La “scarsa attrattività del welfare familiare italiano” è tra le cause principali del mancato ritorno dei trentenni italiani che vivono all’estero. Lo certifica il Rapporto italiani nel mondo 2023 redatto annualmente dalla Fondazione Migrantes, che conta sei milioni di expat registrati all’inizio di quest’anno. Si scappa soprattutto dal Sud e per ragioni di realizzazione personale. In crescita le partenze femminili, il doppio rispetto al 2006. Le italiane che rientrano tornano in prevalenza in Trentino-Alto Adige, dove tra l’altro i servizi per le famiglie sono migliori e il tasso di natalità è superiore alla media nazionale. A preoccupare è proprio il trend legato alla denatalità. La fascia dei 30-40enni è quella che potrebbe contribuire in modo decisivo alla crescita economica e demografica dell’Italia, ma in quell’intervallo anagrafico si osserva un calo dei rimpatri del 10% rispetto agli anni precedenti. Tra le ragioni principali per il mancato ritorno ci sono i sostegni, scarsi, offerti dal nostro Paese per chi mette su famiglia: dalle agevolazioni fiscali ai servizi legati al welfare, che sembrano incidere di più nella scelta di restare all’estero.
Welfare familiare come causa dei mancati
rientri – Per la
fondazione Migrantes, l’Italia ha maggiori
difficoltà a fare ritornare gli expat con
un’età compresa fra i 30 e i 40 anni. Si
tratta di una fascia in cui la presenza di figli minori può rendere più
complicata la mobilità ed è per questo che i servizi per le famiglie
costituiscono da sempre un grande incentivo al
rimpatrio. La “scarsa attrattività del welfare familiare italiano” recente ha
però “mitigato il successo osservato in termini di aumento dei rientri”, si legge nel rapporto. Il dato,
secondo la fondazione, va letto soprattutto in relazione all’attuale trend demografico in discesa.
E diventa allarmante se si considera che
secondo l’Istat porterà nel 2042 solo una famiglia su 4 ad avere
figli. Nell’ultima manovra di bilancio, il governo Meloni ha introdotto una decontribuzione per le madri e
incrementato il fondo per gli asili nido. Ma si tratta di misure temporanee e
riservate a chi ha almeno due bambini a carico, che non potranno
incidere in modo strutturale sul calo delle nascite. Tutto questo non potrà che
scoraggiare ulteriormente chi pensava di tornare. A supporto delle sue
rilevazioni, la fondazione Migrantes ha inserito nel dossier, di oltre 500
pagine, il sondaggio del gruppo Controesodo, una
community di professionisti che dal 2015 monitora le condizioni di rimpatrio.
Già alla fine del 2022, il 41% degli intervistati (oltre
un migliaio) ha risposto che per attrarre di più il “capitale umano” sarebbero
state necessarie maggiori agevolazioni per le
famiglie con figli. In secondo luogo l’aumento degli stipendi e il
miglioramento di welfare a sostegno della famiglia (per il 37,7% del campione).
Per tutti, spinta al ritorno sono state finora le detrazioni fiscali per il rientro dei
cervelli, che però Meloni ha deciso di tagliare. Secondo la fondazione
Migrantes, invece, “sarebbe importante provare a invertire” il calo dei rientri di 30-40enni, con misure ad hoc. Il report
lo suggerisce, anche “considerando che una delle sfide maggiori per l’Italia è
quella della denatalità e dell’inverno
demografico e che la fascia dei trentenni è quella che incide di più al livello
demografico ed economico”.
Sei milioni di italiani fuggiti all’estero – Gli iscritti
all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) al primo gennaio 2023
sono 5.933.418. Si tratta perlopiù di persone provenienti
dal Sud (il 46, 5%), in minoranza dal Centro Italia (15,8%) e per il 37,8% dal Nord. Tuttavia nel rapporto si osserva una metamorfosi
recente. Se fino a vent’anni fa a emigrare erano ancora persone di origine
meridionale che cercavano fortuna Oltreoceano e
portavano con sé la famiglia, oggi “la mobilità è caratterizzata da partenze
dalle regioni del Centro-Nord dopo, nella maggior parte dei casi, un periodo
meno lungo di mobilità interna Sud-Nord”. La
terra da cui si fugge di più è la Sicilia, che
registra 815mila residenti scappati oltre i confini nazionali al gennaio 2023.
Seguono Lombardia, Campania, Veneto e Lazio.
Meta prediletta: l’Europa.
A cambiare è anche il volto di chi va via.
I residenti all’estero sono mediamente più istruiti e
in prevalenza più giovani, hanno tra i 35 e i 49 anni. Rispetto al passato,
aumentano le donne in fuga, raddoppiate rispetto
al 2006. Sono oltre 2,8 milioni, e costituiscono
il 48,2% del totale. Motore della partenza, per tutti, non è più la volontà di
“sfuggire da situazioni di fragilità economica e
occupazionale – dice il report – ma il desiderio di rivalsa e
crescita”. Secondo la fondazione Migrantes,questa è “l’Italia che continua a
crescere fuori dall’Italia”.
Il monito su chi torna al Sud – I dati dei rimpatriati
sono calcolati sul 2021, in base alle iscrizioni anagrafiche dall’estero. Nel
2021 hanno fatto ritorno 75mila italiani.
Sono per lo più uomini (55,8%), nella maggior parte dei casi con un titolo di
studio inferiore al diploma. Soltanto il 24% di chi rientra ha una laurea o un
titolo superiore. Il 25,6% dei professionisti maschili che ritorna ha oltre 50
anni. Si dirige soprattutto verso la Lombardia, il Lazio,
la Sicilia e il Veneto. Il Tentino-Alto Adige, dove il welfare familiare funziona
e la natalità è del 30% superiore della media nazionale, è l’unica regione in
cui le donne che rimpatriano sono più degli uomini. La tendenza però è tornare
più verso il Sud che verso il Nord. In particolare, nell’ordine, si
preferiscono Campania, Puglia e Sicilia. Anche su questo dato invita a riflettere il
report. Per Migrantes, ad agevolare i rimpatri è in parte lo smart working
introdotto dopo il Covid, ma sono soprattutto le misure del dl Crescita 2019, che favorivano l’attrazione di
professionisti al Sud. “La leva fiscale si conferma un fattore determinante (…)
A nostra memoria – scrive la fondazione – non è facile ricordare altre misure
di politica economica che siano state in grado a costo zero di attrarre
capitale umano qualificato nel Mezzogiorno”.
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