imperdibile - franz
L'impossibilità di trovare parole
nuove, di poter descrivere l'orrore senza passare per le convenzioni
linguistiche che hanno spogliato di significato gli eventi più sanguinosi,
rischia di far affogare la tragedia nella quotidiana assuefazione alla violenza.
Questo è il primo problema che Joe Sacco riscontra nell'indagine condotta
durante la stesura del suo libro. E' possibile sciacquare le parole, donare
nuova potenza e significato alla cronaca di uno dei teatri più violenti della
storia? Forse si può ancora, magari raccontando con le immagini quello che non
sappiamo o non possiamo vedere. I numeri diventano persone, e per un istante
viene restituita a queste vite la dignità della loro esistenza. Non sono
fumetti, perché già dopo le prime pagine si diventa parte comune degli
accadimenti, senza essere mai stuzzicati dal riscontrare artificiose finzioni
costruite per impressionare chi sta leggendo. E' giornalismo puro, quello di
Sacco. C'è una sintesi necessaria, certo, ma il suo metodo riassume quella lezione
mai scontata di ricerca della verità e di confronto attento delle fonti. Un
lavoro di ricerca impegnativo. E, in molti punti cruciali, assai diverso dalle
versioni ufficiali dei documenti dell'Onu e di quelli israeliani…
…Il lavoro storiografico di Sacco è stato
immane nel cercare di ricostruire quello che la storia ufficiale ha dimenticato
o tralasciato di raccontare o raccontato con incompiutezza. Insieme al fedele
amico Abed, sua guida ed interprete, Sacco ascolta, annota, ricostruisce ed
espunge dalla sua ricostruzione i ricordi traballanti o confusi. Ma sebbene
molto spesso traballanti, la verità essenziale, come ricorda Sacco in una
intervista, è che questi avvenimenti
sono successi davvero. Quelle persone possono aver dimenticato dei particolari,
confuso i tempi e scordato i nomi dei morti: ma hanno vissuto quei drammatici
momenti ed è quindi importante raccontarli e che la gente ne venga a
conoscenza. La sua speranza è che quanto da lui raccontato serva a ricordare il
passato per capire come “l'odio sia stato piantato nei cuori” ed evitare di
ripeterlo in futuro…
…Se proprio bisogna trovare un difetto in questa opera, forse
risiede nella cautela nel vagliare le fonti dell’autore stesso, che ci viene
ricordata a partire dall’introduzione fino al termine del fumetto. Sacco sa
bene che la sua indagine si scontrerà con ricordi inaffidabili, testimoni
suggestionati, documenti mancanti, inaffidabili o controversi. Forse questi
scrupoli influenzano il lettore dal punto di vista della credibilità
giornalistica dell’opera, ma d’altro canto non intaccano il valore emozionale.
Anzi, i racconti talvolta esagerati (come quello del sopravvissuto a trentasei
pallottole in testa) e le testimonianze che si accavallano o si contraddicono,
di anziani sopravvissuti a un elenco insopportabile di tragedie, sono il vero
valore di Gaza 1956. E forse
Sacco dovrebbe dividere con loro il prestigioso Eisner Award 2010 come
“migliore autore completo per un’opera realistica” vinto per questo volume.
Con questa opera, forse la sua più ambiziosa, Sacco non è più
ormai debitore solo del new journalism in
stile Wolfe e Capote, ma di
interpretazioni storiografiche che vedono l’importanza dell’uomo e solo
dell’uomo come motore della Storia. E restituisce la legittima notorietà a quei
fatti, e quindi a quelle vittime e quei sopravvissuti, trasformando le storie
in Storia.
Prima che una grande lezione di fumetto, Gaza 1956 è una grande lezione di giornalismo.
Prima che una grande lezione di fumetto, Gaza 1956 è una grande lezione di giornalismo.
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