Intervenendo
al senato statunitense il 12 ottobre 2011 nel dibattito sull’accordo
commerciale tra Stati Uniti e Panamn, Bernie Sanders pronunciò un discorso
molto duro, argomentando così il suo voto contrario:
Infine,
signor presidente, parliamo dell’accordo di libero scambio con Panamá. Il pil
annuale di Panamá è di appena 26,7 miliardi di dollari, ovvero due decimi
dell’1 per cento dell’economia statunitense. Nessuno può davvero sostenere che
approvare questo accordo di libero scambio aumenterà in maniera significativa i
posti di lavoro per gli statunitensi. E allora perché l’ipotesi di un accordo
di libero scambio autonomo con questo paese? Be’, il fatto è che Panama è il
leader mondiale quando si tratta di permettere agli statunitensi e alle grandi
aziende di evadere le tasse negli Stati Uniti, nascondendo il loro denaro in paradisi
fiscali offshore. E l’accordo di libero scambio con Panamá renderebbe una
brutta situazione ancora peggiore. Ogni singolo anno, i ricchi e le grandi
aziende evadono cento miliardi di dollari di tasse degli Stati Uniti attraverso
paradisi fiscali clandestini e illegali, a Panamá e in altri paesi. Secondo
l’organizzazione Citizens for tax justice (Cittadini per la giustizia fiscale),
‘un paradiso fiscale possiede una delle seguenti tre caratteristiche: le sue
tasse sul reddito sono molto basse o inesistenti; possiede leggi sul segreto
bancario; ha un passato di non cooperazione con gli altri paesi nello scambio
d’informazioni su questioni fiscali. E Panama le ha tutte e tre. È
probabilmente il peggiore di tutti’.
Signor
presidente, l’accordo di scambio con Panamá rischia d’impedire agli Stati Uniti
di reprimere più severamente i paradisi fiscali offshore illegali e abusivi.
Anzi, la lotta ai paradisi fiscali a Panamá sarebbe una violazione di questo
accordo di libero scambio, che esporrebbe gli Stati Uniti a multe da parte
delle autorità internazionali. Nel 2008, il Government accountability office ha
dichiarato che 17 delle cento principali aziende statunitensi controllavano un
totale di 42 filiali a Panamá. Questo accordo di libero scambio renderebbe più semplice
ai ricchi e alle grandi aziende non pagare le tasse negli Stati Uniti e deve
quindi essere sconfitto. In un’epoca in cui abbiamo un debito nazionale record
di 14,7 miliardi di dollari e un deficit federale insostenibile, l’ultima cosa
che dovremmo fare è rendere più semplice ai ricchi e alle grandi aziende di
questo paese, il non pagare la loro equa quota di tasse, creando paradisi
fiscali offshore a Panamá.
Aggiungendo
al danno la beffa, signor presidente, l’accordo con Panamá obbligherebbe gli Stati
Uniti a rinunciare a chiedere i requisiti previsti dal Buy America act per i
bandi pubblici a migliaia di aziende straniere, comprese quelle cinesi, incluse
in questo grande paradiso fiscale. Forse la cosa ha senso in Cina, ma non per
me. Infine Panamá è considerata dal dipartimento di stato come uno dei
principali centri di riciclaggio dei cartelli della droga messicani e
colombiani. Dovremmo quindi premiare un paese del genere con un accordo di
libero scambio? Io credo che la risposta debba essere un sonoro no.
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