Se Israele è sull’orlo di
un abisso morale, allora Peres ha una responsabilità in questo. Se è un Paese
che va verso l’apartheid, lui ne è stato un socio fondatore. Bisogna dire la
verità: Shimon Peres voleva la pace, ma non ha mai visto i palestinesi come
uguali agli ebrei.
E’
stato il mio maestro politico personale per quattro anni, giorno e notte. Non
si è mai comportato come un insegnante, ma ho imparato molto da lui, su cosa
fare, ma anche su cosa non fare. Ero molto giovane, e lui era già Shimon Peres.
Ci siamo separati con sentimenti contrastanti.
Era l’ultimo degli israeliani di un tempo. Che cos’è
“israeliano” per voi? Una volta era Shimon Peres. Ora Miri Regev [ex generale
di brigata e portavoce dell’esercito israeliano, attuale ministra della Cultura
e dello Sport, molto discussa per le sue iniziative censorie. Ndtr.]
rappresenta l’essenza israeliana molto più di lui. Ma quando Israele ha voluto
essere rappresentato come un Paese che vuole la pace, aveva Peres.
Quando
era ancora importante essere accettati- Peres. Quando dire che uno era stato
una guida era ancora rispettabile – Peres. Quando parlare di libri era ancora
ammirato – Peres. Quando almeno un simulacro di chiaroveggenza e di modestia
erano ancora importanti – Peres. Era un Paese diverso. E’ morto ieri [27 settembre. Ndtr.], ma
quell’Israele è morto molto tempo fa. Non è sicuro che fosse così splendido
come tendiamo a descriverlo.
Il suo Israele era un Paese di grandi risultati, ma
anche di ombre e menzogne.
Non lo si può incoronare come una figura stupenda, come tutto il mondo sta
facendo ora, senza descrivere anche il suo Paese. Se Peres è stato un eroe
della pace, allora lo Stato di Israele è un Paese che desidera la pace. C’è qualcuno che lo crede? Non lo si può chiamare un occupante, un
depredatore, un paria, chiamando allo stesso tempo Peres un gigante della pace.
Se
Israele è sull’orlo di un abisso morale, allora Peres ha una responsabilità in
questo. Se è un Paese che va verso l’apartheid, lui ne è stato un socio
fondatore.
Lo
Stato era Peres e Peres era lo Stato, almeno fino a una certa misura. E’ stato
una presenza fissa del panorama per tutti questi anni e in tutti gli incarichi
di responsabilità. Guardate lui e vedrete noi.
Noi vogliamo tanto la pace ma facciamo molto poco
per ottenerla. Egli era il volto presentabile del Paese ma anche quello
ingannevole. Gli israeliani ora lo stanno ricordando con affetto; quanto è
meraviglioso aver avuto un tale uomo. Anche questi leader mondiali che stanno
arrivando per il suo funerale domani elogeranno affettuosamente il suo
contributo alla pace.
Ma
quale pace? Quest’uomo ci ha dato il reattore nucleare di Dimona e l’operazione
“Sinai” [la partecipazione di Israele alla guerra di Francia e Gran Bretagna
contro l’Egitto dopo la nazionalizzazione del Canale di Suez da parte di
Nasser. Ndtr.] nel 1956, Nazaret Alta e Ofra [due colonie israeliane in
Cisgiordania. Ndtr.], le industrie militari ed aerospaziali israeliane – per
cui, quanta pace (e giustizia) ha realmente portato e quanta occupazione e
colonizzazione?
Non
ci sono dubbi che lui ha voluto la pace ed ha lavorato per questo. Ma si è fermato a metà strada ignorando il problema delle colonie durante
il processo di Oslo, e non ci sono mezze misure per la pace. Non è solo la
destra ad essere responsabile per questo fallimento.
Era
un uomo notevole. L’ampiezza del suo sapere era più vasta di quella della
maggioranza dei suoi contemporanei, come il suo fascino personale. Non abbiamo
mai avuto un politico più curioso ed elegante, né un miglior conversatore.
Andrò oltre: era anche un uomo onesto, certo non meno dei suoi colleghi. E
nessuno poteva parlare di pace come lo ha fatto lui: persino il Mahatma Ghandi
ne ha parlato meno di lui.
Nei lontani anni ’70 Peres stava già dicendo in ogni
discorso: “E’ impossibile governare su un altro popolo contro la sua volontà.”
All’epoca mi ha commosso. Ma durante i decenni seguenti, quando era al comando,
questa dichiarazione è rimasta nei colloqui di partito. Che cos’ha fatto per porre
fine all’occupazione? Ha contribuito moltissimo a Israele – alla sua sicurezza,
alla sua prosperità – ma non alla sua giustizia. Per cui non dite che era un
uomo di pace.
Voleva
la pace. Chi non la vuole? Ma si deve dire la verità, anche in momenti difficili;
non ha mai concepito i palestinesi come uguali agli ebrei, e sicuramente non
con gli stessi diritti.
Dopo
anni passati insieme a David Ben-Gurion forse era troppo difficile formulare un
approccio diverso. I diritti umani e le leggi internazionali non lo
interessavano, e le sofferenze dei palestinesi non lo commuovevano.
Quando il presidente degli USA Barak Obama lo loderà
domani come un uomo di pace, si potrà avere il vago sospetto che egli possa
essere la copia esatta di Peres. Com’è piacevole lodare Peres. Perché, al di là
di tutto, Peres era il campione del desiderio israeliano di “andare con e
sentirsi senza”. Dell’affermare quanto siamo fantastici. Ora non è rimasto più
nessuno a dirlo.
(traduzione
di Amedeo Rossi)
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