Nel giorno 1.024 della guerra in Ucraina, una notizia ci colpisce per la
sua portata e il linguaggio usato. Secondo il resoconto di Tgcom24 (link all'articolo),
cresce nell'Unione Europea l'ipotesi di inviare truppe di
"peacekeeping" in Ucraina, con il governo italiano che, attraverso il
ministro Crosetto, si dichiara "disponibile".
Questa dichiarazione solleva almeno tre questioni che meritano attenzione.
1.
Una guerra ribattezzata "contro la Russia"
Non si parla più di un conflitto armato tra due nazioni o del sostegno
occidentale all'Ucraina, ma di una guerra esplicitamente "contro la
Russia". Questo cambio di linguaggio segna uno slittamento narrativo
pericoloso, che potrebbe giustificare ulteriori escalation militari. Stiamo
passando da una "guerra per procura" a uno scontro diretto
dell'Europa con la Russia.
2.
Il peacekeeping come travestimento della guerra
·
Il termine "peacekeeping", storicamente associato a missioni di
interposizione sotto l'egida delle Nazioni Unite, viene qui utilizzato per
descrivere il possibile invio di truppe in una zona di guerra aperta.
·
Quale pace si intende mantenere o costruire inviando forze armate in un
conflittoarmato che rischia di allargarsi?
·
Le parole contano, e il loro abuso crea confusione e mina la fiducia nelle
vere missioni di pace.
3. La disponibilità italiana
La disponibilità del governo italiano a partecipare a questa operazione solleva
dubbi sul rispetto della nostra Costituzione, che ripudia la guerra
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Quale mandato
potrebbe giustificare una simile decisione? E soprattutto, il popolo italiano è
stato consultato su questa possibilità?
La pace non si costruisce con la guerra
Queste ambiguità linguistico-politiche servono a rendere accettabile ciò
che è inaccettabile: la prosecuzione di una guerra che ha già causato migliaia
di morti e devastazioni incalcolabili. Invece di prepararsi a nuovi interventi
militari, l'Unione Europea e l'Italia dovrebbero rilanciare iniziative
diplomatiche, ascoltare le voci del pacifismo, e sostenere chi, in Ucraina e in
Russia, si oppone alla guerra.
Chiediamo che la parola "pace" torni a significare ciò per cui è
nata: la fine della guerra, non la sua prosecuzione in forme ancora più
terribili.
Diciamo no all'invio di soldati italiani in Ucraina fuori da un mandato
ONU.
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