Siccome in Siria c’è un nuovo capufficio, tutti cercano di capire che tipo è, e il paradosso siriano è che prima della Siria si sapeva tutto e non si diceva niente, ora della Siria non si sa niente e si dice tutto. Compresa la lingua bugiarda che ormai conosciamo bene, per cui per giorni e giorni le milizie che hanno preso Damasco erano “i ribelli” (ah, quanto amiamo le ribellioni, purché siano lontane!), ed erano gli stessi che fino a solo qualche mese fa si sarebbero chiamati jihadisti, o “macellai dell’Isis”, o “terroristi di al Qaeda”. Non che questo stupisca più di tanto: in un mondo in cui i soldi per la guerra si prendono da un “Fondo per la pace” (ah, l’Europa, Orwell gli fa una pippa!) ci aspettiamo di tutto.
Così, i
giornali e i telegiornali sembrano un enorme processo del lunedì dove manca
solo il grande Biscardi: chi ha vinto (forse Erdodan), chi ha perso (Putin e
l’Iran, da qui i festeggiamenti), chi ne approfitta (Israele che si prende il
Golan, che è siriano, ma tanto Israele confina con chi cazzo vuole lui e
nessuno fiata).
Non cambiano
solo le parole, cambiano anche i nomi, così il nuovo capufficio siriano non
vuole più che lo si chiami Abu Mohammed al Jolani, che era il nome di
battaglia, ma solo Ahmed al Shara, che è il nome da statista, e basta leggere
qualche ritratto sui nostri spettacolari mass media per capire che timori e
speranze si mischiano. Da un lato si apprezza, giustamente, che Ahmed al Shara
non teorizzi il bagno di sangue, che prometta una pacificazione del Paese e che
dica che le donne possono vestirsi come pare a loro; dall’altro si teme,
fingendo di gioirne, che la Siria possa tornare ad essere una potenza
nell’area. E qui, a corroborare la tesi, arrivano i ritratti al miele del nuovo
premier, Mohammed al Bashir, che la narrazione vuole ragionevole e moderato
(speriamo), ma soprattutto ha un paio di cosette che lo arruolano tra i
“buoni”. Infatti vorrebbe “introdurre un’economia di mercato, liberista e
competitiva, senza restrizioni agli investimenti”, che è come dire “uno dei
nostri”, hurrà. Si legge anche che sarebbe nemico dei “profitti
sproporzionati”, questo forse piace un po’ meno agli adoratori di Elon Musk, ma
non importa, si vedrà. Ha due lauree, tra l’altro, e anche questo manda un po’
in crisi il famigerato luogocomunismo occidentale. Sì, perché, il dna da
conquistadores di noi europei prevede che tutti gli arabi e i musulmani siano
ignoranti cammellieri, così come i cinesi si muovono i bicicletta e gli
africani in ciabatte e barconi per venire qui. Ora – colpo di scena – ci si
trova a valutare una classe dirigente che nasce da una rivolta armata, che
proviene dalle fila dei peggiori nemici (i famosi terroristi), ma a cui si
guarda con una certa fiducia perché hanno fatto il culo (finalmente!) a un
amico dei nostri nemici. La vedete, vero la zappa sui piedi? Se non la vedete è
perché pensate che siano i piedi di qualcun altro. Ai siriani,
naturalmente non pensa nessuno, anzi sì, la famosa Europa, con una prontezza di
riflessi inedita: l’Austria annuncia di rimandare in Siria 100.000 profughi, la
Germania sospende 47.000 richieste di asilo, la Grecia ne blocca 9.000, Belgio,
Francia e Italia si adeguano al volo. Chiunque sia il nuovo capufficio della
Siria, l’Europa non vede l’ora di rimandargli i siriani, perché è questo il
bello della geopolitica for dummies, che sembra una questione di vita o di
morte, ma delle vite – sangue, sudore, lacrime – si può anche fregarsene alla
grande, mica sono le nostre, no?
Nessun commento:
Posta un commento