giovedì 26 dicembre 2024

Paradisi fiscali per ricchi furboni invece dell’inferno - Valerio Sale

Fiat, Amazon e Starbucks pagano le tasse in Lussemburgo e sono in regola con le norme fiscali dell’Unione Europea. Un esercito di avvocati è riuscito a sconfiggere gli organi giurisdizionali dell’Unione Europea che nel 2015 e nel 2017 avevano accusato le tre multinazionali di aver ridotto artificialmente i propri oneri fiscali per aumentare profitti e competitività.

 

Il trucco

Le sentenze dei tribunali europei hanno sancito che il Lussemburgo non ha favorito le tre multinazionali tramite il cosiddetto ruling fiscale, ovvero un accordo preventivo tra l’autorità fiscale di un paese e l’impresa.

I tre furbetti dell’Ue

Tutto a posto, quindi? No, e lo sappiamo tutti. Perché il Lussemburgo è uno dei tre paesi membri della Ue, con Irlanda e Olanda, tra i più utilizzati dalle multinazionali per pagare meno imposte. L’elusione praticata nei paradisi fiscali di tutto il mondo è un fenomeno storico e di ampia portata. Quando però il ‘trucco’ viene integrato nelle regole di funzionamento di una comunità fondata su interessi e valori comuni come l’Ue, la contraddizione rasenta lo scandalo.

Una enorme ricchezza ‘fuori casa’

L’elusione è un fenomeno di ampia portata, non di per sé illegale, ma che, essendo maggiormente esposto all’evasione fiscale, può causare ingenti perdite alla collettività e allo stesso tempo inasprire le disuguaglianze economiche, rendendone più difficile la rilevazione. Lo dichiara ufficialmente l’Eu Tax Observatory, un laboratorio di ricerca finanziato dall’Unione europea. L’osservatorio rileva che nel 2022 i cittadini di 22 Stati membri dell’UE detenevano complessivamente 2.141 miliardi di dollari in asset finanziari al di fuori del proprio paese di residenza.

Unione con trucco e complici

Quindi, in prima istanza l’Unione Europea offre agli Stati membri ( Olanda-Irlanda- Lussemburgo) la possibilità di far pagare meno tasse a imprese e privati. Poi, ne controlla l’operato mediante la Commissione che può avviare indagini. Nel caso, interviene in giudizio e porta in tribunale le multinazionali che a loro volta sono  dotate di un supporto legale spesso superiore a quello pubblico. Infine, per non farsi mancare niente, sovvenziona i ricercatori che studiano il fenomeno.

Paradisi a scelta: con meno tasse vince

La caccia alle tasse non versate da big tech e grandi imprese in Europa prosegue da anni con risvolti in chiaro scuro, tendenti al grigio. In Olanda pagano le tasse Stellantis, Mediaset e Brembo. In Irlanda Google, Meta (Facebook) e Apple. Proprio nei confronti di quest’ultima la Corte di giustizia europea ha emesso sentenza definitiva sulle tasse non pagate. Apple dovrà pagare fino a 13 miliardi di euro al Tesoro irlandese. Il paradosso è che il vincitore, in questo caso l’Irlanda, non vuole i soldi in aperta alleanza con Apple. Così come l’Olanda, questi paesi hanno maggior vantaggio a tutelare i propri  “contribuenti” elusori che garantiscono loro un surplus fiscale. Nel caso dell’Irlanda si parla di 25 miliardi solo nel 2023.

Stati complici ladri a loro volta

Lussemburgo,  Irlanda  e Olanda sono elencati nella classifica mondiale dei primi dieci  paradisi fiscali, con le ormai ben note Isole Vergini britanniche, Cayman e Bermuda. Seguono la Svizzera, Singapore, Hong Kong, , Jersey.  Il caso dei tre Stati membri della Ue è oggetto da anni di un dibattito a bassa intensità, relegato spesso alle ultime pagine dei giornali economici.  Eppure sono in ballo un mare di soldi destinati alle finanze pubbliche.

Sul rilancio economico dell’Unione Europea vengono impartite lezioni e fornite ricette da studiosi e salvatori della Patria (comune). Ma sulla revisione dei sistemi di agevolazione fiscale di questi tre Paesi tutto tace. E’ un capitolo assente anche nel salvifico rapporto di Mario Draghi.

da qui

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