giovedì 4 ottobre 2012

Sardignolo - Alberto Mario Delogu

un libro che smonta miti e ti fa vedere la tua terra con altri occhi, fa ridere e pensare.
ne ho regalato solo sette copie, se mi è piaciuto, e molto, prova a indovinarlo.
divertente e amaro, va bene per tutti, non ve ne pentirete - franz


…Un paio d’anni dopo la laurea in agraria ha lasciato la Sardegna al seguito del prof. Paolo De Castro per andare a lavorare al centro studi Nomisma di Bologna, diretto a quel tempo da Romano Prodi. Ha lasciato Bologna nel ‘93 per andare a studiare economia all’Università della California, tre anni di master conclusi con una tesi sul mercato mondiale del Pecorino Romano. Poi il ritorno in Sardegna per prender servizio, giustappunto, come direttore del Consorzio del Pecorino Romano.
La “reimmersione” sarda è stata istruttiva, anche se non sempre in senso positivo, e dopo un anno e
mezzo ho preferito fare le valigie alla volta del Nordamerica, destinazione Canada, che a quel tempo, e ancora oggi, cercava immigrati qualificati. In Canada non avevo parenti né amici né lavoro, e pochi risparmi. Ho cominciato da zero, facendo anche dei mestieri raccogliticci, poi pian piano, come accade agli emigrati in paesi aperti e accoglienti, ho cominciato a trovare il lavoro giusto per le mie competenze, e da lì è cominciata una carriera nel commercio internazionale e nel marketing agroalimentare.
Nel 2000 hai ceduto alla nostalgia e hai riprovato a tornare in Sardegna, ma ancora una volta il “gran ritorno” non ha funzionato.
Ho sbattuto il muso sugli stessi spigoli che avevo urtato cinque anni prima. Questa volta sono andato via senza guardarmi alle spalle. Sono ridiventato quindi canadese, complice anche una gentile e minuta funzionaria dell’ufficio immigrazione dell’aeroporto di Toronto, di etnia indiana o pakistana, la quale, quando le ho dato i documenti e comunicato la mia intenzione di rinunciare alla residenza in Canada, mi ha guardato a lungo, poi mi ha restituito i documenti e mi ha risposto: “Tieni, ripensaci ancora. Ti lascio entrare. Vedrai, forse questo paese ha ancora bisogno di te. Ripensaci”. Ancora mi commuovo a raccontare quest’episodio. Ricordo di aver pensato: un paese che mi accoglie in questo modo è un paese che mi merita. E da quel giorno sento un leggero fremito d’orgoglio ogni volta che vedo sventolare la foglia d’acero…

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…Ma se lo specchio in cui vedremo riflessa la nostra immagine collettiva leggendo Sardignolo è piuttosto impietoso, molti degli aspetti trattati, in realtà, ci affratellano con il resto degli italiani: come il baronato universitario e la negazione della meritocrazia nei nostri atenei, o l’esterofilia più bieca, che ci spinge in modo compulsivo a cancellare ogni traccia di identità, non solo linguistica, e ad adottare modelli cui poi non riusciamo ad adeguarci fino in fondo.
Sardignolo è un invito, reso irresistibile da un’ironia sorprendente, a guardare oltre o a cercare legami ben più profondi che ci uniscono alla nostra terra, un’esortazione che può abbracciare qualunque lettrice e lettore, non necessariamente sardo…

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…Seicentomila apolidi come Mariano che è combattuto tra il desiderio innato d’amare la sua patria ed il razional pensiero di continuare a beneficiare dello status di cittadino nordamericano, ponendo sul piatto della bilancia i pro e i contro al suo inconscio, offrendo una prospettiva di cambiamento all’amico Bachisio nelle taglienti sferzate verso i grotteschi personaggi che animano il suo epistolario, che alla fine lo condizioneranno nella scelta di abbandonare la Sardegna per riprendersi quello status di emigrato che forse in fondo è il suo marchio di fabbrica.
La Sardegna di Alberto Mario DeLogu è vuota degli artefici del disastro economico e culturale nel quale è sprofondata: per scelta, suppongo, non vengono mai menzionati quei politici che, grazie alle loro non scelte, hanno contribuito non poco a creare una voragine tra l’isola e il continente in maniera molto più incisiva rispetto ai duecento chilometri di Mar Tirreno o della sua differente struttura geologica rispetto alla penisola…

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…Fulminante il passaggio in cui parla dell’ospitalità dei nuoresi, praticamente una sorta di presa in ostaggio dell’ospite. Insomma due “fuoriusciti” che da lontano creano e riflettono sull’identità. Sì perché l’dentità è questione di cultura e chi meglio di un letterato può elaborare un pensiero identitario. Chi siamo? Per i nostri amici siamo gente che non sa di essere, che ha le idee confuse sul proprio essere. Gente che focalizza la propria ragion d’essere solo  quando è fuori da sé: quindi i sardi per avere un ruolo in Sardegna devono lasciarla la Sardegna, ragionare su di lei a distanza per coglierne le opportunità e le contraddizioni e questo sia che siano, sardi illustri, sia che siano sardi in attesa di diventare illustri. I tanti studenti del progetto master end back ad esempio, o i ricercatori delle diverse facoltà cagliaritane in attesa di contratto, per farne un altro d’esempio. Sotto traccia non sono poche le provocazioni che i due testi rimandano: che ruolo deve avere la politica nella formazione dell’immagine che il sardo ha di sé? Saremo sempre il popolo dei cassaintegrati? Perché lo sapete che anche il lavoro crea identità giusto? Identità positiva se il lavoro lo si ha, identità negativa quando il lavoro manca. Per non parlare del ruolo dell’Università, nel creare l’idea d’identità dei giovani sardi. Pensate quali straordinari risultati raggiungono i nostri atenei nel creare nei loro migliori dottorati l’identità del portaborse – schiavo del professore – senza lavoro retribuito a quarant’anni? Meditiamo gente, meditiamo.

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