In questi giorni Giulio Regeni avrebbe compiuto 30 anni. Un giovane
studioso nel pieno della sua carriera e crescita professionale. Un uomo
cresciuto nel mondo ed uno dei molti talenti italiani in giro per il mondo. Un
ex studente dei Collegi del Mondo Unito, come chi scrive. Un cittadino che attraversava senza paure e con enorme intelligenza e
curiosità il globo, dagli Stati Uniti al Friuli, passando per Cambridge ed Il
Cairo.
Una
vita strappata dalla realpolitik. Ad oggi abbiamo delle certezze. E’ stato
ammazzato brutalmente dagli apparati di sicurezza egiziani. I
metodi sono quelli e su questo non ci sono stati dubbi sin dal primo momento.
Pietà ha voluto che fosse restituito il corpo dopo un’operazione maldestra.
Probabilmente la presenza di un Ministro italiano in quelle drammatiche ore di
due anni fa permise che alla famiglia arrivassero le spoglie di Giulio.
Poi è cominciato il teatro. Di
cui è inutile ricordare le scene più tristi e le molte altre vittime innocenti. Sappiamo solo che l’Italia ha fatto di nuovo una brutta figura a livello
internazionale. Un paese debole che può cedere di fronte ad interessi
superiori, di solito di tipo commerciale. Del resto
il bellissimo libro di Enrico Calamai sulla scarsa protezione offerta ai
concittadini in Argentina e Cile durante l’epoca delle dittature e dei golpe fu
già molto chiaro. Si sperava in qualche passo avanti, dopo 40 anni. Invece l’interesse commerciale e geopolitico è sempre superiore. In due
anni dall’omicidio di Giulio non è mai stato davvero sospeso il flusso
turistico verso l’Egitto, tantomeno gli accordi dell’ENI. Che,
come gli affari della nostra industria degli armamenti, sono intoccabili e
dettano più di ogni altra cosa le scelte della politica estera italiana.
Al
regime egiziano è stato di fatto inviato un messaggio di disimpegno da parte
italiana. Il rientro dell’Ambasciatore qualche mese fa, a riflettori spenti o
in via di spegnimento, ha chiuso la vicenda. Forse un
giorno ci sarà un colpevole. Forse no. Il tempo passa, il sacrifico di Giulio
rimane, nel ricordo e nelle battaglie di due tenaci genitori e di un gruppo di
amiche ed amici che non vogliono dimenticare.
Da
questi due anni usciamo più deboli a livello internazionale. I cittadini italiani che si impegnano all’estero sono più
a rischio, nonostante la buona volontà di alcuni politici e diplomatici. Ci
sono stati casi dopo quello di Giulio, come l’arresto del giornalista Gabriele
del Grande in Turchia o le recenti minacce ad operatori di pace in Colombia in
cui c’è stato un intervento tempestivo ed efficace delle istituzioni.
Interventi importanti ma rimane il dubbio che ci siano luoghi e situazioni in
cui non si può, non si deve.
Sul caso di Giulio, poi,
continuano a girare tante voci. Da
quelle che tutta l’operazione sia stato uno sgambetto fatto da qualche altra
potenza alle buone relazione Italia-Egitto a quelle della guerra interna tra
gli apparati egiziani. La conclusione è sempre la
stessa, dopo due anni mancano verità e giustizia per Giulio. Né ci sono dei
barlumi di luce. In vista delle prossime elezioni le forze politiche italiane
sembrano molto poco interessate in campagna elettorale alla politica estera. Si
fa fatica a scovare delle proposte a riguardo. Si fa fatica a capire quale
pensano debba essere il ruolo dell’Italia fuori dall’Europa a parte il
controllo delle migrazioni.
Giulio era una mente
brillante. Che come tante altre
sparse per il mondo andava salvaguardata e valorizzata per capire come guardare
al futuro. Invece siamo fermi agli slogan retrogradi. Di
un’Italia che ha deciso di costruire invece tanti muri. Mentre bisogna aver
paura di questo baratro e non del futuro.
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