Fiat, Amazon e Starbucks pagano le tasse in Lussemburgo e sono in regola con le norme fiscali dell’Unione Europea. Un esercito di avvocati è riuscito a sconfiggere gli organi giurisdizionali dell’Unione Europea che nel 2015 e nel 2017 avevano accusato le tre multinazionali di aver ridotto artificialmente i propri oneri fiscali per aumentare profitti e competitività.
Il trucco
Le sentenze
dei tribunali europei hanno sancito che il Lussemburgo non ha favorito le tre
multinazionali tramite il cosiddetto ruling fiscale, ovvero un
accordo preventivo tra l’autorità fiscale di un paese e l’impresa.
I tre
furbetti dell’Ue
Tutto a
posto, quindi? No, e lo sappiamo tutti. Perché il Lussemburgo è uno dei tre
paesi membri della Ue, con Irlanda e Olanda, tra i più utilizzati dalle
multinazionali per pagare meno imposte. L’elusione praticata nei paradisi
fiscali di tutto il mondo è un fenomeno storico e di ampia portata. Quando
però il ‘trucco’ viene integrato nelle regole di funzionamento di una comunità
fondata su interessi e valori comuni come l’Ue, la contraddizione rasenta lo
scandalo.
Una enorme
ricchezza ‘fuori casa’
L’elusione è
un fenomeno di ampia portata, non di per sé illegale, ma che, essendo
maggiormente esposto all’evasione fiscale, può causare ingenti perdite
alla collettività e allo stesso tempo inasprire le disuguaglianze
economiche, rendendone più difficile la rilevazione. Lo dichiara ufficialmente
l’Eu Tax Observatory, un laboratorio di ricerca
finanziato dall’Unione europea. L’osservatorio rileva che nel 2022 i cittadini
di 22 Stati membri dell’UE detenevano complessivamente 2.141 miliardi di
dollari in asset finanziari al di fuori del proprio paese di residenza.
Unione con
trucco e complici
Quindi, in
prima istanza l’Unione Europea offre agli Stati membri ( Olanda-Irlanda-
Lussemburgo) la possibilità di far pagare meno tasse a imprese e privati. Poi,
ne controlla l’operato mediante la Commissione che può avviare indagini. Nel
caso, interviene in giudizio e porta in tribunale le multinazionali che a loro
volta sono dotate di un supporto legale spesso superiore a quello
pubblico. Infine, per non farsi mancare niente, sovvenziona i ricercatori che
studiano il fenomeno.
Paradisi a
scelta: con meno tasse vince
La caccia
alle tasse non versate da big tech e grandi imprese in Europa prosegue da anni
con risvolti in chiaro scuro, tendenti al grigio. In Olanda pagano le tasse
Stellantis, Mediaset e Brembo. In Irlanda Google, Meta (Facebook) e Apple.
Proprio nei confronti di quest’ultima la Corte di giustizia europea ha emesso
sentenza definitiva sulle tasse non pagate. Apple dovrà pagare fino a 13
miliardi di euro al Tesoro irlandese. Il paradosso è che il vincitore, in
questo caso l’Irlanda, non vuole i soldi in aperta alleanza con Apple. Così
come l’Olanda, questi paesi hanno maggior vantaggio a tutelare i propri
“contribuenti” elusori che garantiscono loro un surplus fiscale. Nel caso
dell’Irlanda si parla di 25 miliardi solo nel 2023.
Stati
complici ladri a loro volta
Lussemburgo,
Irlanda e Olanda sono elencati nella classifica mondiale dei primi
dieci paradisi fiscali, con le ormai ben note Isole Vergini britanniche,
Cayman e Bermuda. Seguono la Svizzera, Singapore, Hong Kong, , Jersey. Il
caso dei tre Stati membri della Ue è oggetto da anni di un dibattito a bassa
intensità, relegato spesso alle ultime pagine dei giornali economici.
Eppure sono in ballo un mare di soldi destinati alle finanze pubbliche.
Sul rilancio
economico dell’Unione Europea vengono impartite lezioni e fornite ricette da
studiosi e salvatori della Patria (comune). Ma sulla revisione dei sistemi di
agevolazione fiscale di questi tre Paesi tutto tace. E’ un capitolo assente
anche nel salvifico rapporto di Mario Draghi.
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