Clienti
provenienti da 204 (duecentoquattro) Paesi del mondo. Secondo Wikipedia, i
Paesi membri dell’Onu sono 193. Il che significa che lo studio Mossack
Fonseca è più rappresentativo delle Nazioni Unite.
11,5 milioni di documenti, che vedono coinvolte 215.000
società. Confindustria, la principale
organizzazione di rappresentanza delle imprese in Italia ne raggruppa poco meno di 150.000. Migliaia, se non decine
di migliaia
di intermediari finanziari, oltre 500 banche, 150 tra capi di Stato e
leader politici.
Stiamo parlando di uno studio legale. Uno. Che sarà anche stato importante, ma a
Panama quanti saranno gli avvocati? E i commercialisti? I notai, i
consulenti, gli studi specializzati? Attenzione poi, Panama
è solo una delle decine di giurisdizioni considerate un paradiso fiscale. La
“black list” dell’Agenzia delle Entrate italiana ne segnala oltre cinquanta,
praticamente in ogni continente e a ogni latitudine. E teniamo conto che
per evidenti motivi diplomatici il Delaware negli Usa, la City di Londra o
l’Olanda, solo per fare alcuni esempi, non sono inclusi in questa lista, anche
se molti ricercatori li considerano tra i più importanti paradisi fiscali
del pianeta. E sono posti in cui gli studi di avvocati e consulenti non
mancano di certo.
È vero che da anni le banche centrali inondano di soldi i mercati
finanziari. Una quantità sterminata di denaro che non finisce in consumi e
investimenti ma rimane incastrata nei circuiti della finanza, e che
naturalmente prima o poi trova rifugio nei porti sicuri e discreti di queste
giurisdizioni. Vero anche
che le
diseguaglianze non fanno che crescere e il
famoso “1 per cento” diventa sempre più ricco, per non parlare della
crema, di quel 1 per cento dell’1 per cento che è il vero target di ogni
consulente finanziario che si rispetti. Fatte salve queste dovute
considerazioni, deve comunque rimanere una concorrenza spietata per
attrarre il banchiere, il mafioso e il dittatore di turno.
Anche perché non
parliamo solo di grandi studi di avvocati con moquette di alpaca e poltrone in pelle
umana. Basta farsi un giro su internet per vedere checon
poche centinaia di dollari chiunque può aprirsi la propria società di
comodo. Un sito a caso tra le centinaia che si trovano
in rete segnala che creare una società alle Isole Vergini Britanniche o ad
Anguilla costa intorno ai 1.000 euro l’anno, anche meno per approdare alle
Seychelles o in Belize. Panama, come Gibilterra o le Bahamas sembra poco
più cara, ma è comunque una destinazione ormai alla portata di ogni
bravo calciatore e criminale degno di nota.
Con poche centinaia di euro in più, oltre alla
società si può anche aprire un conto corrente in una di queste giurisdizioni, o
in altre, a Saint Vincent, in Lettonia o a Hong Kong. Prezzi di
assoluta convenienza anche per avere per la propria società un direttore
designato, ovvero un prestanome “utilizzato per garantire il
massimo livello di confidenzialità. Il nome del direttore apparirà
sui documenti dell’impresa, in ogni contratto professionale e nei registri
commerciali della giurisdizione. Un altro vantaggio legato al servizio di direttore
designato consiste nel piazzare la questione “del controllo e della gestione” al di fuori
di una giurisdizione con fiscalità importante.
a concorrenza non è
unicamente tra gli studi, ma anche tra le diverse giurisdizioni. Si
fa presto a definirsi “paradiso fiscale”, ma per attrarre i capitali di
capitani di industria e trafficanti di droga occorre offrire condizioni
sempre migliori, e
specializzarsi in poche attività in cui battere la concorrenza degli altri
paradisi fiscali. È così che ogni territorio si concentra su poche ben
definite operazioni, chi puntando su un fisco nullo, chi sul completo
anonimato, chi sulla creazione di scatole cinesi.
Occorre trovare la propria nicchia di mercato in cui essere all’avanguardia.
Essere il più paradiso di tutti tra più Paesi di quanti ne conta l’Onu.
Poi essere il più bravo tra stuoli di consulenti a completa disposizione.
Superare la spietata concorrenza delle società su internet, che offrono
ogni genere di servizi a prezzi stracciati. E proprio quando
pensi di avercela fatta, sul più bello una fuga di notizie da 11,5 milioni
di documenti mette a rischio tutto. Altro
che paradisi – fiscali o meno – lavorare in questo settore deve essere un
vero inferno.
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