domenica 30 dicembre 2012

La ragazza dello Sputnik - Haruki Murakami

non è il migliore che leggo di Murakami (uno pessimo come "L'arte di correre" è un delitto pubblicarlo), ma lui è un grande scrittore, e anche nelle prove meno felici, poche,  e questa è una, ci sono tanti spunti e molte pagine che ne rendono la lettura consigliabile - franz




Un altro inquietante libro del romanziere giapponese, pubblicato nel 1999, incentrato sul personaggio di Sumire, la aspirante scrittrice che la vita la vuole descrivere e poi ci cade letteralmente dentro, la sua amata Myũ che invece la vita sensuale l'aveva rifiutata da tempo, ed il giovane e anonimo maestro ed io narrante, che pare orientato a guardare la vita degli altri, entrandovi solo occasionalmente.
La vicenda è semplice e ruota attorno a due eventi ai limiti della comprensione razionale, e ad un elemento insolito (l'innamoramento per un'altra donna da parte di Sumire che mai aveva avuto queste inclinazioni), e si può suddividere in sei fasi…


…L'idea, dunque, è davvero ottima. Azzeccatissime risultano le immagini scelte ed efficace la cura psicologica dei personaggi. 
Tuttavia, mi viene difficile giudicarlo un buon romanzo, a causa di una serie di scelte narrativi che mi sono sembrate assolutamente sbagliate, fuori luogo, insensate e fondamentalmente inefficaci. 
Il romanzo è breve, ma la lettura è affaticata da una narrazione lenta e noiosa, almeno per tutta la prima parte. Improvvisamente, poi, il ritmo accelera, la narrazione cambia tono, e il lettore spaesato si ritrova a viaggiare fino in Grecia: e mentre il surreale avanza - ma in queste atmosfere, tipiche di Murakami, c'è qualcosa di troppo macchinoso ed artificioso - il lettore si sta ancora interrogando sulla plausibilità dei primi eventi descritti, sul colpo di fulmine di Sumire, sul rapporto incomprensibile che improvvisamente nasce con la donna matura. Finché tutto diventa troppo assurdo, e le trovate surreali finiscono addirittura con l'apparire più plausibili del comportamento dei personaggi. 
Mi dispiace, ma questa volta Murakami non mi ha proprio convinto.

venerdì 28 dicembre 2012

il ritorno del Lorefice


Dalla guida della Carbosulcis alla reception dell'istituto alberghiero Gramsci di Monserrato il passo è lungo. Le distanze però non spaventano Alessandro Lorefice, consigliere comunale a Iglesias in quota Pdl balzato agli onori delle cronache nel maggio scorso, quando il governatore Ugo Cappellacci aveva nominato il ventinovenne figlio d'arte – il padre Raffaele ha militato nel Psi e ora guida il liceo classico Siotto di Cagliari – alla guida della più importante società partecipata dalla Regione, la Carbosulcis appunto.
Gli onori della cronaca.
La telenovela è nota: polemiche infuocate per la nomina di un giovane laureato in giurisprudenza 'per via telematica', accuse di nepotismo 'politico' (il giovane Lorefice era il candidato, poi sconfitto, di Cappellacci al congresso provinciale del Sulcis), partito spaccato in due, marcia indietro del governatore ma non di Lorefice, che rimane in sella fino al 3 luglio scorso, quando arriva la nomina di Luigi Zucca. In mezzo a questa baraonda c'è pure spazio per un rinvio a giudizio, appena una settimana dopo la nomina, per falso e truffa ai danni dello Stato, Si tratta di una vicenda capitata cinque anni prima e relativa alll'inserimento di Alessandro Lorefice nella graduatoria per l'assegnazione delle supplenze agli insegnanti precari.
E qui il cerchio si chiude. Perché oggi l'ex numero uno della Carbosulcis questo fa: insegna, da precario, all'istituto alberghiero di Monserrato. Lo ha chiamato il dirigente scolastico Giorgio Pibiri pochi giorni prima di Natale. Secondo quali criteri? Se lo sono domandato i docenti dell'istituto di via Decio Mure quando hanno visto Lorefice impartire lezioni sulle attività di 'portineria e segreteria' a un gruppo di allievi che non frequenta l'ora di religione...

lunedì 24 dicembre 2012

La “storia” del Master Plan in Costa Smeralda - Sandro Roggio


Master plan è un titolo importante. Fuori dall’Italia si dà preferibilmente agli strumenti di governo del territorio convalidati dalle istituzioni. In Sardegna è associato da qualche decennio a ogni proposta dell’impresa voluta dall’Aga Khan (evoca strategie aziendali progredite ed evita la poco elegante denominazione “lottizzazione a scopo edilizio”).
La storia della Costa Smeralda è anche segnata dai vari  tentativi di farsi approvare  programmi di crescita inammissibili, master plan alleggeriti via via che le norme urbanistiche si sono evolute. Con  lentezza,  ma  nel senso di una maggiore tutela del  paesaggio grazie a importanti leggi statali.
Insomma le idee  di espansione  di quella splendida parte di Gallura hanno fatto i conti con i tempi della maturazione della cultura del paesaggio. Poco sviluppata nei primi anni Settanta, quando il primo (più sconsiderato che impudente) programma di fabbricazione del Comune di Arzachena è coincidente con le attese del principe ismailita: che per questo mette a disposizione il suo progettista Luigi Vietti, architetto di successo negli anni ’30 (chiamato  nel dopoguerra  a prendersi cura di Cortina d’Ampezzo e Portofino).  La previsione per 370mila vani-abitanti sembra un’allucinazione  (complici le luci psichedeliche del tempo?). Finirà fortunatamente in archivio e senza  etichette,  anche per  all’allarme lanciato da Antonio Cederna  sul  «Corriere» tra il ’70 e il ’72...

domenica 23 dicembre 2012

cambiare si può, cambiare si deve, cambiare chissà


… Un paio di mesi fa Monti ha ammesso di essere consapevole che l'impatto delle sue manovre - secondo lui necessarie per far riguadagnare credibilità all'Italia ed evitare il baratro - è stato recessivo; e infatti l'economia è ulteriormente crollata nell'ultimo anno. Ha detto che per l'Italia non bastava l'aspirina, ma una medicina forte: una sorta di "cura da cavallo" che rischia però di far stramazzare anche il cavallo. Nel frattempo non ha fatto niente per invertire le tendenze recessive alimentate dalle sue politiche: nessuna misura per il lavoro (bensì contro il lavoro) e nessun investimento pubblico vero per lo sviluppo.
Ha però salvato i più ricchi evitando di fare la patrimoniale, ha premiato la casta dei generali permettendogli di spendere nei prossimi anni 13 miliardi di euro per i cacciabombardieri F35, ha graziato le banche facendo marcia indietro sui provvedimenti a favore dei cittadini (portabilità dei mutui, tasso di usura, trasparenza per le commissioni bancarie) e destinando quasi 4miliardi e mezzo per salvare il Monte dei Paschi di Siena.
Eppure altre politiche -alternative alle misure previste dalla legge di stabilità- sarebbero state possibili, come ha evidenziato Sbilanciamoci nella sua ultima "controfinanziaria" (www.sbilanciamoci.org), se invece della politica neoliberista e di austerity fosse prevalsa (in Italia, ma anche in Europa) un'idea diversa di politica economica: anticiclica, riformista, keynesiana. Una politica che avrebbe dovuto mettere al centro la redistribuzione della ricchezza, un piano del lavoro come quello proposto dalla Cgil e un programma di interventi pubblici per rilanciare l'economia. Si è perso un anno di tempo ed è finalmente ora che il governo passi in altre mani affinché si riapra una prospettiva di cambiamento con la quale far ripartire il paese.(Giulio Marcon)

Tutto deve passare dalle assemblee: i candidati, dunque, e il programma. In questo senso, i dieci punti di Ingroia fanno abbondantemente dei passi indietro rispetto all'appello di "Cambiare si può". Non si parla di antiliberismo, ma ci si riferisce a un generico e vago "riformismo" (significante vuotissimo, buono per tutti gli usi e tutte le stagioni). Si parla addirittura, a proposito di scuola, di mettere al centro il "merito" (ovvero la testa d'ariete ideologica dell'attacco alla scuola pubblica portato avanti in questi anni). Così come ambiguo è il sesto punto sull'impresa, che pare riproporre il mito liberal-democratico di un'impresa "libera da lacci e lacciuoli". Ma se si accettasse il metodo proposto, di queste cose se ne discuterebbe in assemblea. E anche su questo, "Cambiare si può" è stato netto: il suo progetto è radicalmente estraneo e alternativo a quello del cosiddetto centrosinistra. Su questo non c'è e non ci può essere discussione possibile. Non ci può essere unità con chi vuole fare la sinistra del centrosinistra (peraltro una dirigente del Pdci ha onestamente dichiarato che con "Cambiare si può" non ha alcuna intenzione di andare avanti, perché appunto loro si rivolgono al Pd, e vogliono un'alleanza con esso). Mi auguro che all'assemblea del Capranica si farà chiarezza, all'interno di quell'agitato mondo di piccoli partiti che ancora non hanno capito la dimensione abissale della crisi della rappresentanza, né che non siamo più nella prima Repubblica, che il mondo ha radicalmente mutato forma, e che le forme della politica non possono più restare le stesse. E vedremo che cosa dirà Ingroia, da quale parte sceglierà di stare. Ma a prescindere da come andrà al Capranica, io sono certo che "Cambiare si può" (che preferirei diventasse "Cambiare si deve") saprà stare saldo sulla propria proposta, consapevole che se l'intenzione è quella di lavorare sui fondamenti della politica, questo non è un compito che possa esaurirsi in un mese. Ancora una volta, eventualmente, si tratterà di prendere esempio dai movimenti, e fare il lavoro della vecchia talpa. (Marco Rovelli)

… Si è dunque giunti alla vigilia delle elezioni con un processo unificante che risultava dal sostanziale fallimento di tutti i disegni perseguiti dai leader politici della futura lista arancione. Il ritardo è dunque un fatto politico che viene proprio dal non aver voluto, per scelta o tatticismo, costruire in tempo una vera alternativa a Monti e a chi lo sostiene. Affermo questo con la rabbia di chi insieme a tanti altri ha provato per un anno a costruire sul campo una forza ed una risposta alternativa. E che ha visto il 31 marzo a Milano e soprattutto il 27 ottobre a Roma delinearsi una possibilità reale di successo.
Ma non è andata così, la piattaforma antiliberista e anticapitalista e le forze organizzate di quelle manifestazioni evidentemente sono state valutate come troppo radicali, troppo in rottura col quadro politico e anche sindacale di centro sinistra, avrebbero potuto essere forze di complemento, ma non il nucleo dell'alternativa.
L'appello 'Cambiare si Può' ha avuto il merito di rompere gli indugi in un campo depresso dall'attendismo e dalle manovre incrociate. Tuttavia non ha trovato il coraggio di misurarsi apertamente con tutte le forze della reale opposizione a Monti, ed è ora posto in secondo piano rispetto alla lista arancione.
Ora Ingroia dovrebbe supplire con il prestigio della sua figura al ritardo accumulato, ma con quale progetto? Francamente i dieci punti di 'Io ci sto' mi sembrano deboli o peggio, se non per quanto riguarda la rivendicazione della giustizia contro la mafia e la corruzione. Il punto sesto per la libertà d'impresa è poi proprio inaccettabile. Non vedo l'alternatività di questa piattaforma a quella di Bersani. Mentre ne colgo la radicalizzazione sul piano della legalità, non vedo quasi nulla che non potrebbe essere fatto proprio da altri del centrosinistra, specie in campagna elettorale.
Non si accenna all'Europa, al fiscal compact all'austerità, ma davvero si pensa di costruire il quarto polo rivendicando un anti berlusconismo più radicale e coerente di quello del centrosinistra? No, non è questa la via per ripartire e per rompere un regime che già ha assegnato gran parte dei ruoli in gioco.
Siccome il tempo è poco, si corregga in fretta. Innanzitutto sul programma: il punto di partenza di qualsiasi alternativa oggi è il rifiuto delle politiche di austerità, comunque declinate, e la conseguente denuncia dei trattati firmati da Monti e rivendicati da Giorgio Napolitano. In Europa ci si divide su questo, in Italia finora no ed è per questa ragione che il partito democratico non paga quel dazio che invece tocca a tutti i suoi simili che negli altri paesi occidentali praticano le politiche liberiste. In secondo luogo si pratichi davvero quella democrazia che si rivendica, si facciano vere primarie per il leader della lista e per i principali candidati.
Se non si cambia rapidamente rotta, la generosità di tanti non sarà sufficiente a impedire che il quarto polo venga triturato da queste elezioni tra le meno libere e trasparenti della storia repubblicana.(Giorgio Cremaschi)

era uno scherzo

Il Tar Lazio manda a monte la spending review sanitaria che aveva fermato la vergogna della siringa che costa in una Asl tre centesimi e in un'altra 65. E che avrebbe fatto risparmiare alle casse dello Stato un miliardo di euro. Ora tutto torna come prima, con lo stesso defibrillatore che viene acquistato a Trento a 13.500 euro e ad appena 50 chilometri di distanza, a Bolzano, 16.100. Per evitare questo balletto selvaggio dei prezzi degli stessi prodotti, spiegabile in parte, secondo l'ex ministro della Salute Fazio, "con il costo della corruzione", il precedente governo, il 15 luglio del 2011 aveva previsto, con la prima legge spending review, l'istituzione di un osservatorio prezzi. In forza di questa legge di un anno e mezzo fa, il primo luglio scorso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva pubblicato i prezzi target ai quali tutte le Regioni e le Asl d'Italia avrebbero dovuto attenersi per gli acquisti dei prodotti sanitari. Si tratta di una spesa enorme per il bilancio dello Stato, se si considera che rappresenta circa lo 0,5 % del Pil...

sabato 22 dicembre 2012

dal carcere


Ho visto un giovane piangere perché incarcerato a dieci anni da un episodio di spaccio. Nel frattempo si era fatto una famiglia e aveva smesso di farsi. Ho visto un ragazzo sulla sedia a rotelle che muoveva solo il viso e a stento una mano incarcerato con l'accusa terribile di pedo-pornografia on-line. Penso che chi lo ha condannato a svariati anni di prigione non lo ha mai visto dal vivo così come l'ho potuto vedere io. Ho visto un giovane somalo finire dentro perché a seguito di uno sgombero di una occupazione abusiva è stato fermato e incarcerato in quanto fumava hashish. Ho visto un direttore di giornale ottenere la grazia mentre molti detenuti si fanno la galera per fatti molto meno gravi. 
Ho visto otto persone giunte da poco in galera dividersi una cella di quindici metri quadri, bagno alla turca compreso. Ho sentito nelle sezioni un freddo cane, io che avevo cappotto e cappello. Ho visto le lettere di un ragazzo che implorava aiuto al papà per le violenze che stava subendo contro le quali non sapeva come difendersi. Ho sentito dire nelle aule Parlamentari che non è ancora arrivato il momento di approvare la legge che incrimina la tortura. Eppure questa è stata la legislatura nella quale è accaduto lo scandalo della morte violenta di Stefano Cucchi, e vi sono state le sentenze della Cassazione sulla Diaz e del tribunale di Asti che hanno aperto uno squarcio sulla tortura in Italia…(
Patrizio Gonnella, 
dal Manifesto del 22-12-1012)

Fall Alioune è in galera a Rebibbia per scontare dodici anni di carcere cumulati per avere venduto cd contraffatti. Carlo Saturno si è impiccato nel carcere di Bari dopo avere denunciato gli agenti che lo avevano pestato quando era nell'istituto per minori di Lecce. Stefano Frapporti viene arrestato a Rovigo con l'accusa di spaccio e morirà qualche giorno dopo in galera. Marco Pannella sta mettendo in gioco il proprio corpo e la propria vita nel loro nome, ma anche in nome del diritto, dei diritti fondamentali, della legalità costituzionale. 
Con la sua lotta estrema sta mettendo anche in gioco quel che resta della dignità della politica italiana. Lottare, come fa lui, a due mesi dal voto per i diritti dei detenuti è un fatto di altissimo merito sociale…(
Patrizio Gonnella, dal Manifesto del 20-12-1012)

Il dono dei Magi - O. Henry


Un dollaro e ottantasette cents. Era tutto. E sessanta  cents erano in  pennies. Pennies  risparmiati uno o due per volta, contesi al droghiere e al verduraio e al macellaio, finché, convinti di taccagneria da quelle puntigliose trattative, le guance vi si coprono di rossore. Tre volte Della contò il denaro. Un dollaro e ottantasette  cents. E l’indomani era Natale. Era chiaro: non c’era altro da fare che lasciarsi cadere sul nudo lettino e mettersi a urlare. E così appunto si comportò Della. E ciò vale a stimolare la riflessione morale che la vita è fatta di singhiozzi, sospiri e sorrisi, con una certa preponderanza di sospiri.
Mentre la signora della casa gradualmente trapassa dal primo al secondo stadio, date una occhiata alla casa. Un appartamento ammobiliato a otto dollari per settimana. Non si può dire che superi qualsiasi descrizione: ma certo la mette a duro cimento.
Nell'atrio, a pianterreno, stava una cassetta delle lettere in cui non entrava mai una lettera, ed un pulsante elettrico dal quale nessun dito umano avrebbe potuto estorcere un suono. A tutto ciò aggiungevasi un cartoncino recante il nome « Mr. James Dillingham Young ».
Durante trascorsi periodi di prosperità, quando il proprietario guadagnava trenta dollari la
settimana, quel «  Dillingham » aveva garrito al vento. Ora, ridottosi il reddito a venti dollari, le lettere del « Dillingham » apparivano confuse, quasi meditassero seriamente di contrarsi in un modesto, sommesso D. Ma ogni qualvolta Mr. James Dillingham Younh tornava a casa, al suo appartamento al piano di sopra, si sentiva chiamare «  Jim » e grandemente lo coccolava la signora  Dillingham Young, già presentatavi col nome di Della. E ciò è molto bello.
Della portò a termine il suo pianto e si passò il piumino sulle guance. Poi si pose alla finestra a
guardare stancamente il gatto grigio che percorreva la stecconata grigia del grigio cortile.
L’indomani era Natale, e lei aveva soltanto un dollaro e ottantasette  cents per fare un regalo a Jim. Per mesi aveva risparmiato un  cent dopo l’altro: e quello era il risultato. Con venti dollari la settimana non si fa gran che. Le spese erano state maggiori del previsto. Succede sempre così.
Solo un dollaro e ottantasette per comprare un regalo a Jim. Al suo Jim. Molte ore felici ella aveva trascorso a pensare qualcosa di carino per lui. Qualcosa di bello e raro e autentico, qualcosa che non fosse troppo indegno dell’onore di appartenere a Jim.
Tra le due finestre della stanza stava uno specchio stretto e alto. Forse voi li avete già visti, questi specchi da muro che si trovano negli appartamenti da otto dollari. Una persona agile e sottile può, cogliendo la propria immagine in una rapida sequenza di strisce longitudinali, pervenire ad un concetto sostanzialmente adeguato del proprio aspetto. Della, che era  sottiletta, era padrona dell’arte.
Con una piroetta improvvisa si scostò dalla finestra e ristette di fronte allo specchio. Gli occhi le splendevano intensamente, ma in venti secondi il suo volto perse ogni colore. Rapidamente si sciolse la chioma e la lasciò cadere per tutta la sua lunghezza.
Ora, di due possessi i  Dillingham erano profondamente orgogliosi. Uno era l’orologio d’oro di  Jim, che era stato di suo padre e del padre di suo padre. L’altro era la chioma di Della. Se la regina di Saba avesse abitato nell’appartamento di fronte, Della avrebbe lasciato pendere i capelli alla finestra per asciugarli, soltanto per fare scorno ai gioielli e ai doni di Sua Maestà. Se re Salomone fosse stato il portiere con tutti i suoi tesori ammucchiati in cantina, Jim avrebbe tratto dal taschino il suo orologio ogni qualvolta gli fosse passato davanti, per il solo gusto di vederlo strapparsi la barba per l’invidia.
Così ora cadde la bella chioma di Della, ondeggiante e splendente come una cascata di acque
scure. Le arrivò fin sotto il ginocchio, la avvolse quasi come un vestito. Poi Della la riavvolse, con gesti rapidi e nervosi. Parve esitare un istante, e rimase immobile, mentre una o due lacrime cadevano sul rosso tappeto frusto.
Indossò la vecchia giacca marrone. Si mise in capo il vecchio capello marrone. Con un frullo di
gonne, gli occhi ancora luccicanti, scivolò fuori della porta, scese le scale e raggiunse la strada.
Si fermò davanti ad una insegna: « M.me Sofronie. Parrucche di ogni tipo ».
Della salì di corsa una rampa di scale, e si fermò ansimante. Madame, ampia, troppo bianca,
gelida, non aveva l’aria di una « Sofronie ». « Volete comprare i miei capelli? » domandò Della.
« Io compro capelli » disse Madame. « Fate un po’ vedere ».
Si disciolse la bruna cascata.
« Venti dollari » disse Madame, reggendo la massa con mano esperta.
« Datemeli subito » disse Della.
Oh, le due ore seguenti volarono su ali di rosa. Perdonate la trita metafora. Della andava
setacciando un magazzino dopo l’altro, in cerca di un regalo per Jim.
Lo trovò alla fine. Certamente era stato fatto per  Jim e per nessun altro. Niente di simile aveva trovato in tutti gli altri negozi, e li aveva passati da cima in fondo. Era una catenella per orologio, da taschino, in platino, di casto e semplice disegno, che opportunamente manifestava il proprio valore per virtù della sola sostanza, senza far ricorso a indecorosi orpelli: come debbono tutte le buone cose. Era perfino degno dell’orologio. Non appena l’ebbe vista, ella seppe che spettava a Jim. Era come lui. Pregio e semplicità, la definizione valeva per entrambi.
Le presero ventun dollari, ed ella si precipitò a casa con i suoi ottantasette  cents. Con quella
catena all’orologio, in qualsiasi compagnia si fosse trovato,  Jim avrebbe potuto senza disdoro
preoccuparsi di tanto in tanto del trascorrere del tempo. Per quanto meraviglioso fosse l’orologio, infatti, ora gli accadeva di scrutarlo con occhiate furtive, per via di quel vecchio cinturino di cuoio che usava in vece di catenella.
Quando Della giunse a casa l’ebbrezza cedette un poco alla prudenza e alla ragione. Trasse fuori i ferri per arricciare i capelli, accese il gas, e si accinse a porre riparo al guasto fatto dalla
generosità aggiunta all'amore. E questo è sempre un compito terribile, amici carissimi, un’impresa da mammut.
Quaranta minuti dopo, Della aveva una testa coperta di ricci fitti e minuti, che la facevano del
tutto somigliante ad uno scolaretto scapestrato. Considerò la propria immagine allo specchio, a lungo, minutamente, e con occhio critico.
«Se Jim non mi uccide prima di darmi una seconda occhiata , » si disse « dirà che sembro una
corista di Coney Island. Ma che potevo fare, ahimè, che potevo fare con un dollaro e  ottantasette cents? ».
Alle sette il caffè era fatto, e la padella era dietro la stufa, calda e pronta a cuocere le costolette.
Jim non era mai in ritardo. Della chiuse nella mano la catenella dell’orologio e sedette su un
angolo della tavola vicino alla porta. Poi udì il suo passo sulla prima rampa delle scale, e per un istante diventò pallida. Aveva l’abitudine di dire piccole preghiere silenziose per le cose più semplici di ogni giorno ed ora ella sussurrò: « Dio, per piacere fagli pensare che sono ancora carina ».
La porta si aprì, Jim entrò e la rinchiuse. Era assai  magrolino, e d’aria tanto seria. Povero diavolo, soltanto ventidue anni e già con il carico di una famiglia! Aveva proprio bisogno di un cappotto nuovo, e non aveva guanti.
Varcata la soglia, Jim si fermò immobile come un setter che abbia colto l’usta della quaglia. I suo occhi erano fissi su Della, ed avevano una espressione che non riusciva di decifrare, che
l’atterriva. Non era ira, né sorpresa, né biasimo, né orrore, né alcun altro sentimento che ella
avesse previsto. La guardava con occhi fissi e intenti, e il suo volto aveva quella strana
espressione.
Cautamente Della scese dal tavolo e gli si avvicinò. «  Jim, caro, » gridò « non guardarmi a quel modo. Mi son fatta tagliare i capelli e li ho venduti perché non avrei potuto sopravvivere a questo Natale se non avessi potuto farti un regalo. Cresceranno di nuovo… A te non dispiace, vero?
Dovevo farlo. I miei capelli crescono così alla svelta. Dimmi “Buon Natale”,  Jim, e siamo felici. Tu non sai che bel regalo, che regalo splendido ho trovato per te ».
« Tu ti sei tagliata i capelli? » chiese  Jim faticosamente, come se nemmeno dopo il più intenso sforzo mentale fosse riuscito ad afferrare quel fatto del tutto evidente.
« Li ho tagliati e venduti » disse Della. « Non ti piaccio lo stesso? Sono io anche senza i miei
capelli, vero? ».
Jim si guardò attorno con aria curiosa.
« Hai detto che i tuoi capelli non ci sono più? » disse, con un tono che rasentava l’idiozia.
« Non cercarli, » disse Della. « Li ho venduti, ti dico; li ho venduti, non ci sono più. E’ la vigilia di Natale. Sii buono con me, l’ho fatto per te. Forse i capelli che stavano sul mio capo erano contati,» proseguì con una subitanea dolce gravità « ma nessuno potrebbe mai misurare il mio amore per te. Vuoi che metta su le costolette, Jim? ».
Jim parve riscuotersi bruscamente dal suo stordimento. Abbracciò la sua Della. Per dieci secondi vogliamo il nostro sguardo discreto da un’altra parte. Che differenza vi è tra otto dollari alla settimana e un milione di dollari l’anno? Un matematico o un uomo di spirito ci darebbe la risposta sbagliata. Doni di gran pregio recarono i Magi, ma non questo. Oscura asserzione, che verrà chiarita più avanti.
Jim si trasse un pacchetto dalla tasca del cappotto e lo gettò sul tavolo. « Non fraintendermi, Della» disse. « Non penso che un taglio di capelli o una rasatura o uno sciampo possano rendere meno bella la mia ragazza. Ma se vorrai aprire quel pacchetto, capirai perché mi avevi fatto restare senza fiato ».
Candide dita ed agili lacerarono corda e carta. E poi un estatico grido di  gioira; e poi, ahimè, un subito femmineo insorgere di isteriche lacrime e gemiti, che imposero l’immediato intervento di tutti i poteri consolatori del signore della dimora.
Giacché lì stavano i Pettini, tutta intera la serie dei pettini da porre sulla nuca e ai lati, che Della aveva a lungo vagheggiato in una vetrina di  Broadway. Splendidi pettini, puro guscio di tartaruga con orli ingioiellati: e per l’appunto della tinta che si accordava alla splendida chioma svanita. Ed erano pettini di pregio, ella lo sapeva, ed il cuore li aveva bramati ed anelati senza alcuna speranza di possesso. Ora erano suoi, ma le trecce che dovevano adornarsi degli agognati ornamenti erano scomparse.
Ma se li strinse al seno, ed alla fine riuscì ad alzare i suoi occhi scuri e a sorridere mentre diceva:
« I miei capelli crescono così alla svelta, Jim! ».
E poi Della si mise a saltare come un gattino scottato e gridò: « Oh! oh! ».
Jim non aveva ancora visto il suo bel regalo. Della glielo porse ansiosamente sulla palma aperta. Il prezioso metallo opaco pareva balenare del riflesso della sua anima luminosa ed ardente.
« Non è un amore, Jim? Ho frugato tutta la città per trovarlo. Adesso dovrai guardare le ore cento volte al giorno. Dammi l’orologio. Voglio vedere come sta ».
Invece di ubbidire, Jim si lasciò andare sul letto, si mise le mani dietro la nuca e sorrise.
« Della, » disse « mettiamo via i nostri regali di Natale per un po’ di tempo. Sono troppo belli per usarli subito. Io ho venduto l’orologio per comparti i pettini. Ora è forse il momento di mettere su le costolette ».
I Magi, come sapete, erano uomini saggi – uomini incredibilmente saggi – che portarono i doni al Bambino nella mangiatoia. Furono loro ad inventare l’arte di fare regali a Natale. Giacché  eran saggi, non v’è dubbio che anche i loro regali fossero saggi, e probabilmente era possibile scambiarli, nel caso ve ne fossero due uguali. Io vi ho goffamente raccontato la povera cronaca di due sciocchi bambini che senza saggezza sacrificarono l’uno per l’altro i più grandi tesori della loro casa. Ma si dica un’ultima parola ai saggi dei nostri giorni: di tutti coloro che fanno doni, quei due furono i più saggi. Di tutti coloro che ricevono e fanno doni, questi sono i più saggi. Dovunque e sempre essi sono i più saggi. Sono loro i re Magi.

(traduzione di Giorgio MANGANELLI)

giovedì 20 dicembre 2012

Stregoni all’incasso

I derivati degli enti pubblici italiani sono una bomba ad orologeria innescata in ogni angolo della penisola, pronta ad esplodere in qualsiasi momento e a far danni per almeno sei miliardi. La finanza allegra di inizio millennio non ha risparmiato nessuno. Il Tesoro, a inizio anno, ha chiuso alla chetichella con un assegno da 2,6 miliardi (più del 10% dei soldi incassati con l’Imu) uno sfortunatissimo swap sottoscritto nel 1994 con Morgan Stanley. Ma tutto lo stivale è Paese: dal Piemonte alla Puglia, da Firenze ad Orvieto da Copparo –provincia di Ferrara – a Chiaramonte Gulfi in Sicilia, decine di amministratori locali reinventatisi Warren Buffett hanno firmato tra 2000 e 2008 (fino al crac Lehman) complicatissimi derivati, convinti di risparmiare sugli interessi del debito. E i loro elettori e cittadini sono costretti oggi a pagare il pedaggio, salatissimo, della loro disinvoltura.
Quantificare i danni potenziali non è semplice. Una fotografia minimalista – ma già impietosa – la fa Banca d’Italia: a settembre 2012, 210 enti locali erano esposti con banche italiane su strumenti di finanza creativa per una cifra superiore agli 11 miliardi su cui è maturata una perdita potenziale di 6,2 miliardi. Non proprio noccioline, specie per enti già strozzati dai tagli. Il problema è che la malattia è molto più estesa. Il Tesoro, considerando anche le operazioni con istituti esteri, aveva censito a fine 2009 18 Regioni, 42 Provincie e 603 Comuni soffocate da swap e options per un valore di 35,7 miliardi. Secondo l’Anci oggi solo i Comuni con derivati sarebbero circa 800. Una “minaccia per la sicurezza nazionale” finita sotto la lente dei nostri 007 con un’informativa ad hoc redatta dall’Agenzia di informazione e sicurezza interna (Aisi) e che ci è costata secondo Eurostat tra 2007 e 2010 ben 4 miliardi di interessi in più sul nostro debito pubblico…

la Grecia è vicina

La specialità di Georg Pieper sono i traumi. Ogni volta che una catastrofe si abbatte sulla Germania lui si presenta sul posto per analizzarne l'impatto. Dopo gli attentati di Oslo e Utøya è partito per la Norvegia, dove ha diretto un team di colleghi. Ha una grande capacità di osservare minuziosamente una situazione e valutare le dimensioni di una catastrofe.
A ottobre Pieper ha trascorso alcuni giorni ad Atene, dove ha tenuto corsi di analisi dei traumi per psicologi, psichiatri e medici. Prima di partire era preparato ad affrontare una situazione difficile, ma la realtà ha superato le sue peggiori paure.
Per il tedesco medio, consumatore vorace di informazioni, la crisi è storia vecchia. La realtà del disastro economico si è rivelata a noi attraverso espressioni fredde come “fondo di salvataggio” e “buco di svariati miliardi”, e anziché analizzare il contesto globale ci limitiamo a osservare Angela Merkel a Berlino o a Bruxelles mentre scende da una limousine nera con l’aria contrita.
Ma in questo modo ci sfugge la verità. Sulla Grecia, sulla Germania e sull’Europa. Pieper parla di “rimozione di massa” per spiegare ciò che sta accadendo, e i meccanismi di difesa dei politici, in particolare, funzionano a meraviglia.
Ecco come si è presentata la Grecia agli occhi di Pieper nell’ottobre del 2012: donne in avanzato stato di gravidanza supplicano gli ospedali di farle entrare, e se non hanno un’assicurazione o denaro a sufficienza nessuno le aiuta a mettere al mondo i loro figli. Persone che fino a poco tempo fa facevano ancora parte della classe media raccolgono resti di frutta e legumi per le strade della periferia di Atene…

mercoledì 19 dicembre 2012

ospiti








“In nome del popolo italiano” e “Caponero Capobianco”: non stiamo parlando del capolavoro di Dino Risi, né di una parodia di “Gatto nero gatto bianco” di Emir Kusturica, bensì degli ultimi due brevi video realizzati dall’associazione ZaLab. 

In questi due lavori, l’associazione, che si occupa di organizzare laboratori di video partecipativo e produrre documentari in contesti interculturali e in situazioni di marginalità geografica e sociale, ha affrontato due tematiche di particolare attualità: il primo video è stato girato all’interno del Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Ponte Galeria, e il secondo nelle campagne del foggiano.

“In nome del popolo italiano” racconta la vita all’interno del CIE, attraverso l’occhio della telecamera, che rimanda immagini di sbarre, muri scarni, spazi ampi e vuoti: frammenti di una vita sospesa in un “limbo” burocratico, raccontata dalle parole dei protagonisti, uomini e donne con un passato diverso ma con lo stesso presente, fatto di orari scanditi dai pasti, dall’inattività, dalla speranza di uscire da quella situazione e dalla sofferenza di vedere i compagni prelevati la mattina e, senza preavviso, rimpatriati contro la propria volontà.

“Caponero Capobianco” descrive la situazione di chi vive nelle campagne italiane, lavorando nel settore agricolo in condizioni di grave sfruttamento: 11 ore di lavoro, 35 euro al giorno, di cui 5 prelevati dal “capo”, la persona che, per conto del datore, va a prendere i braccianti e li porta sul luogo di lavoro. Un “capo” che sfrutta, che denigra, che maltratta, che può essere italiano, oppure anch’egli di origine straniera, con un passato di bracciante e un presente di intermediario. Una situazione, quella dello sfruttamento dei cittadini stranieri nelle campagne italiane, ormai conosciuta, ma che fatica a cambiare, nonostante, solo nel 2011, sia stato istituito il reato di caporalato. 

martedì 18 dicembre 2012

Beppe Viola, uno che il calcio

Sono intatti i ricordi, non hanno perso forza le parole, quella metrica tutta sua, scandita dai punti, i due punti. Truman Capote e Damon Runyon nell'ispirazione; Milano, il porfido, il dialetto nella dizione. Una traccia che resta, ripassata dalla malinconia per vent'anni: 17 ottobre 1982. L'ultima cronaca, l'ultimo foglio nell'Olivetti, l'ultimo giorno di Beppe Viola. 
Per ritrovarlo, ritrovare il suo scrivere che era poi il suo dire, serve uno sforzo, bisogna andare più indietro, cacciar via quella stanza lassù al Fatebenefratelli, quella finestra col serramento in alluminio con Franca e le sue lacrime trattenute essendo le figlie quattro, da avvisare in qualche modo, a casa.
Ecco, prima. Bastano poche ore. C'era la sua stanza alla Rai e un ufficio in una villetta, viale Arbe. «Magazine» si chiamava, per metterla giù un po' dura con il solito anticipo, «un marchettificio» dove si scriveva attorno a lui, che dava multe se in un pezzo mettevi dentro «sfrecciano», lire 5 mila; «ginocchio in disordine», 10 mila; «il centrocampista va a battere» 20 mila, carta straccia, rifare per favore, dai, su. Insegnava davvero, anche se non lo ammetterebbe nemmeno adesso…

1. Domenico Calabrò è fatto così: altezza m 1,58, peso 65 chili comprese le calze, torace in dilatazione 114, in regressione 14, vita senza pensieri cioè serena, occhi intensamente privi di significato, piedi due....
2. Ecco alcuni motivi che possono spingere un bravo disegnatore tecnico a compiere una rapina. Perché tutti dicono che è facile. Per far vedere che anch'io ho il coraggio di farlo. Per conquistare il cuore di un'entreneuse. Perché i soldi non sono tutto nella vita. Perché non si sa mai nella vita cosa può capitarti. Per vedere se è vero che i giornali raccontano un sacco di balle. Per provare se il passamontagna ti va ancora bene...
3. A Toronto si mangia benissimo, tant'è vero che Bologna è chiamata la Toronto del nord.
4. "Lei è mai stato innamorato?". "No, ho sempre fatto il benzinaio".
5. Sarei disposto ad avere 37 e 2 tutta la vita in cambio della seconda palla di servizio di McEnroe.
6. Quelli che credono che di fianco al vagone letto ci sia il vagone comodino.
7. Pecché mi sunt nu bello sciuretto. T'è capit? Mi tengo i soldi e la macchina con le ruote in lega leggera, mi sunt vegniù a Milan cunt una partida de limon e ho fatto i soldi pecché mi sunt viun che laura e mi sunt fa un kiù accussì.
8. Quando vengono al mondo i bambini ricchi parlano già quattro lingue, sono abbronzati e hanno le mèche.
9. Con i soldi si può fare di tutto, anche il marinaio. Ai tempi di Melville, Conrad o Jack London, tutta gente che col mare s'è piazzata e ha fatto i soldi, si credeva che il marinaio tipo fosse un uomo in cerca di avventure, un personaggio romantico e soprattutto molto abbronzato.
10. Gli uomini più ricchi del mondo sono sette, come settimo non rubare: Paul Getty, Paul Getty I, Paul Getty II, Paul Getty III, Paul Getty IV, tutti con lo stesso numero di giri; seguono, distanziati di quattromila lire, Massimo Boldi (e signora) e Giorgino Armani.
11. Le vacanze estive sono il periodo più bello del mese di febbraio; sono i giorni più spensierati del mese di novembre perché comprendono le feste più importanti: i giorni della merla, sant'Omobono e tutti i week-end; per non parlare di ferragosto, che è il giorno di settembre più freddo dell'anno (con questo, non è che si voglia parlare male degli stranieri).
12. C'è stato qualche scienziato che ha cercato di sostituire il calcio con la pallacanestro, ma i risultati non sono stati molto soddisfacenti.
13. La carenza di calcio provoca dei fenomeni curiosi, tipo richiamo verso la lettura, la meditazione, incupimento del tono psichico generale, alcolismo, gioco del tennis, aeromodellismo.
14. Professione: uomo più bello del mondo. Indirizzo: St. Tropez. Orario di lavoro: dall'una (di notte) alle sei (del mattino). Hobby: famiglia tipo. Segni particolari: straordinari attributi fisici dalla vita in giù. Frase preferita: ne ammazza più l'orgasmo che il disarmo.
15. Perdonami se t'ho fatto piangere / perdonami non lo farò più. / Siamo fratelli, alcune sorelle / diamoci un bacio e ancora del tu.
16. L'Everest è un paese bellissimo, pieno di verde e di sherpa in attesa del permesso di ritornare giù, almeno a 7000 metri, per respirare una boccata d'aria un po' meno pura.
17. La televisiun la gha una forsa de leun. / La televisiun la gha paura de nessun. / La televisiun la te indurmenta 'me un cujun.
18. Maria Cortinovis, in Pedelupo, ha avuto tutto dalla vita: un paio di scarpe da uomo, quattro morbilli che le hanno rovinato la reputazione, il numero 48 alla catena fusibili della Dalmine, un matrimonio senza fiori.
19. Una cosa che mi sono sempre domandato è perché se tu una volta mandi a fare in culo un camionista, ti devi trovare di fronte per forza uno che mentre ti dice: parlava con me capo?, ti solleva te e la Giulia.
20. Da vent'anni dipendente della Rai-Tv, passaporto italiano, militesente, presunto capo di famiglia numerosa, non soltanto ignoravo le regole del football americano, ma non mi era mai passato per la testa di assistere a una partita.
21. Ma come, è morto l'Oscar? Porca troia... Aveva soltanto cinquant'anni, non ha mai fumato una sigaretta, non beveva, sempre all'aria aperta perché lui era qui a San Siro anche la mattina per vedere gli allenamenti, non ha mai lavorato perché in queste cose l'Oscar è sempre stato coerente, eppure l'hanno "fatto" anche lui.
22. Appena il professor Rescalli entrava in aula, apriva il registro e controllava i presenti dicendo: "Oltre a Mazzarella e Viola chi manca oggi?". Mazzarella era precipitato giù dal tram numero 24 insieme col sottoscritto, facendosi regolarmente pizzicare dal sempre vigile occhio di quel nasone del "prof". E gli studi dei compagni di scuola cominciavano senza il calore della nostra partecipazione, mentre Mazzarella e io, tolto il grande lenzuolo del biliardo, ne ripulivamo il tappeto verde con sapienti spazzolate.
23. Sport è... credere che la palla sia davvero rotonda.
24. Ci ho via una gamba da quando ho fermato il tram in viale Porpora. Il pallone però l'ho salvato anche se adesso non mi serve. Potrei giocare in porta, ma nessuno mi dà fiducia. Dicono che se ogni volta che devo prendere il pallone mi salta una gamba, non vale la pena.
25. Il significato delle cartoline è plurimo, ma soprattutto postale, nel senso che basta scrivere una cartolina per sapere chi l'ha mandata.

…Per concludere questo piccolo ricordo, propongo alcune righe di un commosso articolo di Gianni Brera, pubblicato su LA REPUBBLICA del 19 ottobre 1982:
 (…) Era nato per sentire gli angeli e invece doveva, oh porca vita, frequentare i bordelli. (…) Povero vecchio Pepinoeu! Batteva con impegno la carta in osteria e delirava per un cavallo modicamente impostato sulla corsa; tirava mezzo litro e improvvisava battute che sovente esprimevano il sale della vita. Aveva un humournaturale e beffardo: una innata onestà gli vietava smancerie in qualsiasi campo si trovasse a produrre parole e pensiero. Lavorò duro, forsennatamente, per aver chiesto alla vita quello che ad altri sarebbe bastato per venirne schiantato in poco tempo. Lui le ha rubato quanti giorni ha potuto senza mai cedere al presago timore di perderla troppo presto. La sua romantica incontinenza era di una patetica follia. Ed io, che soprattutto per questo lo amavo, ora ne provo un rimorso che rende persino goffo il mio dolore... »

Quasi un Dio - Emanuel Carnevali


Sto morendo alla mercé di questo caldo
ma potrebbe esser peggio.

Amo mia moglie
ma dovrei amarla di più

Amo la mia ragazza ma il suo amore dovrebbe essere più universale.
Soltanto una parola la descrive ma non so quale sia.

Tutto è più breve di qualcos'altro:
tutto è più uguale a Dio di qualcos'altro.

C'è competizione nel caos,
una cosa molto stupida.

Sono dubbioso come un ramo di salice
che curvo ammicca all'acqua.

Ammiro il diavolo perché lascia le cose incompiute.
Ammiro Dio perché tutte le completa.


(Ottobre-Dicembre 1931)


ALMOST A GOD

I am dying under this heat

but there may be worse.

I love my wife

but I should love her more.

I love my sweetheart but her love should be more universal.

One word describes her but I do not know which word.

All shorter than something else:

All is more God-like than something else.

There is competition in the chaos,

which is very foolish.

I am in doubt as a bent willow branch

nodding to the water.

I admire the devil for he leaves things unfinished.

I admire God for he finishes everything.

domenica 16 dicembre 2012

sabato 15 dicembre 2012

Mediterraneo interiore - Franco Arminio

Alle presentazioni dei miei libri non si parla mai di letteratura. Le persone vengono per sentire cosa penso dei paesi, e la domanda è sempre la stessa: cosa si può fare per impedirne la morte? La mia risposta è che si devono fare cose mirate e assai diverse tra loro. Non esistono due paesi uguali e dunque le politiche devono essere fatte su misura per ogni luogo. Un paese può essere accidioso, velleitario, smarrito, può essere ricco e può essere povero, fragile e scontroso. Non ci può essere la stessa politica per tutti. Non ci può essere un centro che decide. Non è possibile nemmeno che il centro lasci decidere le comunità locali che spesso sono guidate non dai più illuminati, ma dai più furbi.
Per gli interventi nei prossimi anni non è solo un problema di risorse, è questione di sguardo, di azioni diffuse che incrocino buone pratiche amministrative e stili di vita che tengano conto dello sfinimento della modernità. Le altre nazioni hanno il Mediterraneo sull'orlo. Noi ci stiamo in mezzo, solo noi abitiamo il Mediterraneo interiore, la colonna vertebrale che è il nostro Appennino. Da qui può partire un nuovo modo di vivere i luoghi, radicalmente ecologico, improntato a un'idea di comunità inclusiva del respiro degli uomini e dell'ambiente. L'Italia interna può diventare il laboratorio di un nuovo umanesimo, l'umanesimo delle montagne. 
Non so e non spetta a un paesologo definire piani e programmi. Mi piace evocare alla rinfusa suggestioni per gli amministratori e gli abitanti. 
Terra e cultura più che cemento e uffici. Prodotti tipici da consumare non solo nelle sagre. Canti e teatro al posto delle betoniere. 
Svuotare le coste e riportare le persone sulle montagne. Sistemare le strade provinciali, togliere le buche, restaurare i paesaggi, le pozze d'acqua per gli ovini, ripulire i fiumi, i torrenti. 
Ora al sud si fanno buoni vini, ma il pane potrebbe essere migliore. E così pure il latte. Imparare a fare il formaggio. Dare ai giovani le terre demaniali. Coltivare un pezzo di terra.
Essere scrupolosi, ma farsi tentare dalla fantasia, dall'impensato. Distendersi ogni tanto con la pancia per terra. Avere cura che i propri figli imparino a cucinare e a fare lavori manuali. Adottare un luogo e prendersene cura. Passare ogni giorno un po' di tempo vicino a un animale. 
Ogni paese deve avere un piano regolatore del suo paesaggio. Un piano dove siano previste zone inoperose, in cui non solo non si fabbricano case, ma non si fa neppure agricoltura. Zone dove non si taglia neppure la legna. Un piccolo cuore selvatico per ogni paese. 
Nei piccoli paesi dovrebbero essere esentati dall'Imu le persone che abitano nel centro antico. 
Stare all'aria aperta almeno due ore al giorno. Ascoltare gli anziani, lasciare che parlino della loro vita. 
Ogni paese deve avere un piccolo teatro e una sala per suonare. Le scuole devono essere aperte la mattina per i ragazzi e la sera per gli adulti. 
Riattivare la vita comunitaria. Oltre al museo della civiltà contadina ci devono essere dei luoghi in cui i ragazzi possano apprendere vecchi mestieri: fare un cesto, una sciarpa, potare un albero. 
Viaggiare nei dintorni. Tenersi la testa tra le mani ogni tanto. Incontrare delle persone che sappiano sverniciare la nostra modernità incivile. Costruirsi delle piccole preghiere personali e usarle. Esprimere almeno una volta al giorno ammirazione per qualcuno. Svegliarsi ogni tanto alle tre di notte. Uscire all'alba almeno una volta al mese. Comprare il formaggio da chi lo fa, fare la spesa nei piccoli negozi. 
Riportare gli animali nei paesi. Un paese in cui non ci sia un uovo fresco non ha senso. 
Mettere una libreria comunale in cui si vendono i libri a prezzo ridotto. Stabilire che in ogni consiglio comunale ci debba essere come primo punto all'ordine del giorno un'iniziativa culturale. Riportare le feste patronali alle antiche tradizioni. 
Dire quello che vediamo assai più di quello che pensiamo. Regalare almeno un libro la settimana, magari dopo averlo letto. 
Mettere una tassa di trentamila euro l'anno per ogni pala eolica e usare questa cifra per servizi agli anziani. Stabilire gemellaggi tra i paesi interni e quelli della costa. Dimezzare il costo del gas e del gasolio da riscaldamento nei paesi più freddi. Dare incentivi a chi abbatte edifici incongrui o a chi restaura la propria casa rendendola più adatta al contesto. Obbligare ogni paese ad avere un'isola pedonale in funzione tutto l'anno. 
Dare attenzione a chi cade e aiutarlo a rialzarsi, chiunque sia. Leggere poesie ad alta voce. Far cantare chi ama cantare. 
Abituare i cittadini a un uso limitato della macchina. Diminuire l'uso della plastica e degli imballaggi. Fare una vera raccolta differenziata e stimolare azioni locali di recupero e riciclaggio dei materiali. Stabilire che ogni amministrazione comunale faccia per legge un'assemblea pubblica ogni sei mesi sulle scelte riguardanti la comunità. Piantare alberi da frutta e obbligare gli acquedotti a mettere almeno una fontana pubblica in ogni paese. Abituare i cittadini a fare un manifesto in cui si annuncia la nascita di un bambino: perché annunciare la morte e non la nascita? 
Il futuro dei luoghi sta nell'intreccio di azioni personali e civili. Per evitare l'infiammazione della residenza e le chiusure localistiche occorre abitarli con intimità e distanza. E questo vale per i cittadini e più ancora per gli amministratori. Bisogna intrecciare in ogni scelta importante competenze locali e contributi esterni. Intrecciare politica e poesia, economia e cultura, scrupolo e utopia.





venerdì 14 dicembre 2012

dice Richard Stallman

Le persone religiose spesso dicono che la religione offre un'assoluta certezza su cosa sia giusto e e cosa sia sbagliato; "lo dice Dio". Anche supponendo che gli dei sopramenzionati esistano, e che i credenti conoscano veramente cosa pensino, ciò non fornisce ancora delle certezze, poiché qualunque essere per quanto potente può sempre sbagliare. Che gli dei esistano oppure no, non c'è modo di avere una certezza assoluta sull'etica. Senza questa, cosa dobbiamo fare? Facciamo del nostro meglio. L'ingiustizia avviene in questo istante; la sofferenza avviene in questo istante. Abbiamo delle scelte da fare ora. Insistere sulla certezza assoluta prima di iniziare ad applicare l'etica nelle decisioni della vita è un modo per scegliere di essere amorali.


mercoledì 12 dicembre 2012

Sciopero a sangue alla Ford russa - Astrit Dakli


Tensione allo stabilimento Ford-Sollers di Vsevolozhsk, non lontano da San Pietroburgo, dove la direzione ha annunciato la messa in ferie obbligatorie (a paga ridotta) dei dipendenti a partire da metà dicembre. I lavoratori hanno reagito con uno sciopero bianco e con una inedita “giornata della donazione di sangue”: i lavoratori che donano il sangue, dice la legge, hanno diritto a due giorni di ferie pagate.
La vertenza è iniziata ai primi di novembre, quando l’azienda – una joint venture tra la Ford Motors Co. e la russa Sollers – ha annunciato che avendo raggiunto in anticipo gli obiettivi di produzione per il 2012 le linee sarebbero state fermate per due settimane alla fine dell’anno, con la messa in ferie obbligatorie a paga ridotta (solo i due terzi del salario base) di tutti o quasi i dipendenti. I sindacati interni – tra i più attivi e dinamici di tutta la Russia fin dalla nascita dello stabilimento, negli anni novanta – hanno reagito proclamando uno sciopero bianco, in cui cioè i lavoratori si attengono strettamente al regolamento, soprattutto in materia di sicurezza, il che produce un forte rallentamento della produzione. In pratica, questo significa che operai e impiegati smettono di avere tutte quelle iniziative che di norma accelerano il lavoro, così come smettono di fare gli straordinari o anche solo quei cinque minuti in più per finire un certo lavoro in atto. Questo sciopero bianco sta andando avanti da una settimana e proseguirà ad oltranza; finora la direzione afferma che non c’è stata alcuna conseguenza sul volume della produzione, ma fonti sindacali parlano di una diminuzione del 10-15 per cento, ammortizzata finora col ricorso agli stock. A Vsevolozhsk si producono la Focus e la Mondeo.
Ma se lo sciopero bianco è una forma di lotta abbastanza diffusa nelle aziende russe, l’altro strumento messo a punto dai sindacati è invece inedito: dato che la legge impone al datore di lavoro di dare due giorni di ferie a paga piena ai lavoratori che donano il sangue, i sindacati stanno organizzando una “giornata dei donatori” in cui tutti o comunque molti dei 3000 dipendenti dello stabilimento di Vsevolozhsk si presenteranno ai centri appositi per donare il sangue, ottenendo così l’effetto di paralizzare per due giorni la produzione senza neanche scioperare.

Ravi Shankar



 

Il viaggiatore - Stig Dagerman

uno scrittore da leggere e rileggere, "Il viaggiatore" è un libro di racconti, alcuni sono solo bellissimi, gli altri immensi.
"solo" una raccolta di racconti (fra i quali “Uccidere un bambino”, qui)
qui ci sono solo cose che non si dimenticano, non te ne pentirai, promesso - franz




Non c'è spazio però per la disperazione, la tensione drammatica è resa con lucida consapevolezza, con disillusione: come se non valesse neppure la pena lottare per cambiare le cose, in un clima di rassegnazione, che solo poche volte viene vinto. Ognuno si dirige stancamente, più o meno conscio di ciò che lo aspetta, verso un destino tragico-ironico, che porta sempre l'opposto di ciò che si ricerca.
Dagerman rivolge il suo sguardo soprattutto sui bambini, presenti nei suoi racconti come "dannati dal destino", impossibilitati sia a dare che ad avere, ma soprattutto disillusi come gli adulti, senza più sogni, senza possibilità di uscire dalla loro statica condizione, assillati dal proprio dramma a causa di una maggior sensibilità che li porta a sentirsi essi stessi sbagliati, con il rimorso di vivere. 
Ma il dramma vero sembra essere soprattutto la mancanza di comunicazione, il restringimento degli affetti, l'incapacità di mettersi in comunione profonda…

martedì 11 dicembre 2012

Mauro Biglino - e se la Bibbia ci dicesse altro?



Qui una conferenza: 

una proposta di Pino Cabras a Beppe Grillo


…chi era il punto di coagulo dell’opposizione negli anni settanta? Era il PCI, uno strano partito che pur essendo di massa, a un certo punto decise che non poteva bastare a se stesso, e perciò alle elezioni presentava candidati indipendenti. Naturalmente questi condividevano molte idee di quel partito, non andavano certo in campo avversario, ma avevano biografie autenticamente svincolate ed erano in grado di rappresentare interessi che il PCI non raggiungeva con le sue sole forze. La cosiddetta Sinistra Indipendente formava perfino un suo gruppo parlamentare autonomo, che portò alle Camere voci autorevoli, competenti, oneste, rappresentative, perfettamente in grado – una volta concluso il mandato – di non impigliarsi per sempre al “mestiere” politico. Questi parlamentari contribuirono tra l’altro a scrivere ottime leggi, cosa niente affatto secondaria.
Ebbene, il Movimento Cinque Stelle, lo ripeto, è di fatto il punto di coagulo dell’opposizione dell’oggi e dell’immediato domani, e ha una straordinaria responsabilità storica, che anche in bocca a Beppe Grillo suona con queste esatte parole: «Ma ora come fai a deludere le aspettative di tanta gente?»
Se la sua preoccupazione è questa, allora diventa cruciale, nel brevissimo tempo che rimane da qui alle elezioni, presentare liste migliori di quelle varate con la consultazione infra-partitica delle «parlamentarie». Non c’è tempo per fare una grande selezione di massa. C’è tempo invece per guardarsi intorno fra «rappresentanti di tante liste civiche, movimenti di gente perbene. Ragazzi, professori, esperti» (riuso le parole di Beppe). I Cinquestelle li conoscono già: «I No-Tav, quelli dell’acqua pubblica, dei beni comuni, gli altri referendari.» Scelga Grillo alcune decine di «saggi» indipendenti da presentare in vista delle elezioni in aggiunta al quadro delle liste attuali: alcuni da candidare come parlamentari, altri come possibili ministri, altri come autorevoli garanti. L’esposizione di Grillo sarebbe calibrata e cesserebbe di essere una sovraesposizione. La presenza di parlamentari indipendenti e non trasformisti sarebbe il seme di una nuova democrazia. Diventerebbe il punto di confluenza di una forza popolare in grado di dirigere e riformare profondamente la Repubblica. Troverebbe un’Italia disposta a una reale alternativa. Darebbe una prospettiva a milioni di elettori altrimenti portati ad astenersi…