o qualcuno che amiamo se ne va, o un progetto sfuma. Ci si sente vuoti, senza valore. Solo che la depressione arriva, e se ne va, senza motivo". Così scriveva Aaron Swartz sul suo blog nel 2007, quando il genio fragile del web, mente dietro Reddit, Creative Commons, Rss 1.0, era poco più che ventenne. La Rete lo ricorda oggi con un memoriale digitale, un Tumblr in cui tutti possono lasciare le proprie parole per Aaron
da qui


…Arriva anche il saluto del papà del World Wide Web, Tim Berners-Lee. Il "Sir" della Rete scrive su Twitter: "Addio Aaron. Viaggiatori del mondo, abbiamo perso uno dei nostri saggi. Attivisti digitali, siamo uno in meno. Genitori del mondo, abbiamo perso un figlio. Lasciateci piangere"…

…Swartz era anche un abile hacker. Accusato di tredici infrazioni informatiche e arrestato con l'accusa di aver prelevato oltre 4 milioni di articoli dall'archivio del Massachusets Institute of Technology, il Mit. Gli articoli fanno parte dell'archivio privato Jstor, da cui la causa. Swartz si è dichiarato non colpevole, ma le spese legali incombevano. Per aiutarlo, il sito free.aaronsw.com aveva iniziato una raccolta fondi per la sua difesa. E oggi la famiglia accusa il procuratore generale e il Mit: "La morte di Aaron non è semplicemente una tragedia personale", si legge in una nota ufficiale firmata dai genitori, dai fratelli e dalla fidanzata. "La sua morte è il prodotto di un sistema giudiziario criminale"…

Aaron Swartz committed suicide on January 11, 2012. He was described by the New York Times as "a wizardly programmer who as a teenager helped to develop code that delivered ever-changing Web content to users and later became a steadfast crusader to make that information freely available."
At the time of his death, Aaron was facing charges which could have led to 35 years in prison. The charges involved Swartz's alleged attempts to download academic articles from JSTOR through the MIT network, despite the fact that JSTOR did not want charges brought.
President Obama has the power to issue a posthumous pardon of Mr. Swartz (even though he was never tried or convicted). Doing so will send a strong message about the improportionality with which he was prosecuted.


domenica 13 gennaio 2013

Jorge Selarón e la sua scala




La scalinata che da Rua Joaquim Silva si arrampica fino al bairro alto di Santa Teresa, uno dei simboli artistici più appariscenti della Lapa, a Rio de Janeiro, si è trasformata ieri mattina in una macabra installazione. Il palcoscenico della morte, quasi sicuramente violenta, dello stesso artista che nel corso degli ultimi trent'anni aveva trasformato questo luogo in un pezzo unico nel suo genere, un'attrazione anche turistica, inserita nei tour della cidade maravilhosa accanto al Cristo Redentore e alle spiagge di Copacabana. 
Jorge Selarón, pittore, scultore, ceramista giramondo nato in Cile nel 1947, quando decide di stabilirsi a Rio nel 1983 trova casa, con laboratorio annesso, proprio in uno dei piccoli edifici che costeggiano l'escadaria. All'inizio si limita a spazzare e a mettere qualche pianta qui e là, ma a partire dai primi anni '90 quei 215 scalini diventano il naturale prolungamento del suo studio e una sorta di sua personale Cappella Sistina. 
Come la scalinata di Alfama trasformata da Manoel de Oliveira nel set unico del film A caixa, quella che oggi è conosciuta come l'Escadaria Selarón è il contenitore unico di un intero mondo espressivo, il più folle teatro che la tradizione degli azulejos abbia mai calcato. Si sale e si scende in un tripudio cromatico, un'ubriacante teoria di piastrelle, mattonelle, maioliche, laterizi colorati, pezzi di specchio. Un sogno avvolto in una pelle dura e lucida, inteso come tributo del mondo intero al popolo brasiliano…




Emilio Lussu a cavallo


racconta Vittorio Foa:

Nel settembre 1945, quando Lussu era ministro nel governo Parri, chi scrive andò a chiedergli, per aiutare finanziariamente il partito di cui entrambi facevano parte, di mettere una firma sotto una autorizzazione, cosa consueta nel sottobosco politico del tempo. Lussu rispose: «Compagno, puoi chiedermi di montare a cavallo e andare in via Nazionale a rapinare l’oro della Banca d’Italia e io – per il partito – lo faccio subito. Ma mettere una firma sotto una cartaccia, giammai». Nell’irrealismo dell’immagine il poeta riusciva a cogliere e giudicare la squallida realtà del mondo in cui ci avvolgevamo e ad avanzare, almeno come ipotesi, un mondo diverso.

venerdì 11 gennaio 2013

L'anno del passaggio di Emilio Lussu a Bortigiadas - Emiliano Deiana

…E' la storia di un ragazzino, Mario. Il fratello di Paolo.
Mario, nelle campagne di Lu Nibareddu ai confini con Mureu, fa pascolare il bestiame.
C'è una strada che immagino polverosa che costeggia quelle proprietà.
E' il 1945, la guerra è appena finita. A Bortigiadas la guerra non si saprebbe nemmeno che cosa sia se non fosse per quei figli, fratelli o mariti partiti e mai ritornati, tornati e mutilati, tenuti prigionieri in Russia. O prima ancora sulle montagne del Carso, nella Guerra del 15/18.
La strada polverosa, ricordatevela.
Macchine ne passavano davvero poche che si stava settimane intere senza vederle.
Carri, magari, a trafficare grano e carbone con l'Anglona.
Arriva da Sassari una macchina e alla vista di Mario si ferma. Ne scende un uomo alto, elegante. Di una eleganza e una bellezza d'altri tempi, una specie di Cavaliere.
Lo chiama a sè, il ragazzino.
Come ti chiami, gli domanda.
Mario, risponde quello impaurito.
Mario come, gli dice il Cavaliere.
Passaghe, risponde Mario.
Avevo un attendente che si chiamava Passaghe, durante la guerra. Io sono Emilio Lussu.
Era mio zio, risponde pronto il ragazzino.
Anche in quelle campagne sperdute di Gallura l'eco di quel nome e di quelle gesta era arrivato, anche a Lu Nibareddu. Estremo confine del mondo allora conosciuto. Solo la guerra li aveva portati altrove, le migrazioni non erano ancora venute, l'onda delle migrazioni a riportarseli via.
Meglio la miseria, meglio la fame.
E poi quel Cavaliere che nel frattempo, leggendo i libri di storia, è diventato Ministro dell'assistenza postbellica chide a Mario come si chiamano i posti, quante famiglie li abitino, quanti bambini ci siano e se frequentino la scuola.
Non ce n'è di scuola, risponde Mario.
Poi se ne parte quell'uomo, il Cavaliere, sulla macchina: lascia una scia di polvere e di vento nella strada che si arrampica verso Tempio.
Si lascia Mario, dietro le bestie.
Poi arriva l'anno dopo e il Sindaco del paese incontrando gli abitanti di Nibareddu si complimenta per l'istanza avanzata per avere la scuola.
Noi non abbiamo fatto nessuna domanda, rispondono quelli.
Più semplicemente Emilio Lussu era intervenuto e fatto aprire la scuola a Lu Nibareddu, infinitesima frazione del Comune di Bortigiadas.
Una scuola con i banchi, il maestro e tutto quanto.
Una scuola dove in molti impararono a leggere e a scrivere.
Prima era la politica che andava incontro ai problemi, alle esigenze, alle aspirazioni - ancorchè segrete - della gente. Ora è il bisogno che si mostra alla politica ed essa si nasconde, gira il capo dall'altra parte. O sfruttandolo, il bisogno.
Ora è lo Stato che interviene a chiudere le scuole, prima ero lo Stato che interveniva ad aprirle, a portare l'isitruzione dove non c'era, a portare una speranza dove speranza non esisteva.
Gli alunni di Nibareddu scrissero una lettera a Lussu e quello, subito rispose…

giovedì 10 gennaio 2013

Questo PD è peggio della peggiore DC


Questo PD è peggio della peggiore DC – Massimo Dadea
…Sarebbe facile, oggi, affermare che il PD è diventato un partito senza regole, ma non è così, le regole ci sono, solo che vengono stravolte, di volta in volta, a seconda delle necessità di un gruppo dirigente sempre più distante dal comune sentire degli iscritti e dei simpatizzanti. Questo vale per le primarie, ma come dimenticare il limite di mandato per i rappresentanti nelle assemblee elettive: una asticella che viene alzata o abbassata a seconda delle esigenze, in nome di un rinnovamento che deve interessare sempre gli altri, mai se stessi. Cosa dire poi dell'atteggiamento pilatesco rispetto a una "questione morale" che in Sardegna lambisce, non marginalmente, il Pd, alcuni dei suoi esponenti e dei suoi amministratori più in vista.
Un silenzio omertoso, squarciato da un qualche balbettio imbarazzato per giustificare candidature in palese contrasto non solo con il codice etico del partito, ma soprattutto in contrasto con il buon senso e l'intelligenza dei militanti. Un partito, il Pd, che finisce per punire la lealtà, la competenza, il fare disinteressato di quanti operano all'interno di una dimensione etica della politica, e premia, invece, l'incompetenza, l'ipocrisia, la furbizia, il pragmatismo bottegaio senza valori e ideali…

Liste PD & dimissioni - EmilianoDeiana
Antonio Gramsci scriveva il 24 maggio 1916 che "i sardi passano per lo più per incivili, barbari, sanguinari ecc.ecc., ma non lo sono evidentemente quanto necessario per mandare a quel paese gli scopritori di buona volontà".
Questo pomeriggio ho rassegnato le mie dimissioni irrevocabili da coordinatore (in coabitazione con Romina Mura che farà le sue scelte...) del Forum Regionale "Piccoli Comuni ed aree rurali", il mio unico ruolo all'interno del Pd. L'ho fatto con una nota al Segretario Regionale Silvio Lai che ringrazio per avermi dato questa opportunità, ma verso il quale - in quanto espressione massima del Partito in Sardegna - dovevo rappresentare il disappunto per la composizione delle liste del Pd in Sardegna.
Il Pd è il mio partito, il partito per il quale ho deciso di impegnarmi in politica e tale resterà.
Ma non posso tacere tutto il disagio mio e di molti altri per come sono state gestite le ultime settimane e le regole che hanno condotto a questo disastro.
Il punto politico che ho evidenziato con la contestazione aspra sulle regole delle Primarie e con la conseguente configurazione delle liste è il seguente: la Sardegna non esiste, vittima dell'azione correntizia nazionale. Non esistono i suoi problemi, la sua gente, i territori, le comunità e i lavoratori. La Sardegna è stata espulsa dalle decisioni e trattata - ma non è la novità bensì la costante - da serva.
Siccome sono una persona normale, di intelligenza normale penso che chiunque dotato di un barlume di lucidità si rendesse conto che l'approvazione di quelle regole avrebbe legittimato l'abuso per una terra già abusata per la disoccupazione, per le servitù militari, per i trasporti, per l'assenza di rappresentanza istituzionale in Europa, per l'esiguità di rappresentanti (la Sicilia ha sessanta fra deputati e senatori) nel Parlamento. Ed allora se chiunque poteva vedere il rischio non riesco a capacitarmi di come mai quel rischio non sia stato avvertito come incombente.
In perfetta solitudine l'ho detto: quelle Primarie, quelle regole avrebbero assegnato alla Sardegna, nella visione dei vertici nazionali del Partito Democratico, il ruolo di serva così come spesso gli è stato assegnato il ruolo di pattumiera. E contestavo l'inerzia del Partito in Sardegna che, nonostante i voti unanimi di Direzione ed Assemblea Regionale, non ha mai stabilite le regole affinchè primarie vere si tenessero nella nostra terra…