il babbo di Jan lavora dove c'era Gaston (qui), i due non si vedono spesso, in questo libro parlano, fra passeggiate e birre, nella magica Praga (come la racconta da dio Angelo Maria Ripellino).
il padre e Jan non hanno mai parlato molto, ma se leggi capisci che si vogliono bene davvero, nei modi ruvidi virili.
e siamo fortunati che si fanno ascoltare da noi.
a me è piaciuto molto - franz
il padre e Jan non hanno mai parlato molto, ma se leggi capisci che si vogliono bene davvero, nei modi ruvidi virili.
e siamo fortunati che si fanno ascoltare da noi.
a me è piaciuto molto - franz
Praga è una poesia. Camminando per le strade della città un padre e un
figlio rivelano fatti struggenti sconosciuti l'uno all'altro in un fitto e
vivace dialogo.
Il padre è un settantenne, ex scienziato-biologo, un intellettuale classico
nel senso migliore del termine. Il figlio è un quarantenne. vive con Marta.
Completati i suoi studi di linguistica e filosofia, è a casa in cassa
integrazione. Il padre è cresciuto durante la seconda guerra mondiale in
Croazia, dove i nazisti lo avevano quasi ucciso; il figlio aveva dieci anni
quando i carri armati sovietici schiacciarono la Primavera di Praga del 1968:
hanno entrambi vissuto qualcosa di simile allinferno.
Una volta al mese si incontrano per passeggiare e parlare. Il romanzo
racconta una di queste passeggiate quando le loro chiacchierate diventano lo
spunto per ricordare il passato, per riflettere sullo Stato e il destino del
mondo, e per commentare storie di strada.
Un susseguirsi di storie a volte divertenti, a volte intime e profonde.
Il tutto passeggiando tra i parchi o stando seduti in un pub davanti a un
boccale di birra, raccontando barzellette e aneddoti.
Capricciosamente spensierato, terribilmente divertente, questo romanzo è
una piccola gemma più o meno come Aspettando Godot. Emil Hakl, invece di
descrivere i personaggi convenzionalmente, lo fa attraverso il dialogo, e si
arriva a conoscerli dalle cose che dicono e che fanno, piuttosto che dagli
occhi soggettivi del narratore.
…L'autore non descrive i personaggi,
essi sembrano presentarsi da sé grazie allo scambio di battute che spiccano in
un genuino discorso diretto; il lettore carpisce sentimenti, comprende
caratteri e intuisce pensieri attraverso l'immediatezza delle parole
pronunciate dai protagonisti.
I dialoghi
sono al limite tra conflitto e unione di un padre e di un figlio che, forse,
assaporano la passeggiata come un banale rapporto familiare ma, con la
consapevolezza, che potrebbe essere l'ultima occasione per viverlo…
…Narrato in prima persona dal punto di vista di
Jan, Genitori e figli è costruito come un patchwork in cui
aneddoti, storielle, ricordi e idee si annodano e si intrecciano in un dialogo
quasi ininterrotto che mescola gli argomenti più futili con le più delicate
questioni dell’esistenza. Questa costruzione narrativa (insieme alle battute
che ricalcano in maniera mimetica il parlato reale), richiama altre passeggiate
letterarie ceche e inevitabilmente lo stile di Bohumil Hrabal, maestro
dell’arte dell’affabulazione e dei dialoghi fluviali in cui il racconto vero e
proprio si mescola a dettagli, deviazioni, divagazioni che, seppur non
necessarie allo svolgimento del racconto, lo arricchiscono, lo completano, gli
conferiscono una luce di verosimiglianza e al tempo stesso un leggero sostrato
di surrealtà.
Pur non raggiungendo le vette poetiche e stilistiche di Hrabal, Genitori e figli è un libro delicato, che mescola equamente poesia e prosaicità, malinconia e ironia, tratteggiando con tenerezza il delicato rapporto che unisce un padre e un figlio, tanto diversi per scelte di vita e opinioni quanto legati e accomunati da un solido affetto e da quella complicità maschile un po’ goliardica che forse alcuni lettori riconosceranno come propria.
Pur non raggiungendo le vette poetiche e stilistiche di Hrabal, Genitori e figli è un libro delicato, che mescola equamente poesia e prosaicità, malinconia e ironia, tratteggiando con tenerezza il delicato rapporto che unisce un padre e un figlio, tanto diversi per scelte di vita e opinioni quanto legati e accomunati da un solido affetto e da quella complicità maschile un po’ goliardica che forse alcuni lettori riconosceranno come propria.
…La
distanza tra i due è segnata da un infantile ma fatale malinteso: quando una
mattina al bambino di cinque anni avevano chiesto con chi avrebbe desiderato
vivere, decisiva si era rivelata la sculacciata paterna del giorno prima – è
allora che il loro legame tra padre e figlio si era spezzato definitivamente.
Ed è solo attraverso la parola, la rielaborazione delle rispettive vicende
esistenziali e il dialogo ossessivo che questi due outsider praghesi provano a
riavvicinare le proprie vite, o meglio a far combaciare almeno per un istante i
lembi di due esistenze così diverse e distanti.
Quello creato da Hakl è una sorta di dialogo assoluto tra i due protagonisti, spesso interrotto e riannodato, che è in grado di fagocitare qualsiasi argomento: gli animali scomparsi dallo zoo, le rispettive donne, l’infanzia del padre, gli aerei da combattimento, la qualità della birra, i cocktail più improbabili, i lassativi, la ricetta migliore per le polpette, il bambino avuto molti anni prima dal figlio a sua insaputa. Ogni scambio di battute mescola sacro e profano, alto e basso, in un dialogo che si nutre del piacere stesso della parola, unica forza capace di sbrogliare «l’incomprensibile caos dei rapporti»…
Quello creato da Hakl è una sorta di dialogo assoluto tra i due protagonisti, spesso interrotto e riannodato, che è in grado di fagocitare qualsiasi argomento: gli animali scomparsi dallo zoo, le rispettive donne, l’infanzia del padre, gli aerei da combattimento, la qualità della birra, i cocktail più improbabili, i lassativi, la ricetta migliore per le polpette, il bambino avuto molti anni prima dal figlio a sua insaputa. Ogni scambio di battute mescola sacro e profano, alto e basso, in un dialogo che si nutre del piacere stesso della parola, unica forza capace di sbrogliare «l’incomprensibile caos dei rapporti»…
…Il fascino di Genitori e figli
è proprio questo girovagare fisico e dialettico. “Il
dialogo è solo un’illusione. Non c’è persona al mondo che non ambisca a parlare
sempre e solo di sé, finché è possibile” sostiene il signor Benes
sottintendendo il dovere all’ascolto di un padre verso il proprio figlio
(e viceversa). Padre e figlio pranzano e poi entrano in vari bar
continuando a bere e a discorrere e presto anche noi siamo coinvolti nei loro
ricordi, sembra quasi di smettere di leggere e di ascoltare solo i loro
racconti ravvivati dalle birre praghesi e avvolti da altri liquori boemi. Alla
fine ciò che rimane è la stessa pervasiva sensazione dei due personaggi: una
voglia di vedersi e di passare del tempo che sia riposante e piacevole, proprio
come leggere un libro o ascoltare una persona cara.
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