Una scuola vicentina
ha distribuito a mille alunni un diario che in copertina
ritrae una bambina con lo hijab, il velo islamico. Un disegno in
stile pop art, colorato, percepito dai genitori come un grave affronto alla
decenza. Il fatto che quel disegno fosse una rappresentazione di Malala
Yousafzai, la ragazzina pakistana vincitrice del premio Nobel per la Pace,
passa in secondo piano. Insorgono quei genitori, scatenano un vespaio su
Facebook, ormai irrinunciabile teatro di qualsiasi tipo di scontro sociale,
politico e culturale.
“Io sono senza parole – scrive
Giulia – E anche qui sarebbero solo insulti… Vergognatevi! I comunisti
sono pregati di non commentare con moralismi, storie di integrazione di sto
c***o e altre M***”. È poi un susseguirsi di hashtag: #loschifo
#èoradibasta #vergogna e commenti indignati: “Ma i genitori tutti
zitti? non ho capito l’obbligo di avere una cosa che non condivido…deghe
fogo!!!!!!!”, “A me sale l’omicidio” fino all’exploit delle foto di
Benito Mussolini e proposte di roghi davanti alle scuole.
È tanto lo sconcerto,
a partire da quello della preside Luciana Bassan che si dichiara sorpresa e
amareggiata. “Sorpresa perchè nessuno si è lamentato di persona e
amareggiata perché quella copertina e tutti gli altri 11 disegni contenuti nel
diario sono frutto di un lungo lavoro di due classi V di Zanè sul tema “Gesti
famosi, donne semplici”, che ha portato loro a vincere un concorso scolastico.
Oltre a Malala sono state ritratte anche Anna Frank, Rita Levi Montalcini,
Indira Ghandi. Amereggiati sono anche gli insegnanti ma soprattutto i ragazzi,
che si sono impegnati tanto su temi come la libertà e il diritto all’istruzione
per tutti i bambini. Cari genitori, forse è il caso che facciate una
riflessione sulla vostra reazione anziché su quel bel disegno di cui ignoravate
il significato”.
Sono anche questi i
genitori d’oggi. Chi plasma le menti di esseri innocenti rischiando di trasformarli in
mostri a loro immagine e somiglianza. Possiamo quindi meravigliarci per le
manifestazioni di violenza? Per gli atti di bullismo? Per gli stupri fra i
banchi di scuola? Per i suicidi dettati dalla disperazione della persecuzione?
Chi dovrebbe educare ai valori e insegnare il rispetto è solo in grado di
spingere a respingere il diverso, alla critica sterile, battezzando
nell’odio. Il fatto che per ogni cattivo genitore ce ne sia un altro capace
di educare e crescere in modo adeguato i propri figli non è sufficiente, perché
l’odio si diffonde con maggiore facilità della comprensione e del rispetto.
Malala ha lottato
mettendo a rischio la propria vita e lotta ancora affinché in ogni luogo le
bambine e ragazze come lei abbiano il diritto all’istruzione, perché possano
ricevere un’adeguata educazione scolastica. In Italia siamo ancora più
indietro, a rischio non è tanto (o solo) l’educazione a scuola, ma quella che
si respira nelle case.
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