Ieri sui social di tutta Italia è
scoppiata l’indignazione.
La sentenza della Corte norvegese che risarcirà il detenuto Anders Breivik per maltrattamenti e violazione dei diritti umani ha fatto scalpore tra gli opinionisti. Sembra incredibile infatti che l’assassino di settantasette ragazzi innocenti possa vincere una causa per violazione dei diritti umani.
“E dei diritti di quei 77 ragazzi?” si legge su Twitter.
“Faccio volentieri a meno della civiltà norvegese” scrive un altro su Facebook.
Ma come sempre, l’idiozia parla prima della ragione.
Ciò che emerge da questa vicenda, dalla quale avremmo così tanto da imparare, è solo una cosa: ha vinto il detenuto Breivik, e in questo modo ha perso l’ideologia Breivik.
Basterebbe leggere un po’ Cesare Beccaria per capire quanto lontana la legge dovrebbe essere dalle logiche di vendetta. Hobbes ha perso da tempo (a parte in alcuni anfratti degli Stati Uniti e altri paesi barbari) e ha lasciato il posto al diritto razionale, quello che non si sobbarca della vendetta del popolo, l’homo homini lupus, ma quello di fronte al quale chiunque, sia esso un ladro di cioccolatini, un burocrate o un pluriomicida, viene giudicato in maniera eguale.
Certo, so che in Italia questo è un concetto difficile da mandare giù, anche se il nostro Paese è quello da cui è nato, perlomeno in forma filosofica.
Ciò che è accaduto deve far riflettere perché si tratta della vittoria della civiltà sulla barbarie: la civiltà giuridica che schiaccia con raffinatezza e charme la barbarie ideologica propugnata da Breivik che, in un ultimo gesto di disperato simbolismo, tende il saluto nazista al cielo di fronte al silenzio indifferente dell’aula.
Questa sentenza rimarca di nuovo la forza indiscriminata del diritto razionale e lo fa con la pacatezza di un riconoscimento: persino al detenuto odiato Breivik, che è un uomo e non un diavolo (“Diritti umani a uno che non è un umano?” si legge su Twitter), viene riconosciuto ciò che lui stesso ha tolto alle vittime di quella strage.
Questa sentenza sarebbe la pietra tombale su ogni ideologia simile, se non ci fossero gli imbecilli italiani che al posto di accendere il cervello vomitano idiozie sul web, solo perché hanno ancora le dita per farlo. Ma credo di non volerle tagliare quelle dita, proprio perché il mio continuare dritto per la mia strada al motto di “Evviva la Norvegia” sia sufficientemente umiliante per questi opinionisti della scempiaggine.
“Non sono d’accordo con quello che dici ma ti lascerò le dita per twittare, idiota” sembra la frase con cui concludere questo pezzo. E invece non lo farò, rinfocolando polemiche, e concluderò con un lapidario: congratulazioni, detenuto Breivik.
Giustizia è fatta, in tutti i sensi.
La sentenza della Corte norvegese che risarcirà il detenuto Anders Breivik per maltrattamenti e violazione dei diritti umani ha fatto scalpore tra gli opinionisti. Sembra incredibile infatti che l’assassino di settantasette ragazzi innocenti possa vincere una causa per violazione dei diritti umani.
“E dei diritti di quei 77 ragazzi?” si legge su Twitter.
“Faccio volentieri a meno della civiltà norvegese” scrive un altro su Facebook.
Ma come sempre, l’idiozia parla prima della ragione.
Ciò che emerge da questa vicenda, dalla quale avremmo così tanto da imparare, è solo una cosa: ha vinto il detenuto Breivik, e in questo modo ha perso l’ideologia Breivik.
Basterebbe leggere un po’ Cesare Beccaria per capire quanto lontana la legge dovrebbe essere dalle logiche di vendetta. Hobbes ha perso da tempo (a parte in alcuni anfratti degli Stati Uniti e altri paesi barbari) e ha lasciato il posto al diritto razionale, quello che non si sobbarca della vendetta del popolo, l’homo homini lupus, ma quello di fronte al quale chiunque, sia esso un ladro di cioccolatini, un burocrate o un pluriomicida, viene giudicato in maniera eguale.
Certo, so che in Italia questo è un concetto difficile da mandare giù, anche se il nostro Paese è quello da cui è nato, perlomeno in forma filosofica.
Ciò che è accaduto deve far riflettere perché si tratta della vittoria della civiltà sulla barbarie: la civiltà giuridica che schiaccia con raffinatezza e charme la barbarie ideologica propugnata da Breivik che, in un ultimo gesto di disperato simbolismo, tende il saluto nazista al cielo di fronte al silenzio indifferente dell’aula.
Questa sentenza rimarca di nuovo la forza indiscriminata del diritto razionale e lo fa con la pacatezza di un riconoscimento: persino al detenuto odiato Breivik, che è un uomo e non un diavolo (“Diritti umani a uno che non è un umano?” si legge su Twitter), viene riconosciuto ciò che lui stesso ha tolto alle vittime di quella strage.
Questa sentenza sarebbe la pietra tombale su ogni ideologia simile, se non ci fossero gli imbecilli italiani che al posto di accendere il cervello vomitano idiozie sul web, solo perché hanno ancora le dita per farlo. Ma credo di non volerle tagliare quelle dita, proprio perché il mio continuare dritto per la mia strada al motto di “Evviva la Norvegia” sia sufficientemente umiliante per questi opinionisti della scempiaggine.
“Non sono d’accordo con quello che dici ma ti lascerò le dita per twittare, idiota” sembra la frase con cui concludere questo pezzo. E invece non lo farò, rinfocolando polemiche, e concluderò con un lapidario: congratulazioni, detenuto Breivik.
Giustizia è fatta, in tutti i sensi.
Condivido le - sicuramente impopolari - considerazioni di Riccardo Dal Ferro. Grazie.
RispondiEliminauna lezione di civiltà altro che scontro e vendetta...
Eliminaio mi stavo interrogando sulle foto scelte dai quotidiani per commentare il fatto: che si scelga quella con il saluto nazista mi fa molto pensare. Anche giornali come Repubblica sembra che ci si divertano, direi quasi che godano ogni volta che possono mettere un hitlerino, un buce mascellone, un saluto romano. In tv, vedere il buce è ormai più frequente che vedere il Papa - facci caso... (soprattutto i documentari su Rai Storia, le trasmissioni di storia su vari canali con determinati conduttori...)
RispondiEliminatutto è normale, poi, dici?
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