“I corridoi umanitari non solo rispondono alla grande crisi
umanitaria generata dalla guerra in Siria, ma sono anche liberazione dai
mercanti delle vite umane, dai padroni dei barconi, dai signori della morte,
che obbligano tanti a un viaggio incredibile. Questo accogliervi è un orgoglio
italiano, vorremmo che fosse un orgoglio europeo”.
Con queste
parole Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, già ministro
per la Cooperazione internazionale e l’integrazione durante il governo Monti,
ha accolto lunedì scorso a Fiumicino una settantina di richiedenti asilo
siriani in arrivo con un volo da Beirut grazie all’esperimento dei “corridoi
umanitari”, un tentativo di risposta diverso alla crisi migratoria esplosa in
seguito alla guerra in Siria e alle emergenze di altre zone dell’Africa e
del vicino Medio Oriente.
Ma cosa
sono, nello specifico, i “corridoi umanitari”? Frutto di un protocollo di
intesa tra la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche
in Italia e la Tavola Valdese con il Ministero degli Esteri e quello
dell’Interno, i corridoi umanitari sono un progetto pilota che prevede
l’organizzazione di viaggi sicuri verso l’Italia dopo il rilascio di un visto
umanitario che permette ai richiedenti asilo di entrare legalmente nel nostro
Paese.
Come
funzionano lo spiega la stessa Comunità di Sant’Egidio, uno dei motori più
importanti dell’iniziativa: “La selezione e il rilascio dei
visti umanitari avviene su questa base: le associazioni proponenti, attraverso
contatti diretti nei paesi interessati dal progetto o segnalazioni fornite da
attori locali (Ong locali, associazioni, organismi internazionali, Chiese e
organismi ecumenici ecc.) predispongono una lista di potenziali beneficiari.
Ogni segnalazione viene verificata prima dai responsabili delle associazioni,
poi dalle autorità italiane; l’azione umanitaria si rivolge a tutte le persone
in condizioni di vulnerabilità, indipendentemente dalla loro appartenenza
religiosa o etnica; le liste dei potenziali beneficiari vengono trasmesse alle
autorità consolari italiane dei Paesi coinvolti per permettere il controllo da
parte del Ministero dell’Interno; I consolati italiani nei paesi interessati
rilasciano infine dei Visti con Validità Territoriale Limitata, ai sensi
dell’art. 25 del Regolamento visti (CE), che prevede per uno Stato membro la
possibilità di emettere dei visti per motivi umanitari o di interesse nazionale
o in virtù di obblighi internazionali. Le organizzazioni che hanno proposto il
progetto allo Stato italiano si impegnano a fornire: assistenza legale ai
beneficiari dei visti nella presentazione della domanda di protezione
internazionale; ospitalità ed accoglienza per un congruo periodo di tempo;
sostegno economico per il trasferimento in Italia; sostegno nel percorso di
integrazione nel nostro Paese”.
Un progetto
ambizioso che mira, dunque, a salvare chi scappa dalle guerre e a farlo entrare
direttamente e in maniera legale in Italia, evitando viaggi pericolosi e sempre
più spesso mortali, permettendo tutti i controlli necessari ancor prima
dell’ingresso. Un’idea innovativa e sperimentale che può permettere una più
efficiente regolazione dell’immigrazione, che consente un inserimento diretto
nella società ospitante e, soprattutto, che potrebbe salvare la vita di
migliaia di persone. E’ di ieri, infatti, la notizia che secondo le stime
dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati solo nel 2016 ci
sarebbero già 3.740 morti e dispersi tra chi cerca di attraversare il
Mediterraneo.
Ma quanto
costerebbe l’attuazione dei corridoi umanitari? Ad oggi il progetto è
totalmente autofinanziato e prevede l’arrivo di circa 1.000 rifugiati in due
anni dal Libano (dove attualmente risiedono più di un milione e mezzo di
richiedenti asilo siriani), dal Marocco e dall’Etiopia. Ma in futuro potrebbe
essere istituzionalizzato e diventare una pratica dello Stato. Il budget, fatti
due rapidi calcoli, sarebbe ben inferiore di quello messo in campo oggi per
tutto il sistema dei richiedenti asilo, dalle navi di pattuglia nel
Mediterraneo agli spostamenti, i riconoscimenti, i centri di prima accoglienza…
Non a caso, infatti, da Sant’Egidio trapela la notizia che anche altri Stati
dell’Unione sarebbero interessati all’esperimento, in particolare Francia,
Spagna e soprattutto la Polonia sotto la pressione della chiesa locale.
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