…una mamma che ha un bambino
molto piccolo e che fa un lavoro parttime
perché, vivendo a Milano oppure a
Torino, ha bisogno di avere un po’ più di
soldi in casa perché non ce la fa
con il solo stipendio del marito che lavora anche lui
precariamente. Bon.. fa un
part-time, e, in questo part-time, sapendo che ha un
bambino, le danno uno spezzato,
un’apertura e chiusura che va a puntare, diciamo
così, il dito sull’orario in cui
lei deve portare il figlio a scuola. Allora questa donna si
rivolgerà al suo capo e gli dirà:
- “Senti, io cosa posso fare? Cosa potete fare voi? Io a
quell’ora devo portare mio figlio
a scuola, non ho né una baby-sitter, né una zia,
come faccio?” – “Parliamone” –
risponderanno – “Si può fare, noi ti facciamo un
contratto in cui ti garantiamo
che in quella fascia tu non verrai mai messa nelle
turnazioni, ma tu però ci
garantisci che il primo Maggio, che il giorno di Natale, a
Pasqua tu verrai a lavorare,
perché non porti tuo figlio a scuola. È uno scambio. Noi
ci rendiamo disponibili a risolvere
il tuo problema ma tu ti rendi disponibile a
risolvere il nostro”.
Così lei andrà a lavorare e non
prenderà i soldi del supplemento di lavoro in orario
festivo, niente, prenderà
semplicemente l’equivalente di un giorno di lavoro perché
c’è stato questo tipo di scambio. È un “privilegio”
come vedete: - “Se tu non accetti quello, io ti metto fuori dall'inclusione dei
programmi dell’azienda, lo posso fare non perché sono cattivo, bestialmente
aggressivo nei confronti delle madri che hanno dei figli, no, semplicemente
perché c’è un sistema di leggi”…
… Angosce, ansie, paure: tutto
ciò porta, dal punto di vista delle modalità del pensiero
umano, a quello che alcuni hanno
definito come “pensiero della sopravvivenza”. Un
lavoro che è partito dal
guardare, dai gulag ad oggi, a un pensiero semplice ed
essenziale che è: la
sopravvivenza di un singolo quanto costa a quei signori?
Sopravvivere a ogni costo cosa
vuol dire in concreto nella vita? È chiaro che nei
gulag sopravvivere a ogni costo
significa sopravvivere al posto di un altro e nei
campi di concentramento idem: - “
Io faccio il kapò o la pulizia etnica e casomai
sopravvivo, ma tu intanto muori e
casomai sopravvive un vicino; io e te, nella
struttura, non siamo diversi,
siamo due internati. Uno, io, devo sopravvivere a
qualunque costo. Perché? Ma per
motivi futili, banali, perché ho un figlio, gli voglio
bene, devo uscire dal campo di
concentramento, non so perché sono qua, chi mi ci ha
messo? Non ho fatto niente… ho
tutte le ragioni del mondo per voler sopravvivere e
nel momento in cui io voglio
sopravvivere ad ogni costo sarà a costo tuo”.
Qua sorge il primo grosso
problema, un problema etico: sopravvivere ad ogni costo
significa sopravvivere al costo
di un altro e quindi chiede la definizione di un limite
etico della propria vita, chiede
alle persone di definire un orizzonte etico che non
sono disposti a superare nonostante sia in gioco la
loro stessa vita…
Nessun commento:
Posta un commento