A La Realidad alla chiusura dell'atto in omaggio al
compagno Galeano ucciso dai paramilitari, prende la parola dal palco il Subcomandante Marcos
che annuncia la fine del Subcomandante Marcos. Nel lungo comunicato
ripercorre la storia degli zapatisti e racconta la nascita del personaggio
Marcos. Parla dell'avvicindamento e dell'attuale realtà zapatista e chiude
dicendo che alle 2.08 "dichiaro
che smette di esistere il Subcomandante Insurgente Marcos, autodenominato il
Subcomandante di Acciao Inossidabile”.
I media liberi presenti alla Realidad raccontano poi che "alle 2:10 il Subcomandante
Insurgente Marcos scende per sempre dal palco, si spengono le luci e dopo si
ascolta un'onda di applausi degli aderenti alla La Sexta, seguita da un'onda
più grande di appalausi delle basi d'appoggio zapatiste, miliziani e insurgentes.
Alcuni minuti dopo, si ascolta la voce in off di quello che fu il Subcomandante
zapatista:
“Buone albe, compañeros, compañeros y compañeroas, io mi chiamo Galeano, Subcomandante Insurgente Galeano, mi hanno detto che quando sarei tornato a nascere lo avrei fatto in collettivo”.Dopo la lettura ha preso la parola il Subcomandante Insurgente Moisés: “Quello che vi abbiamo spiegato si vedrà nei luoghi da cui venite, ojalá che lo abbiate compreso ”. Ha concluso.
“Buone albe, compañeros, compañeros y compañeroas, io mi chiamo Galeano, Subcomandante Insurgente Galeano, mi hanno detto che quando sarei tornato a nascere lo avrei fatto in collettivo”.Dopo la lettura ha preso la parola il Subcomandante Insurgente Moisés: “Quello che vi abbiamo spiegato si vedrà nei luoghi da cui venite, ojalá che lo abbiate compreso ”. Ha concluso.
da
qui
Nella
comunità di La Realidad, la stessa in cui il 2 maggio scorso
un gruppo di paramilitari della Central Independiente de Obreros Agrícolas y
Campesinos Histórica (CIOAC-H), ha assassinato la base di appoggio zapatista Galeano, ilsubcomandante Marcos è apparso di buon mattino di
fronte ai rappresentanti dei media liberi accompagnato da sei comandantes e comandantas del Comitato
Clandestino Rivoluzionario Indigeno e del Subcomandante Insurgente Moisés, al quale nel
dicembre scorso aveva trasferito il comando.
“È nostra convinzione e nostra pratica che per
rivelarsi e lottare non sono necessari né leader né capi, né messia né
salvatori; per
lottare c’è bisogno solo di un po’ di vergogna, una certa dignità e molta
organizzazione, il resto o serve al collettivo o non serve”, ha detto Marcos.
Con una benda nera
col disegno di un teschio da pirata che copriva l’occhio destro,
il finora portavoce zapatista ha ricordato l’alba del primo gennaio 1994, quando “un esercito
di giganti, cioè, di indigeni ribelli, scese in città per scuotere il mondo.
Solo qualche giorno dopo, col sangue dei nostri caduti ancora fresco per le
strade, ci rendemmo conto che quelli di fuori non ci vedevano. Abituati a
guardare gli indigeni dall’alto, non alzavano lo sguardo per guardarci;
abituati a vederci umiliati, il loro cuore non comprendeva la nostra degna
ribellione. Il loro sguardo si era fermato sull’unico meticcio che videro con
un passamontagna, cioè, non vedevano. I nostri capi e cape allora dissero:
‘vedono solo la loro piccolezza, inventiamo qualcuno piccolo come loro,
cosicché lo vedano e che attraverso di lui ci vedano’ “.
Così è nato Marcos, frutto di “una complessa manovra di distrazione, un
trucco di magia terribile e meraviglioso, un gioco malizioso del nostro cuore
indigeno; la saggezza indigena sfidava la modernità in uno dei suoi bastioni: i
mezzi di comunicazione”.
La cronaca della conferenza, firmata dai “mezzi liberi,
alternativi, autonomi o come si chiamino”, diffusa su diversi portali di
comunicazione alternativa come Radio Pozol, Promedios e Reporting on
Resistences, riproduce un clima di applausi ed evviva all’EZLN dopo l’annuncio
della Comandancia.
La figura del subcomandante Marcos ha fatto il girò del mondo
fin dalle prime ore del primo gennaio 1994. L’immagine di un uomo armato con
cartucciere rosse ed un R-15, con indosso una divisa color caffè e nera coperto
da un chuj di lana
degli Altos del Chiapas, con il volto coperto da un passamontagna che fumava la
pipa, era sulle prime pagine dei giornali più importanti del pianeta. Nei
giorni e settimane successive arrivavano i suoi
comunicati carichi di ironia ed umorismo, provocatori ed irriverenti. Qualche foglio bianco scritto a
macchina da scrivere letteralmente raffazzonati per la stampa nazionale e
internazionale. Venti anni e quattro mesi dopo, Marcos annuncia la fine di questa tappa.
…“Difficile credere che venti anni dopo quel ´niente per noi´
non fosse uno slogan, una frase buona per striscioni e canzoni, ma una realtà,
La Realidad”, ha detto Marcos. Ed ha
aggiunto: “Se essere coerente è un fallimento, allora l’incoerenza è la strada
per il successo, per il potere. Ma noi non vogliamo prendere quella strada, non
ci interessa. Su queste basi, preferiamo fallire che vincere.”
“Pensiamo”, ha detto, “che è necessario che uno di noi muoia affinché Galeano Viva.
Quindi abbiamo deciso che Marcos oggi deve morire”.
“Alle 2.10 il Subcomandante Insurgente Marcos è sceso per sempre dal palco,
si sono spente le luci ed è partita un’ondata di applausi degli e delle
aderenti della Sexta, seguita da
un’ondata ancora più grande di applausi delle basi di appoggio zapatiste,
miliziani ed insurgentes“, hanno
riferito dalla Realidad.
Fedele al suo stile ironico ed ai suoi tradizionali post
scritti, il personaggio di Marcos ha concluso: P.S. 1 Game Over. 2. –
Scaccomatto. 3. – Touché. 4. – Così Mhhh, è questo l’inferno? 5. – Cioè, senza
la maschera posso andarmene in giro nudo? 6. – Qui è buio, ho bisogno di una
torcia…”
ENTRE LA LUZ Y LA SOMBRA.
En La Realidad, Planeta Tierra.
Mayo del 2014.
Compañera, compañeroa, compañero:
Buenas noches, tardes, días en cualesquiera que sea su
geografía, su tiempo y su modo.
Buenas madrugadas.
Quisiera pedirles a las compañeras, compañeros y
compañeroas de la Sexta que vienen de otras partes, especialmente a los medios
libres compañeros, su paciencia, tolerancia y comprensión para lo que voy a
decir, porque éstas serán mis últimas palabras en público antes de dejar de
existir.
Me dirijo a
ustedes y a quienes a través de ustedes nos escuchan y miran.
Tal vez al inicio, o en el transcurso de estas
palabras vaya creciendo en su corazón la sensación de que algo está fuera de
lugar, de que algo no cuadra, como si estuvieran faltando una o varias piezas
para darle sentido al rompecabezas que se les va mostrando. Como que de por sí
falta lo que falta.
Tal vez después, días, semanas, meses, años, décadas
después se entienda lo que ahora decimos.
Mis compañeras y compañeros del EZLN en todos sus
niveles no me preocupan, porque de por sí es nuestro modo acá: caminar, luchar,
sabiendo siempre que siempre falta lo que falta.
Además de que, que no se ofenda nadie, la inteligencia
de l@s compas zapatistas está muy por arriba del promedio.
Por lo demás, nos satisface y enorgullece que sea ante
compañeras, compañeros y compañeroas, tanto del EZLN como de la
Sexta, que se da a conocer esta decisión colectiva.
Y qué bueno que será por lo medios libres,
alternativos, independientes, que este archipiélago de dolores, rabias y digna
lucha que nos llamamos “la Sexta” tendrá conocimiento de esto que les diré,
donde quiera que se encuentren.
Si a alguien más le interesa saber qué pasó este día
tendrá que acudir a los medios libres para enterarse.
Va pues. Bienvenidas y bienvenidos a la realidad
zapatista.
I.- Una decisión difícil.
Cuando irrumpimos e interrumpimos en 1994 con sangre y
fuego, no iniciaba la guerra para nosotras, nosotros los zapatistas.
La guerra de arriba, con la muerte y la destrucción,
el despojo y la humillación, la explotación y el silencio impuestos al vencido,
ya la veníamos padeciendo desde siglos antes.
Lo que para nosotros inicia en 1994 es uno de los
muchos momentos de la guerra de los de abajo contra los de arriba, contra su
mundo.
Esa guerra de resistencia que día a día se bate en las
calles de cualquier rincón de los cinco continentes, en sus campos y en sus
montañas.
Era y es la nuestra, como la de muchos y muchas de
abajo, una guerra por la humanidad y contra el neoliberalismo.
Contra la
muerte, nosotros demandamos vida.
Contra el silencio, exigimos la palabra y el respeto.
Contra el olvido, la memoria.
Contra la humillación y el desprecio, la dignidad.
Contra la opresión, la rebeldía.
Contra la esclavitud, la libertad.
Contra la imposición, la democracia.
Contra el crimen, la justicia.
Contra el silencio, exigimos la palabra y el respeto.
Contra el olvido, la memoria.
Contra la humillación y el desprecio, la dignidad.
Contra la opresión, la rebeldía.
Contra la esclavitud, la libertad.
Contra la imposición, la democracia.
Contra el crimen, la justicia.
¿Quién con un poco de humanidad en las venas podría o
puede cuestionar esas demandas?
Y en ese
entonces muchos escucharon….
continua
qui
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