martedì 30 luglio 2013

un concerto di Esperanza Spalding

Spettacolo ignobile

Le donne incinte di Istanbul hanno organizzato una manifestazione di protesta contro un un noto avvocato e intellettuale sufi che durante una trasmissione serale sulla rete tv  TRT ha detto che le donne in attesa che si mostrano in pubblico sono uno spettacolo “ignobile”. Accanto a loro, erano presenti anche i loro compagni con dei cuscini sotto la maglietta. Lo slogan: “il nostro corpo è nostro”. Il noto avvocato e intellettuale sufi è Omer Tugrul Inançer e queste le sue dichiarazioni: «Annunciare una gravidanza con uno squillo di trombe è contro la nostra civiltà. Non dovrebbero andarsene in giro per la strada con quelle pance. Prima di tutto è contrario all’estetica. Dopo sette o otto mesi di gravidanza le future madri possono uscire con i loro mariti in auto per prendere un po’ d’aria. Ma oggi sono tutte in televisione: è ignobile, è immorale».
Non solo, il giorno dopo ha chiarito all’agenzia Anadolu: «Ti sposi e resti incinta. Va tutto bene, ma questo non può essere un motivo per il quale te ne vai in giro roteando la pancia. Questa immagine non è estetica. Sono cose da venerare e le cose da venerare vanno trattate con rispetto». La sua teoria è inoltre che le aziende concedono permessi di maternità alle dipendenti proprio per permettere loro di restare a casa. La Direzione per gli affari religiosi, pensando di prendere le distanze ha fatto sapere in un comunicato che «nell’Islam non c’è isolamento nei confronti delle donne» e che «la maternità è un dono». Tuttavia, si legge, «le donne incinte dovrebbero prestare maggiore attenzione al loro modo di vestire, ogni donna dovrebbe farlo. Non dovrebbero indossare abiti che ne mostrino il ventre o le spalle». Su Twitter, l’hashtag è #resistpregnant.

sabato 27 luglio 2013

a Sofia, intanto

E’ il movimento Dans – deriva dall’acronimo del ministero dell’interno ma anche da ‘danza’ – che guida le proteste che hanno portato per 40 giorni in piazza migliia di cittadini, per lo più giovani, contro la scelta di nominare il boss dei media bulgari, Delyan Peevski, già implicato in precedenti casi di corruzione, quale responsabile della sicurezza del paese.
Il movimento di protesta si chiama «Dance with me», da ciò l’hashtag #ДАНСwithme: ДАНС è infatti l’acronimo bulgaro di Dipartimento di sicurezza nazionale. La decisione di porre quest’uomo al vertice di un organismo così importante, definita dal leader socialista Stanishev come «una scelta fuori dagli schemi» ha rappresentato l’ennesimo passo falso per il governo tecnico, guidato Plamen Oresharsky. Il neo-premier, presentatosi ai bulgari come un tecnico, capace di risolvere con austerità e moderazione i più urgenti problemi del Paese, era riuscito a riaccendere la speranza di cambiamento nella cittadinanza. Ma a seguito del caso Peevsky, ogni aspettativa positiva nei suoi confronti è stata stroncata.
La “danza” cominciata dai giovani bulgari che non vedono un futuro davanti a sé sta contagiando tutto il popolo bulgaro. E le ragioni non mancano: la Bulgaria è il Paese con il più basso reddito pro capite della Comunità Europea (400 € al mese) e il costo per l’elettricità è raddoppiato, tanto che gran parte dello stipendio di un cittadino medio è utuilizzato per pagare luce e riscaldamento. A far da contraltare alla miseria dei più è l‘ostentata opulenza di oligarchi e mafiosi, che troppo spesso stanno tra le le fila di Stato, servizi segreti o polizia, come Peevski…
continua qui

re Giorgio

“Ieri però è intervenuto nel dibattito politico, perché questo è un dibattito politico, chi sta sul Colle, a dimostrazione del fatto che…
Scusi, non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato, lasciamolo fuori da quest’aula (applausi scroscianti).
Io penso che… io penso che… sia ammissibile fare delle riflessioni e le facciamo a voce alta, per cui per noi tutto questo avviene in trasparenza. Se poi sbaglierò dovranno essere i cittadini a valutare. Il nostro Presidente della Repubblica… Il nostro Presidente della Repubblica…
Lei è invitato a lasciarlo fuori.
… ha condiviso, lo cito, …
No, Lei non può citarlo.
… una storia inaudita.

L’attuale presidente della Repubblica che funge da presidente del consiglio dei ministri e forse da capo indiscusso del Pd e del Pdl deve capire che non siamo in una monarchia costituzionale con a capo Re giorgio primo ma in una…
- Lei non può parlare così del presidente della Repubblica, ne abbiamo già discusso e non può chiamare in causa il capo dello Stato.
Ma il presidente fa parte della Repubblica…, Va bene allora lo chiamerò l’innominabile. Dovrebbe guardarsi allo specchio….
- Se Lei continua sono costretta a toglierLe la parola….
Io non ho nominato nessuno e non posso nominare chi non ho nominato.
- Ho richiamato il collega Colletti a non chiamare in causa il Presidente della Repubblica, l’ho esortato a non farlo.

questo dialogo, degno del Soviet Supremo dell’epoca si Stalin oppure del teatro dell’assurdo di Jonesco, si è svolto oggi alla Camera dei Deputati della repubblica italiana: le battute in corsivo sono della presidente Boldrini, le altre del deputato 5 Stelle Colletti.
da qui

numeri che spariscono, il 27, per esempio


A cascata, in questa Italia in cui la moneta circola sempre più lentamente, saltano le date dei mutui, gli affitti, le bollette degli infermieri e dei medici. C'è anche a chi va peggio di così, in verità. E non è solo il fatto che negli ospedali del San Raffaele, il gruppo degli Angelucci, i ritardi sono generalizzati e arrivano a 90 giorni per esempio a Cassino. Perché ciò che accade è qualcosa di più ampio e diffuso: quasi ovunque in Italia, da Nord a Sud, in quasi tutti i settori legati ai pagamenti dello Stato, si trovano lavoratori che hanno scoperto l'incertezza. Per loro il 27 del mese, la data simbolo della busta paga, è diventato un giorno di tensione, delusioni e espedienti per tirare avanti.

Il fenomeno è così nuovo che non sembrano esistere statistiche per catturarlo. Ma qua e là anche i dati, non solo gli aneddoti, ne rivelano la portata. In Sicilia una miriade di piccoli comuni sotto i 5000 abitanti è indietro negli stipendi ai dipendenti da quando è stato introdotto il federalismo fiscale ed è stata sospesa la prima rata dell'Imu, l'imposta municipale sugli immobili. 

La provincia di Vibo Valentia non paga gli impiegati da quattro mesi e, stima Luciano Belmonte della Cisl, nel settore edile in Calabria un addetto su tre vanta arretrati dalla propria impresa. In provincia di Torino l'anno scorso quasi mille persone (più 26% sul 2011) si sono dimesse "per giusta causa", un modo per ottenere un sussidio quando l'azienda smette di versare i compensi. A Roma il 10% dei casi dell'ufficio vertenze Cgil riguarda stipendi e salari versati in parte o niente affatto. Una grande impresa edile appaltrice dell'Anas come Impresa Spa non viene pagata dal committente e, accusa la Cgil, da tre mesi non paga i suoi 700 addetti. 

Sempre nella capitale, si diffondono progressivamente i pagamenti dilazionati degli stipendi e dei salari anche nell'istruzione pubblica e privata: il Comune di Roma non paga per tempo gli asili nido convenzionati, che a loro volta non pagano le maestre; centinaia di supplenti della scuola pubblica lamentano alla Cgil ritardi nei compensi dovuti da parte del provveditorato agli Studi; e all'università La Sapienza, anch'essa statale, cento ricercatori con contratti a tempo determinato non vengono remunerati da otto mesi…

venerdì 26 luglio 2013

Il mondo al contrario - Eduardo Galeano

Il 20 marzo dell’anno 2003 l’aviazione irachena ha bombardato gli Stati Uniti. Subito dopo le bombe, le truppe irachene hanno invaso il suolo degli Stati uniti. Ci sono stati danni collaterali. Molti civili, la maggior parte dei quali donne e bambini, sono stati uccisi o mutilati. Nessuno sa quanti, perché la tradizione ordina di tabulare le perdite sofferte dalle truppe che invadono e proibisce di fare la conta delle vittime tra la popolazione che è stata invasa.
La guerra era inevitabile. La sicurezza dell’Iraq e di tutta l’umanità era minacciata dalle armi di distruzione di massa accumulate negli arsenali negli Stati uniti. 
Non c’era però una base alle voci ingannevoli che indicavano che l’Iraq intendeva mantenere tutto il petrolio in Alaska.
da qui

giovedì 25 luglio 2013

Zero Kill - Y. B.

un libro divertente e serio, analizza e prende in giro il mondo estremista algerino, e vale, mutatis mutandis, per un sacco si gente sparsa nel pianeta.
se uno lo trova, merita la lettura, sicuro - franz


…Ciò che legge il lettore è invece un delirio grottesco che parla di questi anni, di una realtà infernale che fa il bagno nel sangue, nel petrolio, nei dollari.
Idea ingegnosa quella di tradurre nella nostra lingua Zero kill, satira “interna”, atto insolente, attacco viscerale, appuntito, che scorre alla velocità della luce e bersaglia/esorcizza tutti gli incubi pre-post 11 settembre. Sfruttati, cialtroni, canaglie di medio e grosso calibro, mujaheddin e carne da jihad. Y. B., burattinaio dalla fervida immaginazione, aggiunge al brodo di topoi da stracciare anche gli X-Files (ma io non vi ho detto niente: bisogna leggere, leggere, leggere...).
  
…non mancano elementi di interesse. La cosidetta "primavera araba" era lontana, ma si percepiscono chiaramente quei segni di quella che nel suo illuminante saggio Samir Kassir definiva "L'infelicità araba". Cioè quella situazione di scacco, senza via d'uscita, in cui si trovano i giovani e le donne in tutti i paesi dell'altra sponda del Mediterraneo. Yassir Benmiloud cerca una via di fuga nell'ironia e nel grottesco, nella provocazione e nell'umorismo pulp. Tutte cose che, alla lunga, possono risultare un po' noiose e certamente sterili. Ma se vogliamo prendere un po' più sul serio questo romanzo breve, rimane aperto il problema del "romanzo arabo", che raramente riesce a trovare il pubblico, in patria e all'estero, malgrado l'indubbio talento dell'autore.
da qui

mercoledì 24 luglio 2013

Il mio rifiuto di regalare alla polvere la "polvere kasteddaia" di Bellas Mariposas - Gaetano Marino

Nella tre giorni di Campidarte ad Ussana, luglio 2013, per la prima volta si son ritrovati migliaia e migliaia di ragazzi. Vista dalla collina di Dolianova quella nube di gioventù pareva un esodo in grande stile, meraviglioso colpo d'occhio. Alcune settimane prima gli organizzatori, tre ragazzi diplomati al Politecnico di Milano, uno sardo e due milanesi, di grande volontà e pieni di sogni, avevano accolto la proposta di presentare i miei lavori (teatro/musica/video) all'interno del progetto. Bellas Mariposas di Atzeni compreso. Grandi attese dunque e ambiziose speranze.
Il primo giorno del festival è stato, aimè, devastante (la stanza dei crimini, video), ignorato da tutti. Leggerezza m'è sembrata. Il secondo giorno, a seguito di richieste astruse e imbarazzanti decido di non proseguire e di abbandonare l'avventura, per cui parecchi amici mi scrivono su FB chiedendo perché non fossi presente ed ecco la mia risposta: cari amici, avete visto che bella situazione vero? migliaia di umanoidi in fasce, ragazzini avvinazzati e gonfi di birra, tralascio le altre cosucce, disordine e polvere polvere dappertutto, nessun segnale dello spettacolo, neppure un misero annuncio durante il concerto, organizzazione (al botteghino) che neppure sapeva dove come e quando ci sarebbe stato l'evento, che agiva senza nemmeno avere un codice di coordinamento generale. no, io il mio Bellas Mariposas non lo getto in una strada polverosa così, non me la sento di condividere la mia polvere con questa deprimente e ridicola idea culturale, supponente e per giunta "a gratis" (poi vai a scoprire che gli incassi in generale sono stati notevoli!). mi dispiace, amici miei, per il tempo che abbiate perso per arrivarci e per la delusione, ma non mi sento responsabile di questa leggerezza che sa di radical free aristo-freak e hipsters (cit.) impregnata di ignoranza e grezzume internettiano arraffazzonato su uiichipedia... sentirsi poi urlare in faccia con orgoglio dallo speaker sul palco che quella non è una rassegna che si basa su un concetto filosofico, né ideologico, né politico e né intellettuale, ma che si spaccia di contro per progetto d'arte, francamente sa di nichilismo becero e insulso, che non va da nessuna parte (pericoloso, molto pericoloso!)...

Il cuore muto – Sergio Pent

un libro che non ti aspetti, una storia con cinema, muto, contestazione anni '70, amore, fascisti, e tante altre cose, a Torino, mescolate e scritte in modo che non ti annoi un minuto.
bello, da cercare, e leggere, sopratutto, nessuno se ne pentirà, promesso - franz



Per coinvolgere il lettore, per appassionarlo, per tenerlo incollato alla pagina, non è necessario - tuttavia - rinunciare ad altre caratteristiche essenziali, quali il valore intrinseco della prosa, la trasmissione di un messaggio più o meno recondito, la suggestiva rappresentazione della realtà. 
Con “Un cuore muto”, pubblicato nel 2005 dalla casa editrice E/O, Sergio Pent - scrittore e noto critico letterario - riesce a coniugare la duplice esigenza di coinvolgere il lettore e fare buona letteratura. Pent racconta una storia complessa avvalendosi di una scrittura intensa senza abbandonarsi ai pleonasmi narcisistici di certa letteratura barocca autoreferenziale. Così come per il precedente romanzo, “Il custode del museo dei giocattoli”, in “Un cuore muto” l’autore elabora una complessa struttura narrativa valorizzata dall’ausilio di differenti piani temporali che attraversano la storia del Novecento italiano: dalle origini del cinema muto alle efferatezze del fascismo, dagli anni di piombo del post-sessantotto alle contraddizioni della società globalizzata…

…L'io narrante, insomma, sposa la sentenza dell'amato Grande Gatsby − "Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinte senza posa nel passato" − e così la chiosa: "È questo che mi accade, ogni volta che guardo indietro. Perché quel che mi aspetta, per tanto che sia, non sarà mai più importante come quel poco che ho perso, senza appello". La perdita della ragazza amata si lega alla perdita, l'anno seguente, delle residue illusioni di accesso al mondo di Cinecittà; fine della giovinezza come fine delle ambizioni, dunque: la frase memoranda di Norma, "il tempo non ci aiuta a capire, ma solo a ricordare", martella nella sua mente nella parte "in cornice" del romanzo, ambientata nel 2001, quando decide di rivedere, al Museo del cinema della Mole Antonelliana, l'unico film superstite di Norma D'Abate, di ritrovarne la prodigiosa seduttività nelle immagini bolse di Rapiti dal destino.
In fondo, il suo è un percorso speculare a quello di Norma, che lasciò il cinema per essere buona moglie di un marito mediocre, per cicatrizzare il ricordo delle violenze subite da Valmorin e della perdita di un "figlio della colpa" che l'amante le sottrae alla nascita. Per la complicità creatasi durante l'intervista, Norma chiederà all'io narrante di improvvisarsi detective e andare sulle tracce dell'amante e del figlio perduto: ed è la parte in cui il talento comico di Pent dà la miglior prova di sé (memorabile la visita all'ospedale psichiatrico!). Il resto del romanzo è invece sospeso tra quieta elegia e sdegno frenato, in un tono che si nutre di salutare ironia e autoironia ma che indulge, forse un po' troppo, alla tentazione gnomica…
da qui

Se la stabilità si trasforma in idolatria - Barbara Spinelli

...La stabilità assurge a valore supremo, non negoziabile, e se vogliamo custodirla dobbiamo disgiungerla da princìpi democratici essenziali come l'imperio della legge, la responsabilità del governante, la sua imputabilità: tutte cose che turbano. Viviamo nel regno della necessità e del sonno, non della libertà e del divenire. Non c'è alternativa alle larghe intese, da cui ci si attende nientemeno che la pace, o meglio la pacificazione. Cos'è stata ed è l'opposizione a Berlusconi? Guerra. Le critiche a Alfano? Guerra. L'Italia ha già vissuto epoche simili, a bassa intensità democratica: sin da quando fu necessario, nella Liberazione, far patti con la mafia. O nella guerra fredda, escludere i comunisti dal governo. Stesso clima negli anni della solidarietà nazionale contro il terrorismo, dell'emarginazione di Falcone e Borsellino durante le stragi di mafia. La storia dell'Italia postbellica è cronicamente all'insegna della stabilità idolatrata.

Il mito delle larghe intese è figlio di questa idolatria. Dalla convinzione, diffusa nei vari partiti, che i mali del Paese siano curabili solo se lo scontro politico s'attenua, fra destra e sinistra: se i contrari si fondono, ut unum sint. Si glorifica il compromesso storico, e sulla sua scia le grandi coalizioni, le strane maggioranze. È un mito che urge sfatare, e non solo perché il Pdl di Berlusconi non è comparabile alle destre europee. Più fondamentalmente, il mito è un inganno...

...Come nella guerra la prima vittima è la verità, così nelle grandi coalizioni la prima vittima è il principio, autocorrettore, della responsabilità dei ministri, collettiva e individuale (art. 95 della Costituzione). Prioritario è durare: la sacrata stabilità è a questo prezzo. Il prezzo di una responsabilità triturata dai sofismi (è politica? o oggettiva?), di una Costituzione disattesa, o di una moratoria chiesta dalla destra sulle questioni etiche (leggi su omofobia o coppie gay: una promessa elettorale della sinistra). Difficile chiamare stabilità questo non strano, più che ovvio guazzabuglio...
...Le unioni nazionali funzionano sempre male, ma se funzionano è perché ciascuno riconosce e rispetta i limiti che il partner non può valicare senza rinnegarsi. La grande coalizione di Weimar naufragò perché Hindenburg l'aveva suscitata col preciso intento di consumare i socialdemocratici. La morte della democrazia parlamentare era programmata dall'inizio; il governo presidenziale di Brüning, ultimo Cancelliere della Repubblica, era già da tempo concordato tra Centro cattolico e destre popolari.

I guai succedono quando l'abitudine alla non-responsabilità diventa tassello principale della stabilità, o governabilità. Enorme è il chiasso, ma ogni cosa stagna: è la stasi. Nessuno si avventuri a staccare spine, ammonisce Napolitano. Tantomeno si provi a irritare i mercati e le banche d'affari, che già l'hanno fatto sapere: non si fidano di Stati con Costituzioni nate nella Resistenza (rapporto di JP Morgan del 28-5-13). Per questo è interessante sapere quel che intenda la Banca d'Italia, quando nell'instabilità vede un freno alla crescita. Quale stabilità?

Ci sono momenti in cui si ha l'impressione che l'Italia abbia vissuto nel Regno della Necessità quasi sempre, tranne nel momento magico del Comitato di liberazione nazionale, della Costituzione repubblicana. I governanti che sono venuti dopo sono stati potenti stabilizzatori, più che responsabili. Quando parla al popolo, lo stabilizzatore gli dà poco rispettosamente del tu e d'istinto cade nel frasario del gangster: "Ti faccio un'offerta che non potrai rifiutare".

domenica 21 luglio 2013

come dopo la guerra, forse peggio

Dopo aver imposto una politica di austerità in tutta Europa, Algela Merkel mette l'acceleratore al cosiddetto "sistema duale", che vedrà connettersi la formazione scolastica con l'avviamento alla professione.
Un processo già avviato dalla Gelmini, che ha avuto un buono scarto durante il Governo Profumo e che troverà la realizzazione piena sotto il Governo Letta.
Così, giorno 14 giugno si è svolto un vertice tra Francia, Germania, Spagna e Italia con lo scopo di  affrontare le questioni riguardanti la disoccupazione giovanile e concretizzare un pacchetto di iniziative che coinvolgano anche l'istruzione.
Il vertice giunge dopo una serie di accordi bilaterali tra Germania e gli altri paesi che hanno partecipato al vertice.
Lo scopo? avviare un sistema unitario che preveda una formula mista di formazione scolastica e avviamento professionale.
In questa direzione sono andati i suggerimenti all'Italia sul potenziamento dell'istruzione tecnica e professionale giunti da varie voci e che hanno trovato una prima concretizzazione a Berlino nel mese di dicembre con un accordo tra i diversi paesi europei e firmato per il nostro paese dal sottosegretario Ugolini.
La Germania ha così finanziato, ad esempio, in Portogallo progetti di scuola-apprendistato, stesso in Spagna con la quale è previsto il trasferimento di 5.000 giovani spagnoli da formare ed eventualmente assumere in Germania.
Il  2012 ha visto un aumento di emigrazione verso la Germania dagli altri paesi europei, soprattutto dei cosiddetti Pigs, che a quanto pare sono un fastidio per il colosso solo quando si tratta di tagliare la spesa pubblica arenando l'economia e non quando offrono manodopera a basso costo.
Così dalla Spagna sono giunte nelle fredde terre germaniche 20.000 giovani (il triplo rispetto al 2008), 34.000 dalla Grecia, 11.000 dal Portogallo, e ben 42.000 dall'Italia.
Chiaramente coloro che hanno "competenze tecniche" riescono ad inserirsi meglio nel mondo del lavoro, ma spesso con retribuzioni inferiori rispetto ai tedeschi.
Il problema della lingua viene spesso risolto con corsi organizzati dalle aziende stesse, ma si punta ad un'azione più incisiva, con corsi di tedesco durante le esperienze scuola-lavoro, bisogna pensarci per tempo.
La Germania ha fretta e la Merkel invita i paesi ad avviare queste "riforme" e suggerisce ai giovani, in contemporanea con il pressing di Enrico Letta al vertice di roma sulla disoccupazione europea, a "muoversi": nel senso letterale del termine.
"Bisogna avere maggiore mobilità", afferma, "Per trovare lavoro - dichiarazioni rilasciate alla Bbc - i giovani disoccupati devono muoversi". E paragona questa necessità contingente per molti paesi europei a quanto accadde nell'Europa dell'Est, quando "in molti furono costretti a muoversi verso il Sud del Paese".
Nel frattempo Letta incassa il sì per l'anticipo dei fondi di garanzia dei giovani al 2014-15, per preparare un piano da attivare dal primo di gennaio 2014. Si tratta di 400 milioni, concentrati in due anni, invece di sette. Ma per ottenere i fondi l'Italia dovrà rivedere i sistemi di formazione e transazione dalla scuola al lavoro, dirigerne una parte per finanziare programmi di mobilità in Europa, e spostare la tassazione dal lavoro ai consumi. Germania Gongola.

La Germania chiede insomma che i giovani del sud siano appositamente formati in scuole tecniche con corsi di tedesco, e poi inviati a lavorare nella Grande Germania che ha bisogno di manodopera.
Io li immagino salire sui treni, con la valigia legata con lo spago, mentre salutano mamme con la veletta e nonne vestite di nero e l'altoparlante della stazione diffonde le canzoni del trio Lescano. Settant'anni sono passati invano, eccoci di nuovo al punto di partenza.
E di nuovo, abbiamo un governo che supinamente acconsente a mandar braccia in cambio di nulla, a farsi servo di stranieri chiaramente sulla strada di distruggere l'Europa intera e non per la prima volta…

Il Lettamaio(r) - Marcello Adriano Mazzola

Riassumendo: un Presidente della Repubblica che si comporta come se il nostro sistema fosse una repubblica presidenziale, che invia ogni giorno vibranti messaggi condizionando e dettando ogni scelta politica;
un Presidente del Consiglio che è mero esecutore del primo, tanto è genuflesso ed ossequioso;
un Presidente del Senato che ammonisce chiunque invochi il nome del primo, al pari di un gravissimo sacrilegio (quasi fosse una divinità Atzeca, forse Huitzilopochtli, ossia il “colibrì sinistro”);
un Presidente della Camera che fa politica arrogandosi il ruolo della paladina dei diritti civili (ma solo di alcuni, degli altri non importa, anzi li disprezza) da uno scranno che però non deve essere politico per eccellenza, così di fatto inventandosi il primo “corner woman” istituzionale;
le Camere che vengono relegate ad un ruolo secondario, ratificatore di scelte intraprese dall’esecutivo, così gravemente cedendo il potere legislativo al potere esecutivo; un potere legislativo composto già discutibilmente dal porcellum (l’unico vero strumento che somigli al suo ideatore) che espropria gli elettori dell’esercizio pieno e consapevole del diritto di voto;
i partiti che governano oramai indistinguibili l’uno dall’altro nei tratti principali della politica;
una sovranità nazionale ceduta al primo paese economicamente conveniente con Ministri che dichiarano pubblicamente di nulla sapere, così rendendosi doppiamente ridicoli, giustificati dai partiti che governano;
un vicepresidente del Senato che può impunemente propalare xenofobia allo stato puro senza che venga preso a calci nel deretano; una giustizia che agonizza davanti a tutti e i diritti dei cittadini che galleggiano putridi alla deriva;
un fisco iniquo, aggressivo con i deboli e debole con i forti, armato costantemente dal legislatore con norme surrettizie; una spesa pubblica parassitaria, iniqua e malevola (quella che serve solo ad arricchire una pletora di massoni, si pensi anche agli F35, oppure al Ponte sullo Stretto o a tante grandi opere inutili per la collettività ma assai utili per alcuni) che è rimasta inalterata;
un sistema culturale composto da una scuola incerottata, da una università dove la meritocrazia è assente e dove la ricerca è scarsa o discutibile, dallo scempio dei beni culturali e paesaggistici, stuprati giornalmente dalla incuria e dalla stoltezza invece che brillare ed arricchire il Pil;
un sistema bancario immobile, interessato solo a non fare esplodere la bolla immobiliare così dovendo (ri)correre alla ricapitalizzazione, dunque al default; una povertà sempre più diffusa, trasversale e profonda, tanto economica quanto morale;
un dibattito a spirale, una sorta di Ballarò infinito dove si ripetono sempre le stesse cose e si individuano le stesse ricette (dovremmo tagliare il cuneo fiscale, il costo del lavoro, aggredire la vera evasione, investire nella ricerca, riformare la giustizia e il fisco) ma nulla si fa e dove Confindustria ogni giorno denuncia che centinaia di imprese chiudono o vanno all’estero.
Riassumendo tutto ciò, è palese come il grande letamaio nel quale ci si trova, non può essere bonificato spostando l’Imu o l’Iva di qualche mese. Perché tale scelta è una non-scelta, ma ancor peggio è una scelta cialtrona, pavida, meschina, inutile che mi evoca le sorelle Bandiera quando cantavano “Fatti più in là, così vicino mi fai turbar, fatti più in là .. a .. a, così la testa mi fai girar, (…) io lo so per me son guai, fatti più in là, che turbamento sento arrivar, fatti più in là, già la pressione mi fai alzar, (…) che male che mi fai”.
Ciò che occorre è una classe dirigente politica (ma anche nella società civile) che sia onesta, capace, scelta per meriti e oculatamente (non occultamente), coraggiosa, sognatrice, che pensi esclusivamente al bene comune. Che faccia tabula rasa di un passato indegno che condiziona pesantemente il futuro, compromettendolo in modo definitivo.
Se non prenderemo coscienza che l’unica soluzione salvifica è una vera, profonda, durevole rivoluzione, rimarremo tutti con la testa conficcata nel grande letamaio. Una democrazia affetta da ipossia è una democrazia morta.

Perturbamento - Thomas Bernhard

leggere Bernhard non lascia indifferente, come con Saramago, una scrittura che devi entrarci dentro e ascoltare, non è roba che non ti impegna, devi partecipare, lasciare che la storia vada avanti e non mollare, ne sarai ripagato.
Thomas Bernhard racconta come se stesse parlando di un'autopsia, di mondi scomparsi o che meritano di scomparire, senza troppa pietà.
e nessuno si può considerare escluso - franz



Un medico condotto della Stiria, accompagnato dal figlio, fa un giro di visite: insieme a loro, dalla prima frase fin oltre l’ultima, siamo presi in un «perturbamento» che avvolge tutto come uno scirocco metafisico. Una vibrazione di malattia e di tristezza emana dalla psiche e dalla natura. La campagna, qui, è il luogo prediletto della brutalità: dal caldo opprimente dei fienili, dove i bambini hanno paura di morire soffocati, al gelo segregato di un castello, a picco su una gola ostile alla luce: ovunque si percepisce un invito alla distruzione, un incoraggiamento all’ansia suicida. Le porte si aprono ogni volta su qualcosa di atroce: la moglie di un oste malmenata a morte, senza ragione, dagli avventori del locale; una vecchia maestra in agonia, con «il sorriso delle donne che si destano dal sonno sapendo di non avere più speranza»; una fila di uccelli esotici strangolati, perché i loro lamenti sono assordanti. In uno stile asciutto, protocollare, Bernhard elenca i relitti del dolore, finché la scansione inflessibile, martellante dei fatti lascia il posto all’immane delirio dell’ultimo infermo: il principe Saurau, raggelato da un eccesso di lucidità, scosso da un continuo frastuono nella testa, abbandonato ormai a una «micidiale tendenza al soliloquio». Nelle sue parole incessanti confluiscono e si dilatano i frammenti dell’orrore che già abbiamo traversato. Ma qui essi vengono scalzati dalla loro fissità e presi in un vortice, il moto perpetuo del «perturbamento». Perturbamento è stato pubblicato per la prima volta in Germania nel 1967.

…ma il disprezzo rimane; un disprezzo che sfianca ed esaurisce il lettore, perché è così estremo e incurante d’ogni altra sensibilità che finisce con l’andare a scrivere, nelle nostre menti, un secondo libro; dedicato e intitolato, per così dire, alla radice del perturbamento: la coscienza della passata grandezza, dello splendore e dell’intelligenza d’un impero e d’una nazione, che sembrano assolutamente smarrite.  Non si può negare quel che è stato: non si può dimenticare: ma la comparazione con il presente è così grottesca e stridente da impedire ogni serenità e ogni auspicio di rinascenza. 
Verrebbe da dire: ogni lucidità. Difficile pretenderla, tuttavia, in chi, austriaco, ha dedicato un’esistenza a scavare una fossa più profonda ancora per l’Austria, scandendone miserie, fallimenti, suicidi e grettezza con precisione e puntualità impeccabile e implacabile...

venerdì 19 luglio 2013

"Pasolini l'enragé", intervista di Jean-André Fieschi.



QUI con i sottotitoli in italiano, in 5 parti


Ulrike Meinhof

«Se uno lancia un sasso, il fatto costituisce reato. Se vengono lanciati mille sassi, diventa un’azione politica. Se si dà fuoco a una macchina, il fatto costituisce reato. Se invece si bruciano centinaia di macchine, diventa un’azione politica. La protesta è quando dico che una cosa non mi sta bene. Resistenza è quando faccio in modo che quello che adesso non mi piace non succeda più.»
da qui


intervista del 1970:



una canzone di Giovanna Marini:



una canzone di Claudio Lolli:



Il giorno di solito comincia sporco 
come l'inchiostro del nostro giornale 
scritto sui bianchi muri delle prigioni della repubblica 
federale. 
Che giorno per giorno avanzando tranquille 
son quasi davanti alla tua finestra 
con un corteo di stesse e scintille e i tamburini la banda 
l'orchestra. 
Spegnete la luce pensava Ulriche 
che la foresta più nera è vicina, 
ma oggi la luna ha una faccia da strega 
e il sole ha lasciato i suoi raggi in cantina. 
Spegnete la luce pensava Ulriche 
che la foresta più nera è vicina, 
ma un jumbojet scrive "viva il lavoro" 
col sangue, nel cielo di questa mattina. 

Con un megafono su un autobus rosso 
un Cristo uscito dal Circo Togni 
comincia un comizio con queste parole 
"disoccupate le strade, dai sogni, 
disoccupate le strade dai sogni 
sono ingombranti, inutili, vivi 
i topi e i rifiuti siano tratti in arresto 
decentreremo il formaggio e gli archivi. 
Disoccupate le strade dai sogni, 
per contenerli in un modo migliore, 
possiamo fornirvi fotocopie d'assegno, 
un portamonete, un falso diploma, una ventiquattrore. 
Disoccupate le strade dai sogni, 
ed arruolatevi nella polizia, 
ci sarà bisogno di partecipare 
ed è questo il modo 
al nostro progetto di democrazia. 
Disoccupate le strade dai sogni 
e continuate a pagare l'affitto 
ed ogni carogna che abbia altri bisogni 
dalla mia immensa bontà sia trafitto. 
Da oggi è vietata la masturbazione 
lambro e lambrusco vestiti di nero 
apriranno le liste di disoccupazione 
chiudendo poi quelle del cimitero, 
e poi, e poi, 
poi costruiremo dei grandi ospedali, 
i carabinieri saranno più buoni, 
l'assistenza forzata e gratuita per tutta la vita 
e un vitto migliore nelle nostre prigioni. 
Disoccupate le strade dai sogni 
e regalateci le vostre parole, 
che non vi si scopra nascosti a fare l'amore 
i criminali siano illuminati dal sole. 
Disoccupate le strade dai sogni, 
disoccupate, disoccupate. 
Disoccupate le strade dai sogni, 
disoccupate, disoccupate. 
Disoccupate le strade dai sogni, 
disoccupate, disoccupate. 
Disoccupate le strade dai sogni, 
disoccupate, disoccupate ... " 

A questo punto arriva un trombone 
cammina col culo però sembra alto 
intona commosso una strana canzone 
il Cristo la canta e mi è addosso, in un salto. 
"Disoccupate le strade dai sogni 
non ci sarà posto per la fantasia 
nel paradiso pulito operoso 
della nostra nuova socialdemocrazia." 

A questo punto mi butto dal cielo mi butto dal letto 
e do un bacio in bocca a un orribile orco 
e lecco l'inchiostro, lecco l'inchiostro, del nostro giornale. 

E' vero che il giorno sapeva di sporco 
E' vero che il giorno sapeva di sporco 
E' vero che il giorno sapeva di sporco 
E' vero che il giorno sapeva di sporco

Mi riconosci - Omaggio (di Andrea Bajani) ad Antonio Tabucchi

giovedì 18 luglio 2013

qualche distrazione della mediocrità

Con grande sorpresa della comunità matematica internazionale lo scorso mese di aprile uno sconosciuto ricercatore sino-americano, Yitang Zhang, ha pubblicato la soluzione a uno dei più antichi problemi sui numeri primi, conosciuto come la congettura dei numeri primi gemelli. La carriera di Zhang si è svolta ai margini della comunità accademica: a quasi cinquant’anni è ricercatore (lecturer) presso un’università piuttosto defilata, per dei periodi ha lavorato come ragioniere, come “pony express” di un ristorante di New York, in un motel nel Kentucky e infine in un negozio di panini.  Questo caso mostra la vacuità della retorica della selezione dell’eccellenza che secondo alcuni, sempre curiosamente pronti a spiegare come si faccia per raggiungerla, deve iniziare dalla scuola superiore: una prospettiva che nasce, oltre che da un accecamento ideologico, da un fondamentale fraintendimento di come la scienza e la ricerca avanzi – non guidando comodamente in un’autostrada dritta ma muovendosi faticosamente in un terreno accidentale e intricato. 
D’altra parte questa situazione pone un problema molto complicato a chi si occupa di valutazione accademica: come scegliere chi reclutare, chi promuovere, chi finanziare? Vanno di moda i criteri che promettono di selezionare l’eccellenza, come se fosse possibile identificare le ricerche che potranno portare a scoperte importanti standosene seduti in qualche commissione e facendo riferimento solo alla popolarità accademica-sociologica (indici bibliometrici) dei vari ricercatori.  La domanda centrale è allora questa: il caso di Zhang è unico e irripetibile o vi sono stati, nel corso della storia e in discipline molto diverse, frequenti casi analoghi di ricercatori marginali che hanno fatto scoperte importanti?
Come ha mostrato il filosofo della scienza Donald Gillies, da un’analisi della storia delle scoperte scientifiche in varie discipline, dalla fisica alla medicina alla biologia alla matematica e alla filosofia, i casi tipo Zhang sono piuttosto frequenti: ricercatori che si ostinano a lavorare su ricerche apparentemente marginali, magari impopolari per un momento, ma che sono destinati a produrre brillanti risultati in futuro. Chi si pone il problema di come organizzare la ricerca, dovrebbe quindi considerare questi casi non come delle eccezioni impossibili, ma come facenti parti dello sviluppo stesso scienza e quindi immaginare come agire per creare le condizioni, o almeno per non eliminare la possibilità, che “l’inaspettato” avvenga. Purtroppo invece, molto spesso, chi promette l’eccellenza in realtà prepara la strada alla mediocrità

mercoledì 17 luglio 2013

L’assedio dei gruppi armati affama metà Aleppo - Marinella Correggia

La panetteria pubblica di Al-Hamadanyia ad Aleppo ha da poco ripreso a sfornare pane grazie a un rifornimento in farina e combustibile arrivato da Lattakia, dopo giorni e giorni di chiusura. Gruppi armati dell'opposizione impediscono infatti l'arrivo di prodotti anche di prima necessità nelle zone della città controllate dal governo.
L'assedio penalizza fortemente quasi due milioni di aleppini i quali hanno ormai difficoltà a trovare cibo, o lo devono pagare carissimo (mentre la guerra ha ridotto alla disoccupazione tantissime famiglie). Scrive l'agenzia vaticana Fides: “I gruppi ribelli hanno preso il controllo della strada che collega Aleppo ad Hama, ingresso da cui transita la maggior parte delle merci dirette in città. Essi controllano la zona Nordest della città e ora minacciano anche l’interruzione dell’approvvigionamento di acqua”. I prodotti vegetali sono introvabili, perché agli agricoltori viene impedito di entrare nelle zone del “nemico”. Frate Bernard, uno dei cinque francescani rimasti in città, denuncia:“ Il blocco del cibo è contro ogni basilare diritto umanitario. La carestia è alle porte, la gente ha paura, è ridotta in povertà. Facciamo il possibile per aiutare famiglie e profughi”.
Da mesi e mesi due centri abitati da sciiti a nord di Aleppo, Zahra e Nubol, sono sotto assedio e riforniti da elicotteri militari…

Vincenzo Cerami racconta Pasolini

Balasso è l'ispettore Poaret (di Equitalia)

A un papa - Pier Paolo Pasolini



A un papa

Pochi giorni prima che tu morissi, la morte
aveva messo gli occhi su un tuo coetaneo:
a vent'anni, tu eri studente, lui manovale
tu nobile, ricco, lui un ragazzaccio plebeo:
ma gli stessi giorni hanno dorato su voi
la vecchia Roma che stava tornando così nuova.
Ho veduto le sue spoglie, povero Zucchetto.
Girava di notte ubriaco intorno ai Mercati,
e un tram che veniva da San Paolo, l'ha travolto
e trascinato un pezzo pei binari tra i platani:
per qualche ora restò li, sotto le ruote:
un po' di gente si radunò intorno a guardarlo,
in silenzio: era tardi, c'erano pochi passanti.
Uno degli uomini che esistono perché esisti tu,
un vecchio poliziotto sbracato come un guappo,
a chi s'accostava troppo gridava: «Fuori dai coglioni».
Poi venne l'automobile d'un ospedale a caricarlo:
la gente se ne andò, restò qualche brandello qua e là,
e la padrona di un bar notturno, più avanti,
che lo conosceva, disse a un nuovo venuto
che Zucchetto era andato sotto un tram, era finito.
Pochi giorni dopo finivi tu: Zucchetto era uno
della tua grande greggia romana ed umana,
un povero ubriacone, senza famiglia e senza letto,
che girava di notte, vivendo chissà come.
Tu non ne sapevi niente: come non sapevi niente
di altri mille e mille cristi come lui.
Forse io sono feroce a chiedermi per che ragione
la gente come Zucchetto fosse indegna del tuo amore.
Ci sono posti infami, dove madri e bambini
vivono in una polvere antica, in un fango d'altre epoche.
Proprio non lontano da dove tu sei vissuto,
in vista della bella cupola di San Pietro,
c'è uno di questi posti, il Gelsomino...
Un monte tagliato a metà da una cava, e sotto,
tra una marana e una fila di nuovi palazzi,
un mucchio di misere costruzioni, non case ma porcili.
Bastava soltanto un tuo gesto, una tua parola,
perché quei tuoi figli avessero una casa:
tu non hai fatto un gesto, non hai detto una parola.
Non ti si chiedeva di perdonare Marx! Un'onda
immensa che si rifrange da millenni di vita
ti separava da lui, dalla sua religione:
ma nella tua religione non si parla di pietà?
Migliaia di uomini sotto il tuo pontificato,
davanti ai tuoi occhi, son vissuti in stabbi e porcili.
Lo sapevi, peccare non significa fare il male:
non fare il bene, questo significa peccare.
Quanto bene tu potevi fare! E non l'hai fatto:
non c'è stato un peccatore più grande di te.



Leggi di Murphy

Legge di Murphy: Se qualcosa puo' andar male, lo fara'
 Corollari
 1. Niente e' facile come sembra.
 2. Tutto richiede piu' tempo di quanto si pensi.
 3. Se c'e' una possibilita' che varie cose vadano male, quella che causa
 il danno maggiore sara' la prima a farlo.
 4. Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa puo' andare male,
 e si prevengono, immediatamente se ne rivelera' un quinto.
 5. Lasciate a se stesse, le cose tendono a andare di male in peggio.
 6. Non ci si puo' mettere a far qualcosa senza che qualcos'altro non vada
 fatto prima.
 7. Ogni soluzione genera nuovi problemi.
 8. I cretini sono sempre piu' ingegnosi delle precauzioni che si prendono
 per impedirgli di nuocere.
 9. Per quanto nascosta sia una pecca, la natura riuscira' sempre a scovarla
 10. Madre Natura e' una puttana.
La filosofia di Murphy
 Sorridi... Domani sara' peggio...

Giulia Kyenge

domenica 14 luglio 2013

l'Eni e l'inferno

ho visto l'altra sera un documentario sullo sfruttamento delle sabbie bituminose per estrarre petrolio, in Canada (nello stato dell'Alberta) e in Congo.
si tratta di distruzione totale delle terre interessate, e di ogni forma di vita presente, nessuna esclusa.
se facessero un deserto sarebbe meno peggio, quelli fanno l'inferno.
in Congo è l'Eni che crea l'inferno, in rete si trovano documenti e interventi quasi tutti del 2009, difficile che qualcuno ne parli.
il documentario di Simone Ciani e Danilo Licciardello è necessario (oltre che girato davvero bene), in questo oceano di silenzio.


questo è il sito del film, http://terranera.info/, con tutte le informazioni utili.- franz

Ps: qui sotto qualcosa, poco e vecchio, che ho trovato in rete.
(mettendo in Google (motore di ricerca) le parole "Eni Congo"appaiono pagine e pagine sulla bontà dell'Eni in Congo)


Parliamo del petrolio. La gestione dei proventi ha dato adito a parecchie perplessità, ci pare di capire. 
Fin dall’inizio dello sfruttamento dei giacimenti congolesi, le compagnie pagavano le royalty non al ministero del Tesoro, ma su conti correnti presenti in varie paradisi fiscali sparsi per tutto il mondo. Come se non bastasse, il nostro esecutivo mpegnava già i proventi del petrolio non ancora estratto, finendo solo per accrescere il nostro debito estero. Adesso con la nuova iniziativa internazionale sulla trasparenza le cose potrebbero migliorare, ma è ancora presto per dirlo.
Qual è il ruolo giocato dall’Eni nel contesto congolese?
L’Eni ha iniziato le sue attività da noi fin da anni Settanta. Prima operava solo offshore, mentre dal 2007 è presente anche sul territorio nazionale. Da quel momento sono nati i “classici” problemi legati allo sfruttamento petrolifero in Africa, tra cui il flaring, che ha enormi impatti negativi su ambiente e popolazione locale. L’Eni dice che il petrolio, però, non ha nulla a che fare con il degrado ambientale. Tuttavia di recente ha preso la decisione di costruire delle centrali elettriche nelle vicinanze dei giacimenti dove si verifica il gas flaring, anche perché tale pratica entro il 2010 sarà considerata illegale per decreto governativo. Una da 50 megawatt è già in funzione, un’altra da 300 megawatt è in costruzione. Si badi bene, le centrali producono energia destinata alle imprese private -e in particolare per le operazioni di estrazione in una miniera di potassio- e non alla popolazione locale. 
Ora si parla di impiegare le sabbie bituminose per produrre petrolio. Quali sono gli ultimi sviluppi?
Per il momento sappiamo che l’Eni ha siglato un accordo con il nostro governo. Lo ha confermato anche Paolo Scaroni, l’amministratore delegato dell'impresa italiana, in varie interviste rilasciate alla stampa. Però non si capisce se le sabbie bituminose serviranno per realizzare strade o per ricavarne petrolio. Il governo sembrerebbe indicare la prima possibilità, l’Eni parla di previsioni operativi in termini di barili, ovviamente di greggio. Nella realtà dei fatti, noi siamo molto preoccupati perché non si sa quali saranno gli impatti e come verranno protette le popolazioni locali una volta che, a partire dal 2011, inizierà lo sfruttamento delle sabbie. Val la pena ricordare che la produzione di un barile di sabbie bituminose, al momento sfruttate solo in Canada, provoca un alto tasso di inquinamento, impoverimento delle risorse idriche ed emissioni di gas serra tra le tre e le cinque volte più alte del corrispettivo di petrolio convenzionale. Chiediamo quindi all’Eni di dirci la verità sul destino di questa risorse e, qualora volessero tirarne fuori il petrolio, vogliamo sapere che tecniche saranno impiegate e come si limiteranno al minimo gli impatti, così devastanti e diffusi nell’esempio canadese. Per adesso però il rappresentante dell’Eni a Ponte Noire non appare intenzionato a darci la minima informazione.
La Nigeria sotto scacco petrolifero dice basta al gas flaring. Voci dal "GsOtto"
"Noi proponiamo di lasciare tutto il 'nuovo' petrolio nel sottosuolo. Le multinazionali dovrebbero gestire solo i giacimenti già aperti, che sono in via di esaurimento, impegnandosi però a investire sulle fonti energetiche alternative come il solare o l'eolico, che da noi non mancano di certo". Nnimmo Bassey (nella foto) è uno storico attivista di ERA/Friends of the Earth Nigeria. Da anni conduce campagne contro il gas flaring e lo sfruttamento petrolifero indiscriminato nel Delta del Niger. Lo abbiamo incontrato al Gsott8, dal 2 al 6 luglio nel Sulcis Iglesiente.
Perché è importante mettere fine al flaring, evitando così di bruciare all'aria aperta il gas collegato all'estrazione del petrolio dal sottosuolo?
Secondo una stima conservativa, lo spreco di questo gas ha privato la Nigeria di una cifra che si aggira intorno ai 2,5 miliardi di dollari l'anno, aumentando invece le emissioni di gas serra nell'atmosfera. Come se non bastasse, e a prescindere dai costi economici, il flaring costituisce un
 gigantesco attacco contro l'ambiente e ha serie conseguenze sulla salute delle persone, causando malattie come il cancro, la bronchite, l'asma, complicazioni renali e circolatorie di diverso tipo. A subire gli effetti negativi di questa pratica è anche la produzione alimentare, che è diminuita.
L'aspettativa di vita in Nigeria è di 47 anni per le donne e 46 per gli uomini, ma nel Delta del Niger cala vertiginosamente, arrivando a soli 41 anni. Paradossalmente, quella stessa regione, ricca di petrolio, è tra le più povere di tutto il Paese.

…L’informazione sulla storia, i fatti e le situazioni che riguardano i popoli ed i Paesi del mondo sono assenti nei nostri mass-media che reclamizzano solo i portaborse del neoliberismo. Una lacuna tanto più grave in quanto la geografia sta sparendo dall’insegnamento scolastico (la geopolitica poi è una “bestemmia”). Una poeta africano, in una sua poesia, diceva di aver cercato invano per mesi e mesi qualche notizia del suo Paese, senza trovarla mai. Alla fine aveva trovato una piccola notizia di una disgrazia locale, relegata in un occhiello di un giornale: perfino ciò lo aveva molto rincuorato!...

…Recentemente l’ENI ha concluso due accordi con il governo locale: la concessione per l’estrazione di sabbie bituminose da cui ricavare petrolio greggio, i cui effetti sull’ambiente, sulla vita e sul lavoro delle popolazioni locali sono disastrosi e la concessione per piantare “palma da olio” per produrre agro-carburanti.  Stefano Liberti, sul “manifesto” del 5 settembre u.s. illustra in dettaglio le dinamiche indotte dalla “sabbie bituminose” molto inquinanti, riportando le conseguenze devastanti sull’ambiente e gli abitanti, che lottano contro le ruspe dell’ENI, perché vedono minacciate le loro vite e il loro futuro. Suggerisco di approfondire la storia e la geopolitica delle due parti del Congo, come dell’Africa intera.
La zona interessata è molto estesa – 1790 Kmq con una capacità stimata in 2,5 ML di barili di petrolio – e si trova a 70 Km da Pointe-Noire, capitale petrolifera congolese sulla costa atlantica. E’ inaccessibile per giornalisti e cittadini, sorvegliata intensamente da poliziotti armati. Le tante manifestazioni popolari contro lo scavo dell’Eni sono represse o ignorate, come accade in Italia per la TAV. Gli attivisti locali denunciano i danni ambientali (es. acqua infetta) e sociali dell’iniziativa e accusano il governo di corruzione e servilismo. L’inquinamento dell’acqua e la privatizzazione delle sue fonti, produce danni irreversibili alla produzione agricola, oltre che alla vita quotidiana delle popolazioni interessate, mai coinvolte in questi accordi…

 l'accordo, i cui dettagli non sono pubblici, firmato tra Eni e il Governo locale Congolese sancisce un investimento di 3 miliardi di dollari per l'esplorazione delle sabbie bituminose, la produzione di bio combustibili e la realizzazione di una centrale a gas, l'area interessata è quella di Tchikatanga e Tchikatanga-Makola per un'estensione di 1790 km.
L'impoverimento e l'inquinamento delle fonti idriche - un bell'esempio di inquinamento idrico si ha poco più distante dal Congo, precisamente in Niger e sempre a causa delle tecniche estrattive ENI -, la deforestazione, la distruzione dell'habitat naturali dicentinaia di specie animali e vegetali, e infine l'aumento di emissione di gas serra rappresentano gli aspetti drammatici dell'altra faccia della medaglia del maxi investimento. Per avere la prova del disastro ambientale che si nasconde dietro l'investimento ENI in Congo Brazaville basti pensare che "rispetto a quella di petrolio tradizionale la produzione di un barile da sabbie bituminose rilascia in atmosfera una quantità di gas serra da tre a cinque volte superiore" (Luca Manes, crbm) e se i calcoli non bastano a prospettare le sorti del Congo Brazaville allora basta andare a vedere cosa è accaduto in Canada, nell'Alberta, alle foreste e alle popolazioni indigene sempre a causa dell'estrazione delle sabbie bituminose ad opera di multinazionali - Shell, Exxon...
Le strategie di ENI, gli accordi politico economici, le implicazioni per lo Stato Italiano - ricordiamo che il Ministero dell'Economia e delle Finanze è l'azionista di maggioranza - e le valutazioni dell'impatto sull'ambiente e le persone sono contenute nella ricerca della Fondazione Heinrch Boel…

…Le due organizzazioni che hanno realizzato il Rapporto, insieme a rappresentanti della società civile congolese, hanno rivolto ad Eni le domande oggetto della campagna, ma non hanno ricevuto risposte. Dopo molta insistenza lo scorso dicembre Eni ha concesso loro un incontro, durante il quale però non sono state fornite le informazioni richieste.
Ecco le Cinque domande per Eni
1.      Eni ha effettuato valutazioni dell’impatto ambientale del suo intervento nel Congo Brazzaville (in particolare dello sfruttamento delle sabbie bituminose)? Perché non sono state rese pubbliche?
2.      Qual è la composizione e la quantità dei gas bruciati con il gas flaring (combustione dei gas che fuoriescono durante l’estrazione del petrolio) nel giacimento di M’boundi? È certo che non siano nocivi per le persone e per l’ambiente?
3.      Eni ha dichiarato che l'accordo con il governo congolese permetterà di produrre di 2,5 miliardi di barili di greggio, mentre le autorità locali sostengono che verrà prodotto bitume per realizzare strade. Qual è la verità?
4.      Eni aveva dichiarato che avrebbe promosso “una consultazione libera, informata e continua” con le comunità locali. Invece i dettagli degli accordi, firmati con il governo congolese (nel 2008) per i nuovi investimenti (3 miliardi di dollari), non sono pubblici né disponibili per le popolazioni locali. Perché?
5.      Amnesty International ha pubblicato recentemente un rapporto molto critico sulle compagnie petrolifere che operano in Nigeria, che evidenzia “la povertà, il conflitto, le violazioni dei diritti umani e la disperazione” che hanno portato alla popolazione del Delta del Niger. Quali iniziative state portando avanti per implementare leraccomandazioni di Amnesty sulla Nigeria e per evitare che il Congo diventi come il Delta del Niger?


Les investissements d’ENI dans les sables bitumineux et les palmiers à huile dans le Bassin du Congo


…Secondo l'attivista per i diritti umani Brice Mackosso «le popolazioni locali, che stanno già soffrendo gli impatti dello sfruttamento petrolifero, non sono state consultate nel modo adeguato sullo sviluppo di nuovi progetti. Un fatto, questo, che viola le politiche ambientali e sui diritti umani della stessa Eni». 
L'area interessata dalle attività dell'Eni in Congo, quella di Tchikatanga e di Tchikatanga-Makola, copre un'estensione di 1790 chilometri quadrati. Non si sa ancora dove si procederà con la produzione di olio di palma, sebbene si parli di 70mila ettari di terre non coltivate. L'Eni afferma che nessun progetto sarà sviluppato in zone ricoperte dalle foreste pluviali o con la presenza di biodiversità e che implicano la rilocazione di popolazioni locali. Però nelle ricerche condotte proprio dall'Eni si attesta che l'area dove si ricaveranno le sabbie bituminose è per circa il 70% occupata da foreste e da zone molto sensibili dal punto di vista ambientale, come viene per l'appunto svelato nel rapporto.