Tira brutta aria tra l’Algeria e le monarchie del
Golfo in questo momento.
La causa: il rifiuto del paese
nordafricano di entrare a far parte della “Nato-araba” capeggiata dall’Arabia saudita
e di prendere parte alla contrapposizione “sunniti contro sciiti”.
Sui media dei paesi del golfo e dei movimenti salafiti lo stato algerino è
descritto come alleato dei “rinnegati e degli iraniani”. Mentre sui social
algerini girano appelli per boicottare il pellegrinaggio verso la Mecca. Molti
osservatori temono attacchi imminenti delle reti del terrore integralista
contro l’Algeria. La causa un disaccordo sul Hezbollah libanese.
Il 10 marzo scorso, si é svolta a Tunisi la 145e sessione ordinaria del
Consiglio dei ministri degli esteri della Lega Araba, sotto la presidenza del
Bahrein. Principale e unico ordine del giorno: l’inscrizione del movimento
politico-militare libanese Hezbollah nell’elenco delle organizzazioni
terroristiche.
Questa decisione era già stata adottata in precedenza dal Consiglio di
Cooperazione dei paesi del Golfo (CCG) che si era riunito nei primi giorni di
marzo. Le monarchie del Golfo hanno messo la pressione alta sugli altri stati
membri e hanno ottenuto il voto favorevole della maggioranza dei paesi membri
della Lega Araba. Alcuni stati membri tuttavia hanno opposto vari livelli di
resistenza e hanno fatto saltare così il piano dell’Arabia Saudita & co.
che volevano l’unanimità.
Due paesi hanno opposto un secco “no” alla proposta. Si tratta ovviamente
del Libano dove Hezbollah è un partito politico riconosciuto, e dove detiene
persino la maggioranza relativa in parlamento, e dell’Iraq, che con la sua
maggioranza di popolazione sciita, non poteva sottoscrivere una misura dai forti
sentori di sciovinismo sunnita.
La Tunisia, paese ospite della conferenza, si è astenuta dal voto invocando
questioni tecniche come l’assenza di una definizione condivisa di un movimento
terroristico e dell’incompetenza di una conferenza dei ministri degli esteri di
adottare “posizioni forti di politica estera che spettano alle massime
istituzioni dello stato”.
Il ministro delegato agli affari del Magreb, dell’Africa e della Lega degli
Stati Arabi, Abdelkader Messahel, che rappresentava la diplomazia algerina
all’incontro, è uscito prima delle votazioni e ha rifiutato di prenderci parte,
ricordando “l’imperativo di conformarsi alla legalità internazionale e alle
risoluzioni e alle liste di organizzazioni terroristiche dall’ONU, che non
includono componenti politici riconosciuti a livello nazionale o internazionale
e legalmente presenti sulla scena politica di una nazione.”
Prima ancora della riunione di Tunisi, all’indomani della dichiarazione
della condanna di Hezbollah da parte del Consiglio del Golfo, la posizione
dell’Algeria era stata chiarita dalla sua diplomazia, per voce del suo Ministro
degli Esteri, Ramtane Lamamra, che ha dichiarato: “l’Algeria considera
Hezbollah come un movimento politico e militare importante della Repubblica del
Libano, in linea con le leggi di questo stato fratello“. Prima di
precisare: “è chiaro che questo movimento, membro della coalizione di
governo e attore politico di primo piano al livello del parlamento libanese
dove conta su numerosi rappresentanti, ha anche lui il dovere di non
intromettersi negli affari degli stati vicini, ed evitare di destabilizzare il
suo ambiente circostante“. Una chiara presa di posizione, quindi, anche
contro la partecipazione dei miliziani di Hassan Nasrallah nella guerra civile
che sta straziando la vicina Siria.
L’Algeria è un paese a maggioranza sunnita e, nella logica dello scontro
settario guidato dalle monarchie petrolifere della penisola araba e che sta
dilaniando tutto il Medio oriente, dovrebbe schierarsi accanto ai propri
“fratelli di fede”. E il rifiuto del paese mediterraneo di schierarsi non piace
alla penisola araba. Sui media arabi e sunniti si scatena una campagna di
insulti nei confronti dell’Algeria, chiamata “alleato dei rinnegati e dei
Persiani”.
Non è la prima volta che si esercitano pressioni sul governo di Algeri per
costringerlo a schierarsi nelle guerre in corso. Tutto cominciò con la
neutralità assunta da Algeri nei confronti del conflitto libico e siriano,
spesso descritta come un sostegno di fatto alle Dittature di Gheddafi e di
Assad.
Poi le pressioni (diplomatiche e mediatiche) sono aumentate all’inizio
dell’attacco contro le popolazioni Houthi nello Yemen. Riad ha ottenuto
facilmente l’adesione di vari stati arabi al suo piano di intervento. Ma voleva
assolutamente anche l’appoggio di quello algerino, e del suo esercito ben
attrezzato e con decennale esperienza di guerra contro i Gruppi Islamici Armati
(GIA) degli anni ‘90.
Il governo di Algeri, in conformità con la propria costituzione, ha
rifiutato in modo netto e chiaro di partecipare a qualsiasi attacco contro
chiunque entro i confini di un altro stato. Come ha rigettato, sin dall’inizio
e rigetta tuttora, ogni intromissione negli affari interni della Libia e della
Siria.
L’ira dell’Arabia saudita davanti a questo rifiuto la portò allora fino a
vietare il suo spazio aereo ai velivoli algerini e persino fino a vietare
all’aereo inviato dall’Algeria a Sanaa, in accordo con le autorità degli altri
stati del Magreb, di evacuare i cittadini algerini, marocchini, tunisini,
libici e mauritani intrappolati nel paese in guerra. C’è voluto un vero e proprio braccio di ferro diplomatico per risolvere
la questione e riportare i circa 250 cittadini magrebini a casa.
Nonostante tutti i suoi difetti, le profonde mutazioni che ha subito, e la grave corruzione che lo mina, in 50 anni di regno senza condivisione, il regime algerino è sempre rimasto coerente nella sua politica estera. I principi che lo guidano nascono dalle sue origini rivoluzionarie. E anche se profondamente deviato da quel percorso, ha tenuto saldi alcuni principi. come il sostegno ai popoli in lotta per la propria indipendenza e la non ingerenza negli affari interni degli altri stati sovrani se non tramite assistenza umanitaria e/o interventi diplomatici di mediazione e ricerca del dialogo.
Nonostante tutti i suoi difetti, le profonde mutazioni che ha subito, e la grave corruzione che lo mina, in 50 anni di regno senza condivisione, il regime algerino è sempre rimasto coerente nella sua politica estera. I principi che lo guidano nascono dalle sue origini rivoluzionarie. E anche se profondamente deviato da quel percorso, ha tenuto saldi alcuni principi. come il sostegno ai popoli in lotta per la propria indipendenza e la non ingerenza negli affari interni degli altri stati sovrani se non tramite assistenza umanitaria e/o interventi diplomatici di mediazione e ricerca del dialogo.
Così il paese non partecipò alla spedizione punitiva contro l’Iraq di
Saddam Hussein nel 1991 e In seguito non cauzionò nessun altro intervento
militare né in Iraq né altrove. Rifiutò il sostegno alle insurrezioni armate in
Libia e poi in Siria. Rifiutò di far parte del così detto Esercito Pan-Arabo e
di partecipare al vergognoso massacro delle popolazioni Houthi in Yemen. E
oggi rifiuta l’idea dell’intervento militare straniero in Libia. E
rifiuta di schierarsi in una ipotetica guerra tra sunniti e sciiti. E tutto
questo sta diventando un po troppo agli occhi delle petromonarchie ormai
abituate a comandare a suon di petrodollari una comunità di nazioni arabe
costrette all’obbedienza dalle difficoltà economiche.
Infatti subito dopo la conferenza, l’Arabia Saudita ha annunciato la cancellazione
di un prestito di 3 miliardi di dollari al Libano. Un aiuto previsto per
comprare una partita di armamenti francesi. Ma Hollande può dormire sonni
tranquilli, il regno saudita può punire un paese arabo disobbediente ma non
delude mai i suoi protettori occidentali. Infatti la compravendita d’armamento
si farà lo stesso ma a favore dell’esercito saudita.
Le scelte di politica internazionale del governo algerino sono molto
popolari sia negli ambienti politici nazionali, anche tra l’opposizione, sia a
livello popolare. Sulla Stampa algerina la posizione della diplomazia algerina
è stata salutata come legittima da quasi tutte le correnti. In risposta agli
insulti sui media arabi, sui social algerini si organizzano contro-campagne. Ad
esempio su Facebook gira già un appello a boicottare il pellegrinaggio 2016
verso la Mecca. Appello che sta raccogliendo molti consensi tra i giovani internauti.
Ma ciò che preoccupa di più ad Algeri non sono gli insulti ma la paura di diventare il prossimo bersaglio delle reti del terrorismo integralista, reti che, si sa bene, sono la punta di ferro dello scontro “Sunna contro Scia”. E che sono anche, come si sa altrettanto bene, molto sensibile ai flussi di petrodollari.
Ma ciò che preoccupa di più ad Algeri non sono gli insulti ma la paura di diventare il prossimo bersaglio delle reti del terrorismo integralista, reti che, si sa bene, sono la punta di ferro dello scontro “Sunna contro Scia”. E che sono anche, come si sa altrettanto bene, molto sensibile ai flussi di petrodollari.
Anche il ministro della difesa e capo dello stato maggiore militare
algerino, il Generale Maggiore Gaid Saleh, in visita questa settimana nella
regione militare di Ouargla (Sud Est) ha esortato le truppe “ a raddoppiare la vigilanza per la salvaguardia della
sicurezza e stabilità del paese, di fronte ai pericoli provenienti dalle
situazioni gravi che vive l’area”. Il riferimento è ad eventuali
infiltrazioni dalla Libia ma anche dai paesi del Sahel subsahariano.: Isis,
Aqmi, Ansar Asciaria… e tutta la galassia di movimenti armati salafiti che
stanno mettendo il continente in subbuglio.
Nessun commento:
Posta un commento