bello - franz
Esperanto è la lingua artificiale ideata
nell’Ottocento da un oftalmologo polacco di origine ebraica, Ludwik Lejzer
Zamenhof, come linguaggio ausiliario che tra le altre cose avrebbe dovuto
facilitare il dialogo tra i popoli – superando le barriere linguistiche e le
reciproche incomprensioni. Otto Gabos è partito da quella utopia ottocentesca
un po’ dimenticata come spunto iniziale per imbastire il suo nuovo romanzo
grafico, intitolato proprio Esperanto e uscito in queste settimane per la casa
editrice Black Velvet (144 pagine, 18 euro). Lo sfondo che avvolge le vicende
della storia è una città di nome Esperantia dove si parla quell’idioma come
lingua madre. Un universo parallelo in cui l’umanità, giunta sull’orlo di una
guerra civile devastante, ha deciso di sublimare la propria aggressività nel
gioco, bandendo ogni forma di conflitto armato dalla propria società. Si tratta
di una incursione del disegnatore e scrittore cagliaritano nel linguaggio
narrativo della fantascienza e della letteratura distopica, con un affresco
molto ambizioso che si svolge su più livelli: rapporti personali e progetti
politico-sociali che si intrecciano in una storia dal ritmo incalzante,
dominata dalle tonalità un po’ cupe e dalle architetture - sontuosamente
tratteggiate - della città e dei suoi sotterranei…
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