Lo storico, demografo, antropologo e sociologo neo-weberiano Emmanuel Todd,
allievo dello storico inglese Peter Laslett a Cambridge e noto per aver
predetto con diversi anni di anticipo il crollo dell’URSS1,
ha scritto un libro importante e molto ambizioso, “La sconfitta
dell’Occidente” (Fazi Editore, Roma 2024), pieno di spunti geniali, ipotesi
ardite e brillanti e scomode provocazioni2.
Insomma, un libro da leggere con gusto. È stato scritto tra il luglio e il
settembre del 2023 (durante l’estate della fallita controffensiva ucraina
pianificata dal Pentagono), ma è uscito in Italia in settembre con una
prefazione scritta nel giugno 2024.
Il libro cerca di fare il punto sulla disastrosa condizione presente e la
tesi centrale è che l’Occidente, più che essere sotto attacco da parte della
Russia, “si sta distruggendo da sé”: la crisi endogena dell’Occidente è il
motore del momento storico che stiamo vivendo. “A mettere a rischio
l’equilibrio del pianeta è una crisi occidentale, e più precisamente una crisi
terminale degli Stati Uniti, le cui onde più periferiche sono andate a
schiantarsi contro la banchina della resistenza russa, contro un classico
Stato-nazione conservatore” (pag. 38).
L’Occidente è diventato totalmente autoreferenziale, convinto che avrebbe
potuto facilmente imporre il suo modello al resto del mondo. “Il sistema
occidentale odierno ambisce a rappresentare la totalità del mondo e non ammette
più l’esistenza dell’altro. Tuttavia, … se non riconosciamo più l’esistenza
dell’altro, legittimamente tale, alla fine cessiamo di essere noi stessi” (pag.
51). Ogni civiltà è viva e capace di agire con coerenza, se ha una identità
dialettica. Secondo Todd, l’America di Eisenhower negli anni ’50, grazie ai
lavori di alcuni antropologi e scienziati politici (Margaret Mead, Ruth
Benedict, Edward Banfield, etc.) era ancora capace di riconoscere “l’altro” (ossia
la diversità socio-culturale del mondo), in particolare la specificità delle
culture russa, giapponese o dell’Italia meridionale (pp. 72-73). Ora, prevale
una concezione uniforme dei popoli.
In larga parte, si tratta di un’analisi geopolitica classica che prende in
considerazione diversi elementi – tenore di vita, forza del dollaro, meccanismi
di sfruttamento, rapporti di forza militari oggettivi – più o meno razionali in
superficie, “tuttavia, abbandonerò l’ipotesi esclusiva di una ragione ‘ragionevole’
e proporrò, invece, una visione più ampia della geopolitica e della storia,
integrando meglio quel che è assolutamente irrazionale nell’uomo, in
particolare i suoi bisogni spirituali” (pag. 49). Con questo Todd intende dare
rilevanza ad una serie di elementi culturali ed ideologici che rientrano in un
approccio olistico weberiano che cerca di tenere insieme quello che i marxisti
intendono per rapporto dialettico tra struttura e sovrastruttura, anche se Todd
tende a considerare alcuni elementi culturologici sovrastrutturali, a
cominciare dalla religione protestante, come i veri motori della storia umana,
nel bene e nel male.
Cosa è l’Occidente
Così per definire cosa è l’Occidente, Todd non ricorre al 1492 (la data
emblematica della “scoperta” del continente americano da parte di Colombo che
ha dato avvio alla conquista europea del resto del mondo), né al capitalismo
mercantile e industriale, né alla democrazia liberale3,
mentre riserva un’importanza cruciale al ruolo della religione. “All’origine e
al centro dello sviluppo occidentale non troviamo il mercato, l’industria e la
tecnologia, bensì una religione in particolare il protestantesimo. Mi sto
dunque muovendo da bravo allievo di Max Weber, il quale poneva la religione di
Lutero e di Calvino all’origine di quella che, all’epoca, sembrava essere la
superiorità dell’Occidente. Tuttavia, a oltre un secolo dalla pubblicazione
di L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, avvenuta nel
1904 e nel 1905, possiamo spingerci al di là di Weber in maniera affatto
inedita. Se, come egli afferma, il protestantesimo è stato davvero la matrice
del decollo dell’Occidente, allora è la sua morte, oggi, a causarne la
dissoluzione, e più prosaicamente la sconfitta” (pp. 147-148).
Come l’ebraismo, il “protestantesimo alfabetizza” le popolazioni su cui
domina, sottolinea Todd, dal momento che tutti i fedeli devono avere accesso
diretto alle Sacre Scritture, non attraverso l’intermediazione della Chiesa
come solitamente avviene tra i cattolici. E una popolazione alfabetizzata è
capace di progredire a livello sia tecnologico sia economico. La religione
protestante ha dunque contribuito a forgiare una forza lavoro altamente
efficiente. Inoltre, sul piano delle concezioni sociali, l’alfabetizzazione
“alimenta un sentimento di uguaglianza quasi metafisica tra tutti i cittadini”
(pag. 156).
Allo stesso tempo, però, il mondo protestante condivideva l’idea, ereditata
dalla dottrina della predestinazione calvinista, secondo cui alcuni sono eletti
e altri dannati, per cui gli uomini non sono tutti uguali. Un’idea che si
contrapponeva a quella cattolica e ortodossa dell’uguaglianza fondamentale di
tutti gli uomini, mondati dal peccato originale attraverso il battesimo. “Non
sorprende, dunque, che le due forme più potenti o durevoli di razzismo siano
emerse nei paesi protestanti. Il nazismo si è radicato nelle regioni luterane
della Germania … Quanto alla fissazione americana per i neri, ha anch’essa
molto a che vedere con il protestantesimo. Infine, non vanno dimenticate
l’eugenetica e le sterilizzazioni forzate, in particolare nella Germania
nazista, in Svezia tra il 1935 e il 1976 e negli Stati Uniti tra il 1907 e il
1981: sono il logico risultato di un ambiente protestante che non riconosce
tutti i diritti fondamentali a ogni singolo individuo” (pag. 150-151).
Todd sostiene che “una nazione è un popolo reso cosciente da un credo
collettivo e una élite che lo governa in base a tali convinzioni” (pag. 181),
per cui ci tiene a sottolineare che il protestantesimo “è stato anche il motore
principale dello sviluppo degli Stati-nazionali. … Effettivamente, esigendo la
traduzione della Bibbia in lingua volgare, Lutero e i suoi seguaci hanno
contribuito in maniera determinante alla formazione di culture nazionali e di
Stati potenti, bellicosi e consapevoli di sé: l’Inghilterra di Cromwell, la
Svezia di Gustavo Adolfo e la Prussia di Federico II. Il protestantesimo ha
dato origine a dei popoli che, a furia di leggere troppo la Bibbia, hanno
finito con credersi eletti da Dio” (pag. 151) e predicare il proprio
eccezionalismo.
Se il protestantesimo originario di Lutero era di stampo autoritario
(predicava la sottomissione assoluta dell’individuo allo Stato), secondo Todd
questo è stato dovuto ad una predisposizione antropologica: la famiglia ceppo o
multipla verticale tedesca (che per Todd “ha reso possibile il nazismo” – pag.
153) prevedeva che solo uno dei figli era chiamato a vivere con il padre e ad
ereditare (non vi era uguaglianza tra i fratelli). Ma al protestantesimo
autoritario tedesco si è contrapposto quello “democratico liberale”
dell’Inghilterra, dove “la famiglia nucleare assoluta non era mai composta da
più di una coppia e dai propri figli, i quali si separavano dai genitori una
volta diventati adolescenti … Questo sistema preparava gli individui alla
libertà e instillava persino in loro un inconscio liberale che i coloni inglesi
esportarono in America” (pag. 152). La Francia cattolica, “per contiguità” è
riuscita a mantenersi nella sfera più sviluppata dell’Occidente, che è essenzialmente
protestante, e nonostante che nel bacino parigino la famiglia nucleare fosse di
tipo egalitario, dal momento che fratelli e sorelle ereditavano in egual
misura, laddove nel mondo anglosassone non esisteva affatto una simile regola
di uguaglianza tra i figli. La Rivoluzione francese ha tratto la sua
ispirazione egualitaria proprio dalla regione di Parigi (ma anche da Marsiglia
e dalla regione mediterranea) dove prevaleva questa struttura familiare in cui
i fratelli ereditavano in modo egualitario i beni del padre e dove la
popolazione ha abbandonato la Chiesa in favore di Marianne, l’incarnazione
della libertà e della ragione repubblicana. Questo, mentre le regioni francesi
con strutture familiari autoritarie e inegualitarie – come la Vandea – erano ancora
sotto l’influenza della Vergine Maria, ossia di un cattolicesimo teologicamente
e socialmente reazionario.
Todd sostiene che esistono due definizioni di Occidente. La prima è una
definizione ampia che considera il fiorire dell’istruzione, l’affermazione
dell’economia capitalistica e del sistema di potere statunitense, che arriva a
comprendere paesi come Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Italia e
Giappone. “Questo è l’Occidente dei politici e dei giornalisti di oggi, e di
una NATO allargata al protettorato giapponese” (pag. 148). In questo Occidente
allargato, il decollo dello sviluppo economico rispetto al resto del mondo è
stato determinato da due rivoluzioni culturali: il Rinascimento italiano e la
Riforma protestante tedesca.
La seconda è più ristretta e “assume come criterio di inclusione la
partecipazione alla rivoluzione liberale e democratica. In tal caso, si ottiene
un gruppo più ristretto, in cui rimangono solamente Inghilterra, Stati Uniti e
Francia. La Glorious Revolution inglese del 1688 (con la
deposizione del re Giovanni II e la conferma del primato del Parlamento sulla
Corona sia in Inghilterra che in Scozia), la Dichiarazione di indipendenza
americana del 1776 e la Rivoluzione francese del 1789 (con la decapitazione di
Luigi XVI e di sua moglie Maria Antonietta) sono gli eventi su cui si fonda
questo Occidente liberale ristretto.
In senso lato, dunque, l’Occidente non è storicamente “liberale”, poiché ha
generato anche il fascismo italiano, il nazismo tedesco e il militarismo giapponese”
(pag. 148). Si potrebbe aggiungere che tra i mostri che questo Occidente (sia
lato sia ristretto) ha generato nel corso degli ultimi 500 anni di storia ci
sono anche la conquista violenta dell’America e del sud del mondo, il genocidio
dei popoli nativi, lo schiavismo degli africani e di altri popoli indigeni, il
colonialismo, il capitalismo, l’imperialismo, il patriarcato, l’odio di classe,
il razzismo, l’apartheid e il suprematismo bianco.
Todd è un convinto sostenitore della tesi che ritiene che le democrazie
occidentali siano in una crisi terminale e che stiamo vivendo in una
postdemocrazia (cita tutti i testi più rilevanti sul dibattito della crisi
della “democrazia liberale” pubblicati negli ultimi due decenni, da Cristopher
Lasch a Colin Crouch – pp. 153-155) e non sopporta la narrazione mainstream
incentrata sulla contrapposizione tra le “democrazie liberali” occidentali e le
“autocrazie”. Todd considera paradossale che l’Occidente pretenda di
rappresentare la “democrazia liberale” in contrapposizione alle “autocrazie”,
come quella russa, proprio mentre il suo nucleo anglo-americano-francese,
quello che ha inventato tale forma di democrazia, è in una crisi profonda,
forse terminale. Semmai, per Todd, si tratta di “un confronto tra le oligarchie
liberali occidentali e la democrazia autoritaria russa” (pag. 158).
La teoria di Todd dello sviluppo dei
sistemi politici in rapporto alle strutture antropologiche e alla
stratificazione educativa
Oltre ad utilizzare un approccio neo-weberiano che fa leva sul ruolo della
religione (protestantesimo), Todd utilizza alcuni dati antropologici, in
particolare relativi alle strutture familiari e ai sistemi di parentela,
insieme ad una teoria della stratificazione educativa, per spiegare le
peculiarità dello sviluppo dei sistemi politici. Istruttivo il seguente
passaggio: “A livello empirico, possiamo associare la diffusione di un
carattere democratico primario, sotto varie forme – liberale o autoritario,
egualitario o inegualitario – a seconda delle strutture antropologiche di
ciascun paese, al superamento del 50% di individui alfabetizzati. Nel mondo
angloamericano, questa transizione ha dato origine al liberalismo puro tra il
XVII e il XVIII secolo, in Francia al liberalismo egualitario a partire dal
XVIII secolo, in Germania alla socialdemocrazia e al nazismo nel XIX e nel XX
secolo, e in Russia al comunismo. Allo stesso modo, l’accesso all’istruzione
superiore del 20-25% degli studenti per generazione ha portato allo
sgretolamento di queste ideologie primarie legate alla fase di alfabetizzazione
di massa. Ha preso quindi forma una nuova stratificazione delle società [con
l’emersione di una classe media]; il rapporto con la parola scritta e con
l’ideologia è divenuto più critico, la parola di Dio, gli incantesimi del
Führer, le istruzioni del Partito, o anche dei partiti, hanno perduto la
propria trascendenza. La Russia ha raggiunto questa soglia tra il 1985 e il
1990 (negli Stati Uniti ciò è avvenuto intorno al 1965)” (pp. 67-68).
All’inizio del terzo millennio, nota Todd, il sentimento di uguaglianza
democratica basilare sembra essersi esaurito. Storicamente, la diffusione
dell’alfabetizzazione universale è stato un motore di democratizzazione e un
potente solvente di pregiudizi e disuguaglianze, soprattutto tra i sessi, ma lo
sviluppo dell’istruzione superiore (lauree e dottorati) “ha finito per dare al
30 o 40% di una generazione la sensazione di essere veramente superiore: un
élite di massa, un ossimoro che ben introduce la stranezza della situazione”
(pag. 156). In questa generazione si è fatta strada l’idea di possedere una
superiorità intrinseca: al sogno dell’uguaglianza è subentrata una
legittimazione della disuguaglianza, anche grazie alla manipolazione
dell’ideologia del “merito”. La globalizzazione ha esacerbato questa divisione,
perché le persone con un’istruzione superiore si sono schierate con l’élite
ricca nella mal riposta speranza di condividerne i guadagni. D’altra parte, i
“bifolchi” diffidano di questa élite. “Il rappresentante del popolo, un membro
dell’élite di massa e con un’istruzione superiore non ha più rispetto per chi
possiede un’istruzione primaria e secondaria e, di fondo, qualunque sia la sua
etichetta di partito, non può fare a meno di sentire i valori delle persone più
istruite come gli unici legittimi. È uno di loro, quei valori sono lui stesso
e, ai suoi occhi, tutto il resto è privo di significato, vuoto: egli non potrà
mai rappresentare alcun genere di alternativa” (pag. 157). L’aumento delle
disuguaglianze negli ultimi decenni, un fenomeno associato alla globalizzazione
economica (accelerata dal NAFTA, dagli accordi free trade e dall’entrata della
Cina nel WTO nel 2001) e al neoliberismo (un fenomeno ideologico con drammatici
effetti economici di cui Todd parla poco4),
“ha frantumato le classi tradizionali, ma ha anche peggiorato le condizioni
materiali e l’accesso all’occupazione degli operai e delle stesse classi medie”
(pag. 157). Una evoluzione che ha contribuito alla nascita di movimenti e
partiti identitari, xenofobi, di estrema destra, populisti e a far spostare a
destra movimenti e partiti centristi e di centro-sinistra.
Secondo Todd, “l’antropologia delle strutture familiari ci aiuta a
comprendere per quale ragione e in che modo l’Inghilterra, gli Stati Uniti e la
Francia [l’Occidente ristretto] abbiano contribuito alla nascita della
democrazia liberale. In questi paesi, infatti, lo sfondo familiare nucleare
poteva alimentare un liberalismo istintivo” (pag. 152) e una cultura
individualistica.
In Germania e in Giappone, invece, i valori fondamentali della famiglia
ceppo erano l’autorità (del padre sui figli) e la disuguaglianza (tra
fratelli). “L’ineguaglianza dei fratelli è diventata la disuguaglianza degli
uomini e dei popoli. L’autorità diviene invece il diritto di dominare i popoli
più deboli” (pag. 183). Diventa possibile per i governanti arrivare a pensare
che il loro paese è superiore a tutti gli altri e che questi devono obbedienza.
Infine, Todd avanza anche l’ipotesi di un nesso tra il comunismo e la
famiglia contadina comunitaria (la grande famiglia patriarcale) che secondo lui
è riscontrabile in Russia, Cina, Serbia, Toscana [la famiglia mezzadrile],
Vietnam, Lettonia, Estonia e nelle regioni interne della Finlandia5.
“Questo tipo di famiglia patrilineare, che riunisce il padre e i suoi figli
sposati in un’azienda agricola, trasmetteva valori di autorità (del padre sui
figli) e di uguaglianza (dei fratelli tra loro). Nel caso della Russia, esso
aveva la particolarità di essere un fenomeno recente, dal momento che qui aveva
interessato i contadini solamente a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, come
pure la servitù della gleba. Non aveva quindi ancora ridotto in maniera
significativa la condizione delle donne, come avvenuto ad esempio in Cina.
Ancora oggi, in Russia, il principio patrilineare viene simbolicamente
perpetuato dal sistema dei tre nomi: nome proprio, patronimico, nome di
famiglia” (pp. 69-70). L’uguaglianza dei fratelli diventa l’uguaglianza degli
uomini e dei popoli (e finanche una predilezione per un sistema “multipolare”
di relazioni internazionali, “in cui ogni ‘polo’ è uguale agli altri, ma
autoritario nella propria sfera di influenza” – pag. 183). Todd arriva a
stabilire anche una relazione diretta tra il comunitarismo familiare e il
comunismo in Russia. “Il comunismo non è nato dalla creatività del cervello di
Lenin per poi venire imposto da una minoranza attiva; è stato il risultato
della disgregazione della famiglia contadina tradizionale. L’abolizione della
servitù della gleba nel 1861, l’urbanizzazione e l’alfabetizzazione hanno
liberato l’individuo dalla soffocante famiglia comunitaria. Tuttavia, una volta
libero l’individuo si è ritrovato completamente disorientato e si è quindi
rivolto al Partito, all’economia centralizzata e al KGB in quanto sostituti
della potestà paterna. Si potrebbe affermare che il KGB fosse in un certo senso
l’istituzione più prossima alla famiglia tradizionale, in quanto si occupava
personalmente delle persone, nei minimi dettagli” (pag. 70).
La crisi irreversibile degli Stati Uniti
La tesi di Todd è che gli Stati Uniti soffrono per “la scomparsa di una
cultura nazionale condivisa dalle masse e dalle classi dirigenti” (pag. 45). La
conseguenza dell’implosione della cultura WASP – White Anglo-Saxon Protestant,
ovvero ‘bianca, anglosassone e protestante’6 –
a partire dagli anni ’60, con un’accelerazione dopo il 1980, che ha portato al
“trionfo dell’ingiustizia”7 (con
il progressivo smontaggio del New Deal di Roosevelt) e “ha generato un impero
privo di un centro e di un progetto, un organismo essenzialmente militare
guidato da un gruppo privo di cultura (in senso antropologico), i cui unici
valori fondamentali sono il potere, la violenza e un individualismo assoluto
capace di attuare solo i personali interessi economici e di potere immediati8.
Questo gruppo viene genericamente definito mediante l’espressione ‘neocons’’,
‘neoconservatori’ [che Todd considera “gli eredi trionfalistici del
maccartismo” (pag. 74)]. Si tratta di un gruppo alquanto ristretto, ma che si
muove all’interno di una classe alta atomizzata e anomica, e che possiede una
capacità notevole di provocare danni geopolitici e storici”. L’élite WASP è
stata sostituita da bande di insider di Washington, il cui unico legame è la
loro dipendenza dal protagonismo militare e dai profitti derivanti dalle
rendite dell’impero.
Secondo Todd, la crisi degli Stati Uniti è determinata dalla “completa
scomparsa del substrato cristiano” che ha provocato “la polverizzazione delle
classi dirigenti americane” (pag. 47). Il fatto è che il protestantesimo, il
credo religioso che secondo Todd, seguendo Max Weber, aveva sostenuto la forza
economica dell’Occidente e, soprattutto, degli Stati Uniti, “è ormai morto”
(pag. 47). Questa è per Todd “la chiave esplicativa decisiva delle
turbolenze che oggi scuotono il mondo”.
La disintegrazione terminale della matrice cristiana (nella versione
protestante) negli Stati Uniti ha fatto emergere un “nichilismo”, condito
dall’ossessione per il denaro e da una tendenza all’autodistruzione
(esemplificata dalle stragi dei mass-shooting e alla “epidemia
da oppioidi”), al militarismo, al ritorno di razzismo e segregazione, al più
alto tasso di reclusione al mondo, e a una negatività endemica. Per Todd, un
sintomo centrale del nichilismo è l’ideologia transgender che porta le classi
medio-alte a voler credere che un uomo possa diventare una donna e una donna un
uomo. Per Todd, questa è un’affermazione del falso, perché la biologia del
codice genetico ci dice che questo è impossibile.
Quello che Todd chiama “stato zero della religione”, ossia la fase della
dissoluzione della morale cristiana9,
infatti, produce “nichilismo”, “una deificazione del vuoto” (pag. 49)10.
Per nichilismo Todd intende un atteggiamento culturale con due dimensioni
fondamentali: una pulsione alla distruzione di cose e persone; e una dimensione
di natura concettuale che tende irresistibilmente a distruggere la nozione
stessa di verità, a vietare qualsiasi descrizione ragionevole del mondo (un
cinismo e “un’amoralità derivante dall’assenza di valori”). È “la negazione
della realtà” (pag. 252).
Per Todd, gli Stati Uniti non possono più essere considerati né una
democrazia liberale, ma sono una “democrazia oligarchica” o una “oligarchia
liberale” (“giacché nell’Ovest la protezione delle minoranze è divenuta
un’ossessione”, a cominciare da quella dei ricchi – pag. 158), con gli
oligarchi (i grandi capitalisti/finanzieri, come Donald Trump e Elon Musk) che
possono intervenire pesantemente nel sistema politico11 (pag.
77), né uno Stato-nazione, come “erano stati nella loro fase imperiale
positiva, dal 1945 al 1990, di fronte all’URSS” (pag. 48), perché, seppure
possiedono ancora un gigantesco apparato statale e militare e abbiano
l’oligopolio GAFAM del capitalismo digitale (Google, Apple, Facebook, Amazon,
Microsoft) e il gas del fracking, il tenore di vita degli statunitensi dipende
da un numero di importazioni che le esportazioni non riescono più a coprire,
non hanno più una classe dirigente nazionale in senso classico e neanche una
cultura centrale ben definita. Dal punto di vista della composizione sociale,
la classe operaia americana è crollata di fronte all’afflusso di merci cinesi
ed “è emersa una società polarizzata tra una plebe economicamente inutile e una
plutocrazia predatrice” (pag. 47). Non sono uno Stato imperiale, neppure uno
Stato di basso impero, ma uno Stato postimperiale, emanazione di un
impero in disfacimento, divenuto impermeabile al concetto di sovranità
nazionale. “Benché mantenga l’apparato militare di un impero, l’America non ha
più al suo centro una cultura portatrice di discernimento, motivo per cui nella
pratica si lancia in azioni sconsiderate e contraddittorie, come un’intensa
espansione diplomatica e militare in un momento di massiccia contrazione della
propria base industriale. E questo tenendo presente che una ‘guerra moderna
senza industria’ è un ossimoro” (pag. 47).
Per Todd, una delle maggiori sorprese emerse dalla guerra in Ucraina è che
l’industria americana – il mitico complesso militare-industriale, tanto
foraggiato con i soldi del governo federale – è insufficiente, incapace di
stare al passo con la produzione bellica russa: “la superpotenza mondiale non è
più in grado di assicurare la fornitura di granate – o di qualunque altra cosa
– al suo protetto ucraino” (pag. 35). Gli Stati Uniti non hanno più i mezzi
industriali per mantenere le promesse fatte in politica estera. Biden ha
menzionato nelle sue memorie del 2017 che il presidente Barack Obama lo metteva
in guardia dal “fare troppe promesse al governo ucraino”. Ora capiamo perché.
Secondo Todd, “l’ipotesi di una ripresa militare-industriale degli Stati
Uniti è da escludere in forza della scarsità di ingegneri a loro disposizione
[per cui importano milioni di STEM workers dal resto del mondo] e della loro
insuperabile predilezione per la produzione di denaro anziché di macchinari12.
… Più in generale, però, il collasso morale e sociale che deriva dallo stato
zero del protestantesimo – la teoria di base di questo saggio – ci assicura che
il declino americano è ormai irreversibile. Questo libro è stato scritto da chi
legge Max Weber, non Clausewitz o Sun Tzu” (pag. 12).
Per Todd, è l’estinzione religiosa (la morte del protestantesimo) che ha
condotto alla scomparsa della morale sociale e del sentimento collettivo.
Indicatori di questo processo sono, oltre al basso numero di giovani che
studiano per diventare ingegneri, “l’aumento della mortalità americana, in
particolare negli Stati interni repubblicani e trumpiani, nello stesso momento
in cui centinaia di miliardi di dollari fluiscono verso Kiev” (pag. 48).
Un’alta mortalità infantile (5,4 su 1000 nascite) e una riduzione
dell’aspettativa di vita, fenomeni documentati da Anne Case e Angus Deaton nel
libro-inchiesta “Deaths of despair and the future of capitalism” (“Morti
di disperazione e il futuro del capitalismo”) del 2020. L’aumento della
mortalità, in particolare tra i bianchi di 45-54 anni – per alcolismo,
suicidio, uso di armi da fuoco, obesità e dipendenza da oppioidi (come il
fentanil) – ha fatto registrare un calo complessivo dell’aspettativa di vita
(unico tra i paesi avanzati): da 78,8 anni nel 2014 a 76,3 anni nel 2021. Tutto
questo in presenza della spesa sanitaria più alta del mondo (pari al 18,8% del
PIL).
Gli Stati Uniti sono stati trascinati in conflitti sanguinosi che minano il
loro status di prima potenza mondiale da due alleati radicalizzati – Ucraina e
Israele – che loro stessi hanno contribuito a formare (pag. 17). Todd ritiene
che gli USA siano stati indotti in una trappola strategica dal regime
nazionalista di Kiev. Se la determinazione “suicida” dei nazionalisti ucraini
di riprendersi la Crimea e di sottomettere il Donbass ha portato alla guerra
(stanno cercando di “mantenere la propria sovranità sulle popolazioni di
un’altra nazione, una nazione molto più potente di loro”), il loro “nichilismo”
l’ha perpetuata e solo gli aiuti occidentali hanno finora consentito loro di
continuare a combattere. Per oltre un decennio, l’America aveva individuato
nella Cina il suo nemico principale e a Washington l’ostilità nei confronti di
Pechino era ed è trasversale e, probabilmente costituisce l’unico punto su cui
democratici e repubblicani sono in grado di trovare un’intesa. Adesso invece,
per il tramite dei nazionalisti ucraini, stiamo assistendo ad un confronto tra
Stati Uniti e Russia.
La guerra a Gaza, iniziata prima che Todd ha scritto la postfazione e la
prefazione dell’edizione italiana del suo libro, sta confermando alcune delle
sue tesi centrali. Il sostegno incondizionato dell’anziana élite politica
americana all’invasione di Israele suggerisce davvero che sono in preda a una
crisi psichica che trova espressione in un “nichilismo” che ha “bisogno di
violenza”. La “semplicità infantile” con cui il presidente Biden ha paragonato
Israele all’Ucraina come bastioni assediati della libertà mostra quanto
rapidamente i valori occidentali possano essere screditati dai loro confusi
difensori. L’impegno “irrazionale” del materiale militare americano nella
distruzione delle città di Gaza (e ora anche del Libano meridionale), che ha
incontrato la prolungata, seppur inquieta, acquiescenza dei suoi alleati
europei e dei media mainstream, suggerisce che non tutto va bene nell’Occidente
e, soprattutto, negli Stati Uniti.
La guerra in Ucraina
La spiegazione dell’entrata in guerra della Russia contro il regime ucraino
fornita da Todd è che, come detto da Putin a partire dal 2007 (discorso alla
conferenza di Monaco sulla sicurezza del 10 febbraio), Mosca non avrebbe
acconsentito passivamente all’integrazione dell’Ucraina nella NATO. “La
continua espansione delle infrastrutture dell’Alleanza Atlantica e lo sviluppo
militare del territorio ucraino sono per noi inaccettabili”, ha detto Putin13.
L’Ucraina stava per diventare un membro de facto della NATO per cui la
questione ucraina era diventata esistenziale per la Russia. Il 24 febbraio 2022
Putin ha considerato che era stata superata la “linea rossa” e che “non era più
possibile consentire che in Ucraina si sviluppasse una ’’anti-Russia’” (pag.
31) e così ha dato avvio alla “operazione militare speciale”14.
La feroce resistenza militare dell’Ucraina è stata una sorpresa. Era
considerato uno “Stato fallito” o quantomeno sulla via del fallimento, che
dalla sua indipendenza nel 1991 aveva perso 11 milioni di abitanti (passando da
52 a 41) per via dell’emigrazione verso la Russia (la popolazione russofona è
emigrata in massa, soprattutto la classe media e gli operai industriali
qualificati, dopo che ha perso ogni rappresentanza politica con la cosiddetta
rivoluzione di Maidan del 2014) o l’Europa occidentale e del calo della fertilità
(scesa a 1,2 figli per donna). L’Ucraina è un pasticcio di diversi tipi di
strutture familiari. A partire dalla Rivoluzione arancione del 2004, l’ovest
rurale contadino ha cercato di imporre la sua lingua all’est urbanizzato e
industrializzato, che naturalmente preferiva la lingua russa della scienza e
dell’alta cultura. L’Ucraina è stata dominata dagli oligarchi, dalla corruzione
e l’intero paese e il suo popolo sembravano essere ormai in vendita. Todd nota
che, alla vigilia della guerra, “l’Ucraina era infatti divenuta la terra
promessa per la maternità surrogata a basso costo” (pag. 33), detenendo il 25%
del mercato mondiale. La stessa Russia probabilmente si attendeva una resa o
addirittura il crollo del regime ucraino. Il paese era stato equipaggiato con
missili anticarro Javelin da parte della NATO e, fin dallo scoppio della
guerra, disponeva di sistemi di osservazione e guida statunitensi. Ma “quello
che nessuno poteva prevedere è che proprio nella guerra, l’Ucraina avrebbe
trovato una ragione di vita e una giustificazione alla propria esistenza” (pag.
33). La nascita vera a propria della nazione ucraina è avvenuta attraverso
l’alleanza tra l’ultranazionalismo banderista dell’ovest (di Leopoli e della
Galizia) e l’anarco-militarismo del centro (di Kiev e del suo intorno)
contrapposti alla parte russofila del paese, ormai indebolita dalla fuga della
sua élite e classe media.
Un’altra sorpresa è stata la solidità e la resistenza economica della
Russia (che alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina, insieme alla Bielorussia,
rappresentava il 3,3% appena del PIL occidentale). “Ci è stato annunciato che
le sanzioni, in particolare l’esclusione delle banche russe dal sistema di
scambio interbancario SWIFT, avrebbe messo in ginocchio il paese. Se però qualche
mente curiosa tra i nostri politici e giornalisti si fosse presa la briga di
leggere il testo di David Teurtrie, “Russie. Le retour de la puissance”
(“Russia, il ritorno della potenza”), pubblicato pochi mesi prima della
guerra, avremmo evitato di porre tutta questa ridicola fiducia nella nostra
onnipotenza finanziaria. Come infatti segnalato da Teurtrie, i russi si erano
adattati alle sanzioni del 2014 ed erano ormai pronti a essere autonomi nel
settore sia informatico che bancario. Dal suo libro emerge una Russia moderna,
lontana dalla rigida autocrazia neostalinista che la stampa ci propone giorno
dopo giorno, e capace invece di grande flessibilità tecnica, economica e
sociale. In sostanza, un avversario da prendere sul serio” (pp. 33-34).
Todd si domanda perché mai gli occidentali hanno sottovalutato a tal punto
il loro avversario, dato che non vi era nulla di segreto riguardo alle sue
risorse e i suoi dati erano accessibili. Un clamoroso errore di percezione che
si è protratto per tutti gli anni (dal 1999) in cui Putin è stato al potere e
che ha evitato di vedere una stabilizzazione riuscita della società russa, con
una economia che funziona. In Russia c’è un attaccamento viscerale all’economia
di mercato, nonostante il ruolo centrale svolto dallo Stato. Il “sistema Putin”
è “un prodotto della storia russa e non l’opera di un solo uomo”. Questo è
esemplificato sia dalla “statistica morale” – una riduzione dei tassi dei
decessi legati all’alcol, ai suicidi, agli omicidi e alla mortalità infantile
(4,4 per mille nel 2020, al di sotto del tasso americano del 5,4) – sia degli
indicatori socio-economici come un aumento del tenore di vita, una riduzione
del tasso di disoccupazione, un aumento delle produzioni agricole che ha
permesso l’autosufficienza alimentare e che ha portato la Russia a diventare
uno dei maggiori esportatori di prodotti agricoli al mondo (cereali, piante
oleifere e carne), un aumento delle esportazioni di armi (secondo esportatore
mondiale, dopo gli USA), lo status di primo esportatore mondiale di centrali
nucleari, un forte dinamismo nel mondo internet con dei “campioni nazionali”.
Progressi tangibili che hanno avuto un’accelerazione dopo il 2014, dopo
l’imposizione delle sanzioni da parte dell’Occidente dopo la prima crisi
ucraina e l’annessione della Crimea, e una sostanziale svalutazione del rublo.
Da allora sono state portate a termine una serie di riconversioni economiche
che hanno permesso alla Russia di riacquistare la propria autonomia rispetto al
mercato occidentale (l’embargo ha consentito di ristabilire una politica
fortemente protezionistica). Todd sottolinea che “le persone con un’istruzione
superiore che scelgono di studiare Ingegneria intorno al 2020 erano il 23,4%
rispetto al 7,2% negli Stati Uniti” (pag. 65), ossia 2 milioni di ingegneri
contro 1,35 milioni15.
Putin ha messo alle strette gli oligarchi dall’ottobre 2003 (con l’arresto
di Michail Chodorkovskij che aveva rapporti con la ExxonMobil e aspirazioni
politiche), fa leva su una classe media e medio-alta plasmata dall’istruzione
(che è anche il maggiore bacino di russi ostili al suo regime) e presta una
grande attenzione alle richieste dei lavoratori e degli ambienti popolari (che
d’altra parte ancora accettano una certa forma di autoritarismo e di
aspirazione a un’omogeneità sociale). Ha preservato la libertà di movimento,
lasciando la totale libertà di abbandonare il proprio paese. C’è una totale assenza
di antisemitismo. È stato impedito lo sviluppo di un individualismo assoluto.
Certo, la Russia è per Todd una “democrazia autoritaria”: si tengono
elezioni, sebbene siano in una certa misura truccate; autoritaria poiché il
regime non soddisfa il criterio essenziale per una democrazia liberale, del
rispetto dei diritti delle minoranze (poi ci sono anche le restrizioni della
libertà di stampa). “In Russia permangono valori comunitari – autoritari e
egualitari sufficienti affinché sopravviva l’ideale di una nazione compatta e
perché riemerga una particolare forma di patriottismo” (pp. 75-76). Con qualche
amarezza Todd nota che “l’attuale narrazione occidentale relega la Russia, e
soltanto lei, a un dispotismo eterno che oscilla tra l’autocrazia zarista e il totalitarismo
stalinista. Quando non viene equiparato al demonio, Putin è il nuovo Stalin
oppure un novello zar. Se applicassimo all’Occidente (in senso lato) gli stessi
criteri astorici che negano alla Russia il proprio diritto a evolversi,
scopriremmo che esso si trova ben lontano dall’immagine che ha di sé oggi”
(pag. 149).
Il vero fattore di debolezza della Russia è il suo basso indice di
fertilità (ora intorno all’1,5 figli per donna), una caratteristica che però
condivide con tutto il mondo maggiormente sviluppato. Questo è stato in parte
compensato dall’annessione di territori e popolazioni che un tempo
appartenevano all’Ucraina (per cui si è passati da 144 a 146 milioni). Secondo
Todd, l’esercito russo ha scelto di condurre una guerra lenta per risparmiare
uomini, per perdere il minor numero possibile di soldati (inizialmente in
Ucraina, un paese di 600 mila kmq, sono stati schierati solo 120 mila soldati
russi e sono stati utilizzati reparti della Wagner e milizie cecene), dandosi
come tempo massimo per una vittoria 5 anni, entro il 2027, quando la coorte di
uomini idonei al servizio militare sarà troppo piccola. La priorità della
Russia non è conquistare il massimo del territorio, ma perdere il minimo degli
uomini.
Todd nota che non solo è stato Putin a scegliere il momento in cui
scatenare l’attacco (allorquando la Russia aveva ormai acquisito la superiorità
strategica garantitale dal possesso di missili ipersonici nel 2018-2019), ma
che la dottrina militare russa prevede che in caso di minaccia alla nazione e
allo Stato, la Russia autorizzerà alcuni attacchi nucleari tattici, vale a dire
sul campo di battaglia. Questa dottrina nasce dalla notevole superiorità
demografica dell’Occidente dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica (887
milioni contro 144). I governanti occidentali conoscono questa dottrina
militare russa, ma negano la possibilità della pace come se rappresentasse una
minaccia ancora più grave di uno scontro termonucleare. Todd considera degli
“’squilibrati’ mentali tutti quei politici, giornalisti e accademici europei
convinti che la Russia, con la sua popolazione di 144 milioni di individui in
calo e che fatica a occupare tutti i suoi 17 milioni di chilometri quadrati di
territorio, voglia realmente espandersi ad ovest” (pag. 14)16.
Per spiegare l’atteggiamento occidentale, Todd parla della componente
nichilista scaturita dallo “stato zero della religione”, “uno dei concetti
fondamentali del mio libro” (pag. 13).
Il problema cruciale è che “la pace alle condizioni imposte dai russi
significherebbe la fine dell’era americana nel mondo e il declino del dollaro
(come moneta di riserva mondiale) e della capacità statunitense di vivere del
lavoro complessivo del pianeta. In geopolitica la messa in ridicolo è letale”
(pp. 18; 350). Secondo Todd, si arriverebbe alla disintegrazione della NATO e,
soprattutto, a quello che gli Stati Uniti temono di più: la riconciliazione tra
Russia e Germania. In un’Europa a bassa fertilità, con la sua popolazione che
invecchia, la cosa fisiologica è la complementarità tra l’industria tedesca e
le risorse energetiche e minerarie russe. Soprattutto, il ruolo dell’Europa
potrebbe diventare quello di distogliere le grandi potenze dalla rivalità
geopolitica e di adoperarsi per tenere unito il mondo, mantenere a un livello
gestibile le inevitabili tensioni di un mondo multipolare ed evitare che una
normale competizione si trasformi in una rivalità ostile, cercando il consenso
su una serie di regole fondamentali per le relazioni fra gli Stati.
Todd ricorda (pp. 180-181) come l’opposizione degli Stati Uniti ad un
riavvicinamento tra Russia e Germania sia stata chiarita dal
polacco-statunitense Zbigniew Brzezinski in “La grande scacchiera” nel
1997. Dopo la caduta del comunismo sovietico, l’ex consigliere di Lyndon B.
Johnson dal 1966 al 1968 ed ex consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy
Carter dal 1977 al 1981, sottolineava come per Washington si poneva il problema
strategico che la presenza americana sul continente europeo o in Asia, non era
più giustificata. L’Eurasia si sarebbe quindi potuta unificare, marginalizzando
gli Stati Uniti. Per uno stratega come Brzezinski, l’alleanza russo-tedesca
rappresentava un incubo assoluto. Brzezinski suggeriva di strappare l’Ucraina
dalla Russia per privarle per sempre il suo status imperiale e impedire il
controllo sull’Eurasia di un nuovo asse russo-tedesco. “Dal punto di vista
statunitense, la guerra deve quindi continuare, non per salvare la ‘democrazia’
ucraina, ma per mantenere il controllo sull’Europa occidentale e sull’Estremo
Oriente” (pag. 19).
Si tratta di vedere fino a quando le oligarchie europee saranno capaci di
mantenere i loro popoli ostili alla Russia o addirittura trascinarli in una
guerra diretta in un contesto politico che vede l’ascesa del populismo (meno
ostile alla Russia rispetto all’elitismo centrista) o dell’estrema destra. La
difesa della vita economica e la tenuta degli interessi popolari nei diversi
paesi dipende, secondo Todd, dal grado di finanziarizzazione delle borghesie
nazionali e da quanto sono organicamente integrate a quelle del mondo
angloamericano. Le sanzioni occidentali, concepite per danneggiare l’economia
russa, hanno generato difficoltà ancora maggiori per l’Europa occidentale che
si è vista privata delle risorse naturali (gas e altre materie prime). Mentre
l’Europa dell’ovest soffre, con la Germania che si deindustrializza, l’economia
russa sta completando la propria ristrutturazione verso l’autonomia e il
proprio riorientamento verso l’Asia.
La subordinazione dell’Europa agli Stati
Uniti: un suicidio assistito
Secondo Todd, gli Stati Uniti hanno rinunciato al controllo militare del
mondo nel 2008. Da allora, il loro obiettivo, più limitato, è stato quello di
mantenere l’impero creato all’indomani della seconda guerra mondiale: il
controllo dell’Europa occidentale (oggi allargatosi alle ex democrazie popolari
dell’Europa centro-orientale), del Giappone, della Corea del Sud e di Taiwan.
“In questi paesi, la concentrazione delle risorse industriali occidentali è
ormai eccezionale. Il disequilibrio della bilancia commerciale statunitense con
la parte dominata dell’’Occidente collettivo’, 405 miliardi di dollari nel
2023, è maggiore di quella con la Cina pari a 279 miliardi di dollari. La
sopravvivenza materiale degli Stati Uniti dipende dunque dal controllo dei
propri vassalli”17 (pag.
18). L’aumento del deficit commerciale persiste nonostante la svolta
protezionistica ufficiale della politica economica avviata sotto Obama,
rafforzata da Trump e da Biden. “Perdere il controllo delle loro risorse
esterne provocherebbe un calo del tenore di vita, già poco brillante, della
popolazione” (pag. 239).
Il capitolo 5 è intitolato “Il suicidio assistito dell’Europa”. Todd
ritiene che Mosca e Washington sono perfettamente concordi nel percepire i
leader europei “alla stregua di vassalli, come dei servitori che hanno perduto
ogni capacità di azione autonoma. E in quanto tali vengono disprezzati” (pag.
19). L’Europa si trova impegnata in una guerra profondamente contraria ai suoi
interessi e autodistruttiva. “L’Unione Europea ha abbandonato in poco tempo
ogni velleità di difendere i propri interessi. Questa si è infatti privata del
partner energetico e (più in generale) commerciale russo, punendo se stessa
sempre più duramente. La Germania ha accettato senza battere ciglio il
sabotaggio dei gasdotti Nord Stream ”ad opera del “suo ‘protettore’ americano
di concerto, per l’occasione, con la Norvegia”18 (pag.
34). Ma Todd segnala anche l’evaporazione della Francia di Emmanuel Macron
dalla scena internazionale, mentre la Polonia è diventata “il principale agente
di Washington in seno all’Unione Europea, rimpiazzando in tal ruolo il Regno
Unito”.
In Europa, l’asse Berlino-Parigi (che, insieme a Mosca, si era opposto alla
guerra in Iraq voluta dagli USA nel 2003) è saltato a partire dalla crisi del
2007-2008, sostituito prima dall’egemonia tedesca e poi dall’asse Londra-Varsavia-Kiev
guidato da Washington. L’identificazione con gli Stati Uniti (invece che con
l’UE) è ormai prevalente nel Regno Unito (che ha fatto “da mosca cocchiera
all’interno della NATO [e] si è subito scagliato contro la Russia come uno di
quei cagnetti ringhiosi” – pag. 35, ma si veda anche il capitolo 6, “In Gran
Bretagna: verso la nazione zero” – pp. 198-22919),
in Scandinavia (per lungo tempo una regione pacifica e più incline alla
neutralità che al combattimento), in Polonia e nei paesi baltici. Tutti paesi
caratterizzati da un altissimo livello di russofobia, ossia sopraffatti da una
forma acuta di paranoia anti-russa, e da una sopravvalutazione delle loro
capacità economiche e militari. Todd dedica un’analisi di paesi come Norvegia,
Danimarca, Svezia e Finlandia (questi ultimi hanno aderito alla NATO di
recente), come parti essenziali del meccanismo di controllo degli Stati Uniti
sull’Europa: la Norvegia per le azioni militari (come la distruzione del
gasdotto Nord Stream II) e la Danimarca per la sorveglianza dei capi europei
(il sistema NSA). Arriva a considerare “la Norvegia e la Danimarca come delle
gigantesche portaerei americane ormeggiate al nostro continente, proprio come
lo Stato di Israele è una portaerei statunitense ormeggiata al Medio Oriente”
(pag. 20).
Per Todd, il progetto oligarchico europeo (quello del
superamento/distruzione delle nazionalità) è imploso. Il Trattato di Maastricht
e poi l’euro – la moneta vista come l’unico valore di coesione possibile –
hanno prodotto effetti completamente diversi da quelli promessi. Oggi, abbiamo
un’Unione Europea che non funziona, si sono accentuati gli squilibri tra i
paesi, allargate le disuguaglianze sociali e distrutti i sistemi industriali.
Per questo “l’attacco russo all’Ucraina è stato quasi una manna dal cielo”
per le élite e le classi medie europee, fornendo un nemico esterno per
ricompattarsi e dare, quindi, un nuovo significato alla costruzione dell’Europa
(pp. 173- 174), ad esempio attraverso la costruzione di una economia di guerra.
Inoltre, il sistema della NATO, molto più che una protezione contro la
Russia, rappresenta un meccanismo di controllo da parte di Washington sulle
élite e sugli eserciti suoi vassalli (pag. 197). Poi, ci sono dei meccanismi
finanziari e informatici fondamentali attraverso cui si esercita il dominio
statunitense sulle oligarchie europee. Rispetto a questo, la tesi di Todd è che
la soggezione delle oligarchie europee ai voleri degli Stati Uniti sia
spiegabile con il controllo che questi ultimi esercitano attraverso il dollaro
e gli strumenti finanziari ed informatici sugli enormi movimenti di capitali di
queste élite verso il dollaro come valuta rifugio e verso i paradisi fiscali
che hanno sostituito la Svizzera e che sono controllati dalle banche e dalle
agenzie statunitensi (come FED e National Security Agency – NSA) in
collaborazione con quelle del Regno Unito (pp. 187-195). Sulla base di quanto
emerso nel libro di Glenn Greenwald, “No place to hide” (2012), in cui
il giornalista aveva reso pubbliche le informazioni fornite da Edward Snowden,
l’informatico prima della CIA e poi della NSA che ha ottenuto asilo politico in
Russia nel luglio 2013, Todd sostiene che “gli obiettivi prioritari della NSA
non sono i nemici degli Stati Uniti, bensì i loro alleati europei, giapponesi,
coreani e latinoamericani. Le rivelazioni sulle intercettazioni telefoniche
compiute sul cellulare di Angela Merkel hanno iniziato a mettere in allarme
l’opinione pubblica. Leggendo il libro di Greenwald ci si rende conto che
l’impero americano non è un’astrazione e che non è semplicemente un’espressione
della volontà di democratici consenzienti: si basa invece su meccanismi molto
concreti di controllo degli individui” (pag. 193). Un’attività spionistica
condotta con la collaborazione degli altri paesi della rete Five Eyes (Stati
Uniti, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Canada), alla quale si sono
aggiunti la Danimarca (pag. 232) e altri paesi.
La solitudine ideologica dell’Occidente
Una delle sorprese emerse a seguito della guerra in Ucraina è, secondo
Todd, “la solitudine ideologica dell’Occidente e l’inconsapevolezza del proprio
isolamento. Essendosi abituati a dettare i valori a cui il mondo deve aderire,
gli occidentali credevano sinceramente, e stupidamente, che il pianeta intero
fosse pronto a condividere la loro indignazione nei confronti della Russia. La
loro aspettativa è rimasta delusa” (pag. 36). L’incapacità occidentale di
distinguere i fatti dai desideri stupisce Todd. Così, la speranza americana
all’inizio della guerra che la Cina potesse cooperare in un regime di sanzioni
contro la Russia, aiutando così gli Stati Uniti a perfezionare un’arma che un
giorno sarebbe stata puntata contro la Cina stessa, per Todd, è un “delirio”20.
L’Occidente e i suoi alleati nelle sanzioni contro la Russia non
rappresentano che il 12% della popolazione mondiale. Ma, soprattutto, le
sanzioni hanno avuto l’effetto di estendere il campo delle operazioni e hanno
dato alla guerra una dimensione mondiale, nonostante che la maggior parte dei
paesi del Sud del mondo non ha applicato queste misure coercitive. Hanno
sostenuto la Russia nei suoi sforzi per smantellare la NATO, continuando a
comprare petrolio, gas e cereali dalla Russia, fornendole attrezzature e pezzi
di ricambio necessari per portare avanti la guerra e per funzionare come
società civile senza troppi patimenti.
Russia, Cina e il gruppo dei BRICS+ sono ormai impegnati a costruire
un’alternativa produttiva, finanziaria, commerciale e in prospettiva monetaria
all’area del dollaro. E, tra l’altro, come nota Todd, “il sequestro illegale
dei beni russi all’estero ha scatenato un’ondata di terrore tra le classi alte
del Resto del mondo. Tracciando il denaro e gli yacht degli oligarchi russi,
gli Stati Uniti (e i suoi vassalli) hanno di fatto minacciato le proprietà di
tutti gli oligarchi del mondo, dei paesi grandi così come di quelli piccoli.
Sfuggire allo Stato predatore americano è diventata ovunque un’ossessione e
sottrarsi all’impero del dollaro è diventato un obiettivo ragionevole per
tutti, anche se ciò richiede di procedere in maniera cauta e graduale” (pag.
311).
Todd nota che la Cina e il “Resto del mondo” (che patisce a causa delle
sanzioni, dell’estrattivismo e degli interessi sul debito finanziario), le cui
popolazioni sono ormai state in gran parte trasformate in un proletariato
generalizzato a basso costo al servizio delle global corporations e dei
consumatori occidentali (in una relazione strutturale neocoloniale che rientra
nel paradigma dell’imperialismo descritto da Hobson, Lenin, Luxemburg e Amin),
preferiscono sempre più chiaramente la Russia (tra questi paesi ci sono India e
Turchia, oltre quelli del BRICS+ in via di rapido allargamento). Mettono in
discussione il predominio dell’Occidente dimostrando di non essere disposti a
cedere alle pressioni. L’influenza e impazienza del Resto del mondo è
crescente: rappresenta la maggioranza della popolazione mondiale e una quota
sempre maggiore dell’economia globale. Il PIL combinato delle nazioni del G7 –
Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Canada – è
sceso dal 67% nel 1994 al 44% nel 2022, mentre quello della Cina è
quadruplicato oltre al 20% nello stesso periodo. Il nuovo ordine mondiale,
imposto dagli Stati Uniti e dai loro alleati a partire dagli anni ’90, avrebbe
dovuto produrre prosperità per tutti, ma non è riuscito a ottenerlo. Secondo la
Banca Mondiale, i progressi nella lotta contro la povertà globale si sono
bloccati a causa di guerre, aumento del debito, pandemia e cambiamento
climatico. I paesi occidentali sono incapaci o non vogliono rispondere a questa
policrisi. Il G7 e l’Occidente in generale si comportano come se fossero ancora
potenti come lo erano nel 1944, quando la Banca Mondiale e il Fondo Monetario
Internazionale furono creati dalla conferenza di Bretton Woods. Ma questa è ora
un’economia globale diversa e il dominio dell’Occidente è messo in discussione
come non è mai stato negli ultimi 500 anni.
Anche “l’immoralità dell’Occidente di fronte alla questione palestinese non
ha fatto che rafforzare l’ostilità del Resto del mondo” (pag. 12). In
particolare, ha spinto l’intero mondo musulmano (sunnita e sciita) dalla parte
dei russi (con l’Arabia Saudita, Mosca gestisce il petrolio, mentre con l’Iran
ha un’alleanza stabile, anche di tipo militare)21.
Negli ultimi due anni, così, “la Russia è tornata a ricoprire un ruolo centrale
nel mondo”, sostenuta dal Resto del mondo nella sua sfida all’egemonia
unipolare dominata dall’America e all’“ordine internazionale liberale”.
Todd sottolinea anche che ci sia un antagonismo antropologico tra
l’Occidente e la maggior parte dei paesi del Resto del mondo: strutture
familiari e sistemi di parentela opposti a quelli dell’Occidente (pag. 300).
Gran parte dell’Occidente ha un sistema parentale bilaterale, per cui gli
ascendenti e i discendenti del padre, da una parte, e quelli della madre,
dall’altro, hanno lo stesso peso nel determinare lo status sociale del
figlio/a; la famiglia, incentrata sulla coppia, è nucleare. Il Resto del mondo
è in gran parte differente (dall’Africa occidentale alla Cina settentrionale,
attraversando il mondo arabo-persiano e includendo l’intera Russia): è
patrilineare. Lo status sociale fondamentale del figlio/a è definito unicamente
dalla parentela del padre. Il principio patrilineare coabita spesso con un
sistema familiare comunitario, poco o per nulla individualista. Un mondo
tendenzialmente conservatore, patriarcale e maschilista, che si oppone a emancipazione
delle donne (femminismo), omosessualità, diritti transgender e matrimoni tra
persone dello stesso sesso (pp. 312-322).
Secondo Todd, tutto questo aiuta a comprendere il nuovo soft power conservatore
russo. “Gli occidentali considerano arretrati tutti i paesi ostili
all’ideologia LGBT. Sicuri di incarnare la modernità universale, non hanno
capito che si stavano rendendo sospetti al mondo patrilineare, omofobo e di
fatto contrapposto alla rivoluzione occidentale dei costumi. In un simile
contesto, accusare con veemenza la Russia di essere scandalosamente anti-LGBT,
significa fare il gioco di Putin” (pag. 317). Todd insiste sul fatto che le
culture tradizionali hanno molto da temere dalle varie tendenze progressiste
dell’Occidente e resistono ad allearsi in politica estera con gli occidentali
che le sposano. In modo simile, durante la Guerra Fredda, l’ateismo ufficiale
dell’Unione Sovietica era un fattore decisivo per molti regimi e popolazioni
che altrimenti avrebbero potuto essere ben disposte verso il comunismo.
Il soft power rivoluzionario del comunismo è stato sostituito
dal soft power conservatore dell’era Putin.
Alessandro Scassellati
- In “La
chute finale: Essai sur la decomposition de la sphere soviétique”
(1976) Todd analizzò la mortalità infantile, i tassi di suicidio, la
produttività economica e altri indicatori, e concluse che la lunga
stagnazione dell’URSS sarebbe presto culminata nel collasso.[]
- In Francia, il libro di Todd ha ricevuto l’attenzione mediatica degna di una celebrità: lunghe interviste su programmi televisivi di alto livello che hanno ottenuto centinaia di migliaia di visualizzazioni. Da gennaio il libro è in cima alla classifica dei best-seller francesi. Sebbene Le Monde lo abbia liquidato come “un profeta dagli occhi chiusi” che “non è il primo a diffondere la propaganda del Cremlino in Francia”, Todd è irremovibile nel dire di non essere un putinofilo. La sua è l’analisi di uno storico della longue durée, che considera le tendenze dei fattori strutturali a lungo termine con distacco ideologico.
- L’idealtipo della democrazia liberale è per Todd un sistema politico in uno Stato-nazione in cui “si svolgono delle elezioni a suffragio universale e vengono garantiti il pluralismo dei partiti, la libertà di espressione e la libertà di stampa. Infine, una caratteristica fondamentale è l’applicazione della regola della maggioranza, pur garantendo la tutela delle minoranze” (pag. 156). Tuttavia, Todd riconosce che non bastano delle leggi formali. “Queste devono essere attivate, incarnate e vissute dalla grazia dei costumi democratici. I rappresentanti eletti mediante il suffragio universale devono, assolutamente, considerarsi i rappresentanti dei cittadini che li hanno eletti” (pag. 156). A questo proposito, Todd nota come dall’inizio del terzo millennio sia emersa la contrapposizione tra “elitismo” e “populismo” e conclude che “se il popolo e l’élite non riescono più ad accordarsi per lavorare insieme, il concetto di democrazia rappresentativa perde ogni significato: si finisce con l’avere una élite che non vuole più rappresentare il popolo e un popolo che non è più rappresentato” (pp. 156-157). Secondo Todd, le democrazie liberali occidentali formalmente sono ancora tali, dotate del suffragio universale, di Parlamenti e talvolta di presidenti eletti, nonché di una stampa libera, ma “a sparire sono stati invece i costumi democratici” (pag. 159). Todd sostiene che si sono ora trasformate in “democrazie oligarchiche” o in “oligarchie liberali” (con oligarchie di censo), per cui “il popolo deve essere ingannato”, ossia deve essere tenuto fuori della gestione economica e della distribuzione della ricchezza (pag. 160).
- Negli anni Novanta si è affermata l’utopia neoliberista: si parlava di un mondo senza Stati in cui denaro, beni e persone si sarebbero mossi liberamente senza ostacoli. I controlli sui capitali furono rimossi. Banche centrali indipendenti dalla politica stabilirono i tassi di interesse. L’Organizzazione Mondiale del Commercio avrebbe dovuto abbattere le barriere commerciali e sorvegliato il sistema commerciale globale. Un’utopia che presto si è trasformata in distopia. Todd analizza le conseguenze del neoliberismo soprattutto in relazione a quanto avvenuto nel Regno Unito negli ultimi 40 anni, sottolineando la distruzione della sua base produttiva e dei servizi pubblici, l’enorme finanziarizzazione e la situazione economica critica delle classi medie e popolari. La sua condanna è ferma: “Il neoliberismo ha cercato di fondare un capitalismo non weberiano, il cui ‘spirito’ avrebbe finito per emanciparsi dall’etica protestante. Al di là del suo semplicismo intellettuale, la rivoluzione neoliberista tradisce una carenza morale” (pag. 213). “Il vuoto religioso è la verità ultima del neoliberismo” (pag. 214).
- Per un approfondimento si veda, Emmanuel Todd, “Il terzo pianeta. Strutture familiari e sistemi ideologici”, Armando Editore, Roma 1985.
- Todd sembra avere una certa nostalgia della “Power élite” descritta magistralmente dal sociologo Charles Wright Mills nel 1956, nel pieno della presidenza Eisenhower. Una benevola élite privilegiata interamente composta di WASP di alta estrazione. Un establishment episcopale educato in scuole e collegi privati, come Groton e Andover, prima di proseguire gli studi ad Harvard, Princeton e Yale. Secondo Todd questa era ”una classe depositaria di una morale e di un dovere” (pag. 248).
- Il riferimento è al libro di Emmanuel Saez e Gabriel Zucman, “Le triomphe de l’injustice. Richesse, évasion fiscal et dèmocratie”, Seuil, Paris 2020.
- Due libri fondamentali dello storico Richard Hofstadter, Anti-Intellectualism in American Life e The Paranoid Style in American Politics, furono scritti negli anni ’60 ed esplorarono molti dei conflitti che in seguito si sarebbero propagati attraverso il trumpismo, tra cui l’intolleranza populista e la demonizzazione delle competenze.
- L’analisi di Todd della religione cristiana utilizza uno schema evolutivo-involutivo (nella traiettoria verso la secolarizzazione) che si articola in tre fasi (ciascuna con i suoi indicatori riferiti a valori e pratiche): 1. la fase primaria vitale in cui la religione viene osservata ed è determinante nel formare la mentalità collettiva; 2. la fase “zombi” (tra il XVIII e il XX secolo) durante la quale “perdurava la maggior parte dei costumi e dei valori della religione ormai scomparsa” (pag. 162), ma si sono affermate delle “credenze collettive sostitutive”, ossia delle ideologie politiche forti che organizzano e strutturano gli individui nello stesso modo in cui lo faceva la religione: la nazione (e il nazionalismo), la classe, il liberalismo, il socialismo, il comunismo, la socialdemocrazia, il laburismo, il nazismo, il fascismo, il gollismo, il conservatorismo, la democrazia cristiana, il welfare state e il femminismo radicale (pp. 161; 318); 3. la fase attuale dello “stato zero”: “un vuoto religioso assoluto, in cui gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva sostitutiva. Ciò avviene allorché lo Stato-nazione si dissolve e trionfa la globalizzazione, in società atomizzate dove non è più neanche concepibile che lo Stato possa agire efficacemente” (pag. 163). Con la dissoluzione del credo collettivo della nazione, però non scompare anche il popolo, “a svanire è solamente la sua capacità di agire” come agente storico consapevole ed efficace (pag. 181) (a questo proposito Todd distingue tra “nazione attiva” e “nazione inerte” – pag. 182). L’indicatore scelto da Todd per identificare l’inizio di questa fase, oltre all’atteggiamento permissivo nei confronti dell’omosessualità e del transgenderismo, è la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, avvenuta a partire dal 2001 nei Paesi Bassi e poi in quasi tutti i paesi occidentali (pag. 161-162). “In maniera precisa e assoluta possiamo quindi definire gli anni Duemila come il momento della scomparsa effettiva del cristianesimo in Occidente” (pag. 165). L’emergere dello “stato zero” della religione, secondo Todd, “ha spazzato via il sentimento nazionale, l’etica del lavoro, il concetto di una morale sociale vincolante, la capacità di sacrificarsi per la comunità” (pag. 163). Il boom evangelico (dei born again) degli anni ’70 negli Stati Uniti, è terminato agli inizi degli anni ’90 e, comunque, seguendo Ross Douthat (“Bad religion. How we became a nation of heretics” del 2013), Todd sostiene che l’evangelismo è un’eresia che non ha un reale legame con il protestantesimo classico. Calvinismo e luteranesimo erano rigorosi, esigevano che l’uomo osservasse una condotta morale, economica e sociale per esempio, e avevano dato vita al progresso” (pag. 250). Il boom evangelico, oltre ad aver consentito ai suoi ispiratori di fare molti soldi, ha fatto emergere una lettura letterale della Bibbia, una mentalità generalmente antiscientifica e, soprattutto, un narcisismo patologico.
- A questo proposito, Todd cita Peter Mair, Governare il vuoto. La fine della democrazia dei partiti, Rubettino, Soveria Mannelli 2016, che considera l’autore che ha meglio descritto questa decomposizione della politica, in cui la società si disgrega in individui, mentre l’apparato statale assume un’importanza speciale. Una evoluzione che Todd considera deleteria e distruttiva in quanto “l’individuo può essere grande solamente all’interno di e attraverso una comunità. Da solo, è destinato per natura a ridursi” (pag. 165). L’approdo è, per Todd, il nichilismo, che idolatra il nulla (pp. 166-167).
- Per decenni, il patto centrista con il capitale ha funzionato nel modo seguente: possiamo cercare senza convinzione di migliorare la vita delle persone in basso, ma non faremo quasi nulla per tenere sotto controllo quelle in alto. Come tattica a breve termine ha funzionato: Rupert Murdoch e altri membri della classe dei plutocrati hanno stretto una tregua precaria con Tony Blair, Bill Clinton e i loro simili. Ma il risultato a lungo termine è che gli ultra-ricchi sono diventati così ricchi da poter ormai rappresentare una minaccia diretta per gli Stati sovrani, persino per quello più potente di tutti. Una società altamente diseguale, qualunque siano i suoi livelli assoluti di ricchezza e povertà, è devastante per i risultati sociali, per il benessere, la coesione e la democrazia. Ma il “pragmatismo” centrista ha prevalso per decenni, e si è rivelato per niente pragmatico. Lo slittamento dalla democrazia all’oligarchia oggi non dovrebbe sorprendere nessuno.
- Todd definisce “parassita” la massa di avvocati strapagati e broker spregiudicati che ha una capacità di predazione superiore alla ricchezza prodotta dal sistema (pp. 272-273) e che contribuisce ad inflazionare in modo smisurato il valore di un PIL in parte fittizio (perché gonfiato da un elefantiaco settore dei servizi alla persona). Sottolinea come solo il 5% della produzione di denaro è opera della FED, mentre il restante 95% proviene da prestiti che le banche concedono a privati o in base ad accordi tra loro. Ma se c’è una crisi finanziaria, come nel 2008, è la FED che deve intervenire per salvare il sistema.
- Da notare che nel 1999, quando Putin arriva al potere, la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria entrano a far parte della NATO. Sempre nel 1999, da marzo a giugno (per 78 giorni), la NATO bombarda la Serbia, colpendo anche l’ambasciata cinese a Belgrado. Nel 2004 la NATO integra la Bulgaria, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Slovacchia, la Bulgaria e la Romania. Al vertice di Bucarest della NATO nell’aprile 2008, Georgia e Ucraina vengono invitati ad aderire all’alleanza. Infine, nel 2017 la NATO assorbe il Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord.
- Todd nota come uno dei pochi analisti occidentali a denunciare la trappola in cui l’Occidente si era andato a cacciare sia stato John Mearsheimer, professore di geopolitica all’Università di Chicago e uno dei maggiori esponenti della scuola “realista”, ossia di una scuola di pensiero che vede le relazioni internazionali come frutto di rapporti di forza egoistici tra Stati-nazione sovrani (ossia come Stati radicati in una cultura, dotati di valori condivisi e capaci di definire le proprie politiche interne ed estere in maniera indipendente, senza alcuna ingerenza o influenza esterna). Una scuola che ha avuto come precursore l’autore della teoria del “contenimento”, George Kennan che nel febbraio 1946 invitava da Mosca gli Stati Uniti e i loro alleati ad affrontare la minaccia sovietica attraverso il confronto diplomatico, evitando lo scontro militare aperto. Mearsheimer sosteneva che proprio perché la questione ucraina era esistenziale per la Russia, ma non per gli occidentali, a vincere sarebbe stata la Russia. Per Todd, l’analisi di Mearsheimer ha il limite di essere meccanica e di consentire la comprensione unicamente del comportamento di Putin (che il campo occidentale considera un folle), in quanto vede gli Stati-nazione come elementi compatti e stabili. Mearsheimer spiega bene il realismo strategico dello Stato-nazione Russia, mentre resta da spiegare l’irrazionalità e l’irresponsabilità dell’Occidente. Secondo Todd, “le azioni militari dell’Ucraina hanno trascinato gli Stati Uniti in una trappola. … L’immagine che mi viene in mente è quella di un giocatore di poker che, dopo essere stato indotto da un amico ad alzare la posta, finisce per giocarsi il tutto per tutto con una coppia di due. E questo mentre di fronte a lui c’è uno scacchista che, per quanto perplesso, sta vincendo” (pp. 39-40). “In futuro gli storici guarderanno a questo piano condotto dal regime di Kiev (sotto la direzione tecnica del Pentagono) per sottomettere le popolazioni russe come al segno distintivo di una guerra di aggressione promossa dall’Occidente” (pag. 13). Per Todd, la questione centrale è che “in Occidente lo Stato-nazione ha cessato di esistere” (pag. 42). I loro scambi commerciali esteri non sono equilibrati, ma in deficit, e le loro classi medie si sono disintegrate. Per Todd, uno Stato-nazione “può funzionare solamente in virtù di una classe media forte, che irriga e nutre lo Stato” (pag. 44) e che vive nelle città “da cui si genera un certo grado di coscienza collettiva” (pag. 97). Nel caso dell’UE, poi, il superamento della nazione “è centrale nel progetto europeo”, che Todd considera un progetto oligarchico (pp. 186-187), anche se “a risultare curiosa è la pretesa delle élite europee di far coesistere il superamento della nazione con la sua persistenza” (pp. 44-45).
- Todd nota che in questo la Russia non è sola: in Giappone il 18,5% degli studenti universitari sono iscritti ad Ingegneria, in Germania il 24,2%, in Francia il 14,1%.
- Questo anche se Todd ammette (pag. 15) che nel frattempo gli obiettivi di Mosca vanno oltre la neutralizzazione dell’Ucraina e l’annessione del Donbass, per includere l’esclusione dell’Ucraina dal Mar Nero (con la conquista dell’oblast di Odessa), la conquista del territorio ucraino fino alla riva sinistra del Dnepr, e la creazione di una posizione di forza “tecnica” e definitiva (l’instaurazione a Kiev di un regime “amico”) considerata come l’unica tutela da una ripresa dell’espansione della NATO (dato che l’Occidente viene considerato inaffidabile). Poi, ci sarebbe da capire come Mosca pensa di risolvere il problema delle minoranze russofone vessate in Estonia (25%) e Lettonia (25%), e quello della Lituania che blocca l’accesso all’exclave russa di Kaliningrad (pag. 16).
- Mentre negli Stati Uniti il settore industriale rappresenta il 19,3% della popolazione attiva, in Germania il 28%, in Italia il 27%, in Francia il 19%, in Svezia e nel Regno Unito il 18%. Nell’Europa dell’Est, dove soprattutto la Germania ha delocalizzato una parte rilevante delle sue catene di fornitura dopo l’espansione dei confini di Unione Europea e NATO, le percentuali sono addirittura superiori: in Slovenia e Romania il 30%; in Macedonia del Nord, Bulgaria, Polonia e Ungheria il 31%; nella Repubblica Ceca e in Slovacchia il 37%. “Per una Germania demograficamente depressa [con un tasso di fertilità dell’1,5 figli per donna], le popolazioni attive dell’Est, ben formate dal comunismo sul piano dell’istruzione, sono state un vero e proprio dono della storia” (pag. 176), in termini sia di immigrazione sia di delocalizzazioni produttive. Secondo Todd, la Germania è ormai diventata una “società-macchina”, una “nazione inerte” priva di coscienza e in preda ad “un’ossessione per l’efficienza economica fine a se stessa” (pag. 177)per le risultanze dell’inchiesta di Seymour Hersh che ha indicato le forze militari speciali statunitensi come principali responsabili dell’azione con la collaborazione della Norvegia (pag. 171). Todd sottolinea che la Norvegia è ora diventata uno dei principali fornitori di gas per l’Unione e che il suo surplus commerciale ha raggiunto proporzioni colossali (pp. 171-172).
- Secondo Todd, l’Inghilterra ha fomentato e abbracciato con entusiasmo la guerra Ucraina contro la Russia in una riattualizzazione immaginaria del vecchio conflitto imperiale con la Russia, associato alla rimozione della propria insignificanza economica e militare, frutto di decenni di deindustrializzazione, deficit commerciali e privatizzazioni.
- Come ha notato Christopher Caldwell nella sua recensione del libro di Todd sul New York Times: “Per gli studiosi della guerra del Vietnam, c’è molto nel libro di Todd che ricorda il classico del 1985 dello storico Loren Baritz, “Backfire“, che attingeva alla cultura popolare, alla mitologia patriottica e alla teoria del management per spiegare cosa aveva portato gli Stati Uniti fuori strada in Vietnam. Baritz concludeva: “Noi siamo ciò che è andato storto in Vietnam”. Se Lyndon Johnson fosse riuscito a imporre la sua volontà ai vietnamiti, rifletteva Baritz, “un’intera cultura sarebbe stata completamente distrutta dalla bontà del cuore americano”.
- Tra l’altro, se l’ostilità all’immigrazione, e quindi all’Islam (islamofobia), è ormai un dato che accomuna le classi dirigenti e i populisti europei, questo atteggiamento non caratterizza il regime conservatore di Putin che ha posto l’ideale della sovranità nazionale al di sopra di ogni cosa e, pertanto, esso ritiene essenziale per la nazione il successo dell’integrazione del 15% della popolazione musulmana presente nella Federazione Russa.