…I temi che sono stati
oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare
nell’ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio
magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se
si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine
al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da
parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra
l’Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso
dell’inaugurazione dell’anno accademico de La Sapienza sarebbe stata
considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e
più.
Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor
più devastanti.
Consideriamole partendo
proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona,
dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In
essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto
XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza
fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta – cito
testualmente – dell’incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e
religione. Partendo veramente dall’infima natura della fede cristiana e, al
contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II
poteva dire: Non agire “con il logos” è contrario alla natura di Dio».
Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di
vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo
islamico dall’accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e
Allah – attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto
all’imprevedibile irrazionalità del secondo – che sarebbe a sua volta all’origine
della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel
coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i
pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta
degli schiavi, i roghi dell’Inquisizione che i cristiani hanno regalato al
mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e
ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una
conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere
subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali – conclude
infatti il papa – con l’intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un
interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa
stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la
corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella
natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la
domanda {sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata
dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare – alla filosofia e
alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia,
l’ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose
dell’umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte
di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del
nostro ascoltare e rispondere».
Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il
disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l’ex capo del Sant’uffizio non ha
dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato
e continua a essere l’espropriazione della sfera del sacro immanente nella
profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una
istituzione che rivendica l’esclusività della mediazione fra l’umano e il
divino. Un’appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti
forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza
rispetto per la dignità personale e l’integrità morale di ogni individuo.
Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e
pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l’effige della Dea Ragione
degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della
conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per
fare un esempio, l’appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del
Disegno Intelligente se non il tentativo – condotto tra l’altro attraverso una
maldestra negazione dell’evidenza storica, un volgare stravolgimento dei
contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il
vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell’avversario – di
ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E
come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a
un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell’evoluzione
biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia
evolutiva?...
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