…“La mia è prima di tutto una missione sociale”, spiegava nel 2011, in
un’intervista concessa alla rivista marocchina TelQuel. Le sue opere avevano
fatto il giro del mondo: ha esposto a New York, Parigi, Buenos Aires. Nella sua ultima
mostra, presso la Maison européenne de la Photographie della capitale francese,
Leila aveva scelto di illuminare i tratti più profondi e nascosti del Marocco
rurale. Raccontato attraverso immagini a grandezza naturale di uomini e donne
in posa in costumi tradizionali. “Ho soggiornato in diverse comunità,
utilizzando uno sguardo intimo al fine di rivelare la soggettività delle
persone che ho fotografato”, spiegava l’artista nel testo redatto per
l’esposizione.
Il Marocco negli sguardi dei suoi protagonisti
Ne è nato un archivio di tradizioni e di universi estetici, ancestrali,
della nazione nordafricana. Recitato dagli stessi custodi di quel patrimonio e
raccontato con passione e coraggio: “Avete visto il sorriso radioso che
mostrava sempre quando veniva fotografata? Ecco, era questo il suo segreto. Era
determinata a difendere la sua causa. Ed era in grado di scovare la bellezza in
tutte le cose e in ogni persona. Ritrasmettendocela», , ha testimoniato al
quotidiano Le Monde Fatym Layachi, autore franco-marocchino, suo amico d’infanzia.
Nel 2013, presso la Fondazione Oriente-Occidente di Rabat, aveva
organizzato in collaborazione l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
Rifugiati un atelier con un gruppo di venti tra donne e giovani profughi. Ma dai personaggi
che ritraeva, “Leila ha sempre mantenuto una distanza pudica”, ha ricordato al
quotidiano francese la mamma, Christine. Ciò che la interessava, di quelle
persone, “era la loro vera vita. La vedo ancora sorridere. Sento ancora la sua
voce calda. Era tutto questo, Leila”.
QUI un bellissimo lavoro
di Leila Alaoui, intitolato Crossings
Qui lo spot che viene censurato dalla tv
marocchina:
Non riesco ancora a crederci.Non ci sono parole per esprimere il mio
dolore. Non ci sono parole che possano consolare i tuoi genitori. Quando perdi
un genitore diventi orfano, ma non c'è una parola che possa descrivere quello
che succede quando perdi un figlio. Sono sconvolta, scioccata, paralizzata.
Profondamente.
E non è per il fatto che tu fossi giovane, bella, talentuosa,
perché siamo tutti uguali di fronte alle tragedie. Neanche per il fatto che tu
fossi una fotografa impegnata, interessata all'umanità. O il fatto che avessimo
la stessa età, lo stesso viso da bambina, lo stesso nome. Percorsi, lotte,
progetti e valori che si somigliano. Potevo esserci io a Ouagadougou.
Non è perché ti conoscevo, ma solo perché è tremendo e
terribilmente ingiusto. Perché è violento, surreale. Perché sentire le notizie
in TV che contano i morti, anonime vittime degli attentati terroristici,
dall'altra parte del mondo, non ha lo stesso impatto.
Perché il terrorismo sembra lontano, gli attentati
generalmente colpiscono altrove. Ma non è così. Non si tratta più di notizie
sconvolgenti che vediamo scorrere come si vede un film dell'orrore al cinema.
Diventa reale, bussa alle nostre porte, colpisce i nostri cari. Non siamo più
al sicuro.
La vita può fermarsi senza preavviso, come in un incidente
d'auto, quando non sei affatto preparato, quando hai ancora tantissime cose da
vivere. Lo so non serve a niente, ma non posso fare a meno di chiedermi se la
sfortuna di esserti trovata proprio lì il giorno degli attentati si aggiunga
alla sfortuna di essere stata soccorsa da un équipe determinata, ma che forse
non possedeva i mezzi per rianimarti quando il tuo cuore ha ceduto.
La dura realtà ci riconduce alla nostra fragile condizione
umana, non abbiamo più le stesse possibilità di sopravvivere in base al paese
in cui ci troviamo, alla nazione in cui siamo nati. Siamo ben poca cosa. Il
tributo nazionale e le testimonianze d'affetto da parte di centinaia di persone
riempiono il cuore. Perché dobbiamo sempre aspettare che qualcuno muoia per
riconoscere il suo valore? È questa la mia domanda.
Piango di fronte al nostro mondo che crea dei mostri pronti a
uccidere degli innocenti per i loro ideali, per la loro follia, per le loro
convinzioni, per il loro Dio. Dio è grande, è vero, e non tollera crimini del
genere. Di sicuro anche lui piange, perché tutto questo viene commesso in suo
nome. Non riesco a scrivere cose come "Sarai sempre qui con noi",
"Niente ti distruggerà", perché la vita ti ha strappato via da noi.
In un modo vergognoso. Mi viene da vomitare.
La mia unica consolazione è poter dire che, forse, questa
tragedia risveglierà le nosre coscienze e ci aiuterà ad essere migliori, ogni
giorno. Che ci sproni ad essere uniti contro le violenza, gli estremismi, il
radicalismo, contro la regressione, contro l'intolleranza, contro l'ignoranza.
Per fare in modo che l'oscurantismo faccia un passo indietro. E che la luce
prenda il sopravvento. Che la vita trionfi.
Solo allora potremo smettere di piangere per te e per quanti
sono stati ingiustamente uccisi al Bataclan, a Giacarta e altrove. Grazie Leila
Alaoui per la tua semplicità, la tua generosità, la tua passione. Per il tuo
sorriso raggiante. Questa è l'immagine che conserverò di te. (traduzione di Milena Sanfilippo)
Leïla Ghandi
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