Di Amsterdam e della partita tra Ajax e Maccabi, abbiamo già dato conto su InsideOver e su Remocontro. «Abbiamo parlato di ‘pogrom’ perché era chiaro che si trattava di violenze organizzate che avevano un preciso sfondo politico e razziale. Quindi non abbiamo debiti con nessuno». Ma Fulvio Scaglione, dalle tifoserie violente strumentabili vuole passare a parlare del giornalismo che le racconta. Ciò che vede e ciò che fa vinta di non vedere.
La narrazione che sovrasta i fatti
Come sempre, la narrazione corrotta dei fatti rischia di diventare persino
più importante dei fatti stessi. Per condannare lo spregevole assalto ai tifosi
del Maccabi (che a loro volta non si sono risparmiati, in quel di Amsterdam,
con le provocazioni) sono stati scomodati i reduci dei campi di concentramento,
sono stati chiamati a raccolta tutti gli intellettuali di pronta leva, trombe,
trombette, pifferi e primi violini hanno provveduto al rumore di fondo. Netanyahu,
che è una vecchia e cinica volpe, ha approfittato della situazione per una
splendida operazione di propaganda: due aerei speciali sono decollati da
Israele con squadre mediche a bordo, come nel pieno di un’emergenza bellica.
Alla fine il bilancio di questa tragedia è stato: 5 feriti. Cinque. Feriti.
Stampa ‘alta’ vetrina bordello
Per circa 36 ore la cosiddetta “stampa di qualità” ci ha parlato dei
fattacci di Amsterdam come di una seconda “notte dei cristalli”, come il segno
evidente di una persecuzione antiebraica in pieno svolgimento. Il tutto sugli
stessi media che delle stragi di Gaza parlano controvoglia, proprio perché non
se ne può fare a meno. Con il risultato di produrre (e non veniteci a dire che
è un caso) questa tesi: cinque fan del Maccabi feriti in una caccia al tifoso
israeliano in quel di Amsterdam sono un pogrom, una notte dei cristalli, una
congiura antisemita. Mentre 120 mila morti palestinesi a Gaza sono vittime
collaterali di una legittima azione di autodifesa. E si badi bene: guai a
parlare di genocidio o tentativo di genocidio per Gaza, come fanno molti. Mentre
di “notte dei cristalli” per 5 feriti (cinque feriti) si può serenamente
parlare.
Oltre l’episodio, il sistema
Come si diceva, il problema ormai non sta più in questo o quell’episodio,
per quanto spiacevole o drammatico possa essere. Il problema, invece, sta ormai
in questa nuvola mediatica che, in simbiosi con i poteri oggi prevalenti, cerca
di “vendere” ai cittadini una pittura della situazione che è ormai quasi del
tutto di fantasia. Che con la realtà dei fatti, con la proporzione delle
questioni aperte, con la praticabilità delle soluzioni proposte ha un rapporto
labilissimo, in molti casi inesistente. È un racconto di comodo, di interesse,
che sempre più spesso va a spaccarsi le corna contro l’implacabile muro delle
cose.
Stampa inutile se non dannosa
La conseguenza è questa: ogni volta che ci si trova ad affrontare una
questione controversa e importante, ogni volta che servirebbe un’analisi seria
e profonda per aiutarci a capire, molti dei media più diffusi sono largamente
inutili, quando non dannosi. Prendiamo la guerra in Russia seguita
all’invasione russa. Ci sono due livelli. Le pure e semplici balle: i russi
combattono con le pale perché non hanno più armi; i russi usano i microchip
delle lavatrici per i missili perché la loro industria bellica è a pezzi
(indimenticabile copyright di Ursula von Der Leyen); i russi scavano trincee
nel terreno contaminato di Cernobyl; i russi prendono pastiglie che consentono
loro di combattere anche quando sono feriti…
Ma questa è la fuffa, la schiuma. La
sostanza sta nel fatto che tutte le previsioni importanti si sono rivelate
sballate: l’effetto delle sanzioni, il sostegno dei russi a Putin, la capacità
dei russi di riarmare, persino la possibilità di isolare la Russia nel contesto
internazionale.
Propaganda, vera tragedia ucraina. Poi
Trump, e Germania, eccetera
Abbiamo fatto questo esempio perché è il più tragico, in primo luogo per
gli ucraini, e clamoroso. Ma vogliamo parlare delle elezioni presidenziali Usa?
Prima un tifo sfegatato per Kamala Harris, senza mai spiegare che cosa diavolo
volesse fare degli Stati Uniti la candidata improvvisata dopo la rinuncia di
Joe Biden. Poi, di fronte alla vittoria a valanga di Donald Trump che nessuno
aveva nemmeno lontanamente ipotizzato, un solo grottesco lamento sulla fine
della democrazia, degli Usa, della civiltà. La crisi di governo in Germania,
con le prossime elezioni anticipate? Il ruggito del vecchio leone Scholz, come
se non fosse il certificato di morte della “maggioranza semaforo” (liberali,
socialdemocratici e verdi) che ha governato finora il Paese e che,
incidentalmente, è la stessa maggioranza che governa la Ue. Per non dire del
fatto che se va in crisi la Germania andiamo in crisi un po’ tutti, a partire
dall’Italia.
E la Francia di Marine Le Pen?
L’avanzata della destra di Marine Le Pen in Francia? Ricordo perfettamente
che, all’epoca delle prime proteste dei gilet gialli, eravamo pochissimi a
dire: guardate che dietro tutto questo, vi piaccia o no, c’è un problema vero,
concreto. Riassumibile in una sola domanda: chi paga il costo della transizione
energetica? Però non si poteva, anzi non si doveva dire, guai a criticare le
politiche di Emmanuel Macron. E che pacchia quando le manifestazioni dei gilet
gialli diventarono occasione di scontro e di speculazione dei soliti black
Block e compagnia bella. E adesso? Che cosa ci diciamo adesso della transizione
energetica e della posizione di Macron all’interno del suo stesso Paese? Tutto
bene? Oppure vale la solita spiegazione, cioè che milioni di francesi (e tedeschi
e italiani) si sono rincoglioniti?
Non senza tv e giornali, ma informazione
seria
Qualcuno, anzi, molti, credono che si possa vivere benissimo anche senza Tv
e giornali. Non è vero. Primo perché nessuna società, come già Omero
dimostrava, riesce a stare senza qualcuno che racconti il mondo. Secondo,
perché l’informazione, ormai, non sta più nei media comunemente detti.
L’informazione, cioè il racconto del mondo, è nell’aria, arriva dai telefoni,
dagli schermi nelle metropolitane, dai social, dai passaparola sui tram, dalle
classifiche dei libri di Amazon, dalle chat.
E noi tutti cittadini abbiamo il
diritto/dovere ad avere un racconto del mondo non vero o falso, non onesto o
disonesto (categorie aleatorie se applicate all’informazione) ma ancorato alla realtà
dei fatti e non alle fantasie più o meno interessate. Nessuno di noi vuole
tornare ai tempi della peggior Unione Sovietica, quando il motto era: se teoria
e realtà non combaciano, la colpa è della realtà.
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