Thomas Bernhard racconta come se stesse parlando di un'autopsia, di mondi scomparsi o che meritano di scomparire, senza troppa pietà.
e nessuno si può considerare escluso - franz
Un medico condotto della Stiria, accompagnato dal figlio, fa
un giro di visite: insieme a loro, dalla prima frase fin oltre l’ultima, siamo
presi in un «perturbamento» che avvolge tutto come uno scirocco metafisico. Una
vibrazione di malattia e di tristezza emana dalla psiche e dalla natura. La
campagna, qui, è il luogo prediletto della brutalità: dal caldo opprimente dei
fienili, dove i bambini hanno paura di morire soffocati, al gelo segregato di
un castello, a picco su una gola ostile alla luce: ovunque si percepisce un
invito alla distruzione, un incoraggiamento all’ansia suicida. Le porte si
aprono ogni volta su qualcosa di atroce: la moglie di un oste malmenata a
morte, senza ragione, dagli avventori del locale; una vecchia maestra in
agonia, con «il sorriso delle donne che si destano dal sonno sapendo di non
avere più speranza»; una fila di uccelli esotici strangolati, perché i loro
lamenti sono assordanti. In uno stile asciutto, protocollare, Bernhard elenca i
relitti del dolore, finché la scansione inflessibile, martellante dei fatti
lascia il posto all’immane delirio dell’ultimo infermo: il principe Saurau,
raggelato da un eccesso di lucidità, scosso da un continuo frastuono nella
testa, abbandonato ormai a una «micidiale tendenza al soliloquio». Nelle sue
parole incessanti confluiscono e si dilatano i frammenti dell’orrore che già
abbiamo traversato. Ma qui essi vengono scalzati dalla loro fissità e presi in
un vortice, il moto perpetuo del «perturbamento». Perturbamento è stato pubblicato per la prima volta
in Germania nel 1967.
…ma
il disprezzo rimane; un disprezzo che sfianca ed esaurisce il lettore, perché è
così estremo e incurante d’ogni altra sensibilità che finisce con l’andare a
scrivere, nelle nostre menti, un secondo libro; dedicato e intitolato, per così
dire, alla radice del perturbamento: la coscienza della passata grandezza,
dello splendore e dell’intelligenza d’un impero e d’una nazione, che sembrano
assolutamente smarrite. Non si può negare quel che è stato: non si può
dimenticare: ma la comparazione con il presente è così grottesca e stridente da
impedire ogni serenità e ogni auspicio di rinascenza.
Verrebbe da dire: ogni lucidità. Difficile pretenderla, tuttavia, in chi, austriaco, ha dedicato un’esistenza a scavare una fossa più profonda ancora per l’Austria, scandendone miserie, fallimenti, suicidi e grettezza con precisione e puntualità impeccabile e implacabile...
Verrebbe da dire: ogni lucidità. Difficile pretenderla, tuttavia, in chi, austriaco, ha dedicato un’esistenza a scavare una fossa più profonda ancora per l’Austria, scandendone miserie, fallimenti, suicidi e grettezza con precisione e puntualità impeccabile e implacabile...
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